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Autore: Franfiction6277    31/12/2011    3 recensioni
"Devi smetterla" dice semplicemente, come aria imperiosa.
"Di fare cosa?" chiedo, innocentemente.
"Di amarmi come una pazza. Santo cielo, cosa ti sei fatta?" chiede sorpreso, guardando il mio tatuaggio.
Mi prende il braccio, mettendolo accanto al suo: impallidisce, quando nota che sono identici in tutto e per tutto.
Quasi come se fosse stato avvertito dall'istinto mi tira su, girando delicatamente la mia testa da un lato e notando la mia triade sul collo.
"Non ci posso credere" balbetta perplesso, con voce tremante.
Non lo guardo nemmeno perché non saprei spiegargli il motivo del mio amore, della mia fissazione nei suoi confronti: esiste e basta, e col tempo ho imparato a conviverci.
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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"Non sono pazza! Mamma, diglielo anche tu, ti prego! No, vi scongiuro, non potete rinchiudermi!" urlo disperatamente, cercando di liberarmi dalla presa dei dottori.
Mia madre piange, mettendosi le mani davanti al viso.
Mio fratello cerca di consolarla, dandole delle leggere pacche sulla spalla, mentre mi guarda tormentato.
Cosa sta succedendo, per l'amor del cielo?
"Signorina, lei ha una grave malattia" mi dice seriamente uno dei dottori, stringendo la presa sui miei polsi.
"Non é così! Io sto bene" grido: per poco non mi si scoppiano i capillari degli occhi.
Vedo delle strani luci celesti provenire dalla finestra della cucina: qualcuno sta venendo a prendermi.
Vengo ammanettata, ma non demordo: cerco di liberarmi, mi dimeno come un'anguilla, ringhiando come un cane con la rabbia.
Vincono loro: vengo trascinata dentro un'ambulanza, e noto la casa, la mia casa, allontanarsi sempre di più dalla mia visuale.
Piango lacrime amare, finendo per abbandonare la testa sul cuscino del lettino dell'ambulanza.
"Vedo che ha deciso di collaborare" sussurra il dottore accanto a me, con tono soddisfatto. "Non sono pazza" rispondo, con calma innaturale. Probabilmente non ho ancora realizzato che mi porteranno in un istituto psichiatrico, e che non rivedrò mai più il caldo sole della mia amata Sardegna.
Non rivedrò mai più la mia famiglia, i miei amici, sia virtuali che non.
Non andrò più a scuola, non realizzerò più il mio sogno di studiare cinema, non ascolterò più musica, non vivrò.
Guardo brevemente il mio braccio destro, su cui so cosa trovare: 4 glyphics, identici in tutto e per tutto a quelli di Shannon Leto, sia per grandezza che per colore.
L'unico uomo che io abbia mai amato, che amo, che amerò in eterno.
Con questi pensieri in testa non mi accorgo di essere arrivata all'istituto.
Mi prendono per le braccia e mi portano fuori dall'ambulanza; poi quei mostri mi fanno accomodare su una sedia a rotelle.
"So ancora camminare" borbotto stizzita, mentre entriamo dentro.
"Certo certo" mi risponde sarcasticamente una voce femminile, sconosciuta.
Mi giro a guardarla e noto che ha dei capelli rossi, certamente tinti, e degli occhi di ghiaccio, che mi ricordano tanto quelli di qualcuno, intensi e spaventosi.
Scuoto la testa, cercando di togliermi dalla mente l'immagine di Jared Leto.
Mi trascina con lentezza esasperante verso una stanza, in cui c'é un semplice ma sicuramente scomodissimo letto da ospedale e uno di quei comodini che sembrano di plastica, schifosamente verde.
Mi ricorda tanto il colore degli occhi del mio Shannon, perciò non mi piace: penso proprio che prenderò in antipatia quel dannato comodino.
"Bene, ora cerca di ambientarti. Non mi sembri tanto fuori di testa, per cui non ho nemmeno bisogno di ripeterti le cose" sospira la ragazza, con voce apparentemente monotona ma in realtà rassicurata.
