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Autore: Ronnie02    30/12/2011    3 recensioni
Vacanze di Natale, festa di Capodanno.
E se tutto ciò avvenisse nella vostra città di origine che non visitate da tredici anni? Che sorprese vi aspettereste in quei pochi giorni?
Di certo trovarsi Shannon Leto non la prima cosa che a Leslie viene in mente. Di certo trovarlo in spiaggia mezzo nudo o in camera sua non è nei suoi piani. Ma se accadesse?
Spero di avervi incuriositi!
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Echelon carissime che siete entrate a leggere questa storia. GRAZIE! vuol dire che non sono l'unica pazzoide a questo mondo! 

Innanzitutto AUGURI a tutte, di Buon Nuovo Anno e che sia meglio di questo, anche se non è stato tanto male. E in più farvi gli auguri di buone vacanze se qualcuno deve ancora partire. In questo caso spero che leggere questa storia vi faccia sognare un pò. Chissà, magari troverete Shannon in vacanza xD

Buona lettura!



SIDNEY OR MARS?

 
Vacanze di Natale. Di nuovo, ancora.
“Forza, muoviti!”, urla mio padre dal piano di sotto, dove mia madre sta sistemando freneticamente le valigie. Ci aspetta un lungo viaggio, lungo da farmi star male.
Per Natale quest’anno non posso stare a casa da sola con i miei amici perché i miei hanno deciso che se in caso i Maya avessero ragione, anche se affermano fermamente di non credere a queste cretinate, vogliono passare l’ultimo Natale e Capodanno con me. Che culo!
In più non nei dintorni, ma nel posto in cui sono nata, cresciuta fino all’età di sei anni e da cui mi hanno strappato via per venire qui a Roma.
Sidney.
La mia amata città, che però ormai non riconosco quasi più dopo quasi tredici anni di distanza. La città che mi riporta indietro nel tempo, ai giochi infantili, ai parchi divertimento o agli zoo con gli animali selvatici. Al mare, alle amicizie che ormai sono completamente svanite nel nulla.
“Leslie!! Ti muovi?!”, mi chiamano ancora e io mi ritrovo a sistemare la camera, in biancheria intima dopo la mia doccia serale.
“Arrivo!”, mento in fretta fiondandomi nella mia cabina armadio. Prendo i miei jeans stretti, visto che qui si gela ma là è estate, e la mia t-shirt fatta in casa che porta le scritte dei miei amati 30 Seconds To Mars. Loro mi daranno la forza di affrontare tutte quelle maledette ore di viaggio fino a Sidney.
Metto la giacca di pelle blu e infilo le mie amate All Star. Riempio le tasche con iPod, cuffie e telefono cellulare. Io, come credo altri poveri miliardi di sfigati, non posseggo ne un iPhone ne un Balckberry ultimo modello, ma guarda che caso, sono ancora viva e sana.  
Prendo il mio zaino, ricontrollo veloce la stanza, saluto il mio caro stereo che mi mancherà da morire e scendo al piano di sotto. Lì mio padre mi prende e mi trascina letteralmente in macchina, mia madre riempie di fretta il baule e in meno di cinque minuti sto viaggiando verso Fiumicino per partire con l’aereo.
Ovviamente siamo in straanticipo, ma per loro non importa e corriamo verso il gate. Vedo l’aereo che ci porterà in Australia avvicinarsi e degli addetti farci salire attentamente e prendere posto, allacciandoci le cinture. Si parte.
 
