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Autore: Iria    26/12/2011    5 recensioni
[Cinquanta frasi sulla coppia KenrenTenpouKenren]
7 – Tradimento.
«Ci vediamo dopo»
Erano davvero convinti di quella mezza promessa sussurata tra di loro, di quel piccolo tradimento ordito alle spalle dei compagni; già, fra il sangue, le membra a brandelli e le anime in pezzi si incontrarono un po’ prima, giusto per fumarsi un’ennesima sigaretta assieme: Tenpou, infatti, si avvicinò alle spalle di Kenren e, poggiandosi al sottoposto, da qualche parte nella divisa dell’altro recuperò un bastoncino di tabacco un po’ ammaccato che accese in silenzio, nutrendone la fiamma accostandolo a quello ardente del suo capitano — ah, dimenticava sempre l'accendino...
«Scusa il ritardo».
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kenren Taisho, Tempou Gensui, Tempou Gensui
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: ~ And Sadness Will Sear
Autore: Iria 
Fandom: Saiyuki 
Personaggi/Claim/Coppia: Kenren Taisho/Tenpou Gensui
Generi: Drammatico, Introspettivo, Malinconico.
Avvertimenti: Lime, Missing Moments, What if..?, Yaoi.
Rating: Arancione 
Set: Delta
Note: Oh! La mia prima volta anche in questo fandom! Ultimamente ne sto sperimentando di nuovi e questa iniziativa delle cinquanta frasi mi aiuta parecchio! =D
Bhé, che dire? 
Mi auguro sul serio che piaccia, tengo molto a questa coppia che per me è una della più meravigliose; e ringrazio la sensei Minekura per aver creato quelle splendide creature che non sono solo Sanzo & Co., ma anche -e soprattutto!- Konzen, Kenren e Tenpou.
Questo lavoro, infatti, è dedicato agli ultimi due, che nel mio cuore hanno un posto davvero speciale: mi sono entrati dentro, li ho amati e continuerò a farlo.
Grazie a chi leggerà e, soprattutto, a chi sarà così gentile da lasciarmi un’opinione in merito.
Un bacio,
Iria.
*Titolo ispirato all’omonima canzone dei Trivium che mi ha accompagnato durante la stesura di questo lavoretto*
*Prompt dati dall’iniziativa 1frase su livejournal*

 

~ And Sadness Will Sear

 

1 – Terra.

Tenpou gongolava e, agitando quel particolare teschio (un ciondolo acquistato sulla Terra) pensava alla reazione sicuramente entusiasta (a suo dire) che Kenren avrebbe avuto nel ricevere tale piccolo, inaspettato dono.

2 – Orgoglio.

Kenren aveva imparato a rispettare la maschera di severo orgoglio che tingeva le espressioni di Tenpou quando quest’ultimo si ritrovava a difendere non solo la propria dignità, ma anche quella dell’armata di cui — nonostante le apparenze — tanto si curava.

3 – Spirito.

Un puro spirito non avrebbe mai avvertito il dolore, sofferto la stanchezza o lasciato che il sangue gli imporporasse la vista; perciò, Kenren ritenne che essere un dio fosse davvero una fregatura e, sorridendo, si convise ancor più di questo particolare quando, al di là delle sbarre della cella — già, quella era stata l’ennesima tortura — vide la sagoma di Tenpou sovrastarlo ed una dura espressione di biasimo trasfigurare i lineamenti altrimenti gentili del superiore — allora il suo stomaco si contrasse, allora la fitta che provò al petto fu più lancinante di quella di una qualsiasi altra ferita.


4 – Storia.

La storia dell’umanità affascinava incredibilmente Tenpou; il generale, infatti, rimaneva per ore ed ore sommerso fra le pagine pregne di inchiostro riguardanti quei conflitti terreni che, seppur nati per futili, ridicoli o addirittura  egoistici motivi, risultavano essere sempre ricchi di strategie, ingegni ed inganni tali da entusiasmarlo, eccitarlo, estasia--
«Non posso crederci… non è passato neanche un giorno che questa stanza è già di nuovo un porcile!»
Ma a quel punto le fantasiose contemplazioni di Tenpou venivano brutalmente stroncate dai giustissimi rimproveri di Kenren e, allora, al generale caduto dalle nuvole non restava altro da fare che provare a zittire le labbra ancora imprecanti dell’esasperato sottoposto.

