PART TWO –
“LOST MEMORIES”
Il cinguettio degli uccelli era cessato, come se anch’essi avessero percepito
la tensione improvvisa che si era diffusa per l’aria. Unico suono era ora lo
scrosciare lento e monotono dell’acqua: c’era un fiumiciattolo poco vicino, lo
si poteva distinguere tra le fitte fronde del bosco. Quello che, però, Ranma
fissava allibito era l’avversario di mille battaglie. Come? Non si era
trasformato? Era guarito dalla maledizione? Ma in che modo? Doveva scoprirlo,
ad ogni costo.
“Si può sapere come hai fatto? Mi vuoi spiegare?!”
L'altro, però, non lo ascoltava minimamente.
“Cerchi pure di derubarmi, maledetto?!… Muoriii!” Ryoga gli si stava lanciando
contro, l’ombrello impugnato con entrambe le mani come fosse una lancia, con
l’intenzione, forse, di trafiggerlo per mezzo di esso.
Il ragazzo col codino reagì rapidamente: schivò il colpo, mentre un cratere
andava formandosi, sul punto del terreno colpito dall’estremità di quel
maledetto affare. Spiccò un balzo sul ramo di un albero. Quello con la bandana
lo imitò e cominciarono a saltare d’albero in albero, scagliandosi pugni e
calci a ripetizione. Quindi Ranma finì su un ramo meno robusto degli altri, che
subito cedette al suo peso: il giovane con la camicia rossa parò la caduta,
finendo però le gambe sbilanciate al suolo, chiuso alle spalle da una robusta
parete di roccia. L’altro spalancò la bocca, mostrando i canini in tutta la
loro sporgenza, mentre gli si gettava addosso, il braccio destro più avanti del
corpo, la mano puntata pericolosamente verso di lui.
*Sono fritto… Sta per usare il Bakusai Tenketsu, mi seppellirà vivo,
sotto un cumulo di terra e sassi.*
Ryoga si fece avanti con tutto il suo impeto.
“Sei finito!”
Ranma si buttò istintivamente a terra per evitare l’avversario, il pugno di
Ryoga colpì in pieno la roccia dietro di lui. Le mani sul capo a mo’ di
protezione, il codino rizzato, il ragazzo vestito alla cinese chiuse gli occhi,
aspettando la fine.
“… Uaaaaahhh! Che maleee!”
Hibiki si tenne la mano incredibilmente gonfia e rossa, cominciando
stupidamente a saltellare dal dolore. Il giovane Saotome lo osservava con la
bocca di fuori. La roccia non era franata. Dal momento che l’altro l'aveva
colpita con un pugno! Non con l’indice! Non aveva premuto il punto di
pressione! Che voleva dire? Non aveva intenzione di utilizzare il Colpo
Esplosivo? Ma sì, aveva tentato di colpire lui! Non la roccia! Solo che l’aveva
schivato e… ecco il risultato!
Dal sollievo, Ranma passò in pochi istanti alla rabbia più nera. Era spalle al
muro. Con la sua tecnica speciale, Ryoga lo avrebbe vinto, molto probabilmente.
Eppure non vi aveva fatto ricorso. Come aveva osato umiliarlo a tal punto?! Era
questa la serietà con cui Ryoga affrontava il combattimento?! L’avrebbe pagata!
“Va bene! Ora facciamo sul serio, porco!”
Ripresero la contesa. Adesso si confrontavano nei pressi del fiumiciattolo.
Ranma pensò di adoperare la Tecnica delle Castagne, per quanto fosse
perfettamente consapevole che Ryoga era da tempo in grado di schivare i suoi
colpi. Comunque, in questo modo, avrebbe guadagnato qualche secondo per pensare
a qualcos’altro.
“Kachu Tenshin Amaguri-ken!”
Le mani di Saotome si mossero ad una velocità incredibile, Ryoga sembrò stranamente
preso di contropiede da questa mossa. Strano. Non se la aspettava, forse?
