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Autore: Nexos    29/12/2011    1 recensioni
Sicilia, nel pieno dell'estate: nella terrazza di un castello costruito su una scogliera a strapiombo sul mare si consuma il ricevimento di un matrimonio del tutto particolare. E' lì, nel magico momento del crepuscolo, quando tutto il mondo si tinge di sfumature rosse e le stelle si preparano a puntellare la volta celeste che Angelo incrocia il suo sguardo con Isabel, giovane ragazza inglese.
Questa storia narra dell'amore e di come esso possa vincere la logica e comporre i ricordi più belli della nostra vita, per quanto breve possa essere.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Conca d’Oro è il nome che viene attribuito alla piana su cui è adagiata la città di Palermo e alcune città o paesi limitrofi. Molta gente che abita fuori da questo territorio si domanda il perché di questo nome, ma la domanda scompare irrimediabilmente quando costoro si trovano a visitare il luogo: a differenza di molte altre parti del mondo la vegetazione che qui si trova sembra scintillare, riverberando l’essenza stessa della luce del sole, riflettendo l’oro liquido in un’esplosione di vitalità che si evolve in un tripudio stesso alla Natura come madre del genere umano.
Era il mese di Giugno: il clima era già caldo, ma non torrenziale come lo sarebbe diventato nei mesi a seguire. Ciononostante, Angelo si sentiva soffocare sotto gli abiti eleganti da cerimonia: sembrava quasi che il colletto e i polsini della camicia fossero lì apposta per soffocarlo, ed inoltre non si sentiva perfettamente a suo agio in quelle scarpe così eleganti, lui che era abituato a indossare sempre e comunque scarpe da ginnastica.
La portiera dell’auto si chiuse con un rumore sordo e il ragazzo si spostò all’interno della reception dell’albergo. Era una giornata perfetta: il cielo sopra di sé era una perfetta distesa monocromatica azzurra, non una sola nuvola era lì a spezzarne la trama continua. Il sole era alto nel cielo, fiero di sé, e riscaldava tutta la terra sottostante irradiandola di vita.
Una giornata perfetta per sposarsi”, pensò.
Aveva atteso quel giorno per parecchio tempo, eccitato all’idea di ritrovarsi a festeggiare con tanta gente, di cui ne conosceva davvero così poca. A poche ore di distanza, infatti, avrebbe partecipato al matrimonio di una delle sue cugine, ma quella cerimonia avrebbe avuto un che di particolare: mentre lei, infatti, era originaria del territorio siculo, suo marito era un uomo inglese che ella aveva conosciuto dopo il suo trasferimento in Gran Bretagna per motivi di lavoro. Il risultato di tutto questo fu che all’evento avrebbero presenziato sia italiani che inglesi, i quali erano scesi sin laggiù solo per essere presenti all’appello.
Ad Angelo la cosa piaceva. La storia dei suoi genitori era molto simile ed egli era sempre vissuto tra l’Italia e l’Inghilterra, venendo cresciuto un po’ di qua e un po’ di là. Dentro di sé era curioso di conoscere tutta quella gente straniera; semplicemente adorava intavolare conversazioni in inglese e, nonostante non si sentisse un bellissimo ragazzo, era abbastanza convinto di poter fare bella figura sfoggiando le sue referenze universitarie: studiava ad Ingegneria e, nonostante non fosse lo studente più brillante del corso, si sentiva orgoglioso di frequentare quei corsi, era la sua piccola debolezza.
Quando uscì dall’albergo, Angelo era a bordo di un’Ape Calessino: un piccolo veicolo a tre ruote con un vano guidatore e uno passeggeri su cui era montato un piccolo tettuccio. Il tutto era molto traballante e rumoroso, ma era stato lucidato e tenuto nella migliore delle condizione dai gestori dell’albergo, dal quale era stato affittato.
Ad Angelo scappò un sorriso nel percorrere la statale, sino al villino dove avrebbe dovuto raccogliere lo sposo e il suo testimone: quel piccolo veicolo su cui viaggiava, il quale riusciva a malapena a toccare i quaranta chilometri orari, emetteva ogni sorta di rumore meccanico mentre percorreva la campagna siciliana. Non appena lo sposo aveva visto per la prima volta quel piccolo mezzo, quando era arrivato in albergo, lo aveva trovato così divertente e particolare da aver insistito perché fosse stato trasportato in chiesa con quello. Angelo era stato nominato il loro fortunato autista.
Il viaggio sino alla chiesa proseguì tranquillo e felice e l’Ape aprì la strana processione di automobili che giunsero sino a lì. La messa stessa fu del tutto particolare: il prete, infatti, diede tutto sé stesso nel tentativo di riuscire a celebrare il rito sia in italiano che in inglese: probabilmente la celebrazione che avrebbe ricordato più di ogni altra della sua carriera.
