Una
preghiera al mare
C’era una volta un peschereccio come
tanti altri che navigava ormai da settimane sulle acque blu e profonde
dell’oceano.
A bordo stavano molti uomini, alcuni vecchi, altri molto vecchi e poi
c’era un
giovane, Evan, il nipote di uno dei pescatori più anziani,
che stava
apprendendo sul campo il mestiere e tutti i suoi trucchi. Era un
ragazzetto di
appena sedici anni, alto e con già una buona dose di
muscoli, la pelle
abbronzata ma non ancora bruciata dal sole, i capelli neri, lunghi fino
alle
spalle e scompigliati, con aveva gli occhi neri e profondi come le
acque dell’oceano
quando si avvicinava la burrasca. Per il giovane era il primo viaggio
che
superava la settimana e dopo tutto quel tempo passato sul barcone
iniziava a
sentire la mancanza della terra ferma.
Suo nonno, allora, per aiutarlo a
non pensare a casa e anche per prenderlo un po’ in giro, gli
raccontò delle
storie di sirene, tesori caduti nel fondo del mare e una
città tutta d’oro
nascosta ai mortali nelle profondità dell’oceano.
Il ragazzo rise insieme a suo
nonno di quelle storie.
Anni dopo, quando suo nonno morì, Evan
che ora era adulto riuscì ad aprire una piccola ditta e a
comprarsi un
peschereccio tutto suo. Era entusiasta e fiducioso nel futuro ma presto
gli
affari iniziarono a non andare bene e l’uomo si
ritrovò preso senza neppure un
soldo. Fu sul punto di vendere tutto ma, dopo quella che sarebbe dovuta
essere
l’ultima uscita in mare, riuscì inaspettatamente a
trovare i soldi per pagare i
suoi debiti e continuò persino ad uscire in mare a pesca. Ma
non fu più pesce
quello che riportò a terra ma bensì tesori di
inestimabile valore: pezzi di un
vecchio galeone affondato, oro, gioielli e altre ricchezze affondate
ormai da
secoli. Ma Evan non si immerse mai una sola volta e non
comprò mai neppure l’occorrente
per farlo.
Quando gli altri pescatori gli
chiesero come facesse a trovare quegli oggetti lui raccontò
una storia così
fantasiosa e incredibile da risultare assurda e la continuò
a raccontare per
anni e anni.
Raccontava che durante quella che
sarebbe dovuta essere la sua ultima uscita aveva pregato il dio dei
mari perché
l’aiutasse e quello gli aveva mandato una sirena che gli
aveva donato oro e
altri preziosi. Nessuno gli credeva ma Evan non mentiva, solo un paio
di
particolari aveva sempre tenuto segreti: come il fatto che fosse stato
più un
caso che per risposta alle sue suppliche che era riuscito a parlare con
quella
creatura degli abissi che gli aveva donato ricchezze in cambio della
libertà,
ed era un bugia anche quella che fosse una sirena, infatti non era una
donna
pesce quella che aveva catturato, ma un uomo pesce, un tritone. Quando
in
quella grigia e cupa giornata Evan aveva tirato le reti a bordo era
rimasto
impressionato dal peso che avevano e poi la coda di un gigantesco pesce
era
affiorata dall’acqua e, se non fosse stato per il colore
azzurro e la strana
forma, il ragazzo avrebbe lasciato andare immediatamente la creatura,
perché solo
uno squalo avrebbe potuto raggiungere quella grandezza e quel peso. Ma
non
aveva la forma né il colore di una coda di squalo
né di un qualsiasi pesce
avesse mai pescato e così Evan, con un ultimo immane sforzo,
issò la rete a
bordo sognando ad occhi aperti l’oro che sarebbe riuscito a
fare scoprendo
quella nuova specie. E poi si accorse di cosa in realtà
aveva pescato.
