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Autore: blueflaws    04/01/2012    12 recensioni
-Onodera, dov’è?- chiese indicando la postazione vuota. –Non doveva occuparsene lui?-
-Ecco, Ricchan non è arrivato stamattina.- fu di nuovo Kisa a parlare. Takano lo guardò in attesa che aggiungesse altro. Quando il ragazzo tacque, si voltò verso gli altri.
-Beh, si può sapere perché?-
[Takano/Onodera]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Masamune Takano, Ritsu Onodera
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve! :D

Dopo aver letto un po’ di fanfiction provo anch’io a pubblicare qualcosa su Sekai, ultima favolosa fissazione! <3

Ho provato a cimentarmi sulla coppia protagonista, Takano e Ritsu, spero sia uscito qualcosa di decente XD

Buona lettura!

~Rose

 

 

 

It’s Really The End

 

 

 

 

Dire che l’appartamento era in disordine poteva sembrare un complimento alle reali condizioni in cui versava la stanza. Quando aveva messo piede lì dentro per poco non era inciampato in un paio di jeans appallottolati e dimenticati malamente sul pavimento. Di seguito, libri di vario genere, ancora vestiti, fogli sparsi a casaccio – erano le bozze quelle?-, un calzino abbandonato sul tavolino del salotto, un paio di mutande penzoloni dal bracciolo del divano. Sembrava avessero sganciato una bomba e poi chiuso la porta di tutta fretta.

Scosse la testa esasperato e rilascio un lungo sospiro. In che condizioni viveva?

Lasciò le chiavi sulla mensola del corridoio e puntò verso la camera da letto.

 

 

Qualche ora prima

 

 

-Takano-san, menomale sei arrivato. Il tipografo ha già chiamato due volte, dice che non può più aspettare. O consegniamo il materiale o salta la stampa.-

Appena arrivato nel reparto di Editing, Kisa l’aveva accolto con quella notizia, tenendo la cornetta del telefono come se scottasse e ben lieto di poter scaricare la questione a lui.

Già pronto mentalmente a dover discutere per racimolare ancora un po’ di tempo, allungò la mano verso la cornetta e volse uno sguardo ai presenti. Tre paia di occhi lo fissavano.

-Onodera, dov’è?- chiese indicando la postazione vuota. –Non doveva occuparsene lui?-

-Ecco, Ricchan non è arrivato stamattina.- fu di nuovo Kisa a parlare. Takano lo guardò in attesa che aggiungesse altro. Quando il ragazzo tacque, si voltò verso gli altri.

-Beh, si può sapere perché?-

-Non ha lasciato messaggi o chiamate, semplicemente non si è presentato a lavoro.- rispose professionale Hatori dalla sua scrivania. Mentre discutevano, si era già messo al lavoro sulla correzione di alcuni name.

Strinse le labbra stizzite e accostò il ricevitore all’orecchio. Che diavolo combinava quello stupido?

Mentre si ritrovava a discutere con quelli della tipografia, non poté fare a meno di riscoprirsi preoccupato. Con molta probabilità non era niente di grave, Onodera era rimasto a casa altre volte prima di allora, ma aveva sempre avvisato preventivamente l’ufficio. Il fatto però che nessuno aveva sue notizie da quella mattina lo portava a cattivi pensieri.

Con un gesto seccato sbatté giù la cornetta. Tipografi! Lo facevano sempre incazzare.

Lanciò un’occhiata all’orologio, erano solo le quattro e il suo turno finiva alle sei. Non poteva permettersi di andare via prima, non con un numero da mandare in stampa, oltretutto in ritardo.

Con un gesto della mano avvicinò uno degli editori e dettò direttive sul materiale da consegnare alle stamperie.

Ancora due ore lì dentro. Maledizione!

 

 

 

 

-Onodera!-

L’aria era stagnante, sapeva di chiuso e un vago odore di sudore gli arrivò alle narici. Appena aveva acceso la luce, tutto era stato chiaro, ma non pensava di trovarlo in quelle condizioni pietose.