“Casa”, sussurra mio padre appena esce dall’aeroporto, guardando il sole caldo e splendente, o il cielo senza nuvole, o il paesaggio estivo. Siamo a Sidney, e io sono ancora mezza addormentata, non riconosco più le ore e il fuso orario mi sta uccidendo. Mia madre non sente così tanto il sentimento di nostalgia. Lei non è di qui.
Mio padre sì, è nato e cresciuto qui, un po’ come me. Lei, quando si sono conosciuti, era solo in vacanza. Lei è di Santo Domingo, nei Caraibi. E invece di stare in tutti questi posti da sogno e farmi crescere vicino al sale marino, si sono trasferiti a Roma.
“Leslie, la tua camera è la numero 6277, noi staremo nella 6278, se hai bisogno”, mi dice mia madre mentre sto ancora dormendo. Ecco perché non capisco più dove sono. Eravamo già in albergo? Camera 6277?! Mi state prendendo in giro per caso?.
“Sì, certo”, mi spingo prendendo la chiave, a cui più tardi di certo scatterò una foto, e mi trascino lentamente su per le scale, con il mio zaino in spalla e la mia valigia in mano.
La camera 6277 dovrebbe essere ad uno degli ultimi piani visto il numero, e  invece è solo al terzo in un albergo da sette piani. Il perché mi è ancora sconosciuto, ma non importa perché quel numero mi da forza e quello mi basta.
Infilo la chiave nella serratura, che scatta e apre la porta, facendomi entrare in una suite completa di tutto. Ok, cos’è questo un sogno? Dov’è il trucco? I Maya non potevano predire prima la fine del mondo?
Basta, non mi interessa. Chiederò spiegazioni quando riuscirò a svegliarmi, dopo una lunga dormita. Mi sdraio sul letto, che amo già dal primo istante, e mi addormento sentendo “R-Evolve” nelle cuffie. Forse, ma solo forse, questa vacanza non sarebbe stata così male.
Quando mi sveglio il sole sta salendo nel cielo, il che mi preoccupa. O ho dormito troppo o troppo poco. Il mio iPod è morto – merda! – e il telefono sta facendo la stessa fine. Mi sono addormentata senza metterli in carica.
Mi alzo dal letto e mi fiondo verso il mio zaino, che apro e cerco i caricabatterie. Dopo averli trovati cerco la presa, l’adattatore europeo e poi metto tutto a caricare. L’iPod, che è la fonte più sicura, mi dice che a Sidney sono le cinque e mezza del mattino del 28 di dicembre e che il Sole fuori splende che è una meraviglia. 28? Ma io non ero partita la sera del 25? Quante cazzo di ore ho dormito?! Bè almeno è mattina, cosa che mi dice che ho raggiunto una vaga stabilità del fuso orario. Che fortuna!
Scuoto la testa e vado a farmi una doccia per scaricare la stanchezza e svegliarmi un po’. La faccio fredda, visto il caldo devastante che c’è attorno a me. Passare dal gelo al deserto non è mai una bella cosa.
Esco e mi infilo in costume azzurro che ho portato, per poi mettermi i pantaloncini e la maglietta del viaggio. Il primo giorno a Sidney non poteva passare senza la mia Mars t-shirt.
Tocco il mio tatuaggio, la Triad sul fianco destro, mentre mi vesto, faccio una coda alta che raccoglie i miei liscissimi capelli neri, e mi infilo i braccialetti tra cui la wristband con i simboli. Poi mi guardo allo specchio, esaminandomi con i miei occhi blu oceano e mi dico che almeno, quando tornerò a scuola, sarò la più abbronzata di tutte. Una cosa buona c’era in fondo.
Uscii dalla camera e mi ritrovai mia madre davanti agli occhi. “Leslie! Sono felice che ti sia già svegliata, noi andiamo a fare colazione, vieni con noi?”.
“No, faccio prima un giro, non ho ancora fame”, rispondo mentre lei annuisce e mi augura buona giornata. Sa già che anche se siamo nello stesso albergo la  mia intenzione non è stare con loro. Ormai ho anche diciannove anni.
Le sorrido e mi sposto, scendendo di fretta le scale e superando i camerieri o la segretaria, che gentilmente mi augurano buona giornata. Che bello tornare a parlare in inglese! Mi era mancato così tanto!
La spiaggia è finissima e bianca come il latte, il mare una meraviglia blu che ondeggia davanti a me. Quando abitavo qui andavamo alla spiaggia comune e faticavo persino a camminare senza pestare gli asciugamani altrui. Adesso finalmente prendo il mio sdraio e mi siedo lì, sistemando le mie cose. Però poi cerco il mio iPod dalla borsa che mi ero portata, metto le cuffie e, accompagnata da Closer To The Edge saltello in giro per la spiaggia, toccando l’acqua con i piedi e schizzando un po’.  Dei bambini mi invitano a giocare con loro con le palette, ma li saluto gentilmente con la mano e poi continuo la mia camminata. Casa…
“No, ma dai, sei un idiota!”, sento urlare qualcuno prima di venire completamente investita da una massa informe. Che cazzo…?
Colui che mi è venuto addosso si alza all’istante, forse preoccupato per averi uccisa, e poi mi offre la mano, prima che potessi incenerirlo vivo. È bassino, cioè è alto come me, con i capelli corti e neri e due occhi color nocciola da farti venire un’insensata voglia di Nutella.
“Mi dispiace, mio fratello è un coglione, ha lanciato la palla troppo lontana e non ti ho vista”, si scusa con una voce roca, ma molto sexy.
“Già, me ne sono accorta”, dico notando gli altri due ragazzi e una ragazza che ci stanno guardando. Uno ha la barba e i capelli lunghi legati in una coda, la ragazza ha i capelli corti e scuri con la frangia, mentre il terzo ha un taglio molto anni ’70-’80. La mullet, la chiamavano e ancora adesso non saprei descriverla.
“Ti va di giocare? Vicky è l’unica ragazza”, mi chiede sorridente indicandomi la sua compagnia. “Così se vinci puoi picchiare mio fratello per aver causato la rottura di qualche tuo osso”.
“Grazie mille dell’invito, ma lo sport non fa per me. Camminerò ancora un po’… e comunque sono ancora tutta intera”.
Lui strabuzza gli occhi un secondo, indicando la mia maglietta. “Ti piacciono i 30 Seconds To Mars?”, dice ridacchiando. C’è di certo qualcosa che mi sfugge.
“Sì”, dico un po’ scocciata, come sempre in questi casi. Per la maggior parte delle volte te lo chiedono per prenderti in giro. “Ora devo proprio andare, eh!”.
Così facendo mi volto e riprendo a camminare verso il mio sdraio. Ma quelle persone non le dimentico. Il nome della ragazza, l’uomo che mi ha travolta, gli altri giocatori… è seriamente possibile che la mia mente voleva obbligarmi a pensare che forse ha riso perché loro… nah, li avrò solo sognati!
Alla fine di Revenge mi tolgo le cuffie e decido che è ora di una bella nuotata. Perciò mi svesto, rimanendo in costume, e corro verso le acque limpide australiane. Ma, non so perché, sento degli occhi cercarmi e perforarmi la pelle quando capiscono dove sono.
 
