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Autore: ValeEchelon    01/01/2012    7 recensioni
Oneshot ispirata alla fanfiction di mia proprietà "Buddha For Mary", diciamo che è una specie di sequel o non so cosa.
“Dimmi che ci sarai sempre, in ogni momento della mia vita. Dimmelo, ne ho bisogno. Non te ne andare, non ce la posso fare da sola.”
La sua voce flebile era un balsamo per tutte le sofferenze e le vicissitudini della vita, non serviva altro per farlo calmare e sentire quelle parole in un momento così magico non poteva che fargli esplodere il cuore di felicità e amore. Le sue mani tremavano impercettibilmente e i suoi occhi lampeggiavano felici, come due fari in mezzo al mare.
“Dove dovrei andare senza di te? Dove? Il mio posto è ovunque tu sia.”
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve, miei cari lettori. Sono tornata finalmente a scrivere dopo settimane e settimane di cazzeggio, ma l'unica cosa che sono riuscita a scrivere è stata questa. Non so come descriverla, dovete leggere per capire. Ricordate la nostra "Buddha For Mary"? Ecco, diciamo che è una specie di pezzo di vita di Jared post-morte di Mary questa.
Spero vi piaccia, davvero, perchè c'ho messo il cuore.
Vale.

-Don't go, I can't do this on my own.


Che senso ha fingere di stare bene, nascondersi dietro una stronzata, quando quello che ti fa stare male è ancorato al tuo cuore e rischia di trascinarti giù, negli abissi dei tuoi pensieri?
Che senso ha vivere, se tutto quello in cui credevi è andato disperso, è sparito, come sabbia al vento?
Che senso ha vivere senza di lei?
Il suo profumo, la sua voce, la sua risata, i suoi occhi: Mary era in tutto quello che lo circondava, Mary era lì con lui e nemmeno lo sapeva.
E’ appena arrivato in terra Indiana,a Delhi, l’aria calda gli accarezza dolcemente il viso, accogliendolo in questa terra di misteri, profumi e tradizioni. L’India è sempre un’emozione nuova, sempre diversa: Nuova Delhi è sempre stupenda, una distesa di luci e colori inconfondibili, col sole che arde la terra e il suo brulichio di gente sempre sveglia. Un forte odore di spezie si insinua su per il suo naso, abbassa gli occhiali da sole e si sofferma a guardare quella meraviglia di fronte a lui. Il suo cuore batte forte come la prima volta, batte felice, come non lo era più stato da tempo; ma manca una cosa.
“Mary, dove sei Mary?”
“Mary, mi manchi Mary.”
“Mary, te ne sei andata Mary.”
“Mary, ti ho amata Mary.”
Una folata di vento a smuovergli i pensieri, una folata di vento profumato. Si abbandona a quella corrente, socchiude gli occhi lasciando fluire i pensieri per la sua testa come oro fuso..


