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Autore: Mirokia    01/01/2012    2 recensioni
-E questa volta come sei entrato in casa?- chiese dietro di lui, e quello ancora non si voltò a guardarlo.
-Dato che devo ancora imparare a smaterializzarmi da me, Silente mi ha dato un passaggio veloce e poi è andato a farsi due spaghetti con Lumacorno.- borbottò l’altro mentre muoveva a destra e a sinistra la psp, segno che probabilmente giocava a uno dei suoi dementi giochi di gare di automobili.
-Ah, la scorsa volta Goku, adesso Silente.- ironizzò Kurt sedendosi accanto a lui. Solo in quel momento notò che Dave aveva sulla schiena una grossa coccarda rossa i cui riflessi brillavano alla luce dei lampioni sulla strada.
-Mica posso approfittare più volte della gentilezza della stessa persona.- disse quello per poi imprecare, molto probabilmente per aver distrutto il proprio veicolo, e poi spegnere la diavoleria elettronica.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Dave/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Climb to the roof

 

 

 

 

 

Kurt guidava verso casa indeciso se distendere le labbra in un largo sorriso, o se invece stringere la bocca sforzandosi di sembrare contento.
Si chiese se fosse possibile che ogni giornata finisse lasciandogli quell’amaro in bocca che la mattina dopo lo faceva svegliare quasi sempre col malumore, con quella sua tipica acidità, e quell’aria insopportabile da prima donna che non ammetteva contraddizioni o obiezioni. Ma generalmente, dopo la prima colazione riusciva a calmarsi, ma evitava di chiedere scusa e usciva di casa con un toast imburrato in bocca e nella tasca della giacca una scatola di gomme da masticare. Le trovava volgari, le gomme, ma le usava tanto per mandare via l’alito cattivo. Dieci minuti in bocca e poi le racchiudeva in un fazzoletto.

E adesso, anche se non era mattina, se ne ficcò una in bocca, dato che aveva appena finito di mangiare e si sentiva pieno come un uovo. Non sapeva appunto se sorridere o meno, perché quello era il giorno del suo compleanno, del suo diciottesimo compleanno per l’esattezza, e Finn e gli altri l’avevano trascinato con una banalissima scusa da Breadstix, e lì gli avevano fatto trovare un tavolo intero tappezzato di sue foto, e poi altre foto che pendevano dal soffitto che mostravano Kurt e Rachel che cantavano Happy days are here again/Get happy tenendosi per mano, poi Kurt seduto con Brittany che gli faceva le corna da dietro, Puck, Kurt e Mike con la parrucca ricevuta da Shuester per la coreografia di Crazy in love/Hair, Kurt seduto sulle gambe di Artie mentre salutava con la mano e Sam gli rubava il cappello, Blaine che stringeva Kurt per le spalle e dietro gli Usignoli tutti in tiro nelle loro divise, poi ancora Finn che metteva il casco rosso del kicker a Kurt –sembrava fosse nata come una foto per prenderli in giro-, poi Kurt e Quinn sorridenti coi loro abiti alla Lady Gaga, una in cui Kurt, Brittany e Tina ballavano sculettando Single Ladies –senza le loro preziose tutine, però-, e poi una curiosa stipata lì nell’angolo che raffigurava Santana  con le mani sulle orecchie, Mercedes con la mano sulla bocca, e Kurt con gli occhi tappati, ma quelle non erano le sue mani. Infatti, c’era qualcun altro dietro di lui che sghignazzava e gli teneva le manone sulle palpebre, mentre Kurt sorrideva, ben conscio di chi fosse il proprietario: quelle mani le avrebbe riconosciute tra mille. Si ricordava anche di come aveva detto ‘David, ti preferivo quando ti atteggiavi a bullo. La terza volta non è più divertente!’, e quello se n’era andato grugnendo e facendogli il verso.

Oh, ecco, forse. Sì, forse aveva capito perché non era del tutto soddisfatto della giornata: quell’indelicato di Dave non gli aveva fatto gli auguri. A parte che da Breadstix c’erano tutti tranne lui, e poi sembrava proprio essersene dimenticato. Né una chiamata, un messaggino, una visita, quei cinque minuti per dire ‘beh, tanti auguri, oh, perdonami, ma non ho fatto in tempo a farti il regalo, beh, una pacca sulla spalla va bene, no? Eccola, allora!’ e gli avrebbe spezzato qualche vertebra.
Arrivò a casa e mise la macchina in garage scuotendo la testa, poi usò le chiavi per aprire la porta, sicuro che suo padre e Carole avessero deciso alla fine di andare a cena fuori.
Entrò e mollò le chiavi sul tavolo per poi togliersi la tracolla e la giacca, restando con addosso il maglioncino pesante che gli aveva fatto Carole. Non fece neanche in tempo a rilassarsi, che la sua attenzione fu attirata da un foglio appeso con lo scotch sul mancorrente delle scale. Si avvicinò assottigliando lo sguardo.

