Storie originali
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Autore: u n b r o k e n    26/12/2011    5 recensioni
«Allora, quant'è che manca? Credo di aver perso il conto» si passò una mano tra i capelli e arricciò il naso.
«Circa un mese e mezzo» la ragazza lo guardò e si portò una mano al ventre, con un mezzo sorriso. Rimasero qualche istante in silenzio, poi lei si rivolse di nuovo a lui, con un sorriso. «Sai, voglio che abbia i ricci, proprio come te» scherzò.
Nick rise piano, divertito. Megan aveva sempre avuto una specie di fissazione per i ricci, sin da quando si erano incontrati era rimasta affascinata dai capelli del suo migliore amico. E lui ne era sempre stato piuttosto geloso, tanto che lei era l'unica che aveva il sommo privilegio di poterli toccare.
«Non penso tu possa trasmetterglieli con la forza del pensiero» scherzò Nick. Da quello che ricordava, l'ex di Meg non aveva per nulla i capelli ricci.
Genere: Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Lucky I'm in love with my best friend.'
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u n b r o k e n  corner; 
salve gente! L'altro giorno non avendo nulla da fare mi è uscita fuori questa cacchetta (?). Sì, fa pena e mi scuso in anticipo per il fatto che sia chilometrica çç boh, spero che almeno a voi non faccia tanta pena quanto la fa a me. Suppongo che per capire questa one-shot dobbiate aver letto almeno fino all'ottavo capitolo della ff Lucky I'm in love with my best friend. Ho scritto questo capitolo giusto per staccare un po', ma l'undicesimo capitolo arriverà a breve! Avevo già detto che mi sarebbe piaciuto approfondire un po' la storia di Nick e Megan e visto che anche alcuni di voi sembravano interessati ho pensato a questo :3 Ah, un'altra cosa, io ho inserito la ff nel genere "comico" ma non penso proprio faccia ridere .__. in ogni caso non sapevo dove metterla ahahah 
La one-shot è dedicata a Ilaria, che mi lascia sempre le recensioni più belle e che se non sbaglio voleva leggere di più sulla coppia Negan <3 grazie mille darling per l'incoraggiamento e le tue recensioni che mi fanno sempre tanto ridere *-* much love!
Spero abbiate passato tutti un felice Natale e vi auguro di avere un buon 2012, e che i Maya si siano sbagliati u.u 
Grazie a tutti, me ne vado!
Charlie ♥



La Mustang posteggiò appena pochi metri prima dell'entrata dell'ospedale, proprio dietro ad un'altra macchina, dentro alla quale una ragazza aspettava, un po' impaziente. Il suo aspetto ancora giovanile e la sua aria da bambina facevano a pugni con il rigonfiamento sul suo ventre, che accarezzava con gelosia e delicatezza. Dopo tutto aveva appena diciott'anni.
Nick uscì dalla macchina e si diresse verso quella dell'amica. Era un po' perplesso: non si sarebbe aspettato di dover fare una cosa del genere prima di un'altra decina di anni; ma cosa non si fa per un'amica.
Aprì la portiera dell'altra macchina e le sorrise, tendendole una mano per aiutarla ad uscire.
«Come state?» chiese con un sorriso. Ormai aveva preso l'abitudine di rivolgersi a Megan al plurale: lo trovava divertente, e poi, effettivamente, erano in due in quel corpo. 
«Beh, lui bene!» disse Meg indicandosi la pancia. «Io mi sento una balena spiaggiata, non mi sento più la colonna vertebrale, ma è okay».
Nick rise. Ammirava la leggerezza con cui Megan affrontava la cosa: dopo il giorno in cui aveva scoperto di essere incinta non si era mai lamentata, perché non voleva far pesare a nessuno la situazione. Ma era ovvio che non ce l'avrebbe mai potuta fare da sola: ed ecco perché lui era lì, per starle accanto nei momenti più difficili, ma anche in quelli scomodi e un po' imbarazzanti. Come un corso pre-parto.
Insieme i due ragazzi si recarono nella sala indicata dalla segretaria, dove trovarono un mucchio di coppie sedute per terra. Una donna che stava in piedi si rivolse a loro con un sorriso accogliente. «Due nuovi aspiranti genitori!» disse calorosamente.
«Ma guardi che lui non...» fece per dire Megan, ma venne interrotta dalla donna.
«Sedetevi lì, quello è il vostro tappetino!» completò frettolosamente e si voltò a parlare con una coppia.