5 – Tempo. 

Kenren non teneva in particolar conto del tempo; o meglio, nel trascorrere le giornate tra la polvere e le stranezze della stanza del suo generale, si era rassegnato a lasciar scorrere via quell’irrelavante particolare e a concentrarsi, piuttosto, su ogni singola novità che sempre tingeva quella cara quotidianità.


6 – Guerra.

Forse, riteneva Kenren, il motivo per cui Tenpou fosse decisamente ossessionato dal tema della guerra non era tanto da ricercarsi nella sua carica di generale e, quindi, nel ruolo che occupava nell’Esercito Celeste, quanto, piuttosto, nell’indole curiosa del suo superiore; questi, infatti, con molte probabilità stava solo provando a risalire alla ragione e alla causa prima di tutto quel sangue versato su un mondo ormai sudicio.

7 – Tradimento.

«Ci vediamo dopo»
Erano davvero convinti di quella mezza promessa sussurata tra di loro, di quel piccolo tradimento ordito alle spalle dei compagni; già, fra il sangue, le membra a brandelli e le anime in pezzi si incontrarono un po’ prima, giusto per fumarsi un’ennesima sigaretta assieme: Tenpou, infatti, si avvicinò alle spalle di Kenren e, poggiandosi al sottoposto, da qualche parte nella divisa dell’altro recuperò un bastoncino di tabacco un po’ ammaccato che accese in silenzio, nutrendone la fiamma accostandolo a quello ardente del suo capitano — ah, dimenticava sempre l’accendino… 
«Scusa il ritardo».

8 – Sentore.

Kenren entrò cautamente nella camera del generale, guardandosi attorno in allerta e scrutando ogni singolo antro con circospezione: oh, aveva la netta impressione che Tenpou, privo di sensi, fosse finito di nuovo seppellito da qualche parte sotto tutta quella montagna di libri — e, ovviamente, sarebbe toccato a lui recuperarlo..!


9 – Giovinezza.

Kenren, sull’altra riva del fiume terrestre dove soleva pescare, osservava spesso i giovani umani ridere, piangere o scambiarsi semplici gesti con la freschezza e l’ingenuità tipica della loro razza nel fiore dell’età; e si chiese se Tenpou, per caso, mosso dal suo stesso interesse, possedesse qualche libro in cui fosse raccolta o descritta tutta la gran quantità di emozioni che dipingevano meravigliosamente quei visi così ricchi di vita — che avrebbero, poi, segnato profonde rughe su quei volti ormai cerei.

10 – Orme.

Tenpou notò che alcuni tra i petali dei fiori di ciliegio caduti erano stati calpestati da poco e, con discrezione, seguì quelle sottili tracce scovando, infine, il prevedibile colpevole che, sonnecchiando all’ombra di uno dei rigogliosi alberi, schiuse appena un occhio quando il generale si accomodò al suo fianco:
«Dovresti imparare ad essere più cauto»
Ma in risposta non ricevette null’altro che un sospiro, indice della comune consapevolezza che, con ogni probabilità, Tenpou sarebbe stato in grado di trovare Kenren persino in una tempesta di petali rosa.

11 – Preda.

«La preda è qui, “Nataku”»
Kenren avvertiva il terrore scuoterlo sin dentro le ossa, morderlo e divorarlo senza pietà alcuna, ma dal suo viso non si staccò neanche un singolo frammento della maschera di cocciuta sicurezza tanto ostentata: per il tempo restante, fra il sangue, il sudore, il dolore e la folle violenza della battaglia, si lasciò semplicemente possedere dalla convizione che, sì, dannazione, avrebbe di certo rivisto Tenpou — o, almeno, desiderò solo immergersi ed affogare in quella mera illusione.


