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Autore: Yogurt Verde    27/12/2011    3 recensioni
« Il natale alla Wammy's house era strano. Non si giocava a tombola, non c’era l'abbacchio e non si sentivano canzoni natalizie alla radio, ma ci si divertiva con robot giganti, presepi di lego e bambole distrutte, si mangiavano caramelle e cioccolata fino a star male e si litigava e scherzava ovunque.
Già, il natale alla Wammy's house era strano ma, infondo, era pur sempre natale. »

Elle, Light, Watari, Misa e tutte le lettere dell'alfabeto chiusi in una stanza. Come sarà questo natale?
Genere: Commedia, Demenziale, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri personaggi, L, Light/Raito, Matt, Mello, Near | Coppie: Matt/Mello
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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» Oh ciao! ^-^ Increbile il solo fatto di essere riuscite a postare questa sera, con quelche ora di ritardo -Yogurt ha praticamente costretto Verde ha pubblicare il 27 perché le piace il giorno .__. bhà, valla a capire-. Oddio, non siamo pazze, forse dovremmo dire che siamo in due: Yogurt e Verde. (Non abbiamo la doppia personalità eeeh) Non siamo delle novelline noi, NOI siamo scrittrici affermate... shè, certo xD Ma va bè, dovremmo farci pubblicità? Ma si, facciamocela: Yogurt è Miss Elle, Verde è Midori_chan. Passando alla storia: E' in ritardo, è scritta a due mani, con tutti i rischi che comporta (tipo doppia personalità), ed è una stupidaggine -a detta di Yogurt-, a Verde invece piace, tsz. Diciamo che non troverete tutti i personaggi di Death note, cioè, alcuni si, ma è ambienta alla Wammy's House, quindi c'è l'intero ABC di intelligentoni, lol, anche se sono tutti completamente inventati di sana pianta (Niente Linda, sorry). Oh, comunque sono tutti tutti frutto di un durissimo lavoro, eh, ce li siamo divisi, li abbiamo disegnati e ci scriveremo anche spin-off, forse, ma è probabile dato che li amiamo davvero.
Ok, vi lasciamo in pace alla vostra adorata lettura, muahah (E' tardi, chiediamo venia). Quiiiiindi, alla prossima e Miao. *siamo gatti, o cgattzzo, due gatti che parlano e scrivono* *Ma noi siamo fighe, é.è* *Tacci lei perfavore xD* *Occhei.*


Natale a casa Wammy


I passi risuonavano sulla neve fresca della sera inoltrata, l’aria era fredda nei polmoni e creava nuvolette ad ogni respiro che emetteva Light mentre guardava con irritazione i vestiti della ragazza che erano troppo leggeri per la stagione. Infondo erano poche le cose che lui apprezzava davvero, innumerevoli invece quelle che lo infastidivano, Misa che saltellava facendo sobbalzare i codini biondi lanciando acuti “Light-kun” era tra quest’ultime. La neve smise improvvisamente di scricchiolare nel momento in cui si fermarono davanti il grande cancello della Wammy’s House.
Il ragazzo suonò al campanello e non rimase molto sorpreso di vedere che ad aprirgli la porta fu un ragazzo a dorso di un grande cane, dopotutto L lo aveva avvisato che quella non era una casa normale. Il bimbo sembrava comandare quel branco composto da cinque cani che appena lo avevano visto avevano iniziato a ringhiargli contro. Misa provò ad avvicinarsi tendendo una mano, ma il cucciolo verso cui si stava protendendo si scansò uggiolando spaurito. Era come se gli animali percepissero la puzza di malvagità che aleggiava intorno al subdolo ragazzo e alla stupida ragazza e anche il padroncino storse il naso.
-Benvenuti e buon Natale, sono F e voi dovreste essere Light e Misa-, proruppe con tono dolce come il colore nocciola dei suoi occhi morbidi. La voce di Felix calmò visibilmente i cani che richiusero le fauci, ma mantennero la posizione di difesa. Con un accento che faceva capire subito la sua origine tedesca ordinò al branco si spostarsi così da permettere il passaggio dei nuovi arrivati; in quell’istante un pezzo non molto piccolo di lego fatto su misura sfrecciò sopra l’innocente testa del bimbo a cavallo del san bernardo, superò la ragazza che stava fissando l’altissimo soffitto e i bellissimi lucernari e volò in direzione del castano. Light spostando la testa verso sinistra lo evitò per un pelo, in seguito dovette cominciare a muovere velocemente tutto il corpo, stile "ballerina russa", per poter evitare oggettini colorati che qualcuno stava lanciando dall’altro angolo della stanza. Notò la fonte di quella pioggia, che aveva confermato fosse di lego: due ragazzini che se li stavano tirando, lanciandosi contemporaneamente pesanti insulti.