«Però, è strana» sussurrò Megan a Nick sedendosi sul tappetino. 
Lui portò gli occhi al cielo ed annuì. «Puoi dirlo forte» confermò il ragazzo.
«Allora, siamo qui per darvi un sostegno psicologico e morale prima del parto. Inoltre per farvi sentire più familiari con questo momento che fino ad ora vi è totalmente estraneo. Ma state tranquilli, noi siamo qui per aiutarvi. Prima di tutto, ci sono domande?» disse d'un fiato la donna. I due ragazzi rimasero a fissarla quasi increduli.
«Sì: perché parla di lei come fosse una squadra di calcio?» sussurrò Nick piano all'orecchio dell'amica, prima di ridacchiare sottovoce insieme a lei.
Qualche donna cominciò ad alzare le mani per fare domande che gli sembrarono alquanto stupide: perfino lui, che ne sapeva ben poco, conosceva le risposte.
«Cominceremo con qualche esercizio di respirazione, in seguito vedremo qualche posizione per il parto ,daremo a ognuno un finto bambino» proclamò la donna accennando ad una risata, «questo esercizio è sopratutto per i papà, e alla fine della giornata vi faremo visitare una sala parto per farvi familiarizzare con l'ambiente», continuò imperterrita.
«Coosa? Io da qui non mi alzo!» protestò sottovoce Megan, che era già diventata un tutt'uno con il tappetino sotto di lei.
«Posizioni per il parto? Io non ti aiuto» disse scioccato Nick scuotendo la testa. E lui che aveva pensato che il corso pre-parto fosse solo roba di psicologia, sulla fiducia in se stessi e nel partner. Occupato com'era a ridere della situazione, perse le ultime parole della dottoressa. Che poi, la tizia era davvero una dottoressa?, si domandava. Sembrava appena uscita da un raduno hippie e non aveva per niente un'arIa professionale.
«Voi due, sembrate una coppia affiatata» disse di colpo la donna, indicandoli. Nick guardò Megan ed entrambi si trattennero dal ridere. «Dimmi ragazzo, come vivi quest'esperienza della paternità?» chiese interessata.
Lui guardò la donna per più di qualche istante, elaborando quelle parole, poi si decise a parlare e cercò di mantenere il tono più serio possibile. «E' una cosa del tutto nuova per me, ma sono sicuro che insieme riusciremo ad affrontare questa battaglia... vero pasticcino?» intrecciò le dita con quelle di Megan e la guardò sfoderando lo sguardo più languido che aveva. 
Lei gli sorrise dolcemente. «Siamo qui per questo» disse seria. Appoggiò completamente la schiena al petto di Nick che le stava dietro e si lasciò andare ad una risata rilassata, mentre la donna li guardava perplessi. «Io e il mio fidanzato, che mi ha messa incinta! Già, è stato proprio lui!» disse con aria soddisfatta verso le altre coppie, ridendo isterica.
«Com'è bello l'amore!» concluse la donna con espressione sognante, e si allontanò verso un'altra coppia.
«Già, l'amore, che cosa stupenda» sopraggiunse Nick in un sussurro all'orecchio della ragazza. A quel punto i due innamorati non potevano più trattenere le risate. Probabilmente agli occhi degli altri sembravano due completi idioti, e anche loro si sentivano un po' come due pesci fuor d'acqua, in mezzo a tutte quelle coppie serie e probabilmente con la fede al dito. Era un po' come essere tornati al liceo: loro due erano gli studenti indisciplinati che non ascoltavano la lezione del professore, e preferivano ridere e scherzare piuttosto che stare attenti. La differenza sostanziale però adesso era che una dei due era incinta. 
«Sì signorina, durante il parto dovrà aprire le gambe» si ritrovò a dire la dottoressa.
Nick ridacchiò piano, scioccato da tutto ciò. 
«Adesso qualcuna chiederà com'è possibile che sia rimasta incinta, dato che non è arrivata nessuna cicogna a casa» scherzò Megan, e di nuovo entrambi scoppiarono a ridere a bassa voce. Qualche coppia ogni tanto si voltava verso di loro e lanciava delle occhiatacce; e la stessa dottoressa finì per rimproverarli qualche volta, ma era più forte di loro. Megan si voltò verso di lui e lo guardò enigmatica. «Comunque... pasticcino, Nick? Capisco l'improvvisata, ma questo nomignolo è disgustoso» rise scuotendo la testa, fingendosi delusa. «E mi hai fatto venire fame!».