12 – Stirpe.

Tenpou osservò il chakra sulla fronte appena aggrottata di un Kenren dormiente, ben sapendo che quello fosse un simbolo distintivo per le famiglie di alto rango, eppure pareva evidente che il suo sottoposto non avesse mai avuto mire particolarmente ambiziose in ambito aristocratico; allora, riflettendo fra sé, il generale ridacchiò immaginando Kenren, proprio lui, nei panni di un funzionario buracratico o qualcosa di simile… assolutamente no!

13 – Passi.

Tenpou aveva imparato a distinguere con una certa sicurezza i passi di Kenren, che mai erano pesanti o macchiati dall’inutile fretta: producevano semplicemente un dolce ritmo regolare che, spezzandosi troppe volte per gli stenti patiti dal suo Capitano di Divisione — torture evitabili per una lingua meno tagliente —, svuotavano e raschiavano con durezza il petto gonfio di rabbia del superiore.

14 – Rito.

Era un po’ un rito, il loro: Kenren lo rimproverava per il costante disordine e Tenpou persisteva nel fissarlo con un’espressione a metà fra il sorpreso ed il perplesso fino a quando, sbuffando esasperato, il compagno non avesse iniziato a farsi strada fra le cianfrusaglie, i libri, un piccione morto — sì, proprio così — per accomodarsi al suo fianco, accendendosi, infine, una sigaretta e rilassare, quindi, i propri poveri ed inermi nervi.


15 – Vittoria.

«Ho proprio voglia di una bella grigliata di carne!»
«Davvero? Io avrei gradito della soba…»

«Ce la giochiamo a morra cinese?»
Mmh
, con ogni probabilità, Kenren avrebbe dovuto affinare la propria tecnica in quel gioco: non poteva continuare a perdere contro Tenpou — la vittoria del generale lo infastidiva sempre — e, puntualmente, scendere sulla Terra di nascosto per mangiare della carne; prima o poi l’avrebbero scoperto ed allora, di sicuro, il prezzo da pagare sarebbe stato assai caro.

16 – Languore.

All’ombra dei fiori di ciliegio, il tempo scorreva dolcemente nella lentezza del giorno e Kenren, immerso in quella molle pigrizia, cercava ogni singola, nuova sfumatura nel sapore del saké che sorseggiava, rendendosi conto che quest’ultimo apparisse decisamente molto più buono quando Tenpou, accomodandosi in silenzio al suo fianco, glie ne rubava un sorso dalle labbra schiuse.

17 – Mortale.

Il denso sentore del sangue gli fece intendere di essere ancora cosciente e, nonostante avesse gli attimi contati, gridò con quanto più fiato gli restasse in gola il suo inno alla vita, alla libertà di sbocciare e maturare come qualsiasi, meraviglioso altro fiore: sì, Kenren stava morendo, ma le sue ultime parole traboccarono di vigore e Tenpou, nel crollare a propria volta in un lago di sangue, pur non potendo udire il subordinato lasciato indietro minuti — ore, giorni, mesi o anni — prima, nel cuore stremato ed agonizzante quella calda voce lo rimproverò ancora…
«Però… mai che tu sia puntuale».


18 – Favorito.

Kenren adorava tre cose nella sua vita: i fiori di ciliegio, il saké e le sigarette — oh, e poi c’era un quarto elemento che, in gran segreto, era il suo preferito e del quale non avrebbe mai fatto parola ad anima viva (neanche a se stesso): le giornate faticosamente trascorse con Tenpou.

19 – Giardino.

Al solito, considerò Tenpou passaggiando tranquillamente, Kenren era scomparso nel giardino del Palazzo Reale, provocando un gran scompiglio fra i suoi subordinati che, disperati, lo cercavano in lungo e in largo: bhé, lui sapeva dove andare e, certamente, avviandosi alla meta tanto agognata da quegli altri soldati, non avrebbe mai indicato la strada a nessun altro. 

20 – Eros.