-Hai la minima idea di quanto ci abbia messo a farlo, deficiente?! Uno come te, inutile al genere umano, buono solo ad essere calpestato da quelle come me, non dovrebbe neanche avvicinarsi a qualcuno di così importante come me!-.
-E tu lo sai con chi stai parlando, mocciosa? Io sono la terza lettera dell'alfabeto, in confronto a te, che stai verso la fine, sono nettamente superiore. Quindi vedi di smetterla con quelle tue manie da reginetta!-.
La ragazza scoppiò a ridere sguaiatamente coprendosi la bocca con una mano e arricciandosi un boccolo biondo con l'altra. C, di fronte a lei, la fissava con un sopracciglio alzato passandosi una mano tra gli unticci capelli biondo cenere e cercando di capire se non fosse impazzita del tutto. Anche se, effettivamente, quella tutta matta lo era sempre stata.
-Ahahah, forse tu non sai con chi stai parlando!-, esclamò questa continuando a ridere, -Io sono la sola e inimitabile Queen! La più bella, intelligente e promettente ragazza mai vista tra i successori di Elle!-, il vento entrante dalla finestra appena aperta da Z per far passare un cavo delle illuminazioni le scompigliò i capelli avvolgendola in una ventata di neve, una vera e propria regina dei ghiacci. C sospirò battendosi il palmo della mano sulla fronte.
-Ti rendi conto di quanto sei stupida?-.
-Smettila di rompere, schifoso sfigato! Io sono Queen, la regina tra le regine, la stella più splendente del cielo, il genio che supererà persino Elle, devi solo che ringraziare che una come me stia parlando con un nerd come te!-, e con il braccio scaraventò a terra i pupazzetti dell'enorme presepe che il ragazzo stava riordinando senza degnarla di attenzione.
C era conosciuto nella Wammy's House come "Il genio nerd sfigato che si crede il più bravo", come il tipo che neanche provava ad avere rapporti con le persone perché già sapeva che erano inferiori a lui; solo Queen riusciva a tirargli fuori qualche insulto, ma anche con lei di solito cercava di andarci piano ritenendo inutile sprecare parole per una tipa del genere. Giusto, parole, quindi le mani poteva anche usarle, no?
Risistemò velocemente i suoi re magi a grandezza d'uomo e, stizzito, tentò di tirare un calcio al grosso presepe di lego che aveva costruito la ragazza, giusto perché "doveva dimostrare che un qualcosa fatto da lei, anche se costruito con mattoncini di plastica, sarebbe stato sempre migliore di quello fatto da lui" ma questa si mise davanti, con le braccia aperte, lanciando occhiate di fuoco e soffiando qualcosa che somigliava molto ad un "Non provarci".
Passarono i restanti dieci minuti a tirare pugni e calci in direzione dei presepi, ma che puntualmente si beccavano loro per cercare di proteggere le loro creazioni d'arte. Creazioni d'arte che vennero distrutte in pochi secondi da una valanga di libri lanciati all'indietro da un R isterico poco più avanti.
-Brutta spagnola! Rendimi subito il mio Troy!-, urlò il ragazzo muovendo il braccio come fosse una spada e cercando di abbattere la fortezza di libri che aveva costruito Soledad che lo guardava minacciosa.
-Non ci provare, Troy es mi, mi, entendido?! Non permetterò mai a un frocetto da strapazzo di portarmelo via!-.
All’interno di quella fortezza T sospirava sconsolato.
-Non te lo volevo dire apertamente, ma io e Troy siamo una coppia-, gonfiò le guance Ryan a cavalcioni del muro di libri che S aiutava a far barcollare dondolandosi contro di esso.
-Non dire baggianate e scendi dalla mia gabbia, ah no, volevo dire del mio nido d’amore-, si corresse la spagnola arrossendo della sfacciataggine dell’amico. L’americano R cadde all’interno portandosi dietro l’intera collezione delle opere di Freud, rotolando sulla pancia puntò i suoi occhi d’argento, coperti in parte dai fili corvini, sul corpo dei suoi desideri; T lo fissò di rimando e gli sorrise imbarazzato. Si protese verso il moro per aiutarlo a liberarsi dalla massa di libri sopra di lui, ma non fece in tempo ad offrirgli una mano che S, dopo aver con tenacia tolto mattone per mattone i libri che costituivano la porta, gli si scaraventò contro.
-Mio!-, urlò buttandosi sulle sue labbra schiacciandolo con il suo corpo parecchio sviluppato per essere quello di una tredicenne.