"Sull'armadio troverai le camicie da notte e da giorno, intimo e tutto il resto. Visto e considerato che sono le 10 di sera, ti consiglierei una camicia da notte. Qui si va a letto alle 22:30, sveglia alle 6:30 del mattino, pranzo alle 12, riposino pomeridiano alle 15, cena alle 20 e varie attività giornaliere che non starò a spiegarti adesso" si affretta a dire, con aria metodica.
Noto il suo nome sulla targhetta del camice: Mary.
"Mary was a different girl: had a thing for astronauts" canticchio, ridacchiando poco dopo. Lei mi guarda sorpresa, ma non come se fossi completamente impazzita.
Esce poco dopo dalla stanza: sono riuscita a percepire il suo disagio, malgrado probabilmente sia abituata a centinaia di pazienti come me.
Mi siedo sul letto, continuando a canticchiare "Buddha for Mary" per la noia: in realtà pensare ai Mars mi rassicura e mi impedisce di badare al fatto che ho perso definitivamente la mia vita.
Fuori dalla finestra non riesco a scorgere quasi nulla, se non un giardinetto ben curato, illuminato fiocamente dalle luci delle stanze dell'edificio.
Mi sto già annoiando da un bel pò, cosa abbastanza facile per una persona come me: non sto mai con le mani in mano, a meno che non stia guardando il vuoto.
"Mary would hallucinate and see the sky upon a wall".
Il mio nome non é Mary, ma la frase mi ricorda molto ciò che provo, a volte.
Sbuffo, notando poi la porta aprirsi: finalmente qualcuno mi degna di attenzione.
C'é una ragazza diversa stavolta: ha dei capelli castani, lunghi sino alle spalle e degli occhi profondissimi, scuri, malinconici.
Sorride improvvisamente, dicendomi qualcosa a cui non bado molto inizialmente.
"...ci dovrebbe essere ancora qualcosa in cucina" capisco solamente, cercando di prestare maggiormente attenzione.
"Non ho fame" rispondo, intuendo che la ragazza parli di cibo.
Lei inarca un sopracciglio, guardandomi poi con aria apprensiva.
"Dovresti mangiare, sai? Con le medicine che prenderai, stare a stomaco vuoto non é un bene" sussurra, indicando con un cenno della mano delle pasticche sopra il comodino.
"Non importa" rispondo, facendo spallucce: mi sembra di stare dentro un sogno, in cui tutto quello che ti dicono le persone non é meritevole di attenzione da parte tua.
Mi piacerebbe poter affermare che sto sognando, ma temo che stavolta non sia così.
La ragazza esce dalla mia camera, come quell'altra, e finisco per sdraiarmi sul letto.
Prendo quelle strane pastiglie rosa e le ingoio con un sorso d'acqua, consapevole che se non le avessi prese di mia spontanea volontà, me le avrebbero ficcate in gola con le loro mani.
Sento una sensazione di torpore, e chiudo involontariamente gli occhi, capendo che una di quelle pastiglie doveva essere sicuramente un sonnifero.

"Fran?" sussurra qualcuno, accarezzandomi delicatamente i capelli.
"Mamma, ancora 5 minuti" mugugno, e la persona accanto a me ride.
Capisco che non é mia madre, dato che il suo timbro di voce é certamente maschile. Strabuzzo gli occhi, notando qualcuno seduto sulla sedia accanto al letto.
"Shannon?" balbetto, in difficoltà. Lui sorride, avvicinandosi a me e scrutandomi nell'oscurità.
"Cosa fai qui, Fran?" mi rimprovera, facendosi serio.
"Mi ci hanno portata per forza! Io non sono pazza" tento di giustificarmi, ma lui mi chiude la bocca con una mano, guardando poi verso la porta.
"Sono le 2 del mattino. Vuoi che qualcuno ci senta?" sussurra, facendomi cenno di stare zitta.
Toglie la mano dalla mia bocca, sospirando e sedendosi sul ciglio del letto.