Sotto diversi strati di coperte se ne stava rannicchiato Ritsu, l’unica cosa che emergeva dal bozzolo erano i capelli. Portandosi in fretta accanto al letto scostò il lenzuolo e trovò due guance rosse e la fronte lucida di sudore, le ciocche castane incollate alla pelle. Chiedendosi allibito come una persona potesse ridursi così, aprì le finestre per far circolare aria e tolse un paio di coperte a Ritsu per lasciare il corpo libero di respirare meglio.

Dal bagno recuperò una piccola bacinella e con una pezza bagnata gli rinfrescò la faccia donandogli un po’ di sollievo. Aveva un’espressione così rilassata mentre dormiva anche se arrossata dalla febbre. Costatando che l’aria sembrava più pulita chiuse le imposte e, con un’ultima occhiata al letto, lasciò la stanza.

Aprendo alcuni scomparti a caso della dispensa in cucina si sorprese dell’enorme quantitativo di medicine di cui disponeva Ritsu, cose da far impallidire una farmacia. Tra fogli delle istruzioni e date di scadenza trovò un paio di compresse effervescenti ancora buone. Ne lasciò cadere una in un bicchiere pieno d’acqua e la lasciò lì a sciogliersi.

Aprì un altro paio di ante, totalmente vuote e si chiese cosa mangiasse Ritsu quando arrivò al frigorifero e costatò con orrore che ogni ripiano straripava di integratori energizzanti.

L’aveva già visto altre volte, mentre arrivava di corsa al lavoro, trangugiare quelle schifezze, ma di certo non pensava che si nutrisse quasi solo di quelle.

Se da quando aveva cominciato a lavorare alla Marukawa, il suo stile di vita era stato quello allora c’era da preoccuparsi sul serio. Quel ragazzo era impossibile. Faceva bene a tallonarlo sempre.

Prese il bicchiere con la medicina sciolta e tornò nella stanza di Ritsu. Il ragazzo continuava a dormire, il rossore sulle guance si era fatto più tenue, ma il sudore continuava a imperlargli la fronte.

Si sedette sul bordo del letto e infilò una mano tra la sua schiena e il materasso, cercando di tirarlo a sedere.

-Onodera.- lo chiamò dolcemente.

Provò di nuovo, un po’ di forte e due iridi verdi fecero pian piano capolino dalle palpebre socchiuse. Gli occhi erano lucidi e offuscati dalla febbre, ma in qualche modo sembrò riconoscerlo.

-Ta..Takano-s..san.-

Era stato quasi un rantolo, la voce impastata dal sonno. Provò a deglutire per parlare ancora.

-Sta zitto.- gli intimò Takano, sorreggendogli la schiena e spingendo il bicchiere verso di lui. Ritsu schiuse docile le labbra e con piccole sorsate mandò giù tutto, l’espressione un po’ contrita per il saporaccio della medicina.

Takano lo riappoggiò sul materasso, coprendolo col lenzuolo. Spense la luce e lasciò di nuovo la stanza. L’ultima cosa che Ritsu vide fu la larga schiena dell’uomo che si allontanava, poi scivolò nel sonno.

 

 

Aprì gli occhi nel buio e notò con sollievo che la testa non era più pesante come la ricordava. In effetti, riusciva a ragionare più lucidamente, ma si sentiva ancora fiacco, senza forze.

Sfregò stancamente le palpebre e lasciò scivolare le mani sulle guance calde. Era sicurissimo di avere ancora la febbre, ma per qualche motivo si sentiva meglio, non era più spossato come prima. E concentrandosi meglio sul proprio corpo scoprì con sorpresa un lieve mormorio all’altezza dello stomaco.

Sperando che le gambe lo sorreggessero per quel poco di strada che doveva percorrere, scostò di lato le coperte e poggiò i piedi sul pavimento freddo, rabbrividendo al contatto. Si ancorò con una mano al comodino, giusto per essere sicuro di non cadere al primo passo. Con calma arrivò alla porta e una volta in corridoio, ancora miracolosamente in piedi, percepì un buon profumo che gli solleticò le narici e fece gorgogliare di piacere lo stomaco.