-Tradimento!-, gridò di rimando R, che nel frattempo era riuscito a sedersi; sentì gli occhi inumidirsi e la testa girargli, Troy era suo e non della ragazza, non poteva perderlo, aveva solo lui e la sua pittura, la pittura e lui. Gli altri due stavano litigando, il ragazzo che cercava di scappare dalla spagnola e quella che cercava di baciarlo e stringerlo a se; improvvisamente si fermarono quando sentirono il suono di un naso che tirava su, da terra voltarono entrambi il capo verso l’amico e lo videro piangere in silenzio, le mani posate sugli occhi a trattenere le lacrime e ci volle poco prima che i due lo strinsero nei loro abbracci.
-Non piangere. Lo teniamo a giorni alterni, ok?-, chiese la ragazza baciandogli una guancia umida e Ryan smise di singhiozzare. T gli prese il mento tra le dita e gli volse la testa nella sua direzione, l’alzò alla sua altezza e gli lasciò un bacio lieve sulle labbra semiaperte dopo aver passato la lingua sulle sue labbra screpolate. Subito tornò un bel sorriso sul volto dell’americano mostrando la bella dentatura bianca.
-Ehi, voi due!-, si iniziò a lamentare S, ma Troy si allungò anche verso di lei e la zittì con un bacio, anch’esso casto. Si guardarono tutti e tre e scoppiarono a ridere, il moro approfittò della distrazione della ragazza per afferrare T per una mano e scappò via strascinandoselo dietro.
-Aahh-, strillò lei lanciandogli con rabbia Kafka che finì per colpire un’ignara Misa; Soledad llanciò di nuovo e Dante finì dritto nel camino alle spalle di due gemelli. Questi, senza scomporsi troppo, abbassarono la testa e lentamente, sempre senza staccare gli occhi dalle rispettive calcolatrici, tornarono nelle loro posizioni iniziali. Erano in perfetta simmetria, a identica distanza, allo stesso livello della difficile equazione, erano gemelli in tutto e per tutto. X e Y, matematici per nome, segnati alla nascita della loro vocazione, geni dei numeri e timidi giapponesi. I grandi occhi neri non si staccavano quasi mai dai display luminosi delle calcolatrici scientifiche, solo quando uno incontrava lo sguardo dell’altro venivano messi da parte calcoli e formule e anche quando erano impegnati c’era un filo ad unirli. In quel momento, quando V si nascose dietro le loro schiene le loro mani erano strette insieme.
-Scusate!-, strillò il dodicenne russo che li scavalcò con un telecomando in mano intento a provare il suo nuovo robot ad energia solare.
-Sono tutti energici-, disse Xeno senza guardare il gemello.
-E’ natale-, sussurrò Yuu chinandosi a parlare all’orecchio dell’altro e poi veloce ritornò in simmetria con il fratello. Insieme digitarono veloci “07738”, si mostrarono a vicenda la calcolatrice, senza però guardarsi e mossero a leggere la scritta senza emettere suono: BELLO. Delle carte da poker scivolarono sui fogli che invadevano il pavimento adiacente alle loro ginocchia e alzarono impercettibilmente gli occhi sull’enorme castello di carte creato da U, dal sedicesimo al ventesimo piano erano crollate le carte e il ragazzo si stava affannando a recuperarle tutte arrivando fino a loro, gli sorrise in fretta e sfrecciò via.
-Ah ah!-, si esaltò Vladimir che puntava il suo marchingegno verso la costruzione,- Cadrà!-. Il giapponese Uo arrivò alle spalle del biondo e lo fece cadere, insieme a lui cadde anche il telecomando che si ruppe lasciando libero arbitrio al robot che prese a girare senza meta.
-Come hai potuto!-, rotolò finendo sopra il compagno di stanza e tirandogli i capelli castano chiaro.
-Tu volevi fare la stessa cosa!-, gli rispose Uo ribaltando le posizioni. Il robot emettendo strani suoni si abbatté contro il castello e poi si spense perdendo olio da ogni giuntura.
-Tremendo-, sentenziò V alzandosi sui gomiti con U ancora seduto a cavalcioni sul suo bacino.
-Drammatico. Farai la stessa fine-, si infervorò il giapponese ributtandosi sul russo, ma vennero bloccati dall’urlo di G.
-Dannazione, tacete! Qui vorremo suonare e cantare-, poi allegra gli fece l’occhiolino e tornò a concentrarsi sulla tastiera. -Sei così autoritaria e così bella e risulti così bene in camera e suoni molto bene e sei perfetta-, elencò D tutto serio mentre si spostava in varie angolazioni per avere una buona luce sull’Inglesina rossa. Una mano chiara dalle lunghe dita perfette e curate oscurò la telecamera e spinse il cameraman.
-Jack , fatti gli affari tuoi per una buona volta!-, si alterò il quindicenne moro e famoso regista verso l'irritante soggetto che l'aveva allontanato.
