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Autore: Paraoblivion    25/12/2011    4 recensioni
"Si, pensai. Eravamo abbastanza ubriachi entrambi per fare qualcosa di cui poi entrambi ci saremmo pentiti."
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.

 

 

« Non posso vederti così » era il ritornello che Ted mi ripeteva da una settimana a questa parte.

« senza fare niente. »

Ed era da una settimana a questa parte che io gli ripetevo che non doveva fare niente, perché effettivamente non c'era niente da poter fare.

Con la mia finta aria distaccata stavo finendo per allontanare tutti.

Perfino Ted, anche se abitiamo nella stessa casa.

Sembrava stanco di dovermi rincorrere ogni volta che, per qualche motivo che ancora non riesco bene a spiegarmi, riusciva a decifrare tutti i miei silenzi un po' troppo prolungati o le strane espressioni orribili da adolescente ribelle che assumevo costantemente nei miei periodi neri.

Il fatto è che non sono mai stata brava a parlare di me.

Anche se non sembra, perché potrei davvero andare avanti per ore a raccontare del Canada, della mia vecchia vita in Canada, di come sono le strade e il cibo in Canada, dell'hockey del Canada e via dicendo.

E così nessuno faceva mai caso al fatto che non conosceva effettivamente niente di me.

C'è una specie di vuoto in ognuno di noi a cui non sappiamo dare un perché.

Ora credo che la mia presentazione possa essere così: Mi chiamo Robin, sono Canadese e dentro ho un vuoto a forma di un enorme punto interrogativo.

 

« Stasera usciamo » mi aveva detto Ted quella sera.

« Credevo che ci avessi rinunciato » dissi.

Sentivo di odiare me stessa per il tono che assumeva la mia voce.

Non potei fare a meno di incrociare i suoi occhi solo per un attimo, giusto il poco che bastava per scorgerne un lampo di delusione.

« Ne hai bisogno, Robin. È il lavoro che ti stressa così » annuì stancamente.

Nessuno avrebbe potuto dire il contrario, non capivo perché non avessi pensato io per prima ad una scusa così banale. « Certo. Il lavoro. »

Mi alzai dal divano lasciandomi Ted alle spalle, e mi voltai a guardarlo dalla porta del bagno.

Doveva essere contento di essere riuscito a scollarmi dal divano per una sera, eppure la sua espressione non diceva esattamente questo.

 

Decisi di vestirmi bene. Stavo per infilare il solito maglione a dolcevita e un paio di scarpe comode. Ma poi intravidi il mio riflesso nello specchio e qualche ormone della femminilità cominciò a lottare nel petto alla vista dei capelli arruffati tenuti insieme da una pinza e dalla carnagione pallida.

Da quanto tempo avevo quello spaventoso aspetto da zombie?

Mi resi conto che era da giorni che non mettevo le mani nel mio astuccio dei trucchi.

Trascurarmi non era propriamente da me.

Stavo finendo di applicare un'ultima passata di mascara quando Ted bussò alla porta.

Lanciai una rapida occhiata nello specchio.

Grazie al correttore le occhiaie erano quasi invisibili, ma non ero riuscita a ravvivare i capelli e soprattutto a ravvivare la mia espressione cupa e spenta.

Nemmeno Ted era raggiante e stavo cominciando a chiedermi perché stavo uscendo anziché rimanere a casa a guardare il mio dvd di Sherlock Holmes.

 

Ted ordinò un tortino di pesce e un'insalata ed io feci lo stesso.

Rimasi sorpresa quando riuscì a coinvolgermi nella conversazione.

Parlammo di un sacco di cose. L'infanzia di Ted e del rapporto che aveva con suo padre, le sue idee architettoniche grandiose, il mio sogno segreto di affittare una casa in Italia.

Tutto all'infuori di lavoro. Evitò accuratamente quell'argomento e riuscì a fingere di esserne grata.

Ordinammo un'altra bottiglia di vino e sentì una gradevole sensazione di conforto o beatitudine, come quando ci si sveglia presto alla mattina e ci si rende conto che è domenica.

 

 

 

Ritornare all'appartamento mi fece sentire come travolta da un'ondata di grigio malessere.

Perché era già tutto finito?

« Lo sapevo che sarebbe stata una bella serata » commentò Ted passandosi una mano tra i capelli neri, scompigliandoseli. Adoro quando si scompiglia i capelli.

Si sedette a peso morto sul divano e io rimasi in piedi a guardarlo, con il cappotto ancora infilato.

« E non è ancora finita » mi scoprì a dire, e rendendomene conto immediatamente dopo arrossii furiosamente. Credo che i miei occhi erano pieni di significato perché Ted rispose: «Robin...siamo ubriachi. »

Si, pensai. Eravamo abbastanza ubriachi entrambi per fare qualcosa di cui poi entrambi ci saremmo pentiti.

Eppure in un indeterminato dopo, ci trovavamo avvinghiati.

Io che mi toglievo il cappotto, lui che lottava per liberarsi dalla camicia.

Crollammo sul letto, la mia bocca sulla sua, la fronte sudata per la grande eccitazione e le sue mani che mi afferravano con forza fino a farmi male.

Ricordo solo lui che mi bacia un angolo della fronte dandomi la buonanotte.

Sussurrarmi che mi ama ancora, e questa é davvero l'ultima cosa.

Prima di piombare in un sonno lucido e tormentato da ogni tipo di sogno più terribile.

  
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