Un tritone d’aspetto giovanissimo, con
la pelle così chiara da mostrare le vene di un azzurro che
si confondeva con il
colore delle scaglie della coda sottile e
lunga e delle mani palmate, con capelli lunghissimi di un blu intenso,
tanto da
sembrare quasi nero e due occhi azzurri limpidi come il mare
più calmo e pulito
del mondo ma terrorizzati mentre tentava in tutti i modi di districarsi
dalla
rete che l’aveva intrappolato. Evan si avvicinò
lentamente, stupito e confuso,
e il tritone lo guardò a sua volta impaurito. Rimasero a
fissarsi l’un l’altro
per quella che sembrò un eternità poi il
pescatore si avvicinò ancora alla
creatura marina che ora lo guardava terrorizzata
-Non aver paura- gli disse
dolcemente mentre allungava una mano per toccare quella pelle
così chiara
trovandola liscia e inaspettatamente caldissima –Adesso ti
libero, va bene?-
gli disse mentre lentamente estraeva il coltello. Il tritone si
ritrasse
impaurito mentre il pescatore tagliava la rete e liberava la parte
superiore
del corpo della creatura ma non quella inferiore
-Capisci la mia lingua?- gli chiese
Evan, parlando lentamente e il tritone annuì appena
–Puoi parlare?- ancora una
volta il tritone annuì ma non proferì parola
–Come ti chiami? Da dove vieni?-
gli chiese ancora ma non ebbe risposta. Il pescatore si
passò una mano fra i
capelli e cercò di mettere ordine fra i suoi pensieri. Aveva
pescato un tritone,
un uomo pesce, e non aveva neppure mezza idea di come comportarsi. Poi
un
pensiero si fece largo nella sua mente: aveva fra le mani una miniera
d’oro, l’avrebbe
esposto in acquario e avrebbe fatto pagare una fortuna per vedere
quella
rarità. Avrebbe pagato i suoi debiti e si sarebbe comprato
un maniero in cui
vivere e avrebbe mangiato fino a scoppiare, avrebbe dormito sui cuscini
di
piume, avrebbe fatto morire d’invidia tutti quanti e
poi… poi guardò gli occhi
terrorizzati del ragazzo pesce che tentava di liberare anche la sua
lunga coda
dalla rete e lo rivide, dentro una gigantesca boccia di vetro,
terrorizzato da
tutte quelle strane persone della superficie che lo guardavano
incuriosite e lo
additavano come un fenomeno da baraccone. Evan si passò le
mani sul volto,
esasperato, e con un lungo sospiro rassegnato liberò anche
la coda del tritone
-Sparisci- gli disse –sparisci prima
che io cambi idea- il tritone lo guardò stupito,
probabilmente non si aspettava
di essere liberato, poi guardò il mare e con un sorriso si
issò sul parapetto
della barca scivolando in acqua velocemente. Evan guardò il
punto dove, appena
pochi istanti prima, stava il tritone e capì che la sua
ultima speranza di salvarsi
dai debiti era svanita. Non aveva avuto il coraggio però di
relegare un essere
così bello a vivere in una boccia di vetro per soddisfare la
curiosità degli
uomini. Con un sospiro rassegnato tornò al timone e fece
rotta verso la terra
ferma ma dopo poche ore uno strano rumore sul ponte attirò
la sua attenzione e,
quando andò a controllare, trovò una decina di
monete d’oro sparpagliate sulle
assi di legno. Si affacciò dal parapetto e vide, vicino allo
scafo il tritone
che aveva liberato sorridergli
-Grazie- gli disse sorridendo a sua
volta e il tritone, dopo averlo salutato con la mano, si
inabissò di nuovo. Evan
pagò i suoi debiti con quelle poche monete d’oro e
poté tenersi la casa e la
barca. Così ritornò in mare, nello stesso posto
dove aveva pescato il tritone,
e stupidamente pensò di poterlo rincontrare. Non si
aspettava davvero di
rivederlo ma lo sperava. Quasi gli venne un infarto quando
sentì uno strano
rumore provenire da poppa e corse per andare a vedere cosa fosse stato.