Questo lo inchiodò al posto, una mano appoggiata al muro per sostenersi, mentre un’immagine sempre più nitida gli si formava nella mente. L’immagine di un volto e non uno qualsiasi. Il volto di Takano-san.

Oh già, Takano-san.

Oddio, quel Takano-san!

No, un momento. Era impossibile che l’uomo fosse in casa sua, che lui lo avesse addirittura visto. Non poteva essere entrato, non aveva, per sua fortuna, le chiavi. E perché mai avrebbe dovuto averle poi.

Andiamo, Ritsu!

Si riprese scioccamente da solo. Di sicuro ciò che aveva visto era frutto dell’intontimento dovuto alla febbre. E Takano lo perseguitava tanto che perfino la sua mente gli giocava certi brutti scherzi.

Attraversò anche il soggiorno e imboccò la porta della cucina, ormai il profumo cresceva d’intensità e questo, però non se lo spiegava proprio. Aveva appena costatato che non c’era nessuno, no?

Allora perché qualcosa bolliva nella pentola sul fornello e il frigorifero era aperto.

-Sto impazzendo…-

-Ti sei svegliato, finalmente.-

Una testa comparve da dietro l’anta, tenendo in mano alcune verdure. Il suo capo se ne stava in piedi e lo fissava dal centro della sua cucina.

Trattene in tempo il grido di spavento che gli morì in gola, per fortuna era solo Takano-san.

Già, Takano-san.

-Oddio, Takano-san!-

-Se urli in questo modo stai certamente meglio.- gli disse l’uomo in tutta calma.

A Ritsu si era seccata improvvisamente la gola. Non capiva più niente, ma la cosa che rimaneva certa ai suoi occhi era che Takano-san era effettivamente in casa sua. Stava per chiedergli come diavolo fosse possibile quando fu distratto vedendolo appoggiare sul pianale della cucina le verdure prese prima e cominciare ad affettarle.

-C..cosa stai facendo?-

-Preparo qualcosa da mangiare.- rispose Takano –Non si vede?- sorrise sarcasticamente.

-Uh.- disse solo Ritsu e non seppe come, forse le sue gambe si erano mosse da sole, si ritrovò seduto al tavolo mentre Takano si muoveva tranquillamente nella sua cucina.

Senza accorgersene cominciò a seguirlo con lo sguardo, -per accertarsi che non combinasse qualcosa, eh!- e il suo cervello elaborò il malsano pensiero che era bello vederlo muoversi con familiarità e disinvoltura in casa sua.

Non che questo dovesse succedere. Mancava solo che Takano-san avesse libero accesso al suo appartamento e, davvero, non avrebbe avuto più pace.

Lo vide aggiungere del condimento alle verdure e insieme a quelle portò in tavola due ciotole, lasciandone una davanti a lui.

-Ho fatto della zuppa di miso, dovrebbe andare bene nelle tue condizioni.- gli disse Takano, occupando il posto di fronte a lui e cominciando a mangiare.

Ritsu lo guardava ancora sorpreso e discretamente rosso in faccia per tutte quelle premure, così per nascondersi chinò il viso e si concentrò sulla zuppa. Dopo la prima cucchiaiata si scoprì deliziosamente affamato, era davvero buona, e spazzolò il piatto con voracità.

Takano lo osservava mangiare, aveva un’espressione luminosa in viso che gli ricordò quel pomeriggio al liceo in cui Ritsu aveva assaggiato per la prima volta un hamburger, restandone colpito.

Il ragazzo di adesso lo guardava a sua volta con sguardo interrogativo.

-Cosa c’è?-

-Niente, ricordavo.-

Si fissarono per un istante negli occhi, poi Ritsu fu come colto da un’illuminazione e diventò se possibile ancora più rosso. Così non andava affatto bene.

-Onodera.- lo chiamò Takano, la voce seria.

Abbassò ancora di più lo sguardo già sapendo cosa sarebbe venuto. Se lo avesse guardato negli occhi, sarebbe finita. Il suo Ti Amo gli sarebbe rimbalzato alle orecchie e tutto il corpo ridotto a gelatina.

