Sorpresa!
- Mi
stai lasciando?
-
No… cioè, sì.
-
Perché?
- Non
sei tu… sono io.
- Oh,
ti prego! Non sperare di cavartela con una stronzata del genere!
-
Preferisci la verità?
- Sì!
Cos’è, ti vedi con un’altra?
-
Certo che no.
- E
allora?
- E
allora sei tu. Non mi piaci più.
-
…come sarebbe?
-
Credo di non… di non provare più niente. Mi dispiace.
- Sei
sicuro?
- Sei
sicura, Cristina?
Sussultai,
rischiando di inciampare nei miei stessi piedi:
- Come?
-
Secondo me è un errore – borbottò Pamela, guardandomi con apprensione
– Sicura di voler andare? –
-
E’ solo una cena, Pam – sussurrai, stringendomi nelle spalle.
- No!
– esclamò lei – E’ una dannatissima cena con il tuo fottuto
ex! –
- Tu sì
che sei un fiore delicato –
- Non
scherzo, Cri – continuò, seria – Ti farai del male, ragazza –
- So
badare a me stessa – tentai di rassicurarla, stringendomi meglio nella
giacca nera.
- Oh, lo
so – annuì lei – Come so che ce
l’hai ancora a morte con lui –
- Vedi?
Non è per me che devi preoccuparti –
-
E’ un modo come un altro per dirmi che lo farai fuori? –
-
Potrebbe essere –
Pamela
si fermò, sorridendo incerta:
-
E’ così che ti voglio! – mormorò, poggiandomi le mani sulle spalle
– Fatti vedere, su -
Mi
aggiustò i capelli, controllò il trucco e infine diede un’ultima occhiata
al vestito, soddisfatta:
- Oh, sì
– commentò – Aderente e scollato al punto giusto -
- Non fa
un po’ troppo puttanella? –
-
Assolutamente no! Aiuterà lo stronzo a capire che grande cazzata ha fatto!
–
- Faresti
arrossire uno scaricatore di porto, Pam –
- E ne
vado fiera! – bisbigliò, baciandomi sulla guancia – Chiama per
qualsiasi cosa, okay? –
Annuii,
guardandola andare via.
E fu solo quando ebbe girato l’angolo, lasciandomi
sola davanti al pub, che cominciai a chiedermi se avessi deciso per il meglio.
Stavo sbagliando? Era davvero un errore?
- Cos’è… cos’è che non ti piace di me?
- Non è che ci sia qualcosa in particolare, Cri…
- C’è qualcosa di me che ti da’ fastidio?
- Non fare così, dai.
- Cosa?
- Perché fai così?
- Cosa?!
- Non riesci mai a sorprendermi.
- …sorprenderti?
- Sei prevedibile, Cri. Mi sono stancato, capisci? Mi
piacerebbe qualche novità, qualcosa di diverso.
- Qualcosa di sorprendente.
- Esatto! Vedi che mi capisci?
E sia.
Entrai nel pub, una folata di aria calda che mi investiva
in pieno. Mi guardai attorno, cercando lui nella folla.
Non riuscii a trovarlo, il battito che decelerava: non era
ancora arrivato; un’occhiata veloce all’orologio e notai di essere in anticipo di ben dieci minuti: lui,
eterno ritardatario, non si era smentito neanche questa volta.
Mi avvicinai al bancone, leggermente traballante sui
tacchi: presi posto sul primo sgabello libero e
respirai, cercando di allentare la tensione, sperando di calmarmi.
- Posso offrirti qualcosa da bere? -
Mi girai sorpresa verso destra,
il capo leggermente inclinato: una ragazza mi stava sorridendo, un bicchiere
fra le dita. Mora, decisamente bellissima: un vestito nero, corto e stretto nei
punti giusti; i denti così bianchi da sembrare quelli degli spot per
dentifrici. E il sorriso, il sorriso era contagioso.
- No, grazie – risposi, tentennante – Sto
aspettando una persona -
Lei annuì, sorridendo ancora. Mi porse la mano, dei
bracciali d’argento che le tintinnavano al polso:
- Ashakiran – si presentò – Puoi chiamarmi
Asha -
Mi ritrovai a sorridere, stringendole la mano:
- Cristina – sussurrai – E’ un bel nome
-
- Sono di origini indiane – disse, stringendosi
impercettibilmente nelle spalle.
Girai di qualche grado su me stessa, posizionandomi in
modo da riuscire a vedere la porta. Era in ritardo.
- Sembri nervosa – ridacchiò Asha senza smettere di
guardarmi.