Infine, quando la celebrazione fu conclusa e i due sposi furono dichiarati marito e moglie, gli invitati si divisero per confluire nuovamente nel luogo del ricevimento. Questi era un magnifico castello sito su una scogliera che dava direttamente sul mare, specchio cristallino del cielo sopra di sé. La struttura si divideva in più complessi, collegati da un delicato e aggraziato dedalo di giardini, ma l’ala che a tutti interessava di più era quella orientale: lì era stata ricavata una grande sala ricevimenti all’aperto, con vista sulla scogliera e sul resto del castello stesso. L’ambiente era addobbato elegantemente e l’aria del crepuscolo che scivolava su di loro, colorando l’ambiente delle sue quiete tonalità scarlatte, rendeva il tutto un posto magico.
Quando il cielo si ammantò di stelle gli ospiti si accomodarono ai tavoli rotondi sparsi per la terrazza: ad ognuno di loro era stato assegnato un posto prefissato e Angelo, per cause di spazio, si trovò separato dal resto della sua famiglia.
Quando fece per sedersi sulla sedia foderata, tuttavia, vide qualcosa che gli sarebbe rimasto per sempre impresso nella mente.
Nel posto diametralmente opposto al suo, avvolta da un candore quasi angelico, si trovava indubbiamente la ragazza più bella che avesse mai visto. I capelli del colore del miele ricadevano in una frangia su un volto dolce, delicato, che traspariva tutto lo splendore delle stelle e al tempo stesso incarnava la mescolanza del mare e del cielo, personificava l’immensità dell’universo. I suoi movimenti erano lenti, aggraziati: vi era un tocco di gentilezza in ogni gesto che compiva, dallo scostare la sedia al prendere il suo posto. Come se non bastasse, si volse per rivolgersi ad una ragazzina che le stava al fianco e la sua voce sembrò una melodia perfettamente orchestrata, una sinfonia delle sfere celesti.
Angelo rimase lì a guardarla. Forse quella ragazza non era davvero così bella, forse la sua voce non era veramente così musicale ma chi può dirci come percepire il mondo intorno a noi se non i nostri stessi sensi? In quel momento i sensi del ragazzo trasmettevano tutto ciò e per quanto surreale possa sembrare, era quello che egli vide e sentì.
La ragazza, dopo un po’, intercettò il suo sguardo: i loro occhi rimasero a contatto visivo per qualche secondo, quindi lei scostò il capo, imbarazzata.
Angelo sembrò rendersi conto dell’insistenza della sua osservazione e puntò l’attenzione altrove, benché facesse solo finta di vedere ciò che aveva intorno. Non era mai stato particolarmente bravo nelle questioni sentimentali: aveva sì avuto un paio di storie alle spalle, ma non era perfettamente convinto di come approcciarsi a quella ragazza. Ogniqualvolta gli capitava di incrociare una ragazza e decideva che sarebbe stato simpatico fare conoscenza, finiva sempre per fantasticare su mille modi in cui ciò sarebbe potuto succedere, finché non ne aveva più l’occasione. Si maledisse per la sua timidezza e, quasi senza volerlo, sprofondò nello stesso circolo vizioso, iniziando a fantasticare. Era, possiamo dire, il difetto di avere una mente creativa.
La cena andò avanti e vennero servite molte pietanze, alcune più ricercate di altre, ma tutto di ottima qualità. Nel frattempo si levò la musica tra i tavoli, mentre un gruppo di musicisti intratteneva gli ospiti sulle note di canzoni lente e allegre, come la celebre “What a Wounderful World” di Louis Armstrong. I camerieri sembrarono non avere un attimo di tregua e passarono da un tavolo all’altro, carichi di lavoro. I piatti vennero posati e tolti un paio di volte dinnanzi ai commensali, mentre la sera avanzava. C’era la luna piena, quella notte, ma la sua luce sembrava smorzata da quella che sembrava emanare da quella ragazza.
Tuttavia, Angelo rimaneva al suo posto. Mangiava, si guardava intorno, la mente che lavorava. Nel tavolo scambiarono poche parole tra di loro: più che altro il ragazzo provvide a tradurre in inglese alcune parti del menu, completamente in italiano.
La cena ultimò senza progressi.
Gli ospiti iniziarono ad alzarsi e a portarsi al centro della sala, dando il via alle danze, ma Angelo quasi non se ne accorse, intento com’era a maledirsi per il modo in cui era.
Infine alzò ancora una volta gli occhi verso quella ragazza e qualcosa in lui si sciolse.