“Mh.. Vorrei andare in India, sai?”
La sua voce suonò calda e melodiosa, proprio come quella delle Sirene che Ulisse descriveva nell’Odissea. I suoi gesti erano lenti e calcolati, i suoi occhi possedevano una strana luce, un misto fra felicità e malinconia. Cosa le passava per la testa? Cosa non andava?
“Mary, a cosa stai pensando?”, la interruppe lui, rivolgendole uno sguardo curioso.
Le sue mani giocavano con le piccole dita di lei, i cuori battevano all’unisono.
Rise lentamente, quella sua risata che tanto assomigliava ad uno scampanellio, quella sua risata che mai e poi mai sarebbe riuscito a dimenticare. Le strinse lentamente un fianco con la mano destra mentre con la sinistra sciolse il nodo che vincolava le loro dita per poi accarezzarle il viso.
“Io credo che un’altra come te non potrei trovarla nemmeno volendo.”, le soffia in un orecchio.
Lei tremava un po’, forse per il freddo, forse per il brivido di quelle parole inaspettate, forse perché credeva veramente a quello che le aveva detto. Gli sorrise, accarezzandogli l’incavo del collo, quel posto in cui amava rifugiarsi e respirare, respirare quel profumo inconfondibile. Accarezzò lentamente il suo fianco, soffermandosi sulle costole, provocandogli a sua volta brividi visibili sulla sua pelle.
“Perché mi fai questo effetto?”, chiese con voce roca, lisciandogli i capelli.
“Perché anche tu me lo fai, è semplice.” Rispose lui, sorridendo.
La prese per la schiena, girandola, facendola adagiare su quel letto morbido che sapeva di loro. Le prese le mani e gliele portò sulla testa, incrociandole, per poi chinarsi per baciarla. Le sue labbra erano un dolce rifugio dopo le tempeste più violente, erano un’oasi di salvezza in quel deserto arido che era la vita. Fece combaciare le labbra alle sue per più e più volte, ripetutamente, senza quasi nemmeno respirare, incrociando i suoi occhi magnifici e sorridenti.
“Sei bella, anche così, con i capelli sfatti, con gli occhi rossi, con le labbra gonfie e le guance arrossate. Sei bella sempre, sempre, e mai nessuno sarà bella come te.”
La sua voce sembrava più alta di un tono mentre lo diceva, i suoi occhi brillavano ma senza nessun imbarazzo: avevano imparato a conoscersi, avevano imparato a convivere con i demoni che li seguivano, con le paure e i fantasmi, avevano imparato che il passato non va dimenticato, ma solo accantonato.
“Sarò pure bella- rispose lei da sotto,alzando lo sguardo e incatenandolo al suo- ma mai quanto te.”
Il suo sorriso era l’elemento fondamentale della sua esistenza: come avrebbe fatto a vivere senza? Come avrebbe passato quelle giornate buie senza luce, senza la Sua Luce? Impossibile, era semplicemente impossibile vivere senza di Mary.
Mary lo rendeva felice, Mary era dentro ogni centimetro di pelle, dentro ogni emozione, dentro ogni pensiero, dentro ogni sensazione.
 Mary era dentro il suo cuore, Mary era il suo cuore.
Le prese il viso con entrambe le mani e la baciò, ancora una volta, con tutta la tenerezza che poteva dare, con tutto l’amore che poteva trasmettere, fece in modo che le sue labbra parlassero per lui, sperando che dicessero tutto quello che il cuore stava, inconsapevolmente, gridando a squarciagola.
Aveva sempre visto Mary come una ragazza speciale, l’aveva sempre vista come un angelo caduto dal cielo in un momento dove tutto era niente, era arrivata così, inaspettatamente, nella sua vita e l’aveva stravolta. Immaginarsi senza di lei era oramai inutile, impossibile: i loro destini, le loro vite, erano fatalmente legate, fatalmente intrecciate, e separarle avrebbe comportato la morte di uno dei due.
“Dimmi che ci sarai sempre, in ogni momento della mia vita. Dimmelo, ne ho bisogno. Non te ne andare, non ce la posso fare da sola.
La sua voce flebile era un balsamo per tutte le sofferenze e le vicissitudini della vita, non serviva altro per farlo calmare e sentire quelle parole in un momento così magico non poteva che fargli esplodere il cuore di felicità e amore. Le sue mani tremavano impercettibilmente e i suoi occhi lampeggiavano felici, come due fari in mezzo al mare.
“Dove dovrei andare senza di te? Dove? Il mio posto è ovunque tu sia.”
Una lacrima scintillante scese giù da quegli smeraldi luminosi, lasciando una scia trasparente sulle guance delicate. Un piccolo focolare si accese all’interno della gola, causandole un groppo.
Le asciugò una lacrima con un dito, raccogliendola come se fosse la cosa più preziosa che avesse, poi se la portò alle labbra e la osservò. Chiuse gli occhi, si abbandonò al suo abbraccio dolce, lasciando indietro ogni ombra, ogni pensiero.