Stò sul tetto

Diceva. Non una firma, né un segnale. Ma quella scrittura e quell’errore grammaticale lì erano già una firma di loro. Il fatto che scrivesse in modo così preciso anche quando andava di fretta ma si ostinasse a fare ancora errori grammaticali era quasi lodevole. Quelle ‘o’ così perfette, proprio come si insegnava alle scuole primarie.
Kurt sorrise tra sé e sé e scosse la testa per poi salire velocemente su per le scale. E pensare che era appena entrato in casa, e adesso gli toccava uscire di nuovo.
Aprì la porta che dava sul terrazzo facendola strisciare sul suolo rovinato. Il rumore che lo sfregamento sprigionò fece alzare un attimo il capo del ragazzo che se ne stava seduto a gambe incrociate non molto lontano dal cornicione, ma che non si voltò e tornò a guardare in basso.
Kurt gli si avvicinò dondolando, con le mani che si congiungevano dietro la schiena.

-E questa volta come sei entrato in casa?- chiese dietro di lui, e quello ancora non si voltò a guardarlo.

-Dato che devo ancora imparare a smaterializzarmi da me, Silente mi ha dato un passaggio veloce e poi è andato a farsi due spaghetti con Lumacorno.- borbottò l’altro mentre muoveva a destra e a sinistra la psp, segno che probabilmente giocava a uno dei suoi dementi giochi di gare di automobili.

-Ah, la scorsa volta Goku, adesso Silente.- ironizzò Kurt sedendosi accanto a lui. Solo in quel momento notò che Dave aveva sulla schiena una grossa coccarda rossa i cui riflessi brillavano alla luce dei lampioni sulla strada.

-Mica posso approfittare più volte della gentilezza della stessa persona.- disse quello per poi imprecare, molto probabilmente per aver distrutto il proprio veicolo, e poi spegnere la diavoleria elettronica.

-Non vorrei essere io ad avere le allucinazioni a causa della stanchezza, ma oggi mi sembri un enorme pacco regalo.- disse allora Kurt andando a toccare la coccarda divertito.

-Non capisco perché devi sempre specificare il fatto che sono enorme.- borbottò l’altro guardando le luci della città.

-Allora un ‘magnifico’ pacco regalo?- si corresse Kurt facendo con le dita il segno delle virgolette.

-Ok, ti preferivo quando eri sincero.- ammise Dave, e poi finalmente si girò a guardarlo. –Sì, ok, senti, non ho idea di cos’è che piace ricevere alle femminucce come regalo, e dato che…- mise la psp nella sua custodia e poi la infilò nello zaino beige che s’era portato dietro. -…giusto l’altro giorno mi hai mandato un messaggio in cui mi dicevi che era da un po’ che non passavamo del tempo insieme a causa della scuola che mi prende troppo, allora eccomi qui.- continuò poi, incartandosi leggermente nel discorso, e si vedeva che se lo teneva pronto da almeno una settimana. –A tua disposizione per quanto vuoi.- aggiunse, e poi tossì, quasi a voler nascondere le ultime parole dette.

-E come farai con gli studi?- fece Kurt preoccupato, ma allo stesso tempo divertito dal Dave impacciato.

-Non è che casca il mondo se lascio perdere per qualche giorno. Ci sono robe più importanti della fottuta scuola.- fece burbero, e Kurt trattenne una risata in una mano chiusa a pugno e portata davanti alla bocca. –Che hai da ridere?- chiese Dave contrariato quando se ne accorse, e all’altro scese una lacrima, tanto si stava trattenendo.

-Niente, è che dici cose romantiche senza rendertene conto.- rispose allontanando un poco la mano dalla bocca. Dave divenne rosso abbastanza da fare pan dan con la coccarda sulla sua schiena.

-Cos-, non voleva essere romantico, le cose stanno così, punto.- disse velocemente, respirando solo alla fine della frase.

-Va bene, va bene.- fece il più piccolo asciugandosi la lacrima. –E quello cos’è?- chiese poi quando si accorse di un oggetto che fuoriusciva dallo zainetto lì a fianco al ragazzo. Quest’ultimo sorrise e alzò le spalle per poi allungarsi e aprire la zip: tirò fuori dallo zaino una bottiglia e poi due bicchieri di plastica e li mostrò a Kurt.

-Liquore al cappuccino?- fece Kurt quando ebbe la bottiglia tra le mani e lesse l’etichetta. I suoi occhi luccicavano vistosamente.