"Devi smetterla" dice semplicemente, come aria imperiosa.
"Di fare cosa?" chiedo, innocentemente.
"Di amarmi come una pazza. Santo cielo, cosa ti sei fatta?" chiede sorpreso, guardando il mio tatuaggio.
Mi prende il braccio, mettendolo accanto al suo: impallidisce, quando nota che sono identici in tutto e per tutto.
Quasi come se fosse stato avvertito dall'istinto mi tira su, girando delicatamente la mia testa da un lato e notando la mia triade sul collo.
"Non ci posso credere" balbetta perplesso, con voce tremante.
Non lo guardo nemmeno perché non saprei spiegargli il motivo del mio amore, della mia fissazione nei suoi confronti: esiste e basta, e col tempo ho imparato a conviverci.
"Portami fuori di qui, Shannon. Ti prego" dico disperatamente, mentre gli occhi cominciano a pungermi fastidiosamente.
Lui mi abbraccia d'impeto, come se capisse la mia situazione ma non potesse fare nulla per me.
Piango sommessamente sulla sua spalla, cercando di soffocare le grida di dolore che provo a causa di quella situazione.
Il suo profumo é buono, penetrante, come avevano cercato di spiegarmi le Echelon che l'avevano incontrato ai Meet & Greet.
Quell'abbraccio dura un tempo che sembra eterno, e quella prigione per pazzi non mi sembra più così tanto una tortura.
"Devi uscirne da sola. Tutti abbiamo una guerra da combattere contro noi stessi" mi dice Shannon, guardandomi con determinazione: vuole farmi ragionare, vuole che gli obbedisca. "Io non sono pazza" ripeto, asciugandomi le lacrime e sciogliendo l'abbraccio.
Come devo dirlo ancora?
"No, non lo sei" risponde dolcemente, accarezzandomi delicatamente una guancia: le sue dita sono ruvide, ma sensibili al tatto.
Sospira, guardandomi tristemente con i suoi occhioni castani da cucciolo.
"Cosa devo fare con te, eh?" chiede retoricamente, e io scuoto la testa in segno di rassegnazione.
"Baciami, ti prego" lo supplico, e lui mi guarda sorpreso.
"Fran, io..." cerca di obiettare, ma lo interrompo posando le mie labbra sulle sue.
Lui dice qualcosa, cercando di staccarsi, ma io gli stringo le braccia al collo in una forte morsa.
Si abbandona alle mie labbra e al mio abbraccio con un gemito, portando la sua mano dietro la mia nuca e stringendomi a sé.
Non desidero altro adesso se non lui: con me, in me, tutto per me.
"É sbagliato" dice poco dopo, tentando di farmi ragionare ancora una volta.
"Io non faccio mai cose giuste" rispondo, e lui sorride, baciandomi ancora.
Mi fa sdraiare sul letto, posizionandosi sopra di me: sento ogni suo lembo di pelle aderire al mio, e vorrei diventare un'unica cosa con lui.
"Non é sbagliato avere ciò che si desidera di più al mondo" rifletto tra me, venendo poi distratta dalle sue mani sul mio corpo.
"Sei così innocente" sussurra Shannon, baciandomi poi il collo e succhiando la mia pelle. Mi scappa un gemito, che tento di trattenere mordendomi le labbra.
Mi porta in ginocchio, di fronte a lui, posizionando le mani sulle mie cosce.
Risale con frustrante lentezza, alzando man mano la mia vestaglia; eppure non ricordavo di averla indossata.
Me la toglie di dosso, lasciandomi solamente in intimo: il suo sguardo é luminoso, carico di desiderio.
Notando che é troppo vestito finisco per spogliarlo, lasciandolo solamente in boxer. Percorro con gli occhi il suo corpo ben fatto, proporzionato, assurdamente sensuale.
Le mie mani raggiungono il suo viso guidate da chissà quale istinto, e lo accarezzo come se fosse un'illusione, come se avessi paura che possa scomparire da un momento all'altro. Lui si lascia toccare, facendo lo stesso con me, esplorandomi come se fossi un oggetto prezioso.
