“Non avevo capito niente”
Spesso la gente
non ha le emozioni
chiare,
altro che le
idee.
Quel pomeriggio
c’era un freddo
animale, nonostante il sole abbagliante che illuminava
l’intero parco. Gli
alberi spogli stagliati contro il cielo blu davano appieno
l’idea che fosse il
primo giorno d’inverno, mentre le altalene vuote lasciavano
un senso di
abbandono. Guardandole mi vennero in mente i pomeriggi
d’estate passati lì e
con uno slancio improvviso lasciai la tua mano per correre ad occuparne
una, sebbene
stavolta nessuno era disposto a fare a gara con me. Tu mi raggiungesti
poco
dopo, con quell’andatura pigra che ti ritrovi, la faccia di
uno che è andato a
dormire tardi e si è svegliato presto.
Cominciai a
dondolarmi piano, osservandoti
mentre con fare esperto tiravi fuori due sigarette dal pacchetto e mi
porgevi
l’accendino. Aspirai il fumo, godendomi ogni singola boccata,
il fumo in bocca,
giù nella gola e nei polmoni, la nicotina che lentamente
entrava in circolo e
che calmava la mia ansia di essere lì, con te.
Tu mi guardavi,
una mano in tasca e
l’altra a reggere la sigaretta. Mi guardavi piegando la testa
di lato e
aggrottando le sopracciglia, mi guardavi con un’espressione
indecifrabile, come
se stessi esprimendo un giudizio che però dovevi tenere per
te.
Io non ci facevo
caso, aguzzavo la
vista nel caso fosse passato un conoscente ,o un parente ,o i miei. Non
che il
problema fossi tu, ma la sigaretta nella mia mano che inesorabilmente
finiva
troppo presto. Diedi l’ultimo, glorioso tiro e la gettai a
terra, spegnendola
con la punta della scarpa.
Mentre mi
sistemavo, ti lanciai
un’occhiata. La sigaretta l’avevi già
finita, ora con una mano ti riparavi dal
sole e intanto anche tu ti guardavi intorno, con lo sguardo perso.
Finii di
sistemarmi i lacci delle
scarpe e mi alzai. I nostri sguardi s’incrociarono, quasi
alla stessa altezza.
Tirai fuori la lingua in un modo un po’ infantile e mi
lanciai contro di te,
affondando il viso nel tuo collo, ubriacandomi con l’odore
della tua pelle,
stordendomi con il tuo profumo. Tu mi sollevasti il mento e con fare
possessivo
mi baciasti. Fino a quel momento non avevo capito cosa fosse un vero
bacio, una
storia, il guardarsi negli occhi e dirsi tutto che ci descrivono e
spiegano
fino alla nausea nei libri, non avevo capito me, non avevo capito te,
non avevo
capito noi. Non avevo capito niente.
-Okay, son
tornata. Questa storia non
è un granchè, scritta di getto alle tre del
mattino. Però è stato un momento
importante per me, spero che lo capisca chi mi leggerà. Le
recensioni sono
graditissime, così come critiche e consigli. Buon anno in
ritardo!Bacioni.