- Si nota, eh? – confermai – Non è una serata
esattamente… piacevole. E tu, aspetti qualcuno? –
- Sì – annuì – Delle amiche –
Non aveva neanche finito di dirlo che la porta si aprì,
lasciando entrare un gruppo di ragazze. Sorrisi, lanciando un’occhiata ad
Asha che si alzò elegantemente:
- Sono loro – sorrise, sfiorandomi il braccio con la
mano – E’ stato un piacere -
- Anche per me – risposi, sottovoce, mentre lei si
allontanava.
Le osservai prendere posto a un tavolo, ridenti ed
effervescenti come solo il venerdì sera si riesce a essere.
Al diavolo, possibile che fossero tutte bellissime? Era
proprio necessario farmi venire i complessi d’inferiorità?
- Cristina? -
Scattai, scivolando giù dallo sgabello e finendogli
contro. Ottimo inizio.
- Andrea! – esclamai, arretrando come scottata e
poggiandomi al bancone – Sei arrivato! -
- Scusa il ritardo – mormorò, sfregandosi le mani
– Questa volta però non è colpa mia, giuro! –
Sorrisi automaticamente, gli occhi che lo studiavano
avidamente: sembrava non essere cambiato affatto.
I capelli spettinati come sempre, lo sguardo dolce da cucciolo,
il ghigno impertinente. Andrea, semplicemente.
Non riuscii neanche a fingere di essere arrabbiata per il
ritardo:
- Ah, sì? – chiesi, le mani
sui fianchi – E di chi sarebbe la colpa? -
- Di Camilla – rispose lui, il tono ovvio –
Non è vero, tesoro? –
E in quel momento ringraziai di avere un bancone a cui
appoggiarmi: una ragazza minuta spuntò da dietro le sue spalle, un basco sulla
testa. I capelli rossi, mossi, sembrava una brutta copia di Rachel Hurd-Wood.
- Colpa mia – arrossì lei, prendendolo a braccetto
– Non trovavo le chiavi della macchina –
Andrea ridacchiò, pizzicandole un fianco e sussurrandole
qualcosa all’orecchio.
Strinsi la mano a pugno, le unghie che entravano nella
carne e sorrisi:
- Ci sediamo? – proposi, il
bisogno urgente di mettere qualcosa nello stomaco.
Non avrei dato una buona impressione svenendo prima del
dolce, sai com’è.
- Certo – approvò Andrea, dirigendosi verso un
tavolo libero. Prendemmo posto: loro affiancati, vicini vicini e io di fronte, una sedia tutta per il
cappotto. Perfetto, decisamente perfetto.
- Ti trovo benissimo, Cri – mormorò, la mano stretta
in quella di Camilla.
Cosa successe poi, non saprei dirlo con certezza.
Ricordo le chiacchiere sconclusionate, le risatine false,
la birra, i menù e il dolore: quella piccola spina cocente che sembrava
perforarmi il cuore. Annuii, annuii tanto, troppo probabilmente. Ma la cosa
peggiore, quella più tragica, era che ancora non avevamo cominciato a parlare
di loro. Di loro due in quanto coppia.
Avevamo divagato, riferendoci al passato, al tempo, a
tutto fuorché a loro.
E la verità? Tremavo pensando a quando quel momento
sarebbe arrivato.
- Siete pronti per ordinare? –
Tornai in me, alla realtà, fissando stranita la cameriera:
al diavolo, no, dovevo trovare una soluzione.
Mi alzai in piedi di scatto, rischiando di urtare la
povera ragazza:
- No, scusatemi, devo correre un attimo in bagno! –
esclamai, allontanandomi.
Mi precipitai verso la porta in legno, il cuore che mi
batteva nelle orecchie.
Fu con sollievo che mi poggiai al ripiano in marmo, le
mani tremanti che correvano ad aprire l’acqua: e ora?
Mi lasciai scivolare, la schiena contro il muro, gli occhi
che si chiudevano. Presi il cellulare, il dito già pronto a comporre il numero
di Pamela: ci avrebbe pensato lei a salvarmi, vero? Vero?!
Stavo per premere il tasto di chiamato quando sentii la
porta aprirsi e una voce chiamare il mio nome:
- Cristina? -
Dischiusi gli occhi, fissando l’indiana con aria
assente, persa:
- Io… io ho dimenticato il tuo nome – borbottai, la gola in fiamme.
- Asha – mormorò lei, sorridente come al solito
– Va tutto bene? –
E scossi la testa, chiudendo di nuovo gli occhi per
bloccare le lacrime calde che premevano per uscire.
- No – piagnucolai – Va da schifo –
- Posso… posso fare qualcosa? – chiese, il
tono dolce, sedendosi accanto a me.
- No – sussurrai sconsolata – Perché lui, da
stronzo qual è, si è presentato con una ragazza. E io? Che cosa posso fare, io? –
Ashakiran restò in silenzio per qualche attimo, poi mi
sollevò il volto con due dita e rispose, tranquilla:
- Presentati anche tu con una ragazza -
Non mi mossi, inumidendomi le labbra
confusa:
- Come, scusa? -
- Hai capito – sorrise lei, alzandosi e guardando il
proprio riflesso nello specchio.