Mi trascina nuovamente sotto di sé sul letto, baciandomi appassionatamente.
Le sue mani raggiungono le mie gambe, che divarica con delicatezza, posizionandosi meglio a contatto con me.
Un gemito forte esce inevitabilmente dalla mia bocca, quando sento la sua eccitazione premere a contatto con la mia intimità.
Le sue labbra percorrono nuovamente tutta la lunghezza del mio collo, finendo poi sul seno.
Le sue mani vanno poi a sganciare con maestria il mio reggiseno, che finisce a terra, da qualche parte accanto al letto.
Sento le sue labbra chiudersi su un mio capezzolo, e stringo con una mano la coperta per il piacere che mi sta donando.
"Shan" sussurro con eccitazione, ma lui mi interrompe con la sua bocca.
Mi bacia nuovamente, dischiudendo la mia bocca con forza e infilandovi la lingua.
Questi suoi modi rudi mi mandano totalmente fuori di testa, e la sua esperienza in questo campo non può che essere un bene.
Finiamo di toglierci i vestiti, ed entra in me senza indugi, a fondo.
Soffoca un mio grido con la mano, cominciando a spingere dentro di me, con lentezza. Stringo le mie braccia sulla sua schiena e le gambe attorno ai suoi fianchi in una presa ferrea, che gli permette di penetrarmi ancora più a fondo.
I suoi occhi non si staccano mai dai miei, ma io non riesco a sostenere il suo sguardo: abbandono la testa da un lato, prima che le sue mani mi afferrino e mi costringano a guardarlo.
Si spinge ancora dentro di me, ansimando e baciandomi con prepotenza: mi vuole punire, lo sento.
Le sue spinte aumentano d'intensità, e mi sembra di soffocare allo stesso tempo per il dolore e per il piacere.
Strizzo gli occhi, appoggiandomi a una sua spalla e inarcando la schiena.
Lui mi tira i capelli senza farmi male, esponendo così il mio collo alle sue piacevoli torture. Mi lecca la triade, la morde, ne traccia i contorni con la lingua.
Sento il mio piacere intensificarsi, capendo che sto per raggiungere l'orgasmo.
Lui geme più forte, aumentando il ritmo e venendo poi dentro di me.
Si stende al mio fianco, ansimante e stanco, guardando il soffitto.
Io mi porto una mano al cuore, sentendolo battere come un forsennato e temendo che possa uscire fuori dal petto da un momento all'altro.
Ci giriamo a guardarci nello stesso momento, leggendo la soddisfazione nel volto di ognuno di noi ma allo stesso tempo lo sbaglio che ne deriva.
Mi avvicino al suo petto, e Shannon porta un braccio ad avvolgere le mie spalle, stringendomi a sé.
"Non posso più tornare, Fran" mi dice poco dopo, e sento nuovamente le mie lacrime farsi largo dai miei occhi.
Dannazione, perché niente deve andare come voglio?
"Lo so" rispondo, singhiozzando sul suo petto.
"Ssssh, non piangere. Andrà tutto per il meglio, se non tornerò" mi rassicura.
"Non é vero" ribatto, scuotendo con forza la testa.
"Sì, é così. Non saresti nemmeno qui, se non mi amassi" dice con un sospiro, guardando fuori dalla finestra.
"Sono qui perché nessuno mi capisce" mi giustifico, e lui scoppia a ridere piano.
"Sei qui perché hai scelto il modo sbagliato e la persona sbagliata da amare" risponde prontamente, tornando a guardarmi negli occhi.
"Non posso smettere" dico determinata, intenzionata a non lasciarlo andare.
"Devi smetterla, invece" risponde arrabbiato, scuotendomi per le spalle.
"Hai una vita davanti, Fran: un sogno, degli amici con cui realizzarlo. Non puoi fare l'egoista e abbandonare tutti così, per questo stupido sentimento" sibila, guardandomi con disperazione.