“Leslie, stasera andrai in giro?”, mi chiede mio padre con voce di rimprovero. Che palle!
“Sì, voglio vedere se ritrovo qualche vecchia amica. Va bene?”, chiedo anche se so che io lo farò lo stesso e loro si lamenteranno comunque.  
È Capodanno, ho il diritto di andare a festeggiare da sola. In più ho incontrato Tom Micheals, un mio vecchio compagno di elementari che non vedevo da una vita. Mi ha riconosciuta lui, il che è veramente assurdo visto che quella che è cambiata di più sono io.
Mio padre sbuffa e guarda da un’altra parte, mentre mia madre si alza e va a prendere qualcos’altro da mangiare, nel ristorante dell’albergo. È la prima volta che pranziamo insieme, visto che loro sono tornati tardi da una gita in città ed io ho passato la mattina in spiaggia. Oggi però, quei tre ragazzi e la ragazza non c’erano, il che era un bene per la ma sanità mentale che mi spingeva a pensare a cose totalmente assurde.
Il mio telefono, nella tasca destra dei pantaloncini, vibra. È un messaggio di Tom che mi avvisa di venire per le undici e mezza nel suo locale per la festa di Capodanno. Rispondo che ci sarò di certo.
“Leslie, oggi pomeriggio vieni con noi? Non sei mai uscita dalla spiaggia!”, dice mia madre cercando di convincermi.
“Oggi mi devo preparare per stasera. Verrò domani, te lo prometto”, dico come ogni giorni finendo il mio povero piatto e alzandomi. Li saluto e salgo nella mia stupenda camera – che ho scoperto ha anche la vasca idromassaggio – e mi preparo per un nuovo pomeriggio in spiaggia. Lo so, sono a Sidney, nella mia vecchia casa, il luogo in cui sono nata e che non vedo da una vita e sto in spiaggia. È appunto per quello il motivo: voglio ricordare la Sidney che conoscevo e non quella a cui ormai non appartengo più.
Costume, borsa, iPod, telefono. Pronta per partire.
 