Ad occhi chiusi, fra l’odore della carta vecchia dei tanti libri e dell’acre nicotina, una carezza distratta si trasformò in un bacio profondo, in un tocco più audace e, infine, in morsi eccitati: i due amanti ricercarono nei loro corpi nudi un piacere che non fosse semplicemente legato allo squallore del mero sesso, ma che li elevasse oltre la musicalità dei gemiti e dei sospiri, fino a lasciarli incontrare, al culmine dell’amplesso, l’uno sulle labbra dell’altro per assaporarsi e divorarsi con inspiegabile disperazione


21 – Canto.

Kenren si stava cullando nella propria rilassatezza quando, godendosi il profumo dei fiori di ciliegio, udì Tenpou canticchiare soffusamente; allora, sorrise nel dolce dormiveglia, prestando attenzione alle note appena articolate dal generale, nonostante quest’ultimo non fosse poi così abile.

22 – Tocco.

I tocchi di Tenpou non furono affatto delicati nello sfiorare e curare le ferite di Kenren: muto ed inflessibile, il generale fasciava il sottoposto con rigidi movimenti; e questi ben sapeva che ogni suo singolo gemito appagasse il superiore: già, quella era la giusta punizione che gli spettava per essere sempre così assurdamente privo di senno — però Kenren lo avvertì, il tremore della mano del compagno nel porgergli una preghiera mascherata da schiaffo...
«Non ti perdonerò ancora… smettila di farti del male».

23 – Silenzi.

A Tenpou e Kenren bastava sedere l’uno di fianco all’altro per poter comunicare: quando non servivano le parole — o non erano in grado di utilizzarle —, i loro respiri e le loro rapide occhiate erano tutto ciò di cui avevano bisogno per riempire i silenzi anche coi discorsi più futili.


24 – Movenze.

Kenren imprecò tra i denti piuttosto imbarazzato dalla situazione, domandandosi perché mai si fosse prestato con così tanta accodiscendenza a quella roba; mentre Tenpou, sorridendo sornione, gli teneva una mano su un fianco, intrecciando l’altra con quella del povero sottoposto borbottante — eppure, l’agire del superiore così tranquillo e pacato gli suggerì che il dannato si stesse divertendo enormemente:
«Kenren, se tu fossi un tantino più sciolto potrei imparare meglio le movenze di questo ballo terrestre, sai..?»

25 – Calore.

Il calore del saké non avrebbe potuto sostituire quello di un corpo, Kenren lo sapeva bene; però era così simile all’essenza di Tenpou che per un po’ — molto poco — riusciva ad appagarlo.

26 – Apparizione.

La fiammella di una candela brillò nell’oscurità, illuminando l’espressione perplessa di Kenren che ricercava il proprio generale in quelle fitte tenebre; e per poco non gli esplose il cuore nel petto, quando Tenpou, apparendo d’improvviso a pochi centimentri dal suo viso, spense quella flebile fonte di luce trascinandolo con sé.

27 – Inebriare.

Era sulle sue labbra, gli carezzava la lingua e stuzzicava le sue narici: l’odore ed il sapore di Tenpou — acre come la nicotina, delizioso come il saké — lo inebriavano, lasciandolo assuefatto al pari della peggiore e più crudele delle droghe.

28 – Dita.

Le dita lunghe ed affusolate di Tenpou premettero su un paio di costole di Kenren che risultarono essere incrinate; ed il capitano trattenne un urlo, ben sapendo che l’altro avrebbe tanto voluto affondare l’intera mano nel suo addome e frantumargli il costato in prima persona — con gentilezza e pacatezza, ovviamente!

29 – Nostalgia.

Kenren riteneva di non avere affatto nostalgia della sua vecchia carica nell’esercito dell’Est, che tutto sommato, , lo divertiva studiare le stramberie di Tenpou…
«Credo stia per cedere...»
Ovviamente, solo quando non rischiava di passare a miglior vita sotto il crollo una libreria pericolante.


30 – Legame.