-Tu dai fastidio-, disse conciso quello e tornò a sedersi per bene sul pianoforte a coda bianco perla che rifletteva la danzante forma del fuoco nel grande camino; come se nessuno li avesse interrotti ripresero a suonare e a cantare una melodiosa canzone natalizia e J riempì con la sua bella voce l’intera casa, per qualche secondo sembrò che tutti avessero smesso di fare caciara per ascoltare la stupenda canzone, ma subito ripresero urla varie. Le spalle di Grace e di Jack si toccavano al ritmo della musica provocando lo scricchiolio inquietante dei denti di Damon che cercava in ogni modo di allontanare il ragazzo dalla sua postazione che era diventato lo sgabello del pianoforte accanto alla sua amata. Ma poi D fu distratto da uno sgradevole odore e puntò la sua videocamera costosa verso un’inquietante abitante della casa: E.
Eloise lo ignorò e rimase a guardare impassibile il fuoco. Scoppiettava, era così vivace, acceso e rosso. Era quasi irritante, oltre che troppo caldo. E tutti si erano ormai abituati a vedervi bruciare all’interno altro oltre la legna.
Già, altro, perché lei ci lanciava dentro le sue vittime, incurante degli altri e dell’odore fastidioso che emetteva la plastica bruciata. E non si era mai curata di altri che non fossero suo fratello.
-Eloise, quella non è la bambola di Queen?-, le chiese quello sedendosi accanto a lei posizionando un barattolo di marmellata di fragole tra le proprie gambe e infilandoci dentro la mano fino al polso. -Se glie la rovini piangerà-, continuò con noncuranza leccandosi il palmo pieno di quella sostanza rossa e zuccherosa.
Non riuscendo a staccare quella maledetta testa E prese una mannaia che aveva per ogni evenienza lì vicino e tagliò il collo di netto a quella bambola bionda, per poi buttarla nel camino. Scrutò il ragazzo attraverso la frangetta nera troppo lunga, con il suo solito sguardo neutro che non faceva trasparire niente, che non mostrava mai sentimenti attraverso gli occhi marroni resi cremisi dalla luce del fuoco.
-Ti interessa, fratello?-. Lui non sollevò nemmeno la testa, continuò a dedicarsi alla sua marmellata e si limitò a un "cosa" poco attento. Eloise lo scrutò, impercettibilmente accigliata, si mise a gattoni e avvicinò il volto a quello del moro.
-Queen ti interessa, fratello? Ho visto che la guardavi. Anche tu la trovi bella, fratello?-. Beyond sollevò il viso e lei ne approfittò per avvicinarsi ulteriormente a leccargli via un po' di marmellata dall'angolo della bocca.
-Eh, fratello?-, insistette guardandolo negli occhi. B le accarezzò goffamente la testa. -Una bionda banale e rumorosa come quella non potrà mai competere con la mia perfetta e perfida sorella-, e le depositò un bacio leggero a fior di labbra, poi si rimise a mangiare marmellata mentre Eloise tornava al suo posto soddisfatta e riprendeva la sua attività mutilando una nuova vittima.
-E quella non è la bambola con cui giocava Irene da piccola? Ci è affezionata-. La mora alzò le spalle e sbuffò,- Non credo che le interessi, ormai non ha occhi che per quello!-, e staccò sprezzante la gamba della bambola, indicando un angolo della stanza poco lontano, vicino alla libreria vuota a causa della fortezza di libri di Soledad, che lì vicino stava ancora litigando con Ryan tirando lo sfortunato Troy per le braccia; per terra c'era solo un grande puzzle completamente bianco quasi completato e seduto sul bordo, scalzo e in pigiama, Near cercava tra i tasselli bianchi quelli più di suo gradimento mentre si attorcigliava i capelli attorno al dito, accanto a lui I lo guardava nascondendo il più possibile il volto nei capelli color miele e abbracciandosi le ginocchia in silenzio. Near non era un tipo da molte parole, ma lei era certa di non desiderare nulla di meglio che stare lì a guardarlo mentre cercava di completare quel puzzle.
Tutti lo consideravano un ragazzino freddo e asociale, uno con cui non valeva la pena giocare, uno noioso, ma Near non reagiva mai quando sentiva gli altri ragazzi della Wammy's house parlargli alle spalle, Irene sapeva però che non lo lasciavano del tutto indifferente, che infondo gli dispiaceva, che da una parte avrebbe voluto essere più amichevole. Per questo lei gli stava sempre vicino, lo seguiva come un'ombra: lui era come lei. La ragazza sollevò il viso fissando con più attenzione ciò che N stava facendo, in realtà fino a quel momento si era limitata ad osservare i particolari perfetti del suo corpo con un leggero luccichio negli occhi e un sorrisetto ebete nascosto sotto le mani appoggiate sulla bocca, ma si era resa improvvisamente conto che per qualche strano motivo ora lui era in difficoltà e si guardava intorno irritato.
