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Autore: Sherlock Holmes    04/01/2012    7 recensioni
Holmes, tornato a Baker Street con una ferita da taglio, fa preoccupare Mrs. Hudson, che manda a chiamare il dottor Watson.
Tra i due ex-coinquilini vi sarà un muto confronto...
Una songfic basata sull’omonima canzone di Tiziano Ferro.
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Poggiai la nuca sullo schienale della poltrona, chiudendo gli occhi.
Respirai a fondo.
Quando li riaprii, trovai, di fronte a me, il mio socio e amico: John Watson.
Era scuro in volto.
Si tolse il cappello e abbandonò il pastrano sulla sedia in stile impero.
Scosse poi tristemente la testa, posando a terra la sua borsa da dottore.
Richiusi le palpebre.
- Holmes…-  mi chiamò.
- Mh?- mugugnai, inarcando le sopracciglia.
- Mi ha mandato a chiamare Mrs. Hudson…-
Tacqui.
- Che è successo, questa volta?- mi domandò.
Riaprii gli occhi.
Lo vidi estrarre dalla sua borsa disinfettante, garza e pinze. Poi, li posò, con un lieve rumore, sul mio bancone da lavoro.
- Dovrebbe già averlo intuito, Watson, non trova?- gli dissi, con voce stanca - Lei è un dottore…  Penso che sappia riconoscere una ferita da taglio…-
Il mio socio sospirò:- Intendevo domandarle chi l’ha aggredita.-
Watson mi scostò il braccio e allargò lo strappo sulla mia camicia, ormai insanguinata.
Prese del cotone e lo imbevve nel disinfettante, passandomelo sulla ferita, al che, sobbalzai.
- Maledizione, Watson!- esclamai, dolorante.
- Su, su, non faccia il bambino… - disse, cambiando il cotone - E risponda alla mia domanda.-
Sbuffai.
- Uno sgherro di Moriarty ha tentato di farmi fuori.- gli spiegai - Contento?-
- Contento che non ci sia riuscito, Holmes…-
Alzando la testa, mi sorrise.
E in quel momento mi accorsi di quanto noi due fossimo diversi.

La differenza tra me e te
Non l’ho capita fino in fondo veramente bene

Già, diversi

 Me e te

 
Raramente Watson era tornato da una delle nostra avventure ferito.
Ed invece io... Beh, ero lì, in poltrona, sanguinante. Di nuovo.
Uno dei due sa farsi male, l’altro meno
 
Waston era sempre stato prudente. Impulsivo, ma prudente.
Io, al contrario, avevo sempre pensato troppo e ogni volta avevo agito incautamente.
In tutte le occasioni, avevo fatto ciò che era necessario fare, incurante della mia vita… Sfiorando, più di una volta, la morte.

Però me e te,
quasi una negazione.

Sembrava impossibile: io e lui.
Amici.
Ma perché avevamo legato? In fondo, eravamo così diversi…

Io mi perdo nei dettagli, nei disordini, tu no

 
Esaminai Watson con lo sguardo. Era impeccabile, nel suo completo, così ordinato e militaresco.
Poi, gettai un’occhiata al mio studio, dove il caos regnava sovrano.
Sorrisi lievemente.

E temo […] il mio passato, ma tu no

 
Posai la nuca sulla mia spalla.
Ero stanco.
Da giorni combattevo non solo contro Moriarty, ma anche contro i fantasmi del mio passato.
Ultimamente, mi svegliavo nel cuore della notte, con ancora attaccate alle ciglia le propaggini degli incubi che avevano, come protagonisti, i miei genitori.
E il dolore della mia prima indagine.
Scossi la testa, cercando di cacciare via quei ricordi…
 
Watson mai mi aveva domandato del mio passato. 
Sapeva, però, nel suo animo, che non sarebbe stata una rivelazione piacevole.

Me e te
E’ così chiaro
Sembra difficile

Eppure, era lì, di fronte a me.
Si era fidato di un uomo che nemmeno conosceva, ed era entrato a far parte della mia vita.
 

La mia vita mi fa perdere il sonno sempre

 
Ma mentre lui, ora, poteva vantare una vita tranquilla a fianco della sua Mary, io, in ogni momento, mi sentivo in pericolo di vita.
Lottare contro il professor Moriarty non era una bazzecola. Per molti aveva significato firmare la propria condanna a morte.

Mi fa capire che è evidente
La differenza fra me e te

 
Watson alzò la nuca dalla mia ferita e mi vide sorridere.
- Perché sorride?- mi chiese.
- Lei sembra felice.-
Inarcò le sopracciglia.
- In effetti, lo sono, Holmes.- mi spiegò, afferrando un ago ed accendendo il bunsen sul mio bancone da chimico – Ho una moglie fantastica ed un ex-coinquilino che ha cercato, senza riuscirci, di farsi uccidere.-
Passò l’ago sulla fiamma più volte, per sterilizzarlo.
 

Poi mi chiedi come sto

- Lei non lo è?- domandò.
Gli si dipinse un sorriso.
Era felice che la mia ferita non fosse grave.
Tacqui.

E il tuo sorriso spegne i tormenti e le domande

- Beh, sono vivo, quindi… Sì, dovrei esserlo.-
Ero accanto a lui. Vicino al mio migliore amico.
“Sì, lo sono.”

Me e te, elementare

  
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