-L’ho fregato dall’armadietto dei miei. So che è l’unica roba che bevi dopo l’acqua e la cola dietetica.- disse Dave, fiero di sé. Magari non era stata proprio una cattiva idea sgraffignare una bottiglia dalle riserve dei suoi. Non se era riuscito a far sorridere Kurt in quella maniera.

-E’ per questo che i tuoi ti hanno spedito fuori casa?- chiese quello curioso mentre si versava due dita di liquore e se lo portava alla bocca.

-No. Ho detto loro che sarei andato a dormire da Z, e poi son venuto qui. Quando arriva il momento, me ne vado da lui.-

Kurt sogghignò nel bicchiere: ‘quando arriva il momento’. A volte sapeva essere particolarmente teatrale, quasi più di lui, e aveva detto tutto. Notò anche il sacco a pelo che spuntava dallo zaino, quel sacco a pelo ormai familiare in cui l’aveva visto dormire almeno un paio di volte in camera di Finn, quando litigava coi suoi e non aveva voglia di dormire a casa.
Stettero in silenzio per un po’ mentre entrambi bevevano e si leccavano le labbra quando il sapore forte e dolciastro si depositava ai lati della bocca.

–E così, tu saresti il mio regalo?- chiese Kurt dopo un po’ sollevando timidamente lo sguardo.

-Così pare.- ribattè l’altro, come se neanche fosse lui quello ad aver fatto il regalo. Kurt sorrise e raccolse le gambe al petto.

-E poi hai il coraggio di dirmi che non sai cosa regalarmi perché non sai cosa mi piace.- disse, e aspettò una reazione di Dave, che però non arrivò immediatamente. Lo guardò mentre cercava di fare l’analisi logica e grammaticale della frase che Kurt gli aveva appena detto, che doveva avere per forza un significato nascosto. Se aveva detto così, significa che il regalo ricevuto, ovvero Dave, gli stava bene. E poi aveva aggiunto una roba tipo ‘e poi mi vieni a dire che non sai cosa mi piace’, e quindi, di conseguenza, Dave gli piaceva.
Bene, bene. No, bene un corno, adesso Dave era viola, porpora. Fu l’impossibilità di continuare il discorso, almeno in quel momento, che lo costrinse a parlare d’altro.

-E meno male, pensavo che ti aspettassi un gioiello da venti mila carati.- disse, e buttò giù un numero a caso, visto che non aveva idea di come si misurasse un gioiello in carati. Kurt questa volta rise senza trattenersi e guardò l’altro con gli occhi che brillavano, sempre per il riflesso dei lampioni, o forse per altro.

-Nah, non è il tuo stile.- disse poi. –Saresti stato buffo con un, che ne so, con un anello tra le mani.-

-Invece vestito da pacco regalo sono serio, vero?- chiese subito l’altro, ironico. Kurt fece un’altra delle sue risate cristalline, ormai sembrava non volersi fermare più.

-In effetti non scherzi neanche in queste vesti. Ma se ti fossi infilato direttamente in uno scatolone, e magari avessi allegato anche un bigliettino con una piccola dedica, forse…-

-Vuoi essere il mio ragazzo?-

Kurt bloccò il fiume di parole quasi mordendosi la lingua per la sorpresa. Voleva forse farlo morire d’infarto? Come si permetteva di interromperlo così di botto? E poi con una domanda del genere, che non stava né in cielo né in terra?

-C-come, scusa?- balbettò stringendo piano il bicchiere di plastica tra le mani.

-Non farmelo ripetere, hai capito bene.- ribattè l’altro particolarmente nervoso. Si frugò nelle tasche della giacca e tirò fuori un pacchetto stropicciato di sigarette pronto a sfilarne una e a fumarla, anche a metà, giusto per calmarsi un minimo. Ma già si aspettava la reazione di Kurt.

-Non ti azzardare!- esclamò buttandosi su di lui per togliergli dalle mani le sigarette. –Certo che sei proprio un genio a chiedermi di essere il tuo ragazzo per poi tirare fuori le sigarette, che detesto quasi più del guardaroba di Rachel!- esclamò ritrovandosi accucciato tra le sue gambe, gli occhi puntati in quelli di Dave.

-E scusa, non lo faccio apposta.- di discolpò quello, che tirava fuori le sigarette solo se si sentiva particolarmente nervoso o imbarazzato. Infatti il pacchetto era pieno a metà, ma tutto stropicciato e rovinato, e chissà da quanto tempo stagnava in quella tasca.