Il filo rosso che li univa premeva sulle carni di Tenpou e Kenren fino a farle grondare di sangue: già, era un legame meraviglioso, quello, costruito a poco a poco sull’incredibile capacità che i due avevano di comprendersi, eppure un aspro e macabro presagio banchettava alle loro spalle, rodendo e masticando con ingordigia quel lungo nastro purpureo.

31 – Erba.

Kenren sapeva che da tempo, ormai, i fili d’erba fra i capelli o le macchie verdi sul camice del superiore, dovute al prato fresco di rugiada, li avevano incastrati: già, le sue fughe seguite dal repentino inseguimento di Tenpou erano assai note ai loro sottoposti, i quali tuttavia tacevano, lasciando ai due la possibilità di restare un po’ più a lungo insieme.

32 – Sembianze.

Kenren deglutì, fissando con orrore ciò che Tenpou stringeva tra le mani: un ammasso di piume che aveva tanto le vaghe — vaghissime — sembianze di un paio d’ali…
«Ho letto un frammento di un mito terrestre riguardante un uomo, Dedalo, che costruì delle ali per sé e per il figlio allo scopo di fuggire, volando, dal labirinto da lui ingegnato… non sono riuscito a ritrovare il finale e sarei curioso di sapere se il metodo abbia funzionato! Ti va di provarle..?»

33 – Nettare.


Kenren non si era mai ridotto ad essere ubriaco fradicio; anzi, ovunque andasse era sempre imbevuto dall’essenza del saké, però quella volta, nel succhiare con ingordigia le labbra di Tenpou come a volersi nutrire di un nettare raro e prezioso, considerò di aver decisamente esagerato — e che, forse, per godere ancora ed ancora di quell’afrodisiaco sapore avrebbe dovuto spingersi al limite un po’ più  frequentemente.


34 – Rossore.

Per una volta fu Kenren ad occuparsi dell’acceso rossore su di uno zigomo del generale: sorrise amaramente, carezzando la parte lesa con delicatezza e, ricambiato dallo sguardo indifferente e tranquillo di Tenpou, ben sapeva che quel dolore era stato causato dall’ennesima difesa del superiore verso la sua discutibile condotta.

35 – Possesso.

Kenren sapeva che sotto le lenzuola spesso valesse la regola del “possedere o essere posseduti”; eppure, nell’unire le proprie labbra mugugnanti con quelle di Tenpou, comprese che tra loro due non aleggiò mai un senso tanto materialistico e superficiale: esisteva solo un’atmosfera di reciproca appartenenza, il che fu assolutamente appagante.

36 – Crepuscolo.

Alle volte pareva che un oscuro crepuscolo calasse negli occhi di Kenren — soprattutto dopo una spedizione particolarmente cruenta — e Tenpou, notando tale particolare, era cosciente che il sottoposto avesse semplicemente bisogno della sua silenziosa presenza.


37 – Fautore.

La comune passione per le sigarette ed il sakè era stata fautrice dell’instaurarsi del loro rapporto formale di superiore e sottoposto; poi, s’era aggiunta un’intesa fatta di sguardi e mezzi sorrisi che aveva posto le basi per un legame ben più profondo.

38 – Sfrontatezza.

L’agire di Kenren totalmente disinteressato nei confronti delle autorità di certo divertiva Tenpou, ma allo stesso tempo quella sfrontatezza era fonte di un odio così radicato nel cuore del generale, tanto che quest’ultimo avrebbe volentieri ridotto in pezzi deliziosamente sanguinanti il caro sottoposto.

39 – Fato.

Il Capitano del corpo d’armata dell’Ovest riteneva a ragione che il destino non si facesse nessun amico; d’altra parte, era proprio quella spaventosa bestiola — sadico burattinaio — a muovere i fili delle esistenze di ogni singolo individuo e Kenren comprese ben presto che i suoi vincoli, così come quelli di Tenpou, fossero ormai consumati e pronti ad essere recisi nel sangue.


40 – Labbra.

Tenpou gli morse le labbra fino ad arrossarle, fino a farle sanguinare; e Kenren avvertì la lingua del generale leccare con cura quelle crepe e poi i tagli lungo tutto il profilo del suo viso, come a volersi accertare dove il sottoposto fosse più delizioso.

