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Autore: Gwen Chan    27/12/2011    2 recensioni
[La F&N production]
Forse domandare da dove veniva il mondo non era stata una brillante idea. Secoli di pensatori e non una risposta decente.
Veniva dall'acqua! Dall'aria! Dal fuoco! Dall'Apeiron!
Dagli atomi! Che teoria!
E se parlassimo dei paradossi? Proponeva Zenone.
Tutto dipende dai numeri. Rilanciava Pitagora.
Grecia Antica aveva la testa che ronzava. Poi era arrivato Socrate. Passeggiava e chiacchierava con tutti.

L'inizio del viaggio nel mirabolante mondo filosofico di Hetalia, da dove tutto ebbe inizio: in Grecia.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Antica Grecia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La F&N production'
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Socrate

1

Forse domandare da dove veniva il mondo non era stata una brillante idea. Secoli di pensatori e non una risposta decente.
Veniva dall'acqua! Dall'aria! Dal fuoco! Dall'Apeiron!
Dagli atomi! Che teoria!
E se parlassimo dei paradossi? Proponeva Zenone.
Tutto dipende dai numeri. Rilanciava Pitagora.
Grecia Antica aveva la testa che ronzava. Poi era arrivato Socrate. Passeggiava e chiacchierava con tutti.
"Perché lo fai? "
"Perché l'uomo è un universo da scoprire attraverso la maieutica."
"Ma-maieutica?"
"Significa che le risposte sono già dentro di te."
Antica Grecia spalancò gli occhi.
Forse conoscersi era più importante. L'Archè non la interessò più.

2

"Atene, ti prego!"
"Sai che non sono io a decidere!"
"Prova, almeno! È così ingiusto!"
"Mi dispiace, ma non posso."
Era quello il sapore della morte? L'amaro gusto della dipartita?
Grecia Antica si portò alle labbra la coppa colma di succo di cicuta, ben attenta a non berne nemmeno una goccia, e annusò.
Sapeva di fiele.
Quando il filosofo aveva ingoiato il liquido, era stato come se il veleno fosse scivolato lungo la sua di gola.
Socrate aveva rifiutato ogni offerta di grazia.
Le bruciarono gli occhi e il dolore la oppresse.
Bisogna portare un gallo a Esculapio.

3

La figura incappucciata si avvicinò alle porte del tempio. Nel pugno teneva le zampe di un galletto, che si agitava senza tregua, sbattendo le ali, forse presagendo la sua sorte.
Presto il sangue del sacrificio avrebbe imbrattato l'altare di marmo.
Bisogna portare un gallo a Esculapio.
Erano state le ultime parole di Socrate.
Grecia Antica stava correndo a provvedere.
L'aveva persino lodata! Si era complimentato per il suo viso asciutto.
"Vedete, non c'è motivo di intristirsi. Basta con quelle lacrime!"
Se solo avesse saputo. La sua non era fiducia in una qualche immortalità dell'anima.
Era solo troppo stanca per piangere.

Platone

1

Il filosofo si accarezzò la barba. “Sei confusa?” chiese.
“Solo un pochino. È questione di abitudine.” rispose, sincera.
“La mia teoria è accessibile solo a pochi adepti. Tu sei una di loro.”
“Spero di esserne degna, Aristocle.”
“Platone, chiamami Platone.”
Grecia Antica fece ruotare fra il pollice e l'indice lo stelo di un papavero . Davvero quel fiore non era reale? Socchiuse gli occhi, cercando di sfuggire all'abitudine.
Fece una piroetta. Tutto ciò che abbracciò il suo sguardo era soltanto la pallida immagine dell'Iperuranio.
Era una questione di abitudine.
“Platone, toglimi un dubbio.”
“Che cosa?”
“Lassù esiste anche l'idea di Nazione?”