La fonte dell'irritazione di Near era un semplice, minuscolo, tassellino bianco, precisamente l'ultimo che gli mancava per completare il suo puzzle e che non riusciva a trovare. Il ragazzo si guardò intorno sollevandosi faticosamente in piedi per constatare se effettivamente non l'avesse schiacciato, dopo aver appurato che non era così iniziò a girare lì attorno alla sua ricerca, fermamente convinto a voler terminare quel puzzle a tutti i costi. Irene nel frattempo doveva trattenersi per non scoppiare a ridere, non sarebbe stato proprio da lei, ma vedere Near che nascondeva il panico solo per un pezzetto di puzzle era decisamente esilarante.
Quindi si alzò, tentò di stirare al meglio il grande camicione con cui era vestita e silenziosamente si avviò verso un cassettone posto alle spalle del ragazzo, aprì alcune scatole al suo interno e si mise a cercare, frenetica. Era così concentrata che neanche si rese conto che lui la stava guardando con la coda dell'occhio cercando di capire cosa stesse cercando. La ragazza, dal canto suo, non era per niente convinta di ciò che stava facendo, infondo lei che diritto aveva di immischiarsi così? Near era il più promettente ragazzo della Wammy's insieme a Mello, era il ragazzo impassibile che non accettava l'aiuto di nessuno, figuriamoci di una quattordicenne inutile come lei. I guardò il piccolo tassellino blu che stringeva tra le mani, del tutto identico a quello bianco che tanto stava cercando il ragazzo. Poteva davvero pretendere che lui usasse il suo tassello per il puzzle?
Gattonò fino alle spalle di Near e, con il volto basso e coperto il più possibile dai capelli per nascondere il rossore , gli tirò leggermente la manica della camicia per chiamarlo. Lui si voltò, leggermente sorpreso e le spostò una ciocca di capelli per guardarla meglio, il volto di I andò a fuoco, incassò ulteriormente la testa nelle spalle cercando di convincersi a tendergli la cosa che stringeva nelle mani e che lui fissava curioso.
Ma non fece in tempo a dire o a fare niente che nella stanza si scatenò il putiferio, i ragazzini urlavano e correvano tutti in direzione della porta, eccitati e ridendo contenti, per via della mezzanotte appena scoccata. In quel casino si poterono sentire distintamente qualche "E' arrivato Elle, è arrivato Elle!" che fece illuminare il volto di N che si alzò veloce seguendo la massa.
Irene adorava Elle, come tutti i suoi possibili successori, amava soprattutto sentire le sue storie o vederlo strafogarsi di dolci, ma in quel momento non era di certo dell'umore giusto per corrergli incontro, quindi si limitò a starsene lì seduta con la testa bassa, stringendo il pugnetto bianco e stirandosi con l'altra mano il camicione. Ma fu in quel momento che, inaspettatamente, sentì qualcuno avvicinarsi, chinarsi sulle ginocchia e puntare i suoi occhi scuri in quelli azzurri di lei, che li sgranò, sorpresa di ritrovarsi a pochi millimetri dal viso di Near, tornato.
Indietreggiò sfacciatamente rossa ma restò ferma a fissarlo mentre lui le apriva delicatamente il palmo e prendeva il tassellino blu, per poi andarlo a collocare lì al centro del grosso puzzle bianco. Un piccolo, quasi invisibile tassellino blu in mezzo a quel mare bianco, forse inutile, ma che infondo lo completava.
Near tornò di fronte a lei, ringraziandola, -Mi sei stata di grande aiuto, credevo non sarei riuscito a finirlo-, e si beò del sorriso felice che si dipinse sul volto della ragazza che scuoteva la testa per sottolineare la poca importanza della sua azione. -Davvero-, continuò lui prendendole delicatamente la mano e aiutandola ad alzarsi; lei si fece guidare arrossendo per il contatto, se avesse continuato così avrebbe fatto la stessa fine della sua bambola torturata da Eloise.
Si voltarono insieme verso la confusione e notarono il loro idolo intento a dispensare doni. Elle era particolarmente adorabile quella sera a differenza delle altre volte che metteva più timore che altro. Tutti, tra ragazzi e ragazze, lo guardavano ammirati e con un sorriso lieve sulle labbra dovuto alle corna rosse con campanellini che aveva in testa, il naso luminoso e i guantoni pelosi: un’adorabile, pallida, renna. Accanto a Watari vestito di tutto punto da Babbo Natale, con il panciotto per la pancia finta, creava un quadretto meraviglioso e ogni ragazzo e bambino non poteva fare a meno di lasciarsi coinvolgere nello spirito natalizio.