“Leslie! Dio mio ancora non mi sembra vero di vederti!”, mi abbraccia Tom, vestito con solo dei pantaloncini da mare, in riva alla spiaggia mentre accende il falò. Il suo locale è infatti affacciato sul mare e più lo guardo più lo amo. A Roma una cosa così non si sarebbe mai avverata.
Io invece, al contrario di mie amiche che ora avranno vestitini sexy con l’intento di finire nel letto di qualcuno e staranno gelando di freddo, io sono tranquilla e accaldata con solo un costume e una minigonna rossa.
“Tom! Cavolo un Capodanno così non me lo sarei mai aspettato!”, dico staccandomi da lui e guardandomi in giro. C’è un sacco di gente, ma conosco, o riconosco, solo lui.
I ragazzi cominciano a ballare intorno al fuoco a ritmo di musica, pompata dalle enormi casse appostate fuori dal locale, sui muri. Mi infilo nella mischia, ballando un po’ con tutti e divertendomi in attesa della fatidica mezzanotte, a cui mancano pochi minuti ora.
Quando manca un minuto Tom abbassa la musica e fa partire la televisione, dove in un programma televisivo danno il conto alla rovescia dal centro della città. Tutti esultano, eccitati.
“Ci rincontriamo”, mi prende qualcuno il braccio e mi fa voltare. È lo stesso ragazzo che mi è finito addosso giorni prima e il mio cervello non fa che associare quella voce, quel viso, quel corpo a quel batterista che tanto amo e stimo.
Tre… due… uno! Tutti gridano alla mezzanotte del nuovo anno e il ragazzo si avvicina e… mi bacia.
E bè, ovvio, è la classica tradizione del bacio di mezzanotte dopo quella del bacio sotto il vischio. Peccato che, sebbene la mia mente voglia obbligarmi ad ammetterlo, io non so chi sia e lui non ha idea di chi sia io. Ma questo a quanto pare non importa, continua a muovere le labbra sulle mie mentre anche altre persone fanno lo stesso.
Quando in lontananza i fuochi d’artificio cominciano ad apparire nel cielo si stacca da me, con un sorrisino sia troppo sexy che anche fin troppo orgoglioso. Mi metto una mano dei capelli, stupita, ma alla fine ridiamo entrambi, come degli idioti.
“Sul serio non hai la minima idea di chi tu abbia appena baciato?”, mi chiede come se fossi un’idiota. Certo che lo sapevo, ma perché i 30 Seconds To Mars avrebbero dovuto essere a Sidney e, sopra ogni santissima cosa, perché Shannon Leto avrebbe dovuto essere interessato a me?!
“Leslie”, dico invece allontanandomi un po’ e offrendogli la mia mano. Ok pessima, Leslie, davvero.
“Leslie, eh? Bè, il mio nome è…”, comincia.
“Non dirlo”, lo stoppo prima che potesse dare ragione alla mia mente bacata. “Non lo voglio sapere perché se lo sapessi rovinerebbe tutto”.
Lui rise della mia contorta teoria. “Non vorresti vantarti?”.
“Vantarmi di che? Io no ti conosco, giusto?”, scherzai avvicinandomi a lui ancora una volta.
Lui sorrise, quasi soddisfatto alla fine e pian piano ci allontaniamo dalla folla, dal locale, dai suoi amici, da Tom. Ci avviciniamo al mio albergo, il più vicino.
In pochi secondi, senza nemmeno rendermene conto, sto aprendo la porta nella mia stanza mentre lui sorride guardando il numero, per poi però stupirsi vedendo l’interno.
Me ne frego altamente di quello che vede e mi piantò davanti a lui dopo aver chiuso la porta a chiave. I miei genitori sono a casa di amici ritrovati, non ritorneranno prima delle due. I miei genitori sono in un'altra stanza, non mi sentiranno.
Afferro la sua camicia leggera e mi avvicino alle sue labbra. Lui ci mette poco a capire quello che in realtà sto pensando di fare, ed è totalmente d’accordo.