Schivò i primi colpi, ma pareva più lento del solito, in quanto a riflessi. Ed
infatti non tardò a venire colpito in pieno. E a cadere all’ingiù, sul suolo.
Ranma trattenne il respiro. Come? L’aveva battuto… beh, non c’era poi tanto da
meravigliarsi riguardo questo. Lo batteva sempre, Ryoga: cosa più che naturale
dal momento che, per quanto fosse forte quel suino, il migliore era
indubbiamente lui… Ma così! In pochi secondi! Con una tale facilità! Non si
sarebbe stupito se si fosse trovato davanti Kuno, oppure quell’oca di Mousse –
ma, diamine! Quello era Ryoga Hibiki – il suo acerrimo avversario!
L’unico che avesse mai stimato alla sua altezza. Ryoga! Hibiki! Il ragazzo che
ora giaceva a due passi da lui, per terra, inerte, privo di sensi. Messo al
tappeto come un principiante. Da quando era diventato così scarso? Ranma si
chiese istintivamente se quel maledetto vecchiaccio di Happosai non si fosse
per caso divertito a praticargli la Moxibustione¹… Perché, sinceramente,
non riusciva a trovare nessun’altra spiegazione a quello. Almeno, non una
spiegazione logica.
“Ryoga!” Lo afferrò per il colletto del lungo maglione, obbligandolo a
rialzarsi, sebbene il suo sguardo fosse ancora leggermente intontito. Gli
scosse ripetutamente la testa, col solo effetto di peggiorare la condizione del
ragazzo. Cercò di calmarsi, riprese fiato, lo lasciò andare. Aspettò che si
riprendesse, quindi lo fissò dritto negli occhi. “Mi prendi forse in giro?! Ti
vuoi decidere a combattere seriame…”
Un lieve mormorio proveniente dalle labbra di Hibiki, che si erano mosse
impercettibilmente, interruppe lo sfogo di Ranma.
“Sco… Sconfitto!”
Parola esclamata con sommo stupore da parte di chi la pronunciava. Il giovane
col codino si chiese se Ryoga si fosse effettivamente rimesso dal colpo.
“Sconfitto! Sono stato… sconfitto!” continuò quello dai lunghi canini,
rigustando evidentemente ognuna di quelle parole nel proprio intimo, per
saggiarne il sapore, nuovo ed insolito.
“Ma sei fuori?!” replicò perplesso Ranma. “Non è certo la prima volta che…”
“Dimmelo!” tuonò improvvisamente l’altro.
“Cosa?!” fece lui. Cos’è che doveva dirgli? Gli aveva dato di volta il
cervello?
“Sei sordo?! Ti ho chiesto di dirmelo!” fu il turno dell’Eterno Disperso, di
scuotere a destra e a manca il proprio interlocutore.
Ranma, al limite della sopportazione, se lo scrollò faticosamente di dosso. No,
la forza non gli mancava affatto. La Moxibustione era da escludere.
“Non scappare!”
Il ragazzo dalla lunga camicia cinese spiccò qualche balzo indietro in
direzione del fiumiciattolo, continuando però a fissare il pazzo con la bandana
che si era messo ad inseguirlo. Ma che gli stava prendendo? Da quando Ryoga si
dava a quelle scenate, soprattutto – perché pareva così scosso? Si chiese se
avesse per caso interrotto uno dei suoi soliti sogni ad occhi aperti, con Akane
in abito nuziale abbandonata felice tra le proprie braccia, il tutto circondato
da immaginari fiori variopinti e putti intenti a fare le cose più stupide.
Probabile.
Intento in questi pensieri, Ranma mise un piede in fallo, cadendo all’indietro
nel fiume. A pancia in su, le gambe all’aria, e per di più con le braccia che
gli si accorciavano, i vestiti che lo impedivano maggiormente e la forza che
diminuiva, mentre qualcosa sul petto andava a costituirgli un ulteriore
ingombro. Spaventata dal tuffo improvviso ed inaspettato, la ragazza dai
capelli rossi diede delle vigorose bracciate per tornare subito a galla: ma il
movimento risultò completamente scomposto e scoordinato, finendo solo per
rallentare la risalita. E non si accorse così dello scoglio, contro il quale
cozzò violentemente con la nuca. Perdendo subito conoscenza. E piombando come
un peso morto verso il fondo.
