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Autore: TheJoker    29/12/2011    1 recensioni
Salve, gente! Fermo temporaneamente "Follia" per mancanza di idee, per concentrarmi su un altro progetto che pensavo da tempo...se la one shot avrà successo, ci scriverò su una storia, su un Batman come non si è mai visto. Beh, leggete e recensite!
Genere: Dark, Guerra, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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La dottoressa Jasmine Freja entrò nella sala del suo capo velocemente, lasciando che la porta di mogano si bloccasse da sola.
Sotto braccio teneva un grosso fascicolo di almeno una cinquantina di pagine, e il suo volto dagli occhi di cerbiatto sorrise radioso al dottore che era seduto dietro una scrivania di quercia e dall’aria massiccia.
L’uomo,  che non poteva avere più di 55 anni, era seduto su una poltrona girevole in pelle nera, le mani intrecciate sotto al mento contornato da una barba che arrivava da una basetta all’altra, un paio di occhiali piccoli con lenti scure che a malapena si tenevano su per il naso e un’ampia area del cranio priva di capelli, infatti era calvo.
Portava un anello con un grosso rubino al mignolo destro e un orologio dorato al polso sinistro.
Indossava un elegante giacca e pantaloni scuri, con sotto una camicia bianca e una cravatta rossa, le scarpe erano nere e lucide.
Non si degnò di alzare lo sguardo, continuò semplicemente a guardare i vari fogli sparsi sulla scrivania, di cui uno con un timbro rosso proprio davanti a se.
-Dottore, ho finito la relazione sui pazienti che mi ha chiesto- esordì la dottoressa con voce squillante, avvicinandosi alla scrivania e posando il fascicolo davanti all’uomo.
Quello alzò lentamente gli occhi su di lei per poi guardare il fascicolo.
Allungò una mano districandola da sotto il mento e afferrò la prima pagina del volumetto, aprendolo e guardando distrattamente le figure dei 12 psicopatici, una volta finito di sfogliare tutte le pagine.
-Me lo legga lei, Jasmine- disse con voce roca e cupa lui, e spinse il fascicolo verso la ragazza, congiungendo le mani sotto al mento.
Prese lentamente il gruppo di fogli e tirò fuori dal taschino del camice bianco un paio di occhiali dalla montatura nera, poi aprì la prima pagina e buttò uno sguardo sull’indice dei pazienti che erano scritti.
Erano fra i più violenti e sanguinolenti criminali che Gotham City avesse dovuto conoscere, dannazione....
Perché mai il suo capo doveva trasferire quei maledetti in un carcere di minima sicurezza?!
Insomma, dannazione...uno era un coccodrillo antropomorfo con una forza strabiliante e una spiccata tendenza per il sangue, un altro era uno psicologo con la fissa delle droghe e della paura...e poi c’erano quello.
Jasmine non ricordava di avere mai visto una persona più...folle e crudele....semplicemente malata.
Ancora aveva fisso nella mente quando aveva incontrato nei corridoi quel procuratore, un certo Dent, se la sua mente non fallava.
Era scortato da ben 4 guardie armate di mitragliatrici, ma lui era tranquillissimo, quasi sorrideva, e giocava con la sua moneta, lanciandola in aria e riprendendola al volo, per poi ricominciare.
Alla dottoressa era sembrato un bel ragazzo...alto, biondo, ben impostato...sapeva anche che aveva avuto un successo come procuratore distrettuale, doveva avere un grandissimo cervello.
Sorrise quasi timidamente passandogli accanto, e squadrò i lineamenti perfetti del suo volto, in quel momento di profilo.
Evidentemente lui se n’era accorto, perché Dent si fermò di colpo, e le guardie fecero lo stesso, puntandogli i mitra.
Gli intimarono di muoversi, ma lui rimase fermo, e lanciò nuovamente la moneta e in quel momento la dottoressa notò che una faccia della moneta era sana, mentre l’altra era orribilmente sfigurata, come se fosse bruciata.
Jasmine alzò lo sguardo dal dischetto metallico e incontrò gli occhi più vuoti, più crudeli, più...folli che avesse mai visto.
E non era tutto...quell’uomo era completamente bruciato per metà! Il suo lato sinistro era andato in fumo, la carne era consumata e nera, e un espressione di violenza e crudeltà gli dipingeva il volto.
Era orribile....un occhio dal blu stupefacente, il destro...e un occhio giallo e rossiccio, il sinistro...cristo, aveva avuto una paura tale nell’incontrare il suo sguardo, che inciampò e cadde a terra.
Dent gli si inginocchiò davanti, incurante dei mitra puntati alla schiena e lanciò la moneta, facendo uscire la faccia sana, poi pronunciò una frase che lei non avrebbe scordato mai.
-La follia è una vita vissuta sopra la lama di un rasoio...sta a te decidere se tagliarti o meno- le sussurrò, poi con una calma assolutamente innaturale, si rialzò e continuò per la sua strada, scortato dalle 4 guardie.
La dottoressa si ravviò i capelli con mano tremante, completamente shockata da quell’incontro.
Adesso capiva cosa voleva dire...cadere. Ma non in senso fisico, no...cadere nella mente, impazzire, correre lungo uno smisurato tunnel che non finirà mai, nella speranza di vedere un briciolo di luce.
La voce impaziente del dottore la richiamò alla realtà.
-Allora, signorina? Vuole leggermi il fascicolo?- le chiese con gentilezza.
Lei fece un respiro profondo.