C’erano ragazzi che si abbracciavano, altri che si immergevano completamente nei sacchi di dolciumi lasciati a terra, altri ancora che cercavano di ingraziarsi Elle regalandogli fragole caramellate, torte italiane o cioccolatini svizzeri. La renna si sedette sui talloni come faceva sempre e prese a scartare e a mangiare i dolci che tutti gli abitanti della casa gli offrivano, tutti tranne uno: K.
Kanda, intento com'era a svitare la lampadina posizionata sul suo trono, non si era affatto accorto dell'arrivo del grande detective; lui si sentiva a suo agio nel buio, era sempre e solo al suo interno che elaborava i suoi precisi piani per conquistare il mondo e ogni volta che Zack passava con i suoi cavi delle illuminazioni natalizie gli ringhiava contro spaventandolo a morte e facendolo scappare. Come attirato da un'entità misteriosa Light si voltò estasiato nel sentire sulla schiena quel brivido di paura causato da un'aura malefica così familiare, si avvicinò a quell'oscuro antro della casa dal quale proveniva una sommessa risata malvagia e guardò con curiosità al di là della grande poltrona di velluto rossa, scoprendo un ragazzino dalla pelle bianca come i fogli su cui stava scarabocchiando frenetico, quasi posseduto, che improvvisamente si bloccò.
-Ti serve qualcosa?-
Sul volto di Light si allargò un ghigno, finalmente aveva trovato qualcuno di normale in quella casa, qualcuno come lui.
-Forse potrei aiutarti, credo di aver molta esperienza...-
-Non mi servono le tue idee da novellino-, proclamò quello senza neanche voltarsi, il suo tono era rauco e sussurrava. -Ho tutto ciò di cui ho bisogno-, e con un cenno della testa indicò una pila di libri sui quali si potevano intravedere titoli come "Hitler e lo sterminio", "Annibale e altri conquistatori" e "La massoneria, come raggiungere alti livelli di potere".
“Idee da novellino” Un ragazzino delle elementari gli aveva dato del novellino, a lui poi!
-Ahahah, sai con chi stai parlando, nanetto?-, scoppiò a ridere Light, afferrando un mappamondo pieno di cerchi e croci rosse posto lì vicino e facendolo girare con un dito come se fosse una palla da basket. -Tutto questo un giorno sarà mio!-.
La matita con cui K stava scrivendo si spezzò di netto e questo sollevò il volto. Light lo guardò, superiore, come se lui una penna non l’avrebbe mai rotta e incominciò a ridere di una risata bassa in lento crescendo, come quella dei cattivi dei film,- Muahaha-.
Kanda lo fissò scettico e afferrò con stizza quello che sarebbe stato il suo futuro impero dalle mani del castano.
-Zitto, essere inferiore! Sarò io, solo io, il dominatore del mondo, perché io sono geniale, geniale e…malvagio*. Muahah-.
Light irritato rispose sputando un “Muaha” più forte dell’altro e da quel momento iniziò una vera e propria battaglia a suon di risate, che andando avanti crescevano sempre di più.
-Muahahah-
-Muahahahah-
-Muahahahahah!-
Intanto intorno a loro l’aura scura che li avvolgeva entrambi diventava sempre più grande e faceva allontanare i pochi sfortunati che erano rimasti nelle vicinanze.
Improvvisamente una risata più forte di tutte le loro interruppe per un attimo tutto ciò che stava avvenendo in sala; proprio davanti al tavolo infatti, in piedi e con le mani sui fianchi, si ergeva in tutta la sua altezza, che trasmetteva superiorità solo a guardarla, Payson, la maggiore dei successori di Elle insieme ad Haru, il timido ragazzino che se ne stava seduto di fronte a lei stringendo le spalle con la testa abbassata.
-Ahah! Insisti ancora a farti chiamare H? Non ti sei reso conto di quanto sei inutile?! H, H! Una lettera così inconsistente, che non riesce neanche a risuonare senza l'aiuto di una vocale, non merita di avere l'onore di far parte dell'alfabeto!- lo prese in giro malignamente la ragazza, avvicinandosi talmente tanto al suo volto che H poteva sentire il suo fiato caldo addosso. Non sentendolo rispondere questa gli si avvicinò ulteriormente sbattendogli in faccia il suo prosperoso seno costretto nella magliettina sportiva, il biondo indietreggiò un po' con la sedia, abbassando maggiormente il viso rosso. -Perché non parli, Hakkun? Non ce la fai da solo, eh?-
Il ragazzino continuò ad incassare, stringeva la sedia talmente forte che le nocche gli erano diventate bianche e le spalle gli tremavano. Payson rise più forte, passandosi una mano nei corti capelli castani -Cos'è, adesso ti metti a piangere, sfigatello?- Haru, o forse ora è meglio chiamarlo Hiro, sollevò la testa, ghignando e mostrando i suoi bellissimi occhi appena diventati di ghiaccio da un profondo azzurro.