Il ragazzo rise. Era la prima cosa che gli era venuta in mente, ma un motivo di fondo c'era. «E' il modo in cui Joe chiama Julie» spiegò, senza riuscirsi a trattenere. Aveva sempre preso in giro suo fratello e la sua ragazza per lo stupido nomignolo che si erano affibbiati, gli pareva un po' troppo sdolcinato e decisamente patetico. Era sicuro che quella ragazza l'avesse rammollito parecchio da quando si erano messi insieme. «Già, è venuta fame anche a me» si lamentò, «dopo questa lagna ci prendiamo un bel gelato, che dici?» propose con un sorriso sulle labbra. Erano in pieno luglio, e Los Angeles era torrida come non mai: senza contare poi, che erano le quattro del pomeriggio. Un gelato era proprio quello che ci voleva per rinfrescarsi.
La ragazza approvò annuendo sapientemente, mentre un quasi-papà si domandava come fosse possibile che un intero bambino riuscisse ad uscire da uno spazio così piccolo. 
Ma questa gente stava davvero per avere un bambino, o erano appena usciti dalle elementari? 
«Bene, è arrivato il momento delle posizioni!» disse la donna, come se stesse per regalare caramelle a tutti i presenti. «Io ho avuto sette figli».
«Miiiinchia!» quasi urlò Megan, scioccata, e si guadagnò un altro paio di occhiatacce da qualche mamma. Nick rise di gusto e tirò la testa all'indietro, mentre la dottoressa, incurante della piccola scenetta, continuava a parlare imperterrita.
«...e li ho avuti tutti in posizioni diverse!» Nick strabuzzò gli occhi. «E' importante tenersi pronti ad ogni eventualità, perché un bambino è un po' pazzerello! Magari anche per un fatto genetico» scherzò, e si fermò a guardare Megan. «Potrebbe decidere di uscire in qualsiasi posizione. Dunque, proviamo la prima!» disse la donna tutta emozionata, e mostrò la prima posizione: era una cosa alquanto oscena e al contempo disgustosa, e Nick osservò il tutto con un'espressione tra lo scioccato e il divertito: era parecchio spassoso vedere tutti quei palloni imitare quella posizione, con i mariti che le reggevano per la schiena. 
«Ma anche nooo!» rise forte Megan, scuotendo più volte la testa. La donna le riservò un'occhiataccia, e la ragazza fu costretta ad imitare i suoi movimenti, impacciatamente, con uno sbuffo. 
«Perfetto, Megan» disse Nick reggendola per la schiena con un'aria seriosa, mentre la dottoressa esaminava i loro movimenti da vicino. «Adesso non ti resta che rotolare via!» le sussurrò all'orecchio quando quest'ultima si fu allontanata abbastanza. Aveva le lacrime agli occhi per le risate, e non riusciva più a trattenersi: non avrebbe mai creduto che un corso pre-parto avrebbe potuto rivelarsi così divertente. «Tutto a posto, pasticcino?» domandò poi con un finto tono premuroso, stringendole la mano accuratamente, mentre un finto sorriso beffardo appariva sul suo viso. 
«Okay Nick, hai ufficialmente rotto le palle. Primo, non parlare più di cibo, e secondo, non mi prendere in giro!» si lagnò la ragazza ridendo e goffamente si rimise a sedere, per poi rivolgersi alla dottoressa. «Okay, le posizioni le abbiamo capite, grazie. Può dare il bambolotto all'amore della mia vita?» e indicò Nick con un cenno della testa.
«Ma certo, i finti figli! Avremo tempo per imparare tutte le posizioni» la donna si sfregò le mani con aria emozionata, e prese a distribuire dei bambolotti frignanti agli uomini della sala. 
Megan osservò soddisfatta il bambino piangere tra le mani del suo accompagnatore, e incrociò le braccia al petto, intenta a godersi la scena. «Non preoccuparti amore, sono sicura che sarai un padre meraviglioso!» scherzò.
«Taci tu» il ragazzo la fulminò con lo sguardo. Quella specie di bambola faceva un rumore frastornante. Era così che avrebbe dovuto fare il bambino una volta nato? Okay, forse avrebbe dovuto ritirare tutto ciò che avevo detto a Megan riguardo al suo aiuto. Mentre gli altri padri, con l'aiuto delle donne, cullavano i bambini in un abbraccio, ma senza particolari risultati, lui, molto più pratico, cercava il pulsante per spegnerlo.
