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Autore: LaDyElOiSe    27/12/2011    5 recensioni
Si tratta di un raccontino che ho scritto per divetimento (mio e di chi legge) e cerca di essere una risrittura di Cenerentola in chiave comica-moderna.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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In un bel quartiere di una città italiana non specificata, viveva Cen. O meglio, il suo nome era un altro, ma tutti la chiamavano così, perché “Cen” è il diminutivo di “Cenerella”.
No, so già a cosa state pensando, ma levatevi dalla testa camini sporchi, passerotti pronti a rifare i letti e topi ingrembiulati che sgambettano a destra e manca.
Semplicemente, mentre da bambina giocava coi suoi bei pastelli Carioca sulla scrivania del papà, si fece rotolare addosso il posacenere, colmo di quel che restava dell’intero pacchetto di sigarette che il babbo aveva consumato mentre guardava la squadra di calcio del cuore stracciare in mille pezzettini l’avversaria di sempre. Naturalmente si sporcò da capo a piedi. Naturalmente ne rovesciò anche a terra. Ovviamente la mamma non fu contenta di vedere “quella schifezza puzzolente” sul suo costoso tappeto orientale.
Ma lasciarono correre. Lasciavano sempre correre, quando si trattava di Cen. Perché era piccola, perché era così carina, coi riccioli biondi e gli occhi azzurri come il cielo di maggio.
E ora, a quindici anni, Cen era viziata e coccolata, e abituata a ottenere tutto quel che voleva. Per questo quella volta non credette alle sue orecchie, quando sua madre rispose, alla sua ennesima richiesta, con un secco “No”.
«Ma perché?» strillò indignata.
«Per quel quattro in biologia, ecco perché», rispose sua madre.
«E tu non mi fai andare alla festa più importante dell’anno per colpa di uno stupido quattro?»
«Esatto», disse la signora affettando le carote, ma non era proprio la verità. In effetti quel pomeriggio, mentre guardava Beautiful, aveva assistito alla morte di uno dei suoi personaggi preferiti, e ora era incavolata nera. Nel suo petto si allargava un vuoto che niente avrebbe potuto colmare, come spiegò per telefono alla sua amica subito dopo la puntata, e dunque, a causa di quel lutto, nessuno doveva gioire.
Cen era infuriata, a dir poco. Era il compleanno del biondino di V C a cui andava dietro da mesi, e quando quel giorno aveva dato gli inviti a tutti gli studenti della scuola non le era sembrato vero. Sarebbe andata a casa sua. Sarebbe stata nello stesso posto in cui si trovava lui per tutta la sera. Si sarebbe agghindata, e avrebbe passato la piastra ai capelli, e avrebbe messo i tacchi e ovviamente il trucco doveva … Ma quella strega di sua madre aveva rovinato tutto! L’odiava!
No, lei doveva andarci, anche di nascosto, se necessario.
In quel preciso istante la tasca destra dei suoi jeans vibrò. Le era arrivato un messaggio sul cell; guardò il mittente: Fata Madrina.
Fata Madrina era un software che aveva scaricato dopo aver trovato il codice su un pacco di cereali, ed era una guida che riusciva incredibilmente a risolvere ogni situazione. Cen non sapeva come, ma Fata Madrina riusciva sempre a spedire il messaggio giusto al momento giusto. Come quella volta che non aveva studiato storia, ed era indecisa se andare a scuola o meno, quando l’sms di Fata Madrina, come una Manna dal cielo, le consigliò: “E’ meglio di no”. Con la scusa del mal di pancia convinse sua madre a farle saltare la scuola, e … beh, quel pomeriggio Marty la chiamò per dirle che la prof di storia era impazzita, aveva fatto interrogazioni a tappeto, e aveva messo tutti due! Marty era in punizione, ma Cen benedisse in cuor suo la sua geniale Fata Madrina!
Senza pensarci due volte, lesse il messaggio: “Suoneria in regalo per te! Gianni Morandi, Fatti mandare dalla mamma”.
Geniale! Avrebbe chiesto alla mamma di mandarla a fare la spesa, poi l’avrebbe chiamata dicendo che per la strada aveva incontrato Marty, che l’aveva supplicata di salire dieci minuti da lei, e poi i dieci minuti sarebbero diventati due ore, e poi … Ai particolari avrebbe pensato dopo.
Ora che aveva trovato il modo per evadere, doveva pensare a cosa indossare. Qualcosa da poter nascondere sotto al cappotto, ovviamente: non poteva mettersi tutta in tiro per andare al super!
Di nuovo, aveva bisogno di Fata Madrina.
Digitò “Moda” dal menù del programma, e subito apparve un viso ovale dalla permanente bionda e occhiali allungati, con un balloon accanto in cui c’era scritto:
“Problemi di stile? C’è sempre una soluzione. Indica l’evento al quale devi partecipare”.
Cen scorse rapida il menù, e cliccò “festa tra amici”.
“Ecco la soluzione” apparve nel ballon “mini in denim, top argentato e stivali scuri di pelle. Da abbinare con accessori silver e trucco light. Opta per un po’ di gloss sulle labbra e uno smokey leggero sugli occhi. Mettili poi con un velo di mascara, e il gioco è fatto!”, ammiccò la fata riccioluta.
 