E il
tritone era lì che gli sorrideva
-Sei tornato- disse stupito Evan e
la creatura allungò le braccia verso di lui, continuando a
sorridere –vuoi salire?-
gli chiese perplesso e l’altro annuì. Il
pescatore, perplesso, lo issò a bordo
con un enorme sforzo. Il tritone si mise seduto, guardandolo
incuriosito e
studiandolo per lungo tempo, poi d’un tratto, come se avesse
trovato quello che
stava cercando, gli sorrise e l’abbracciò,
lasciando senza parole il pescatore.
Subito dopo si scostò e tornò in acqua, senza che
Evan potesse dire o fare
nulla. Il pescatore si sporse dal parapetto e qualcosa lo
colpì
inaspettatamente in fronte: una statuetta d’oro e avorio
ricoperta di alghe e
piccoli molluschi. Il tritone sembrò preoccupato quando vide
di averlo colpito
ma quando Evan gli sorrise, riconoscente di per quel nuovo regalo,
anche la
creatura marina fece altrettanto.
Passarono alcuni anni e Evan si
arricchì a dismisura. Si comprò una villa e una
barca più bella, visse nel
lusso e fu anche generoso con il prossimo. Ma ogni giorno che passava
sentiva
sempre meno la voglia di rimanere sulla terra ferma e sempre
più il desiderio
di stare con il suo tritone. Quelle che prima erano un paio di fugaci
ore in
mare divennero presto interi giorni e poi settimane e infine Evan
iniziò ad
odiare la terra ferma al punto da stare male fisicamente quando tornava
a
terra. Vomito, nausee e febbri altissime che si estinguevano solo
quando
riprendeva il largo e rincontrava il ragazzo pesce.
Non parlavano mai, era solo Evan che
cercava di fare conversazione, il tritone restava sempre muto
come… un pesce. Dimostrava
però quello che pensava con le sue azioni, i gesti e il suo
sorriso luminoso
come il sole. Evan iniziò a cercare quasi inconsciamente di
toccare quella
creatura così eterea e magnifica, che non si ritraeva mai da
quelle sue
attenzioni, ma quando finalmente il pescatore si accorse che i suoi
gesti
iniziavano ad essere imperniati di un sentimento diverso dalla
curiosità era
ormai troppo tardi.
E poi un giorno uscì in mare, dopo
una delle più brutte febbri che avesse mai avuto e che non
accennava a
diminuire neppure ora che era in alto mare. Il suo corpo bruciava
così tanto da
fargli pensare che il sangue gli stesse ribollendo nelle vene, i
pensieri erano
offuscati e gli occhi lacrimavano tanto era il calore e il dolore.
Guardò il
mare, così freddo e invitante, e si trascinò fino
al parapetto, lasciandosi
cadere in acqua. Subito si sentì meglio, come se la febbre
fosse scomparsa di
colpo, e si sentì una felicità immensa
esplodergli nel cuore travolgendolo come
un’onda impetuosa. Vide il sole che risplendeva e illuminava
le profondità
subacque e sentì per un attimo la nostalgia
dell’aria ma subito dopo respirò a
pieni l’acqua del mare e si accorse di non stare annegando.
Si portò le mani al
viso e le vide palmate e squamose. Le osservò completamente
allibito insieme
alla nuova coda che era cresciuta al posto delle sue gambe. Ebbe paura
ma,
quando stava per perdere la ragione per quell’inaspettato
cambiamento, apparve
il suo tritone che gli sorrise abbracciandolo e calmando ogni timore.
L’imbarcazione di Evan si arenò
pochi giorni dopo sugli scogli. Molti pescatori, per scherzare,
raccontarono
che la sirena che aveva fatto la fortuna di Evan lo aveva trascinato in
fondo
al mare, senza immaginare di aver quasi intuito la verità.