-Oh, vuoi stare un po' zitta, racchia? Sei fastidiosa-.
P indietreggiò tanto velocemente da inciampare in un qualche pezzo di lego lanciato precedentemente da Carter e cadde a terra, con la faccia sfacciatamente rossa e una mano davanti alla bocca, sorpresa. Quella volta era stato più veloce del previsto, di solito ci voleva molto di più per far arrabbiare Haru.
-Hi-Hiro..-
Quello si alzò e, slacciandosi i primi bottoni della camicia troppo chiusa, si avvicinò con sguardo sprezzante alla ragazza, si abbassò e le salì a cavalcioni sensualmente, mettendo in bella vista i denti da squalo -Sai, Tsundere-chan**
, non dovresti mostrare una faccia del genere a un ragazzo, potrebbe stuprarti-, sussurrò divertito mordicchiandole le orecchio mentre lei cercava di allontanarlo, ancora più rossa.
-Senti tu, sm-smett..-
-Ah, e un'altra cosa..-, la interruppe H avanzando maggiormente con le braccia per farla stendere del tutto a terra e sussurrandole nell'orecchio, -Gradirei che tu la smettessi di provocare Haru solo perché vuoi farmi spuntare fuori e scoparmi, è un po' da sfigata-.
La faccia di P improvvisamente si infiammò e spostando le ginocchia in avanti lo cacciò via con un calcio e si diede contemporaneamente la spinta per mettersi in piedi con un colpo solo. Piazzando con forza i piedi a terrà gli puntò il dito contro, accigliata ma sempre parecchio rossa.
-Che cosa cavolo dici?! Anche se cambi personalità resti sempre uno sfigato!-. Quello si appoggiò al tavolo ghignando e facendole l'occhiolino, -Ah si? Però non mi sembravi così dispiaciuta l'altra notte-. Il volto di Payson si fece ancora più paonazzo mentre correva nella sua direzione infuriata con tutto l'intento di strozzarlo.
-Io ti ammazzo, stronzo!-, urlò lanciandogli contro la prima cosa che trovò sul tavolo, che lui puntualmente evitò e che finì addosso alla telecamera di Damon, con Jack dietro che rideva. P, ancora più infuriata, afferrata un'altra torta la scagliò; grazie alla sua ottima mira questa volta il colpo andò a segno e la battaglia cominciò.
Elle sentì il suono della torta infrangersi, alzò di scatto le corna rosse e i campanellini produssero un fioco tintinnio. Tutti si zittirono per guardare la stessa cosa che stava guardando il loro idolo: la glassa era oscenamente sparsa sulla faccia di Hiro e sulla moquette rossa, piccoli pezzettini del ripieno alle fragole si attaccarono alla morbida stoffa rendendola appiccicosa, la panna assorbita e le decorazioni in zucchero rotte. Era orribile e oltremodo insostenibile la vista per il ragazzo. Mai si era arrabbiato con quei bambini tanto simpatici quanto intelligenti, mai, ma vedere la sua delizia così a terra lo fece infuriare. A seguire la leccornia alla fragola furono altre torte e a quel punto, ripresosi dallo shock iniziale, proruppe tra i due bloccando la ragazza dal commettere un altro scempio.
-Voi…-, iniziò quella che sarebbe stata la prima vera ramanzina del moro, ma un paffutello ragazzino, rosso in viso e imbarazzato, gli porse una grande e decorata torta al cioccolato con panna e mandorle. Gli occhi di Elle si posarono sulle linee sinuose del dolce e perse interesse per i due ragazzini, li oltrepassò e prese tra le mani quella meraviglia.
-Ti ringrazio-, riuscì a pronunciare prima di mordere la cioccolata e poi riemergendo, -Credo che tu sarai il mio successore-. Le sue parole scatenarono il putiferio. Mello scansò di malo modo ogni bimbetto che si trovò davanti nella sua corsa pazza; aver sentito Elle pronunciare con tanta leggerezza quelle parole gli aveva fatto salire il sangue al cervello. Aspettava quella carica da molto tempo e l’unico con cui credeva di dover competere era Near; ora un cicciottello, basso e goloso gli aveva sottratto ciò che era suo di diritto, o almeno così credeva.
-Come osi! Io, Mello, sarò il successore di Elle, non tu-, e stava per scaraventarsi addosso al povero bambino innocente quando due braccia forti si strinsero intorno alla sua vita arrestando il salto felino sul nascere.