-Se vuoi che io diventi il tuo ragazzo…Devi smettere di fumare.- e quando Dave aprì la bocca per replicare, dato che già sapeva cosa avrebbe detto, aggiunse: -Neanche una ogni tanto.-

Dave lo guardò: era così vicino, sempre più bello, un sogno che diventava di volta in volta più tangibile. Lasciò il bicchiere di plastica vuoto accanto a lui, poi giocherellò col pacchetto di sigarette e, senza neanche pensarci, lo gettò di sotto, e fece un rumore quasi impercettibile quando cadde al suolo. Probabilmente al suo interno di aveva lasciato anche l’accendino.
Kurt seguì con lo sguardo i gesti di Dave con la bocca semi aperta, poi tornò a guardarlo negli occhi, rendendosi finalmente conto di quanto fossero vicini, di come potesse far coincidere i nasi, se avessero voluto.

-Vuoi…essere il mio ragazzo?-

Dave assottigliò lo sguardo, quasi avesse avuto un’allucinazione, o probabilmente avesse sentito male. Perché non era stato lui a pronunciare quella frase, aveva sempre detto che odiava ripetersi.

-Hai perso la lingua?- chiese Kurt quando s’accorse che Dave era rimasto un tantino spaesato da quella domanda. Cercò il suo braccio, poi lo percorse fino a trovare la mano, quella mano che avrebbe riconosciuto tra mille, e intrecciò leggermente le dita con le sue.
Dave aveva ben in mente la risposta, anzi ne aveva pronte tante versioni ‘ovvio che sì!’, ‘Certamente!’, ‘E sono domande da fare?’, ‘E me lo chiedi pure?’, ‘E’ una proposta che non posso rifiutare’-, ma si limitò a poggiare il capo sulla sua spalla e avvolgere le braccia sulla sua schiena stringendolo maggiormente a sé.
L’altro si lasciò abbracciare e si aggrappò con le mani al suo collo forte, lasciandogli un leggero bacio dietro l’orecchio.
Stettero una decina di minuti così, in silenzio, a scaldarsi a vicenda, poi Kurt si allontanò leggermente e Dave cercò le sue labbra, per poterlo finalmente baciare, quasi a suggellare quella sorta di promessa che s’erano inconsapevolmente fatti. Un bacio che voleva dire ‘sì, voglio essere il tuo ragazzo’ o ‘cazzo, aspettavo questo momento da anni’, o ‘ti amo da star male’.
Si unirono in un bacio tiepido, e lì ci spesero altri dieci minuti, senza muoversi più del dovuto, senza aggiungere parole superflue.

-Giuro…giuro che se adesso ti alzi e te ne vai da Azimio, non te lo perdonerò mai.- mormorò Kurt dopo un po’, e Dave sorrise leggermente. Era riuscito anche ad acquistare un po’ di fiducia in se stesso.

-Non credo di avere la forza anche solo di muovermi.- ammise Dave rosso in volto, e Kurt scosse la testa.

-Non dirmi che hai intenzione di dormire qui sul tetto.- fece Kurt dopo essersi separato da lui.

-Non è una cattiva idea. Quel che è certo è che non mi muovo da qui.- ribattè l’altro raccogliendo le gambe al petto e passandosi la lingua sulle labbra. Liquore misto al sapore di Kurt. Esisteva qualcosa di più buono? Kurt, con le dita ancora intrecciate a quelle di Dave, gli strinse leggermente la mano e sorrise quando gli balenò un’idea in mente. Si alzò in piedi e si spolverò il sedere.

-Aspettami qui, ok?- fece, e Dave ebbe quella sensazione potente di Dejà-vu. Ricordò se stesso in tenuta da Bully Whip mentre ricordava a Kurt di aspettarlo lì, fuori dalla classe di francese. Quei momenti che proprio non riesci a toglierti dalla testa.
Dave annuì con un sorriso genuino, poi Kurt scappò in casa e tornò qualche minuto dopo reggendo a fatica un sacco a pelo grigio.

-Sì, hai capito bene.- disse quando Dave gli rivolse uno sguardo sorpreso. –Dormiremo qui. Insieme.- fece, e posizionò il suo sacco a pelo a terra, pronto ad infilarcisi dentro. Dave non disse niente, si limitò a ridere mentre tirava fuori il proprio sacco a pelo e lo accostava a quello di Kurt.

Passarono la notte così: chiusi ognuno nel proprio sacco a pelo, le fronti vicine, mentre parlavano di cosa avrebbero fatto il giorno dopo. Senza rendersi conto di aver già pianificato parte del loro futuro.

 

 

 

 

§

 

 

 

 

Ascoltavo ‘The one that got away’ e la frase che mi ha ispirata è ‘Used to steal your parents’ liquor and climb to the roof, talk about our future, like we had a clue’, ecco tutto XD
E speeero sia piaciuta anche questa. Prima fanfiction dell’anno nuovo **

 

   
 
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