“Signor Leto, è appena arrivato il taxi.”
La voce dell’hostess cancella i ricordi, lo riporta al presente. Jared deglutisce, si scompiglia un po’ i capelli, rimette gli occhiali e, annuendo, sale in macchina. L’aria condizionata è pesante, gli gira la testa.
Questa vita gli sta stretta.
“Può spegnere l’aria condizionata, per favore?”
L’autista annuisce e con un sorriso preme il pulsante dell’aria, spegnendola. Jared apre il finestrino, guarda distratto il panorama, guarda l’orizzonte intriso di mille speranze e mille sogni, il cielo dello stesso colore del rame fuso e il profumo dell’India nelle narici.
Tutto questo è irreale per lui, essere ancora qui dopo anni e anni. La sua perdita è stata un trauma, un colpo insostenibile che l’ha marchiato a fuoco nel cuore, nell’animo, e mai nessuno riuscirà a colmare questo vuoto, a riempire quest’assenza, mai nessuno riuscirà ad eliminare anni di lacrime e dolore.
Molte volte pensava che forse sarebbe stato meglio morire in un incidente stradale, forse; la malattia era stata una morte atroce, quella malattia l’aveva distrutta dentro, l’aveva violata e degradata in un modo infame e crudele. Mary non si meritava una cosa simile, Mary doveva vivere.
Inutile dire che avrebbe dato la sua vita pur di averla accanto anche per un minuto, inutile dire che avrebbe sacrificato tutto pur di sfiorare le sue labbra per un’ultima volta, pur di sfiorare il suo viso, di sentire il suo profumo.
Era inutile dire che anche la sua vita era finita nell’istante in cui quella di Mary era stata recisa.
“Siamo arrivati, signor Leto. Le porto dentro i bagagli.”
Ancora una volta, a ridestarlo era stato qualcun altro, nella fattispecie l’autista, disturbando i suoi pensieri e i suoi ricordi. Alza lo sguardo fuori dal finestrino, osserva l’albergo: questo si erge su di una collinetta un po’ sopra il centro della città, a mo’ di agorà, che guarda ad ovest. Tutta la facciata è illuminata da luci color oro che indugiano sulle finestre, risaltandone grandezza e forma.  Scende dalla macchina lentamente, guardandosi intorno, poi si reca alla hall: le pavimentazioni sono di marmo bianco decorato a fantasie geometriche anch’esse dorate, le pareti dello stesso colore sono decorate, di tanto in tanto, da tele delle più prestigiose firme e intervallate da colonne marmoree. Jared alza lo sguardo e si perde nello splendore della cupola vitrea sorretta dalla trabeazione su cui corrono le colonne, lasciandosi rapire da quei colori meravigliosi dipinti sul vetro. Torna a guardare giù, rapito, e pensa che Mary sarebbe stata entusiasta di essere qua: tutto era elegante, delicato, non troppo decorato.
Era tutto perfetto, a parte che era solo.
Una gentilissima receptionist gli porge la chiave della sua suite e lo invita a scendere, dopo essersi sistemato in camera, per un aperitivo per alcuni clienti molto importanti.
“Ultimo piano, attico.”, dice indicando l’ascensore.
 Jared annuisce e, dopo averle sorriso per un’ultima volta, inizia a salire la scalinata di cristallo che porta alle stanze, non avendo voglia di rinchiudersi in ascensore.  Annusa ogni profumo, osserva ogni cosa, cercando di imprimerla bene in testa, di renderla indelebile, cercando di viversi questo viaggio come se non fosse solo, ma con lei.
Osserva la gente, osserva i volti di quelle persone assorte nella loro vita, nei loro problemi, nelle loro preoccupazioni, e si vede sconfitto, ancora una volta: Mary manca, manca più dell’aria.
Inserisce la chiave nella toppa dorata della porta della suite e spinge delicatamente: un dolce profumo di fiori investe le sue narici, un dolce profumo familiare lo costringe a chiudere gli occhi e ad abbandonarsi a quella mano che lo sta trascinando..