-Avrai capito male-, gli sussurrò nell’orecchio con voce calma il rosso alle sua spalle,- Non vorrai mica uccidere un’innocente?-, continuò allontanandolo lentamente dal luogo.
-Sarò io!-, gridò minaccioso quello, ma con meno foga a testimonianza che la vicinanza dell’altro gli faceva bene e che lo tranquillizzava.
-Sarai tu, ma solo se non uccidi bambini italiani nel frattempo, ok?-, domandò rigirandosi tra le braccia il corpo del biondo.
-D’accordo-, sbuffò quello con irritazione appoggiandosi all’altro e respirò forte nell’incavo della spalla assaporando il buon bagnoschiuma alla vaniglia che gli aveva regalato qualche giorno prima. Matt decise di premiarlo per la buona volontà che così di rado usava, gli alzò il viso e gli premette le labbra umide sul mento. Lento scese verso la gola, leccò il pomo d’Adamo poco pronunciato e tornò a succhiargli le labbra.
-Deciditi a baciarmi-, si lamentò Mello afferrando la mascella chiara del rosso e la portò alla sua altezza premendo con forza le labbra prima di schiuderle e far scivolare fuori la lingua. Il bacio, che scandalizzò i piccoletti lì vicino, fu interrotto dal suono di una campana che Watari faceva dondolare avvertendo tutti della cena in tavola. Accorsero tutti per trovare i posti migliori vicino ad Elle, che nel frattempo aveva tolto le corna da renna per sostituirle con il cappello di Babbo Natale di Watari.
Felix stava seduto sulle ginocchia sulla morbida sedia lanciando alle sue spalle tutto ciò che riusciva ad acchiappare per donarlo in pasto ai suoi adorati cuccioli, Carter e Queen litigavano per chi fosse il più degno di prendersi la prima coscia di tacchino di cioccolata, Ryan e Soledad rubacchiavano cibo dal piatto del loro Troy, Uo costruiva casette con i bicchieri di cristallo mentre V comandava minirobot su e giù per la tovaglia; Xeno e Yuu calcolavano quanto tempo ci avrebbero messo a mangiare, sempre tenendosi per mano, Grace spintonava l’appiccicoso Damon usandolo come scusa per avvicinarsi ulteriormente a Jack, Eloise leccava via della salsa dal mento di Beyond chiedendogli se avesse ancora fame, Near aiutava Irene a versarsi dell'acqua da una brocca troppo pesante mentre lei lo ringraziava imbarazzata, Kanda e Light ridevano ancora decisissimi a non lasciarsi battere dall'altro e Misa, accanto a loro, rideva anch'essa ma solo per complicità poiché non aveva capito che gioco fosse quello, Payson lanciava occhiate di ghiaccio a Haru che era tornato normale e che non campiva bene cosa avesse la sua compagna ma, per qualche strano motivo, sentiva improvvisamente di non avere più voglia di torta come poco prima, Olivio si dedicava completamente alla lasagna da lui preparata e ogni tanto passava dolci a Watari che li riversava nel piatto di Elle, Matt e Mello avevano messo da parte il cibo sul tavolo per dedicarsi uno alle labbra dell’altro lasciandole gonfie e rosse, ignari di occhi indiscreti si scambiavano effusioni da dietro un grande vassoio strapieno di leccornie, ma alle loro spalle Z, appeso per uno dei suoi cavi, li spiava con le gote arrossate. Creava un alone bianco sulla finestra e si sbrigava a cancellarlo con il braccio per continuare a vedere, sotto di lui un arrabbiato A picchiava il pugno contro il vetro inveendo contro tutti.
-Dannati, non mi hanno invitato-, sussurrava arrabbiato senza aver preso in considerazione che non c’era bisogno dell’invito per gli abitanti della casa.

Il natale alla Wammy's house era strano. Non si giocava a tombola, non c’era l'abbacchio e non si sentivano canzoni natalizie alla radio, ma ci si divertiva con robot giganti, presepi di lego e bambole distrutte, si mangiavano caramelle e cioccolata fino a star male e c’era una vera e propria orchestra dal vivo. Si parlava in codice binario, si costruivano fortezze di libri o enormi castelli di carte, si litigava e si scherzava ovunque.
Già, il natale alla Wammy's house era strano ma, infondo, era pur sempre natale.



Fine? Già.


*Fred lo strambo, Leone cane fifone che trovate qui. (Non è K, ma solo il suono del suo “Malvagio” lol).
**Tsundere è un termine che indica un personaggio arrogante e combattivo che in seguito si rivela generoso e di buon cuore, nel nostro caso timido e chan è il vezzeggiativo. Il soprannome mi è venuto in pente pensando a come Oshino-san di Bakemonogatari chiama Hitagi. lol
   
 
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