2

Si sveglia in un antro oscuro. Un collare la blocca. Può solo guardare davanti a sé.
Si sente impotente. Capita spesso se sei una nazione.
Sulla parete scorrono ombre. Sa che non sono reali, che non deve cedere all'inganno, però è così stanca. Poi una mano gentile la libera, la conduce fuori. Lei si scherma gli occhi con il palmo, lasciando filtrare i raggi del sole attraverso le dita.
Non fa in tempo a gioire che già la ritrascinano nel buio. Urla. L'incubo finisce.
C'erano momenti in cui la ragazza odiava Platone per averle ricordato quanto fosse orribile quel luogo.

3

"Guarda che cosa mi hanno regalato!"
Grecia Antica mostrò un piccolo dipinto che la ritraeva in tunica durante le ultime Talisie.
Platone scosse la testa, evidentemente scocciato, senza smettere di camminare, con le mani giunte dietro la schiena. Le labbra della giovane si piegarono in una smorfia.
"Non ti piace?"
"Per nulla."
Come poteva non gradire un'opera in cui la scena raffigurata era così viva da sembrare reale.
"Che cosa ti ho insegnato?"
"Il mondo è solo un'imitazione."
"E l'arte non è che un patetico tentativo di imitare una copia. È una copia della copia, capisci?"
Eppure era tanto bello.

Aristotele

1

La definiva Sostanza.
La materia primordiale di cui era composto l'Universo.
Quello che rimaneva se si eliminava il superfluo, la forma, i colori, insomma gli "accidenti" come li chiamava lui.
Aristotele non credeva in un mondo ultraterreno e aveva riportato Grecia Antica coi piedi per terra.
La conoscenza doveva partire dalla sostanza schietta. La ragazza tentò ripetutamente, ma era troppo legata agli accidenti per liberarsene.
Del resto era qualcosa che andava oltre la fisica. Era la metafisica. Sebbene non fosse stato Aristotele a usare quel nome.
Grecia ebbe un presentimento: quello sarebbe stato l'inizio di una lunga serie di guai.

2

Accarezzò i soffici capelli castani del bambino che teneva in grembo. Erano passati anni, secoli, da quando aveva posto quella domanda: "Da dove viene il mondo?"
Ora era una donna, una nazione completa, persino sulla via del declino. Il piccolo Herakles ne era la prova.
Aristotele le ripeteva sempre che ogni cosa era potenza di qualcos'altro.
I semi erano fiori in potenza.
Un uovo sarebbe diventato un uccello. O una frittata, all'occorrenza.
E l'atto sarebbe stato a sua volta ulteriore potenza, in un ciclo eterno.
Osservò suo figlio. Presto sarebbe cresciuto, doveva farlo per sopravvivere.
Era una nazione in potenza.

3

Il saggio, vecchio filosofo Aristotele di Stagira si ritrovò a indietreggiare, incalzato da una Grecia Antica poco disposta al dialogo.
"Ripeti quello che hai detto" sibilò, furiosa.
Le mani toccarono una parete: fine della corsa.
"Grecia, non mi riferivo a te..."
"Io porto le cicatrici delle vostre guerre! Io sono la vostra stessa nazione. E sono una donna! Come osi dire che la femmina é inferiore al maschio?"
"È una questione di fisica... Di natura, è complicato."
"Niente ma! Non è ammissibile!"
Il filosofo sperò che la giovane non distruggesse le opere incriminate.
Magari, se le avesse supplicata, aveva una possibilità.

Note: avrei dovuto aspettare ancora qualche giorno, ma che volete farci? Sono fatta così.
Quindi, come già anticipato, ecco una nuova serie nuova di zecca. Di solito la storia della filo comincia con i Presocratici, ma li ho sempre considerati un pochino strampalati, ergo meglio saltarli.
Come probabilmente farò anche con altri gruppi.
Al solito, per ogni domanda, sono a vostra disposizione. Non sono brava a scrivere le note, si era capito?

   
 
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