Mi spinge verso il letto, quasi con forza, e intanto cerca di slacciare il nodo del mio bikini. La sua camicia invece vola dietro di noi in fretta, senza dare troppe difficoltà. Mi ritrovo svelta sdraiata sulle coperte, sotto di lui, mentre lentamente, quasi per farmi impazzire, mi sfila la mia gonna e le mutandine del costume.
E, con la sua stessa velocità, i suoi boxer finiscono dietro di noi.
Sto facendo sesso con uno sconosciuto. No, sto facendo sesso con Shannon Leto, ormai ne sono certa. Le sue braccia mostruose avvolgono il mio corpo, la mia lingua bacia la sua Triad sotto l’orecchio, le mie gambe chiudono in una sorta di gabbia i suoi fianchi, le sue mani creano i brividi sulla mia schiena.
Il batterista cominciai a baciarmi ovunque, qualsiasi centimetro della mia pelle, arrivando fino ai miei fianchi. So dove vuole arrivare e in un certo senso mi spavento.
Voglio dire, ho già fatto sesso, con il mio ex ragazzo che alla fine se l’è filata con una troietta dopo il liceo, ma quello… quello no. In un certo senso sono curiosa, fin troppo mi dico per sembrare normale, ma mi sento come se fossi una totale cogliona.
Ma Shannon non si ferma, sento la sua lingua dentro di me e cazzo… se questo non è il Paradiso poco ci manca. Sono completamente estasiata e le mie mani si spingono da sole sui suoi capelli, stringendoli. Alza la faccia e sorride, come a dirmi che in realtà non è stato affatto male.
Sorrido, ancora un po’ fuori di testa, e lo vedo avvicinarsi. Con il mio sapore ancora in bocca mi bacia ed entra il me con un gesto secco.
Le mie mani sono sulle sue spalle enormi e si contraggono, graffiando la sua pelle scura ed abbronzata come la mia. Il mio corpo è attraversato come da miliardi di scosse che però non fanno per niente male.
Spinge dentro di me e delle gocce di sudore cominciano a scendere dai nostri visi, mentre sono ancora uniti da infiniti baci che ci tolgono il fiato.
È ufficiale, il sesso con Shannon Leto non è normale, è qualcosa che non puoi dimenticare, ma che purtroppo non avrai mai l’occasione di riavere. La controindicazione è infatti l’ossessione che non puoi appagare. Cazzo.
Alla fine un ultimo brivido percorre entrambi e lui si accascia di fianco a me. Mi guarda, mi sorride, chiude gli occhi e si addormenta, dando il benvenuto al nuovo anno.
E ora come dovrei definirmi? Una delle tante scopate di Leto Senior? Non mi interessa, non mi importa. Ci penserò più tardi, ora voglio solo godermi il ricordo di una notte che non dimenticherò mai. Mi sembra di essere su Marte ma so che sono ancora a Sidney.
E al mattino me ne rendo conto troppo in fretta. Sono nuda, tra le coperte, e soprattutto… sono sola.
Mi alzo, quasi verso una crisi isterica, e cerco qualsiasi indizio che mi dica che questa notte è stata reale e che non sono ancora al 31 di dicembre. Bè, sono nuda, il che vorrà dire pur qualcosa.
Non guardo nemmeno il mio costume o la gonna e vado a vestirmi, con dei pantaloncini e un top. Ma… dove è finita la mia maglietta dei Mars?! Non è possibile che l’abbia persa!
Cerco in tutto l’armadio ma non la trovo, nel contenitore dei vestiti sporchi ma nessuna traccia, guardo in qualsiasi posto in cui potrebbe essere finita. Ma niente.
Fino a che non mi accascio, disperata, sulla scrivania. C’è un biglietto. Un biglietto non mio e non scritto con la mia scrittura.
Quando ci rivedremo riavrai la tua maglietta. Sotto c’era il suo numero di telefono e la sua e-mai.
Non ero una delle tante. Non era la sua solita scopata. Ci saremmo rivisti. Avrei riavuto la mia maglietta.
“Leslie? Leslie, tutto okay?”, mi chiamò mia madre fuori dalla porta, all’insaputa di ogni cosa.
Sì, era tutto okay.
 

 

Spero che vi sia piaciuto!
Baci, Ronnie02
   
 
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