«Guarda Megan, gli ho cavato un occhio!» disse piano divertito, in modo che potesse sentirlo solo la ragazza. Si rigirò l'occhio di plastica tra le dita, mentre voltava il bambino a testa sotto e gli esaminava la parte posteriore. Di solito stavano lì i bottoni, no?
Meg guardò l'occhio tra le sue mani con aria scioccata, poi scoppiò in una sonora risata. «Tu non lo toccherai neanche, mio figlio!» rise.
«Ma che diavolo state facendo?» la voce della donna apparve piuttosto vicina, e infatti eccola proprio accanto a loro, che osservava le loro mosse con aria di disappunto. 
«Megan, amore della mia vita, mi aiuti per favore?» chiese implorante alla ragazza. Cavolo, era un corso pre-parto quello. Si supponeva che avrebbero dovuto fare le cose solo le donne incinte: cosa c'entrava lui? Era lei quella che doveva partorire. Scosse la testa e fece una smorfia. «Fa un rumore assordante. Ti prego. Sei tu la mamma!» disse e le porse il bambolotto con una mano, mentre con l'altra le porgeva l'occhio di plastica.
La ragazza accolse il finto bambino tra le braccia e dopo averlo cullato per un po' gli re-infilò l'occhio dentro all'orbita, con più delicatezza possibile. Qualche istante dopo il bambolotto emetteva un rumore che assomigliava a quello di un bimbo che russava tranquillamente.
«Sei un assassino di bambolotti. Oh, e non c'è di che!» Megan sfoderò un sorriso soddisfatto all'espressione riconoscente del ragazzo. Lui non era proprio fatto per fare il papà. Ma dopo tutto lui e Anne non avevano in progetto di avere bambini per un po': avevano solo diciott'anni dopo tutto. Ma, ancora una volta, cosa non avrebbe fatto per la sua migliore amica. 
Dopo qualche esercizio di respirazione la donna si alzò finalmente. «Bene, adesso potremmo andare a visitare la sala parto!» esclamò, con lo stesso tono e la stessa esperessione eccitata.
«Uuuh, sei emozionato?» scherzò Megan guardando con invidia Nick che balzava in piedi in un micro-secondo. Si alzò a fatica e qualche secondo più tardi anche lei fu in piedi. La cosa più brutta di essere incinta, dopo i dolori e il vomito, era sicuramente il suo nuovo, gigantesco ed ingombrante pancione.
«Come una pasqua» replicò Nick, fingendo uno sbadiglio, mentre in gruppo attraversavano i corridoi candidi dell'ospedale. Quel posto gli aveva sempre messo tanta angoscia. «Sono solo contento che stia per finire. Ricordami perché mi sono fatto convincere ad accompagnarti a questa lagna» disse con uno sbuffo. Non aveva senso quello che facevano: era convinto che sarebbe riuscito a prepararla meglio comprandole un ciccio bello ed un libro di anatomia.  
«Oh, l'hai fatto perché mi vuoi bene!» Meg allargò un sorriso e gli lasciò un bacio sulla guancia. Meg era molto riconoscente con lui per quello che stava facendo, ma a lui non pareva niente di che. Per lui era un po' come un dovere, ma non gli pesava certo: dopo tutto lei non aveva nessuno, e qualcuno doveva essere lì per lei.
«Già, forse te ne voglio anche fin troppo» scherzò sorridendo debolmente e infilando le mani in tasca.
«Bene, ecco la sala!» disse la donna spalancando due porte, e tutto il gruppo ebbe la possibilità di entrare all'interno di una stanza enorme e bianca. All'interno c'erano un lettino e vari attrezzi: non era né fredda né troppo professionale, tanto che c'erano quadri appesi alle pareti e perfino disegni pasticciati da bambini piccoli, ma a Nick sembrava piuttosto inquietante comunque. 
«Bene Meg, ecco la stanza in cui proverai quei dolori che ricorderai per il resto della tua vita!» scherzò dandole una gomitata, con tono incoraggiante. 
«Sei un tesoro» la ragazza fece una smorfia. «E' strano trovarsi qui» osservò guardandosi intorno. Nick notò lo sguardo un po' ansioso della ragazza, e si affrettò a cambiare discorso.
«Allora, quant'è che manca? Credo di aver perso il conto» si passò una mano tra i capelli e arricciò il naso. 