41 – Pensiero.

Kenren fissava il superiore di sottecchi, distogliendo lo sguardo di tanto in tanto:
Ah! Ho finito le sigarette... chissà se mi lascerà almeno l’ultimo tiro della sua..!

42 – Ritorno.

Ogni volta che Kenren e Tenpou ritornavano nel Tenkai dopo aver combattuto sulla Terra, c’era un momento in cui, soli, si poggiavano l’uno all’altro e, unendo le proprie fronti fredde, si nutrivano dei loro reciproci respiri, quasi soffocandosi — evitando, per quanto fosse possibile, di coinvolgere le vicine labbra in un bacio che avrebbe sicuramente avuto il sapore salato del sudore, del terriccio e del sangue:
«Siamo ancora vivi.»


43 – Ferita.

Uno squarcio sul torace di Kenren gli parve particolarmente grave e profondo; quindi, masticò un’imprecazione diretta al compagno momentaneamente privo di sensi e, carezzando con un dito i bordi della nera ferita, ritenne che fosse necessario ricucirla; poi, dopo avrebbe bellamente ignorato il sottoposto per almeno un mese, fingendo che non esistesse alcun Kenren Taisho nella sua civilissima ed ordinata armata.

44 – Confine.

Forse, troppo spesso Kenren aveva oltrepassato il limite della sopportazione di Tenpou con certi richiami molte volte risoltisi in orribili torture: ah, il generaleodiava che i suoi soldati venissero sfidati, feriti o anche solo sfiorati da chicchessia, ed il sottoposto provava un segreto e masochistico piacere a camminare su quel sottile confine fra la placidità e l’ira del suo superiore.

45 – Furore.

Kenren sapeva che non vi fosse nulla, nulla di più spaventoso degli occhi di Tenpou carichi d’ira e traboccanti di furore; infatti, in tali sguardi ogni intenzione era vivida e chiara, e l’odio e la volontà di ferire venivano riflessi con genuina semplicità: già, le iridi verdi del generale in quelle occasioni parevano avere vita propria ed erano in grado — sul serio — di trascinare qualsiasi sventurato nel loro personale Inferno fatto di gelo e crudeltà.


46 – Volto.

Kenren non capiva come tutti vedessero nel volto di Tenpou  delicatezza e — assurdamente  — femminilità: dannazione, pareva che il sottoposto fosse l’unico a scorgere in quei lineamenti le ombre di un’inquietante e virile crudeltà, in attesa solo d’essere stuzzicata dal folle che avesse osato recargli offesa.

47 – Candore.

Tenpou, nel crollare al suolo sfinito, notò come il candore del suo camice si fosse ormai tinto del macabro rosso del sangue; e sperò vivamente di non ritrovarsi in simili condizioni, quando, un giorno, avrebbe finalmente rivisto Kenren.

48 – Vino.

Kenren non bevava mai vino, non che lo disprezzasse, in verità; semplicemente, credeva che quel dolce aroma non si addicesse al suo essere fumatore; e quando confessò tale particolare a Tenpou che gli aveva offerto un bicchiere colmo di denso liquido rosso, il superiore scrollò le spalle, mormorando qualcosa circa il fatto che, chissà perché, fosse sempre lui a passare per quello con strane fissazioni.


49 – Incisione.

Nel lambirlo, il desiderio di vivere incise sulle sue carni e sulla sua anima una volontà forse ancora più egoistica, un capriccio decisamente più futile: avere la possibilità di sfiorare per un’ultima volta anche solo una mano del suo assurdo generale. 

50 – Lanterna.

La luce di una lanterna illuminava appena i profili sudati dei loro corpi nudi: stretti nell’oscurità, sembrò quasi che i due volessero imprimersi l’uno sulle membra dell’altro col solo desiderio di permettere a quei cuori ormai condannati d’essere sincronizzati e, , di riuscire, forse, ad amarsi totalmente in quell’aspro finale.

*Owari*

 

   
 
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