-Ritsu, guardami.- lo richiamò risoluto.

A quell’imposizione alzò di scatto la testa, sorpreso di sentirsi chiamare per nome. Ecco, lo sentiva che stava arrivando.

-Tutte quelle schifezze che tieni nel frigo, buttale, non sono sane.-

-Eh?-

-Gli integratori, intendo.-

-Uh, ah, sì certo.- rispose un po’ spaesato. Si era aspettato tutt’altra cosa.

-E poi il tuo appartamento è in uno stato pietoso, si può sapere che combini? Scommetto che nelle ultime sere sei crollato sul pavimento e hai dormito lì. Di conseguenza ti sei ammalato.- Sembrava in qualche modo arrabbiato, ma non capiva per cosa.

Quando Ritsu se ne stette in silenzio senza proferire parola, l’uomo esplose.

-Se hai problemi con gli orari dovevi venire da me e avremmo potuto rivedere i tuoi turni, magari non sarebbe cambiato niente, ma qualcosa si poteva ottenere!-

Ritsu continuava a fissarlo, ma neanche un solo verbo usciva dalla sua bocca. Takano era arrabbiato perché non si era rivolto a lui. Voleva aiutarlo e lui come al solito faceva di testa sua.

Questo gli faceva sentire un calore bruciante all’altezza del cuore, ma tali sentimenti al tempo stesso lo paralizzavano, rendendolo incapace di pensare coerentemente.

Sentendosi braccato da quell’ennesima dichiarazione implicita, scattò in piedi e cominciò a indietreggiare verso la porta.

-Beh, ecco… Ti ringrazio per la cena.-

-Onodera.-

-E la medicina.-

-Onodera.-

-Ora mi sento meglio, davvero!-

-Onodera!-

Mancando di poco la porta andò a sbattere contro il muro e si accucciò a terra massaggiandosi la testa.

-Tutto bene?-

Sentì Takano accanto a lui, una sua mano posata sulla spalla.

-Sì, sì- bofonchiò, tenendo il capo chino. –Davvero puoi andare a cas… Takano-san?-

-Uh?-

-Come sei entrato qui?- chiese improvvisamente Ritsu, cogliendo nel suo stesso tono la sorpresa di non aver posto quella domanda prima.

-Con le chiavi. È stata la signora Saito a darmi una copia. Ti ricordi la simpatica vecchietta dell’ascensore? Ho scoperto che è l’amministratrice del palazzo. Quando le ho spiegato la situazione, mi ha subito aiutato.-

Mentre Ritsu cercava di elaborare con quanta facilità, quasi da far paura, l’altro fosse entrato in possesso delle sue chiavi, uno strano luccichio attraversò gli occhi di Takano, come se sapesse qualcosa che lui non coglieva. Lasciò stare in partenza, la stanchezza tornava a farsi sentire e voleva mandarlo fuori di lì il prima possibile.

-Avanti Takano-san, ora puoi davvero andare, grazie… di tutto-

-Verrò a controllare più tardi- gli rispose mentre prendeva il soprabito dal divano.

-Non c’è bisogno.- si affrettò a dire Ritsu, agitandosi sul posto –E riporta le chiavi a Saito-san.- si premurò di ricordarli sperando che tornassero al più presto in mani sicure.

-Non preoccuparti la sua copia l’ha già.-

-Cosa?-

-Queste sono mie.- gli rivelò Takano agitandogliele davanti al volto, producendo un tintinnio che alle orecchie di Ritsu risuonò molto sinistro.

Il ragazzo gelò all’istante, i muscoli facciali completamente paralizzati. Un solo pensiero gli attraversò la mente.

Non è possibile.

Approfittando del momentaneo stato di confusione, Takano si avvicinò e lasciò un bacio sulle sue labbra.

-A domani, Onodera!-

Lo vide allontanarsi finché il tonfo della porta risuonò nella stanza come una condanna a morte.

Era davvero la fine!

 

 

 

 

 

 

   
 
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