«Circa un mese e mezzo» la ragazza lo guardò e si portò una mano al ventre, con un mezzo sorriso. Rimasero qualche istante in silenzio, poi lei si rivolse di nuovo a lui, con un sorriso. «Sai, voglio che abbia i ricci, proprio come te» scherzò.
Nick rise piano, divertito. Megan aveva sempre avuto una specie di fissazione per i ricci, sin da quando si erano incontrati era rimasta affascinata dai capelli del suo migliore amico. E lui ne era sempre stato piuttosto geloso, tanto che lei era l'unica che aveva il sommo privilegio di poterli toccare. 
«Non penso tu possa trasmetterglieli con la forza del pensiero» scherzò Nick. Da quello che ricordava, l'ex di Meg non aveva per nulla i capelli ricci.
Lei rise divertita. «Non lo so, ma voglio che abbia i ricci. Qualcosa farò, tipo usare il ferro. Oppure potrei portarlo da uno scienziato per fargli modificare il DNA, in quel caso mi servirebbe un po' del tuo DNA. Si può cambiare il DNA di una persona?» chiese imperterrita. «Ho ripetuto DNA tre volte in una frase. Fa figo. DNA, DNA, DNA!» e scoppiò in una risata, alla quale si unì presto anche Nick.
«Potresti cominciare a fagli i bigodini dalla prima settimana di vita, sai» scherzò divertito il ragazzo, torturandosi un riccio che pendeva sulla sua fronte. «Insomma, se fosse maschio e avesse i capelli ricci... sarebbe sicuramente fighissimo, no? Proprio come me!» mosse le sopracciglia con una finta aria superba, ridendo.
Megan allargò lo sguardo e smise di ridere per un secondo. «A proposito!» disse sempre con un sorriso sulle labbra «Non te l'ho detto? E' un maschio».
Nick la fissò strabuzzando gli occhi: questo proprio non lo sapeva. «Davvero?» domandò incredulo, poi sbuffò. «Oh, com'è che trovi sempre tempo per le cazzate e non mi vieni a dire una cosa importante come questa?» scosse la testa contrariato, senza riuscire però a nascondere il sorriso che gli si era formato sulle labbra. Non sarebbe stato figlio suo, ma in cuor suo aveva comunque sperato che fosse un maschio. 
«Scusami tanto se sono incinta» disse la ragazza con una smorfia, acida.
«Come no, è sempre questa la sua scusa» ridacchiò lui. Da quando aveva scoperto di ospitare un nuovo essere dentro di sé non aveva fatto altro che giustificarsi per qualsiasi cosa dicendo che era incinta. 
«Cerco di approfittarne finché posso» ridacchiò lei.
«E sai già come chiamarlo?» domandò Nick interessato, con una scrollata di spalle.
«Stavo pensando a Jason. Che te ne pare?»
Lui fissò fuori dalla finestra, pensieroso. Jason era un bel nome. «Non male. Mi piace, Jason!» commentò annuendo convinto. 
Lei per tutta risposta sorrise. «Quando uscirò qui con il mio pargolo penso farò cose come scalare l'Everest o buttarmi da un paracadute» scherzò «ho bisogno di riacquisire la padronanza del mio corpo, non voglio più essere schiava del cibo!» si accarezzò il pancione, pur sempre con delicatezza.
Nick le cinse le spalle amichevolmente. «Sono sicuro che tornerai in forma in un batti baleno. Ma per adesso sei un'anguria. Un'anguria bella e piacente, certo, ma pur sempre un'anguria» ridacchiò. 
«Ma come sei gentile» Megan gli rivolse una smorfia, e poi scrollò le spalle. 
La dottoressa contemporaneamente aveva perso tempo a spiegare alle altre coppie vari attrezzi della sala parecchio complicati, e il loro uso. Nick sapeva che Megan voleva distrarsi da quella spiegazione, non le piaceva soffermarsi troppo sul pensiero di quell'operazione, e sul dolore. Perciò continuò a darle da parlare, sottovoce, e non ascoltarono una sillaba della spiegazione della donna.
«Penso di poterlo fare» osservò Megan infine, mentre uscivano insieme dall'ospedale.
Nick la guardò con aria interrogativa per un istante, poi comprese il senso della sua frase, e le mise una mano sulla spalla. «Certo che puoi farcela, Meg», le sorrise, «non c'è niente di cui aver paura».
Sarebbe andato tutto bene, se lo sentiva. E il bambino sarebbe stato bene, Jason avrebbe avuto la mamma migliore del mondo. 
   
 
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