“Continui a presentarmi a tutti come tuo amico.” affermò John, uscendo dall'edificio.
“Non lo sei?” gli chiese di rimando Sherlock.
“Tutti sembrano credere che amico sia sinonimo di fidanzato, nel tuo caso, quindi preferirei collega.” farfugliò John, lievemente imbarazzato.
“Ti disturba a tal punto essere considerato il mio compagno? Eppure dai tuoi discorsi quella sera da Angelo...”
“No, non è questo. Non solo, perlomeno.”
“E allora cosa?” Sherlock era sul punto di sbuffare. Per non essere il suo compagno, spesso John si comportava proprio come una moglie...
“E allora... Cristo, Sherlock! Un compagno ha dei benefici. Tu mi fai passare per il tuo compagno davanti agli altri... ma in privato sono... tua madre! E' tutto a senso unico!”
Ci fu un attimo di silenzio.
“Mia madre? John, sei riuscito a mandarmi in confusione.”
“Sì, accidenti. Devo forzarti a mangiare, a riordinare... e quando non lavori persino a lavarti e vestirti. E cosa me ne viene in cambio?”
Ancora silenzio.
“Ecco appunto. Niente. A volte non ti accorgi neanche che sono in casa.” John sbuffò e accelerò il passo lasciandolo appena più indietro a riflettere.
“Cioè, in pratica ti disturba non avere i benefici di un compagno, giusto? Perché in generale nella coppia c'è sempre una disparità di fondo, per quanto possa non essere un bene... la donna, consciamente o inconsciamente, è sempre colei che accudisce, educa e gestisce le dinamiche de...”
“Strana idea hai delle coppie, Sherlock! Forse era così... nella preistoria.”
“Non lo so. Non mi interessa, lo sai bene.”
“E poi io non sono la tua donna.”
“No, sei mio amico, infatti.”
“Senza benefici.”
“Senza benefici.” Sherlock fece una pausa. “Dipende da cosa intendi per benefici, John.” Sospirò. “E' di sesso che parliamo, vero?”
“Non è solo del sesso che parliamo.” 
“Che differenza c'è fra l'amore e l'amicizia? Quella vera, intendo.”
“E' strano sentirti parlare di amore e amicizia, Sherlock. Non mi sembri un grande esperto. A te importa solo del tuo lavoro, e neanche tanto di te stesso.”
“La differenza fra amore e amicizia spesso è la sola attrazione fisica.”
John si fermò e dopo una pausa si voltò verso Sherlock e lo fissò negli occhi.
“Tutto il resto è identico. Due persone si aiutano, si prendono cura l'uno dell'altro, condividono il divertimento come il dolore, si vogliono bene...”
“Tu non vuoi bene a nessuno, Sherlock. E' proprio questo il punto.”
“Voglio bene a te. Ma ammetto di non dimostrarlo facilmente.” 
“Più che facilmente direi... affatto.”
“Ti chiedo scusa per questo. Per me è complicato anche solo fare questo discorso...”
“Delle scuse me ne faccio poco. Vorrei dei fatti, qualche volta!”
“Fatti. D'accordo.”
“D'accordo.” ripeté John mettendo di nuovo della distanza fra lui e Sherlock.
Il vento era pungente e gelido, quella sera. John continuava a stringersi nelle spalle e a camminare a testa bassa, ma comunque non tremava. Sherlock si sfilò la sciarpa e la legò attorno alla gola dell'amico: aveva le guance rosse, visibilmente a disagio. 
John sorrise.
Sherlock aveva appena fatto qualcosa per lui. L'aveva osservato, aveva dedotto e l'aveva aiutato. E' questo che farebbe un amico. O... sì, un amico.
“Bene, bravo. Questa mi è piaciuta. Ti è costato tanto?”
“Sì, abbastanza.”
“E' chiaro. Ma fai un sacrificio del genere per me, ogni tanto, e io non ti romperò più le palle. Ok?”
“Ok.”
Sherlock gli si affiancò e John lo prese sotto braccio. Rimase a fissare la bella linea del suo profilo nella luce della luna e sorrise. 
Va bene, allora se la differenza fra amore e amicizia è l'attrazione fisica, pensò, lui doveva essere completamente cotto di Sherlock. E forse il problema alla fine era solo quello.