Dolci labbra piene lo accolgono, avide, mentre la sua mano naufraga dalla schiena fino alle curve di un sedere sodo, piccolo, provocante.
Dolci mani lisce lo accarezzano sul viso, sul collo, graffiano la schiena e sbottonano i pantaloni.
Socchiude gli occhi, vede il suo volto sottile:, i capelli lunghi color del bronzo, gli occhi verde color smeraldo, il naso perfetto che sembra disegnato, le labbra piene e rosse, le guance rosee solcate da numerose fossette che le danno un’aria dolce ma al contempo seducente.
E’ forse un sogno?
Un’illusione?
E’ Mary, lei.
Le sue labbra si spostano al suo collo sottile, baciano ogni centimetro di pelle, e sospirando, appaiono piccoli brividi per tutta la superficie del corpo. Lui è in estasi, è prigioniero dei suoi baci, delle sue mani, delle sue carezze, ma non esiste altro posto in cui vorrebbe essere.
Lui è la vittima, lei il carnefice.. ma cosa importa se a regolare i conti di questo gioco è l’amore?
Si lascia spogliare lentamente, si lascia denudare ad occhi chiusi per poi fare lo stesso, sfilandole quel sottile vestito di lino che le risalta ogni forma.
Le prende i capelli fra le dita e li annusa, cercando di inspirare quanto più possibile, sorride quando lei rabbrividisce.
Lei gli passa un dito sul torace, accarezza pettorali, addominali, sfiora le costole,graffia la pelle. La sua pelle bruciante richiama il contatto con la sua, lo esige, protesta quasi. I loro corpi sembrano fatti in armonia: Mary poggia la testa sull’incavo del collo di Jared e lui fa lo stesso e nel medesimo istante, come se uno l’avesse chiesto all’altra. Si sdraiano piano su quel letto morbido che li accoglie, caldo, fra le sue braccia. I loro occhi sembrano incatenati, non possono fare a meno di guardarsi, di osservarsi, le loro mani sono intrecciate in uno strano groviglio mentre le loro labbra totalmente assorte in una conversazione che solo loro potevano capire.
Quanto le era mancata?
Quante volte l’aveva chiamata, invano?
Quante volte, dormendo, aveva sentito il suo profumo?
Quante il suo respiro?
In quanti occhi l’aveva cercata?
Ed in quante labbra?
Mai l’aveva trovata, mai.
E ora, ora è qui con lui, questa bellissima creatura scomparsa troppo in fretta, questo bellissimo angelo dalle ali spezzate, questo bellissimo fiore reciso, è qui con lui. Non importa il quando, non importa il dove, sono insieme, e questo è tutto.
Bacia piano i suoi seni, vezzeggia con amore i suoi capezzoli facendola rabbrividire, sfiora l’ombelico, scende baciandola tra le gambe, accarezzandola come la prima volta.
Sente lei fremere, ardere di desiderio.
Sente lei respirare ed è come se per lui fosse una melodia splendida, come se non ci fosse nessun suono come quello.
Sente il suo cuore battere, sente il suo sangue scorrere.
E’ vera, allora, è Mary.
Le stringe i fianchi con entrambi le mani e, aiutandosi con questi, la possiede, con tutta la passione che ha in corpo, godendo anche del tocco più innocente, godendo anche di un singolo sorriso, godendo perché finalmente, dopo decenni, è tornato a fare l’amore.
Intreccia le dita alle sue, sospira insieme a lei, le sussurra all’orecchio.
“Non te ne andare, Mary.. Ce lo eravamo promessi, ricordi?”
Una lacrima scende giù dai suoi occhi vitrei, color del ghiaccio.
Una lacrima bagna il volto di quella giovane donna, andata via troppo in fretta.
Una lacrima scende per il collo di quel cigno bellissimo, destinato ad andarsene.
Una lacrima scalfisce il cuore di un ragazzo, ormai uomo, che per anni ha sperato di morire insieme a lei.
Una lacrima..
Una lacrima..

Aprire gli occhi non è mai stato più difficile.
Trattenere il pianto non è mai stato più difficile.
La dura verità gli si para davanti, cruda, fredda.
Lui è solo, in quella suite.
E’ solo.
A grandi passi si avvicina alla finestra, ci poggia su la testa, guarda fuori. Sotto di lui, un’immensa distesa di acqua color del cielo illuminata da tante piccole luci; sulla superficie, gli sembra di vedere il suo riflesso.
C’è silenzio, tutto intorno.
C’è calma, adesso.
Gli sembra di sentire la sua voce, di nuovo.
E’ una condanna, questa: la condanna di amarla, sempre.
“Dimmi che ci sarai sempre, in ogni momento della mia vita. Dimmelo, ne ho bisogno.
 Non te ne andare, non ce la posso fare da sola.
Quelle parole rimbombano in testa, ancora una volta, i ricordi lacerano il cuore.
Si prende la testa fra le mani, piange.
No, lui non se ne andrà mai.
No, Mary sarà sempre con lui.


-A simple fear to wash you away.       
  -An open mind canceled it today.        
     -A silent song that's in your words.     
-A different taste that's in your mind.

 

 

   
 
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