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Autore: bloodingeyes    31/12/2011    3 recensioni
C’era una volta un peschereccio come tanti altri che navigava ormai da settimane sulle acque blu e profonde dell’oceano.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una preghiera al mare

            C’era una volta un peschereccio come tanti altri che navigava ormai da settimane sulle acque blu e profonde dell’oceano. A bordo stavano molti uomini, alcuni vecchi, altri molto vecchi e poi c’era un giovane, Evan, il nipote di uno dei pescatori più anziani, che stava apprendendo sul campo il mestiere e tutti i suoi trucchi. Era un ragazzetto di appena sedici anni, alto e con già una buona dose di muscoli, la pelle abbronzata ma non ancora bruciata dal sole, i capelli neri, lunghi fino alle spalle e scompigliati, con aveva gli occhi neri e profondi come le acque dell’oceano quando si avvicinava la burrasca. Per il giovane era il primo viaggio che superava la settimana e dopo tutto quel tempo passato sul barcone iniziava a sentire la mancanza della terra ferma.

            Suo nonno, allora, per aiutarlo a non pensare a casa e anche per prenderlo un po’ in giro, gli raccontò delle storie di sirene, tesori caduti nel fondo del mare e una città tutta d’oro nascosta ai mortali nelle profondità dell’oceano. Il ragazzo rise insieme a suo nonno di quelle storie.

            Anni dopo, quando suo nonno morì, Evan che ora era adulto riuscì ad aprire una piccola ditta e a comprarsi un peschereccio tutto suo. Era entusiasta e fiducioso nel futuro ma presto gli affari iniziarono a non andare bene e l’uomo si ritrovò preso senza neppure un soldo. Fu sul punto di vendere tutto ma, dopo quella che sarebbe dovuta essere l’ultima uscita in mare, riuscì inaspettatamente a trovare i soldi per pagare i suoi debiti e continuò persino ad uscire in mare a pesca. Ma non fu più pesce quello che riportò a terra ma bensì tesori di inestimabile valore: pezzi di un vecchio galeone affondato, oro, gioielli e altre ricchezze affondate ormai da secoli. Ma Evan non si immerse mai una sola volta e non comprò mai neppure l’occorrente per farlo.

            Quando gli altri pescatori gli chiesero come facesse a trovare quegli oggetti lui raccontò una storia così fantasiosa e incredibile da risultare assurda e la continuò a raccontare per anni e anni.

            Raccontava che durante quella che sarebbe dovuta essere la sua ultima uscita aveva pregato il dio dei mari perché l’aiutasse e quello gli aveva mandato una sirena che gli aveva donato oro e altri preziosi. Nessuno gli credeva ma Evan non mentiva, solo un paio di particolari aveva sempre tenuto segreti: come il fatto che fosse stato più un caso che per risposta alle sue suppliche che era riuscito a parlare con quella creatura degli abissi che gli aveva donato ricchezze in cambio della libertà, ed era un bugia anche quella che fosse una sirena, infatti non era una donna pesce quella che aveva catturato, ma un uomo pesce, un tritone. Quando in quella grigia e cupa giornata Evan aveva tirato le reti a bordo era rimasto impressionato dal peso che avevano e poi la coda di un gigantesco pesce era affiorata dall’acqua e, se non fosse stato per il colore azzurro e la strana forma, il ragazzo avrebbe lasciato andare immediatamente la creatura, perché solo uno squalo avrebbe potuto raggiungere quella grandezza e quel peso. Ma non aveva la forma né il colore di una coda di squalo né di un qualsiasi pesce avesse mai pescato e così Evan, con un ultimo immane sforzo, issò la rete a bordo sognando ad occhi aperti l’oro che sarebbe riuscito a fare scoprendo quella nuova specie. E poi si accorse di cosa in realtà aveva pescato.

            Un tritone d’aspetto giovanissimo, con la pelle così chiara da mostrare le vene di un azzurro che si confondeva con  il colore delle scaglie della coda sottile e lunga e delle mani palmate, con capelli lunghissimi di un blu intenso, tanto da sembrare quasi nero e due occhi azzurri limpidi come il mare più calmo e pulito del mondo ma terrorizzati mentre tentava in tutti i modi di districarsi dalla rete che l’aveva intrappolato. Evan si avvicinò lentamente, stupito e confuso, e il tritone lo guardò a sua volta impaurito. Rimasero a fissarsi l’un l’altro per quella che sembrò un eternità poi il pescatore si avvicinò ancora alla creatura marina che ora lo guardava terrorizzata

            -Non aver paura- gli disse dolcemente mentre allungava una mano per toccare quella pelle così chiara trovandola liscia e inaspettatamente caldissima –Adesso ti libero, va bene?- gli disse mentre lentamente estraeva il coltello. Il tritone si ritrasse impaurito mentre il pescatore tagliava la rete e liberava la parte superiore del corpo della creatura ma non quella inferiore

            -Capisci la mia lingua?- gli chiese Evan, parlando lentamente e il tritone annuì appena –Puoi parlare?- ancora una volta il tritone annuì ma non proferì parola –Come ti chiami? Da dove vieni?- gli chiese ancora ma non ebbe risposta. Il pescatore si passò una mano fra i capelli e cercò di mettere ordine fra i suoi pensieri. Aveva pescato un tritone, un uomo pesce, e non aveva neppure mezza idea di come comportarsi. Poi un pensiero si fece largo nella sua mente: aveva fra le mani una miniera d’oro, l’avrebbe esposto in acquario e avrebbe fatto pagare una fortuna per vedere quella rarità. Avrebbe pagato i suoi debiti e si sarebbe comprato un maniero in cui vivere e avrebbe mangiato fino a scoppiare, avrebbe dormito sui cuscini di piume, avrebbe fatto morire d’invidia tutti quanti e poi… poi guardò gli occhi terrorizzati del ragazzo pesce che tentava di liberare anche la sua lunga coda dalla rete e lo rivide, dentro una gigantesca boccia di vetro, terrorizzato da tutte quelle strane persone della superficie che lo guardavano incuriosite e lo additavano come un fenomeno da baraccone. Evan si passò le mani sul volto, esasperato, e con un lungo sospiro rassegnato liberò anche la coda del tritone