-Dottore, il punto è questo- disse lentamente, posando il gruppo di fogli sul tavolo –Lei ha chiesto che i pazienti del settore 18, il settore di massima sicurezza e di isolamento, venissero trasportati seduta stante da Arkham a Blackgate, e non si è degnato di dirci perché lo avesse fatto-
Poggiò le mani sulla superficie legnosa e avvicinò il suo volto a quello del dottore.
-Adesso, io parlo a nome di tutto lo staffo medico-psicologico della struttura...cosa sta succedendo?- domandò, quasi con un ordine.
Gli occhi neri dell’uomo si andarono a posare sulla ragazza, poi questo si alzò di colpo, con un preoccupante ghignò in volto.
-Dottoressa...- iniziò, prima che lei potesse nuovamente interromperlo –So quel che faccio...crede che io sia uno sprovveduto? Blackgate ormai è in disuso da anni, perché secondo lei ho contattato le massime autorità cittadine, tra cui il sindaco, il procuratore distrettuale e il capo della polizia? Ho intenzione di trasformare Blackgate in un enorme centro di riabilitazione mentale per pazienti ostici...-
Tirò fuori da un cassetto un grosso gruppo di fogli tenuti insieme da una cartella color marrone scuro, e sopra vi era un timbro bianco che recava la scritta: Blackgate’s Asylum, Centro di Riabilitazione Mentale di Massima Sicurezza, e sotto, più piccolo, Abilitato per Gli Incurabili, che stava a significare che quel manicomio poteva curare anche i pazienti che si erano dichiarati incurabili da anni. 
-Sa che ne ho la capacità- concluse il dottore, soddisfatto.
Sorrise leggermente, indicando le diverse lauree dietro di lui appese al muro.
-D’altronde, sono o non sono il dottor Hugo Strange?- continuò ancora, mettendo le mani dietro la schiena e ghignando.
La dottoressa lesse attentamente i progetti del manicomio, era veramente attrezzato...muri rinforzati con lastre di titanio, acciaio inox e polvere di diamante, ogni vetro infrangibile, guardie munite di manganello, pungolo elettrico, mitra, giubbotto anti-proiettile e Dio solo sa cosa.
Sembrava non mancare assolutamente niente... e sembrava anche tutto in regola.
Con un lieve sbuffo richiuse i fogli e li diede di nuovo al dottor Strange, che li rimise in un cassetto della scrivania, poi la dottoressa si girò e cominciò a muoversi verso la porta, prima che la voce dello psicologo la richiamasse.
-Cosa vuole?- disse, la mano in avanti a prendere la maniglia.
Il dottore si era riseduto, aveva accavallato le gambe e poggiato le dita intrecciate sul ginocchio, e aveva un’inquietante sorriso in volto.
-Adesso lei sa troppe cose...- disse con calma.
-Cosa vuole dire...?
-E’ semplice- esclamò l’uomo –Quello non è un carcere qualunque, è un carcere per Batman! La dentro dovrà soffrire, soffrire come non ha mai fatto, soffrire come abbiamo sofferto noi in tutti questi anni, Jasmine...
Quella spalancò gli occhi.
-Cosa c’entra Batman?! E chi siete “voi” ?!- domandò, quasi urlando. Adesso cominciava ad avere seriamente paura, c’era qualcosa che non andava.
-Lui c’entra sempre...noi siamo il passato....il presente...e il futuro di questa città, signorina
Esplose in una fredda risata senza gioia, e la dottoressa ricevette una botta in faccia che la fece traballare e cadere per terra, sbattendo dolorosamente l’anca.
Alzò il volto, infuriata e spaventata al tempo stesso e indietreggiò fino alla parete, tremando dalla paura che la attanagliava.
Dent.
Harvey Dent.
Le puntava due pistole. Cariche.
-Ha deciso se tagliarsi o no, dottoressa?- domandò con voce rauca il giovane.
-I...Io...Harvey, non...- cominciò la signorina, prima di essere fermata da Dent.
-Io non sono Dent...io sono Due Facce!- ruggì, prima di scaricarle addosso tutti e due i caricatori, sparando senza tregua, col corpo della dottoressa che sussultava a ogni colpo, in preda agli spasmi improvvisi che precedevano la morte.
Il sangue fuoriusciva dai fori dei proiettili come l’acqua esce da uno scolapasta.
Due Facce l’aveva colpita più volte al viso e al torace, rendendola praticamente irriconoscibile.
Quando ebbe finito di maciullare la povera ragazza, ripose le pistole con calma, un mezzo ghigno stampato in volto, poi guardò nuovamente il dottor Strange, inclinando lievemente il capo verso destra aggiustandosi la cravatta.
Si affiancò al vecchio, estraendo una moneta dalla tasca 
-Bene, Strange...adesso...- disse, cambiando improvvisamente il tono di voce, diventando più...femminile, ecco, ma non meno spaventoso.
-Adesso... quando avrò il pipistrello, mh? Non vorrei arrivarci prima di Joker...- continuò, lanciando in aria e riprendendo la moneta.
-Molto presto, Due Facce...molto, molto presto...- disse tranquillamente l’altro, poi fece cenno al boss della Mafia di andarsene.
Un ultimo lancio di moneta, e Dent uscì con calma. Il dottore stette ad ascoltare i suoi passi fino a che non furono più udibili, poi sorrise e si chinò nuovamente ad aprire un cassetto, estraendo un walkie-talkie.
Premette il pulsante.
-Croc...la cena- sussurrò.
Un cupo ringhio di assenso giunse dall’altra parte dell’apparecchio, e dopo neanche 5 minuti si udirono dei passi pesanti e dei ringhi nel corridoio dietro la porta.
Strange spense le luci e si risedette dietro la scrivania, giusto in tempo di sentire la porta sbattere e un sinistro rumore di ossa che si rompevano.
  
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