Tutto andò secondo i piani. Col cappotto lungo fino a metà coscia cercò di nascondere l’abbigliamento non proprio casual, ma tanto nessuno diede peso alla sua mise. Prese la pochette e sfrecciò via.
Prese l’autobus e in due fermate arrivò a casa di Marty, poi insieme si diressero verso la festa.
Cavolo, che casa enorme! Era un attico all’ottavo piano di un palazzo bellissimo, nel cuore della città. I mobili del living erano stati spostati i modo da creare ancora più spazio, per ballare, ovviamente, e poi tutto intorno al soffitto era pieno di festoni e palloncini, e sui tre tavoli in fondo c’erano pizzette, rustici, stuzzichini, panini, sandwich, mignon, e bibite di tutti i tipi, dalla coca alle birre, passando per … no, era davvero una bottiglia i spumante quell’enorme damigiana alta un metro e posta in bella vista davanti al tavolo al centro? E quelli dall’altra parte della sala erano dee-jay?!
Le ragazze tolsero i cappotti, e non ebbero nemmeno il tempo di guardarsi meglio attorno che il festeggiato in persona si avvicinò, e guardando Cen come se fosse una playstation gigante le disse:
«Hei, mi fa piacere che sei venuta. Vuoi bere?»
Cen lanciò un’occhiata sbalordita a Marty, ma corse dietro il biondino, che non aveva nemmeno aspettato la sua risposta e si era avviato verso i tavoli in fondo.
Passarono la serata a parlare (Bella festa. Fico, eh? Mi piace questa musica! Spacca!), a ballare, e poi, a mezzanotte, Cen pensò che forse si era prolungata un po’ troppo, e la sua scusa non avrebbe retto, se avesse tardato troppo. Il biondino si era allontanato per parlare con un amico, e lei non aveva tempo di cercarlo in tutta quella massa di gente, doveva sbrigarsi!
Prese il cappotto al volo, cercò Marty con lo sguardo e la vide seduta sul divano a civettare con un ragazzo. Non c’era tempo, a casa le avrebbe spedito un mess. Volò verso il portone e corse a prendere l’ultima metro.
 
***
 
Il cell cominciò a strombazzare a tutto volume “When I grow up” delle Pussicat Dolls, e Cen capì che qualcuno le stava telefonando: era Bianca, l’altra amica del cuore. A causa dell’influenza non aveva potuto partecipare alla festa, e ora voleva tutti i particolari. Cen glieli raccontò per filo e per segno.
 «E i tuoi che ti hanno detto, quando sei tornata così tardi?» chiese l’amica al telefono, avida di informazioni.
«Non me lo dire, tanta fretta per niente. Dormivano alla grande, non mi hanno manco sentita!»
«Che sfortuna! Avresti potuto passare ancora un po’ di tempo col biondino …»
«Guarda che la mia storia non è ancora finita!»
«Cosa? E che altro è successo?»
«Beh, andavo di fretta, no, perciò non mi sono messa a raccogliere tutte le mie cose con calma, capisci, e perciò mi sono accorta solo quando sono arrivata a casa che non avevo la pochette.»
«Hai perso la pochette?! »
«Lo credevo anch’io fino a dieci minuti fa, quando ti ho chiamata. Ma ora so che non è così!»
«E dov’era? »
«L’avevo dimenticata alla festa! E lui l’ha trovata il mattino dopo! Quando ha capito che era la mia mi ha spedito una mail, e mi ha detto che stasera me la riporta. E che dato che ci siamo magari usciamo a fare un giro.»
«Fico! Peccato che per colpa di st’influenza non sono potuta venire!»
«Eh, sì. Ma adesso stai bene, no? Dì, a te è successo qualcosa di interessante, Bianca?»
«No, proprio niente … »
«Ma come, l’altro giorno mi dicevi di quella cosa strana che ti è successa, con la mela …»
«Ah, sì, è per questo che sono stata male fino a mo! Allora, ti dicevo che c’erano stì sette ragazzini – maledetti nanetti! – che giocavano in cortile, no?»
Eh, no! Questa è un’altra storia!
 
 
  
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