Si alza poi in piedi, rimettendosi i vestiti addosso e facendo per andarsene.
"No, Shannon. Non abbandonarmi" dico, vestendomi a mia volta e rincorrendolo prima che apra la porta.
"Fran, ti prometto che ci rivedremo, ma nel modo giusto" risponde, stampandomi un bacio sulla fronte e uscendo.
"No!" urlo, uscendo anche io e tentando di raggiungerlo.
Lui però cammina spedito davanti a sé, senza guardarsi indietro.
"Shannon" grido, prima di sentire delle mani attorno a me stringermi e tenermi ferma.
Le due infermiere, quella coi capelli rossi e l'altra con quelli castani mi tengono ferma, guardandomi tormentate.
Sento l'ago di una siringa penetrarmi sulla pelle del mio braccio e faccio un gemito di dolore, abbandonandomi tra le loro braccia.

"Non fa altro che chiamare il suo nome, ma il tumore sembra che pian piano stia scomparendo" sento dire da una voce maschile, che riconosco come quella del dottore che é venuto a prendermi a casa mia.
"Cosa? Davvero?" chiede rassicurata un'altra voce, sicuramente mia madre.
Apro gli occhi, stropicciandomeli a causa della luce del sole che penetra dalla finestra. "Amore, come stai?" chiede mia madre, accarezzandomi la fronte.
"Mi sento stanca" borbotto, non riuscendo ad alzarmi dal letto.
"É la morfina" mi rassicura il dottore, affiancandomi e controllando la mia cartella clinica. "Allora, signorina, continua a vedere delle persone adesso, oltre a me e sua madre?" chiede sistematicamente, sfogliando la cartella.
"No" rispondo, con un tono di voce a dir poco deluso.
Mia madre mi stringe la mano, con un sorriso felice stampato in faccia.
Guardo il mio braccio destro, notando che non c'é nessun tatuaggio, nessun glyphic, niente di niente. Mi sono immaginata tutto, come al solito.
"Sua figlia ha cominciato ad avere le allucinazioni da quando?" chiede il dottore, prendendo una penna dal camice, pronto a scrivere.
"Da quando..." dice mia madre, ma la interrompo.
"Da quando mi sono innamorata di un musicista famoso" rispondo al posto suo, sfacciatamente, con soddisfazione.
"Chi é?" chiede il dottore, senza dare segni di sorpresa.
"Shannon Leto" rispondo automaticamente, guardando fuori dalla finestra e aspettando quasi che venga di nuovo a trovarmi come la notte scorsa.
"Bene: se il tumore scomparirà del tutto, potremo rimandarla a casa senza problemi" ci informa il dottore, e mia madre scoppia a piangere per la felicità.
"Pensate che io lascerò andare via Shannon dalla mia mente e dal mio cuore? Vi sbagliate" sibilo, ed entrambi mi guardano sorpresi.
"Ne abbiamo già parlato" mi rimprovera mia madre, ricordandomi una delle nostre assurde conversazioni in cui mi diceva di tenere i piedi per terra.
"Potrà scomparire quel fottuto tumore, ma Shannon no" rispondo, guardando a turno il dottore e mia madre con soddisfazione.
"Vedremo" dice il dottore, uscendo dalla stanza con mia madre.
A braccia incrociate aspetto che Shannon si presenti: so che verrà, perché non posso fare a meno di avere le allucinazioni, di immaginare me e lui insieme, da qualche parte della mia mente.
Però non succede niente, e sto cominciando a diventare impaziente e parecchio preoccupata.
"Ciao" sento ad un tratto dire dalla la mia voce preferita, aprendo la porta della mia camera e chiudendola dietro di sé.
Sorrido soddisfatta, fiera della mia immaginazione.
FINE.


Note dell'autrice:
Che dire? Mi sono divertita e tormentata allo stesso tempo nel scrivere questa one-shot.
Non ho le allucinazioni, nel caso in cui ve lo stiate chiedendo. XD
Grazie a chi leggerà e recensirà!
Alla prossima!
Fran
   
 
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