- E chi… chi sarebbe questa ragazza? –
balbettai, cercando di alzarmi a mia volta, invano.
Ashakiran mi porse una mano, tirandomi in piedi agilmente
e aprendo subito dopo la borsetta argentata:
- Io – rispose, cominciando a rifarsi il trucco già
sublime.
- Tu? –
- Non ti piaccio? – domandò, lanciandomi
un’occhiata divertita.
- Certo… certo che mi piaci – balbettai
– Ma… tu stai scherzando! –
- No – sussurrò lei, girandosi verso di me, un
sopracciglio inarcato e le braccia incrociate al petto.
- Non puoi essere seria –
- Lo sorprenderesti – si strinse nelle spalle,
chiudendo la borsetta.
- Non riesci mai a sorprendermi. Sei prevedibile,
Cri.
- Guardate chi è arrivata! -
Andrea e Camilla si voltarono in contemporanea,
un’uguale espressione di stupore.
- Lei è Ashakiran – mormorai, scostando la sedia e
facendola sedere – Asha, loro sono Andrea e Camilla -
- E’ un piacere – sorrise lei, stringendo la
mano a entrambi – Scusate il mio ritardo, non era previsto –
- Oh, non preoccuparti – sfiatò Andrea, gli occhi
fissi su di lei – Anche io sono sempre in ritardo –
- Sì – soffiai, sistemandomi il fazzoletto sulle
gambe – E’ più forte di lui –
Asha si girò appena verso di me, una mano che si poggiava
sul mio ginocchio:
- Allora – sussurrò – Andrea, tu sei il famoso
ex di Rì? -
Sussultai, guardandola basita: lei
mi fece l’occhiolino e mi riempì il bicchiere quasi vuoto:
- Ho avuto modo di sentir parlare di te, una volta o due -
- Sì – biascicò Andrea – Sono io, l’ex
di… Rì –
- Come mai non state più assieme? – domandò Asha,
l’espressione angelica mentre aggiungeva – Non che la cosa mi
dispiaccia, sia chiaro –
- Noi… è stata una decisione comune –
Strinsi la mano di Asha, assottigliando lo sguardo:
- Davvero? – chiesi candidamente – Credevo
fosse stata principalmente tua -
- Non esattamente… -
- A me avevi detto che eri stato tu a lasciarla –
s’intromise Camilla, fissandolo duramente.
- Quindi? – diede il colpo di grazia Ashakiran,
sorridendo interrogativa.
- Ecco – sfiatò Andrea – C’erano cose di
Cristina che non mi andavano più tanto a genio –
- Capisco – annuì Asha, poggiando la mano sul
tavolo, la mie dita ancora intrecciate alle sue
– Ad esempio? –
- Non saprei… non credo sia il caso di… -
- Dai, Andrea – mormorai, tranquilla – Stiamo
solo chiacchierando –
Lui si passò le mani sul viso, prendendo diversi profondi
respiri:
- Canticchiava sotto la doccia… -
- Piace farlo anche a me – sussurrò subito Asha,
ammiccando chiaramente – Duettiamo –
- … e lasciava sempre le olive nel piatto… -
biascicò il povero ragazzo, l’espressione sempre più persa.
- Fortunatamente io le adoro, invece –
- … e a letto era sempre fredda – balbettò,
trasalendo immediatamente per ciò che aveva appena detto – Nel senso di
mani e piedi non… -
- Strano – lo interruppe Asha – Non posso
concordare su ques… -
Si bloccò, il cellulare che suonava nella borsetta: si
sporse per recuperarlo, gli occhi che scorrevano il numero.
Si voltò un attimo verso di me, il capo inclinato.
E fu questione di un secondo: poggiò una mano sulla mia
guancia e mi baciò.
Le labbra che sembravano modellarsi perfettamente con le
mie, dolci e morbide. Calde.
- Fragola? – sussurrai quando si allontanò di
qualche centimetro.
- Fragola – annuì Asha, leccandosi le labbra –
Torno subito – aggiunse, rivolgendosi a tutti.
La guardai alzarsi e allontanarsi di qualche passo, il
telefono all’orecchio.
Sorrisi, leccandomi le labbra istintivamente, come per
conservare quel nuovo gusto. Quel sapore di fragola.
- Cristina? – mi chiamò Andrea, balbettante.
E mi girai con il sorriso, il cuore più leggero. Oh, sì:
la sua espressione era impagabile.
Sei prevedibile, Cri.
Urtai la sua gamba con il piede, ammiccandogli:
- Che c’è, Andrea? – domandai, innocente
– Sono riuscita a sorprenderti? -
*