            -Sparisci- gli disse –sparisci prima che io cambi idea- il tritone lo guardò stupito, probabilmente non si aspettava di essere liberato, poi guardò il mare e con un sorriso si issò sul parapetto della barca scivolando in acqua velocemente. Evan guardò il punto dove, appena pochi istanti prima, stava il tritone e capì che la sua ultima speranza di salvarsi dai debiti era svanita. Non aveva avuto il coraggio però di relegare un essere così bello a vivere in una boccia di vetro per soddisfare la curiosità degli uomini. Con un sospiro rassegnato tornò al timone e fece rotta verso la terra ferma ma dopo poche ore uno strano rumore sul ponte attirò la sua attenzione e, quando andò a controllare, trovò una decina di monete d’oro sparpagliate sulle assi di legno. Si affacciò dal parapetto e vide, vicino allo scafo il tritone che aveva liberato sorridergli

            -Grazie- gli disse sorridendo a sua volta e il tritone, dopo averlo salutato con la mano, si inabissò di nuovo. Evan pagò i suoi debiti con quelle poche monete d’oro e poté tenersi la casa e la barca. Così ritornò in mare, nello stesso posto dove aveva pescato il tritone, e stupidamente pensò di poterlo rincontrare. Non si aspettava davvero di rivederlo ma lo sperava. Quasi gli venne un infarto quando sentì uno strano rumore provenire da poppa e corse per andare a vedere cosa fosse stato. E il tritone era lì che gli sorrideva

            -Sei tornato- disse stupito Evan e la creatura allungò le braccia verso di lui, continuando a sorridere –vuoi salire?- gli chiese perplesso e l’altro annuì. Il pescatore, perplesso, lo issò a bordo con un enorme sforzo. Il tritone si mise seduto, guardandolo incuriosito e studiandolo per lungo tempo, poi d’un tratto, come se avesse trovato quello che stava cercando, gli sorrise e l’abbracciò, lasciando senza parole il pescatore. Subito dopo si scostò e tornò in acqua, senza che Evan potesse dire o fare nulla. Il pescatore si sporse dal parapetto e qualcosa lo colpì inaspettatamente in fronte: una statuetta d’oro e avorio ricoperta di alghe e piccoli molluschi. Il tritone sembrò preoccupato quando vide di averlo colpito ma quando Evan gli sorrise, riconoscente di per quel nuovo regalo, anche la creatura marina fece altrettanto.

            Passarono alcuni anni e Evan si arricchì a dismisura. Si comprò una villa e una barca più bella, visse nel lusso e fu anche generoso con il prossimo. Ma ogni giorno che passava sentiva sempre meno la voglia di rimanere sulla terra ferma e sempre più il desiderio di stare con il suo tritone. Quelle che prima erano un paio di fugaci ore in mare divennero presto interi giorni e poi settimane e infine Evan iniziò ad odiare la terra ferma al punto da stare male fisicamente quando tornava a terra. Vomito, nausee e febbri altissime che si estinguevano solo quando riprendeva il largo e rincontrava il ragazzo pesce.

            Non parlavano mai, era solo Evan che cercava di fare conversazione, il tritone restava sempre muto come… un pesce. Dimostrava però quello che pensava con le sue azioni, i gesti e il suo sorriso luminoso come il sole. Evan iniziò a cercare quasi inconsciamente di toccare quella creatura così eterea e magnifica, che non si ritraeva mai da quelle sue attenzioni, ma quando finalmente il pescatore si accorse che i suoi gesti iniziavano ad essere imperniati di un sentimento diverso dalla curiosità era ormai troppo tardi.

            E poi un giorno uscì in mare, dopo una delle più brutte febbri che avesse mai avuto e che non accennava a diminuire neppure ora che era in alto mare. Il suo corpo bruciava così tanto da fargli pensare che il sangue gli stesse ribollendo nelle vene, i pensieri erano offuscati e gli occhi lacrimavano tanto era il calore e il dolore. Guardò il mare, così freddo e invitante, e si trascinò fino al parapetto, lasciandosi cadere in acqua. Subito si sentì meglio, come se la febbre fosse scomparsa di colpo, e si sentì una felicità immensa esplodergli nel cuore travolgendolo come un’onda impetuosa. Vide il sole che risplendeva e illuminava le profondità subacque e sentì per un attimo la nostalgia dell’aria ma subito dopo respirò a pieni l’acqua del mare e si accorse di non stare annegando. Si portò le mani al viso e le vide palmate e squamose. Le osservò completamente allibito insieme alla nuova coda che era cresciuta al posto delle sue gambe. Ebbe paura ma, quando stava per perdere la ragione per quell’inaspettato cambiamento, apparve il suo tritone che gli sorrise abbracciandolo e calmando ogni timore.

            L’imbarcazione di Evan si arenò pochi giorni dopo sugli scogli. Molti pescatori, per scherzare, raccontarono che la sirena che aveva fatto la fortuna di Evan lo aveva trascinato in fondo al mare, senza immaginare di aver quasi intuito la verità.

   
 
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