“Il bosco di Yakuzai?”
“Ploplio così, ailen! Non è un posto pelfetto, pel una gita?”
“Che ne dici, Ran-chan? Non dista troppo ed è poco frequentato, nessuno ci
verrà a disturbare…”
“Certo che è poco frequentato! Ho sentito dire che è un luogo maledetto: porta
sfortuna il solo nominarlo, si racconta.”
“Amole, non cledelai a queste sciocchezze?!”
“Inoltre, c’è qualcosa che ti piacerà sicuramente, laggiù!”
“Mh?”
“Gualda, al Nekohanten è allivato pochi giorni fa questo volantino: pubblicizza
l’apeltula di una succulsale di una solgente telmale.”
“Si tratta di una sorgente sotterranea situata all’interno di una profonda
grotta…”
“Aah, che stupidaggine! Dovremmo andare così lontano solo per farci un bagno
alle terme, per quanto caratteristiche possano essere?!”
“Ma non sono telme qualsiasi!”
“Il nome Volpe Rossa² non ti suggerisce nulla?”
“Volpe... volete dire la Nannichuan giapponese? Una succursale della
Sorgente della Volpe Rossa?! Perché non me l’avete detto prima?! Quando si
parte?”
“Anche subito, Lanma! L’acqua che tlasfolma in uomo è lì che ti aspetta.”
“Ti libererai della maledizione di Jusenkyo, Ran-chan!”
Yakuzai… Yakuzai… Quel nome era rimasto vagante nella sua mente, mentre le
immagini del ricordo già facevano posto alla coscienza, che riprendeva man mano
il controllo di sé. Ma i ricordi, ormai stimolati, prendevano pian piano a
riaffiorare dalle più profonde tane tenebrose dell’io. Certo, adesso si
trattava di memoria volontaria, guidata dal cervello e dalle emozioni, forse
meno autentica della precedente. Però stava ricordando e questo era già
qualcosa.
Sicuro! Come aveva potuto dimenticare? Yakuzai, la succursale della Sorgente
della Volpe Rossa, la possibilità di tornare finalmente normale… L’invito di
Ukyo e Shampoo… Ricordava anche altre cose, il fatto che Ryoga e Mousse,
sbucati da chissà dove, si fossero subito intromessi nel discorso, bramosi di
guarire dalle loro maledizioni. E che Nabiki era intervenuta immediatamente
dopo, pronta a sfruttare la situazione per scroccare una gita gratis per lei e
tutta quanta la famiglia Tendo, vantando non sapeva bene quali diritti dovuti a
precedenti affari con le due “fidanzate”… affari che certamente lo
riguardavano, in qualche modo. E loro, stranamente accondiscendenti. Forse –
no, sicuramente! – perché felici di poter stare con lui. E come dar loro torto?
Era un bel ragazzo, lui. La cosa, tutto sommato, non gli dispiaceva affatto.
Provava soddisfazione, sotto sotto, nell'essere corteggiato. Solo che tutti
pensavano male, di questo. Gli davano del pervertito, del dongiovanni. Oppure
lo rimproveravano per la sua vanità… forse non avevano tutti i torti, godeva
nel fare la parte del playboy. Ma sbagliavano di grosso, quando credevano di
comprenderne il motivo. Non era vanità. Almeno, non era solo quella. Nessuno
capiva ciò che lui provava, nel più intimo segreto del cuore. Nessuno capiva
quanto gli facessero bene quelle attenzioni, quei corteggiamenti, dopo anni e
anni di solitudine… anni di duro addestramento con quell’idiota del padre… e
soprattutto, dopo quel famoso incidente di Jusenkyo: che, in un batter
di ciglia, meglio, in uno spruzzo d’acqua, aveva reso vano il sacrificio di
tutta una vita… Nessuno capiva quanto gli facesse bene quel sentirsi
corteggiato, trattato come un vero uomo, lui che aveva penato una vita intera per
esserlo e che invece si trovava per metà imprigionato nel corpo di una ragazza…
Con questa sensazione di disgusto improvviso per il proprio corpo femminile, si
ritrovò nuovamente a tastarsi il petto. Stavolta era gonfio. Imprecò a mezza
voce. Aprì quindi gli occhi, per spiccare un salto dallo spavento non appena si
rese conto di avere quelli di Ryoga a vicinissima distanza – che lo fissavano…
anzi, la fissavano… in modo strano – poteva forse osar dire – preoccupato.