Nella vita, ogni tanto dobbiamo fare qualcosa che non faremmo mai in altre circostante. Se non mi butto a capofitto, un giorno rimpiangerò di non averlo fatto: preferisco piangere per il rimorso che non per il rimpianto”.
Quel pensiero gli diede coraggio e, prima ancora di rifletterci, si alzò in piedi e girò intorno al tavolo. La ragazza stava conversando con la sua piccola amica e sollevò gli occhi nel vederlo, sorridendo appena.
Credo sia un buon inizio
Le disse qualche frase in inglese, puntando sul classico: gli chiese se la Sicilia le stava piacendo. Lei rivelò di esserne stata entusiasmata e da lì nacque la conversazione e le presentazioni.
Scoprì che lei si chiamava Isabel: era di origini francesi ma si era in seguito spostata in Inghilterra e viveva lì. Parlarono a lungo: della vita, degli interessi, del viaggio, del matrimonio e di quanto fosse magica quella serata. Lei si rivelò esattamente uguale a come i sensi di Angelo gliel’avevano disegnata: aveva un qualcosa di elegante ma al tempo stesso gentile nei modi di fare, nel parlare, e un sorriso che lasciava trapelare un cuore d’oro che da solo sarebbe potuto valere il nome di tutta la Conca.
Il suo carattere timido si mise da parte, le paure che aveva avuto sino a poco prima furono dissolte nel nulla: ciò che rimaneva, ora, era semplicemente la voglia di continuare a nuotare nel mare in cui si era tuffato, di perseguire in ciò che aveva iniziato. Aveva raggiunto il suo scopo: era riuscito a conoscerla e tanto gli bastava.
O almeno lo credeva.
La bambina la tirò per una manica e le impose di seguirla in pista da ballo, così lei si scusò e si allontanò. Angelo rimase al tavolo ad osservarla mescolarsi con la folla, ridacchiando insieme alla piccola, quindi si alzò e si avvicinò al gruppo di persone che stavano semplicemente osservando.
La vide danzare: non era chiaramente una ballerina, ma era palese che si stava divertendo. Qual è, alla fine, l’essenza di danzare? Non tanto il padroneggiare una tecnica, quanto il riuscire ad immergersi completamente nelle energie dell’universo e divenirne parte.
Non appena la bambina si stancò e si avvicinò, le due si trovarono di fronte Angelo. Questi si chinò verso di essa e le chiese, in inglese: «Posso rubarti per un momento la tua dama?»
Lei lo esaminò da capo a piedi con lo sguardo per diversi istanti e alla fine parve convinta, allungandogli la mano con cui teneva quella di Isabel. Ella sembrò avvampare e mormorò subito qualche frase di scusa: «Io non so ballare»
«Neanche io», rispose il ragazzo, prendendola con sé e riportandola al centro della pista.
I loro passi furono sgraziati e scoordinati, ma dopo poco riuscirono a trovare un ritmo comune. Iniziarono a muoversi sempre meglio, pur tuttavia adottando movenze completamente diverse da tutti coloro i quali si trovavano intorno a loro. Chiacchierarono così, stretti uno all’altra, parlando sommessamente e ridacchiando di tanto in tanto. Della timidezza di Angelo non v’è n’era più traccia. Le musiche cambiarono, i ballerini intorno a loro pure ma loro perseverarono nel loro unico, stesso movimento, senza curarsi di nient’altro.
La luna continuò il suo viaggio in cielo fino a quando anche la musica si spense intorno a loro.
«Quando vai via?»
«Domani pomeriggio»
«Di già? Ce la facciamo a vederci un’ultima volta, per salutarci?»
«Puoi passare nel villino dove stiamo domani mattina, verso le undici»
«Contaci, ci sarò»
Angelo le scrisse il suo indirizzo facebook e quasi non fece in tempo a finirlo che i parenti di Isabel la chiamarono, pronti a tornare a casa. Quando Angelo le consegnò il foglietto entrambi si fermarono un’istante ad osservarsi.
Si trovavano a corta distanza, entrambi, ancora carichi delle energie della notte di festa appena passata. In quella terrazza si era celebrato l’amore e la vita ed indubbiamente l’atmosfera aveva contagiato tutti quanti avevano presenziato.
Angelo le sorrise: «Ci vediamo domani»
Quando Isabel si fu allontanata, il ragazzo continuò a passeggiare avanti e indietro per la pista da ballo. Il cuore gli batteva forte e non riusciva a non rivivere ancora e ancora, in un costante replay, tutto quanto era successo quella notte. A mente lucida, non credeva ancora di essere riuscito ad oltrepassare lo scoglio della sua timidezza.
E’ solo una questione di pensiero”, si ritrovò a pensare.
Anche per lui, infine, venne il momento di tornare a casa. Guardò un’ultima volta quella sala, quindi fece ritorno. Quella notte, tuttavia, non riuscì a dormire: il pensiero di tornare a trovare Isabel lo tenne sveglio, a rigirarsi sul materasso.
Continuava a rivedere tutto: la prima volta che l’aveva vista, il ballo, il saluto. Cercava di mettere a tacere tutto quanto, ma sapeva che il cuore è un’entità che ha vita propria e indipendente.
Tutto questo non ti porterà da nessuna parte”, si ripeteva. “Lei è inglese e io italiano”.
Fu una lunga notte, quasi come quelle che passano i bambini la vigilia di Natale, ma alla fine riuscì a prendere sonno.
 
L’indomani mattina Angelo si svegliò molto prima del voluto. Si alzò e andò in bagno a lavarsi la faccia.
La villetta dove si trovava Isabel si trovava a cinque chilometri di distanza, vicino all’albergo dal quale aveva prelevato l’Ape Calessino. Fece colazione, si vestì e fece per agguantare le chiavi dell’auto che condivideva con sua madre quando quest’ultima lo fermò.
«Dove credi di andare?», gli disse. «La macchina oggi serve a me»
Fu come se il mondo gli fosse crollato addosso, eppure durò appena un’istante.
«Va bene», rispose, volgendosi e lasciando l’abitazione.
Non aveva avuto un’istante di esitazione riguardo a ciò che doveva fare.
Fu così che infilò le mani in tasca e iniziò a camminare. Attraversò tutta la città, da un capo all’altro, oltrepassò la stazione dei treni, si immise sulla statale nella quale dovette camminare rasente al guardrail, con le auto che gli sfrecciavano accanto. Imboccò una strada secondaria e infine si trovò nei pressi della villetta, almeno mezz’ora dopo. Era stanco e il caldo dell’estate siciliana lo stava facendo sudare, ma l’importante fu riuscire ad arrivare in tempo: si trovò fuori dalla villetta dieci minuti prima delle undici.
Rimase in trepidante attesa sul ciglio della strada e quando finalmente fu l’ora, citofonò. Fu fatto scendere in una bellissima dimora, ampia e luminosa: una perfetta casa per le vacanze in grado di ospitare un gran numero di persone. Questa residenza estiva godeva di un accesso al mare ed era lì, sul cortile interno, che si trovava Isabel. Nonostante fosse struccata, era bella quanto il giorno prima.
Angelo si avvicinò a lei, la salutò e i due iniziarono a parlare.
Rimasero da soli appoggiati al parapetto che dava sul mare scintillante per soli venti minuti.
Alla fine i suoi genitori la chiamarono per il pranzo.
«Mi dispiace», disse lei, in inglese. «Per me è ora di andare»
«Anche per me», disse Angelo.
Rimasero a guardarsi a lungo, occhi negli occhi, quando lui l’abbracciò e lei ricambiò la stretta.
Sciolsero il contatto lentamente e lei rimase a guardarlo mentre risaliva la gradinata che portava fuori dalla villa. Tornò a casa con nel cuore un misto di gioia e di tristezza: aveva appena passato la notte più bella della sua vita, ma aveva lasciato molto di incompiuto, dietro di sé.
Vi era stato più di un momento in cui sapeva per certo che gli sarebbe bastato allungare il volto per baciarla. Ma a cosa sarebbe servito? Cosa avrebbe comportato?
Non intendeva farle del male più di quanto non intendeva farlo a sé stesso. Probabilmente non si sarebbero mai più sentiti, anche se lui era sicuro che non l’avrebbe dimenticata.
 
Angelo non seppe mai più nulla di Isabel. Non lo aggiunse su facebook, né cercò di contattarlo in altro modo. Dal canto suo egli tentò di fare una rapida ricerca, ma questi si rivelò vana e infruttuosa e non poté far altro che mettere il cuore in pace e cercare di conservare quella notte come un semplice ricordo. Un bellissimo ricordo, ma pur sempre un ricordo. Ci volle un po’ di tempo, ma alla fine ci riuscì; d’altronde aveva già ottenuto ciò che stava cercando: l’amore, anche se solo per un istante, di sfuggita, rapido e impercettibile come il battito d’ali di un colibrì. Quella notte sarebbe rimasta per sempre nel suo cuore e il ricordo che aveva di Isabel si sarebbe mantenuto perfetto, come conservato all’interno di un diamante.
Aveva imparato una lezione dalla vita, ovverossia che l’amore si manifesta all’improvviso, senza regole, nei momenti e nelle forme più inaspettate.
Come quella notte, senza un domani.
   
 
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