“Ehi… tutto bene?”
La rossa scosse le palpebre confusa.
“Co… come, scusa?”
Ryoga la squadrò nuovamente, sembrava imbarazzato.
“Eri caduta nel fiume, devi aver battuto la testa e perso i sensi… però è
strano, cosa ci fa in questa foresta una ragazza carina come te?”
Non l’aveva riconosciuto. E l’aveva salvato. Non era la prima volta, nemmeno
per quello. L’aveva ingannato mille volte, in passato. Travestendosi da
studentessa, da giocatrice di pallavolo, da tata. Una volta, era riuscito pure
a spacciarsi per sua sorella! Ma questa volta… insomma, come poteva essere così
stupido?! Lui, Ranma Saotome, era caduto nel fiume. Un secondo dopo una ragazza
stava annegando. Era così evidente che fosse lui, bastava sommare due più due.
Forse quello scemo non sapeva far di conto.
“Tieni!” l’Eterno Disperso gli porse una scodella abbondante di zuppa.
Dopotutto, perché non approfittarne? Ranma si spazzolò tutto in pochi secondi e
con modi non propriamente femminili. Facendo venire parecchi goccioloni di
sudore al povero ignaro.
“Ehi, eri davvero affamata!”
La ragazza dalla chioma fulva alzò lo sguardo dal piatto per incrociare quello
del suo interlocutore. Sbuffò, quella situazione cominciava a darle sui nervi.
Inoltre, ormai l’appetito era saziato. E si era ricordata che lui aveva ancora
molte cose da spiegarle. Quello dove si trovavano doveva essere il bosco di
Yakuzai. Ryoga, sicuramente, aveva trovato la Sorgente. L’avrebbe costretto a
portarla nella grotta di cui parlavano Ukyo e Shampoo, questo proponimento
prese il sopravvento sugli altri pensieri.
“Idiota, non mi riconosci?!” fece, sempre più spazientita.
“Eh?” balbettò quello con la bandana. “Vuoi dire che ci siamo già visti da
qualche parte?”
Ranma prese il mestolo del pentolone e si versò addosso un cucchiaio di zuppa
ancora calda. La sua statura s’innalzò di poco. Le sue forme mutarono. Quello
di fronte osservò il tutto stupito, per non dire terrorizzato.
“Ma… ma tu – come?!… Eri una ragazza bellissima, un momento fa…”
Ranma rimase col respiro mozzato. Veramente Ryoga non lo riconosceva?
“Ti ho già chiesto ben due volte di dirmelo… si può sapere chi sei?!”
Questo, intendeva, prima? Non poteva essere, lo stava prendendo in giro.
“Ricominci?! Lo sai benissimo chi sono! Sono Ranma! Ranma Saotome! Veramente
non ti ricordi più di me?”
“Come potrei? Non ti ho mai visto prima d’ora!”
¹ In una storia del manga. Happosai, praticando la Moxibustione su Ranma, lo
rende debole come un bambino.
² Un'altra storia del manga. Questa sorgente ha gli stessi poteri della
Nannichuan e Ranma passa un sacco di guai per giungervi, visto che è collocata
sotto lo spogliatoio femminile del Furinkan. Per poi scoprire che ormai è fuori
servizio.