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Autore: Il_Bardo    04/01/2012    1 recensioni
Il ragazzo fuggiva dal suo passato, nero come il corpo di quello spettro che lo seguiva...
Scappava dal suo passato per paura di affrontarlo, o cercava altrove il modo per sopraffarlo?
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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I suoi passi erano oramai incisi su una lastra di marmo.
Non sarebbe più tornato a casa, conosceva il suo obbiettivo, forse non alla perfezione, ma di certo rimanere a Soffiolieve non lo avrebbe aiutato per mettere a tacere quelle strane voci spettrali che ronzavano nella sua mente come tarli instancabili, mentre questi ultimi rodevano il legno, quelle voci rodevano la sua anima.
Era oramai a Quattroventi, una città vicina a soffiolieve, detta anche " l'atrio delle scelte ": da lì partivano strade per ogni destinazione di Unima, da lì gli allenatori sceglievano la loro e continuavano il loro viaggio.
Lui aveva deciso di proseguire verso Levantopoli, passando attraverso Quattroventi.
Sentiva una voce più acuta ogni volta che rivolgeva il pensiero sulla città o la sentiva nominare da qualcuno.
Passeggiava fiacco nella piazza di Quattroventi, il braccio meccanico sembrava pesare avvinghiato al suo corpo, nonostante avesse una corporatura robusta ed agile.
Lo sguardo era perpendicolare al suolo, serio e imbrigliato in mille pensieri e preoccupazioni.
Mentre passeggiava, il sole si era già eretto nel cielo  e l'alba era già passata ed i primi abitanti del luogo uscivano dalle loro casette situate ai lati della piazza che era una specie di punto comune dove tutti si incontravano, sia per comprare prodotti nelle bancarelle del mercato ai bordi della piazza stessa, sia per incontrarsi e dar vita a lotte amichevoli a volte anche piuttosto interessanti. Non era raro trovare lì degli artisti di strada, che si esibivano in innumerevoli acrobazie aiutati da pokémon psico.
Brandon arrivato da sud di Quattroventi, proveniente da Soffiolieve, aveva già passato il mercato, le case di quelli del luogo e anche la maggior parte degli artisti.
Volse lo sguardo orizzontamente solo quando un fumo rosa iniziò ad appannargli la vista, fino a quel momento  sempre rivolta al suolo. In un angolo un po nascosto di Quattroventi, dove la luce faticava ad arrivare per via delle case delle zone sopraelevate, c'era un uomo.
Sembrava ai suoi occhi essere un artista come tutti gli altri ed infatti lo era, ma non si stava esibendo, al contrario era fermo e seduto a braccia incrociate, ma davanti a lui, la gente c'era comunque, attratti da qualcosa che sicuramente stava producendo quel fumo rosa.
Il ragazzo decise dunque dopo attimi di titubanza di avvicinarsi  con una fanciullesca curiosità, mettendo per pochi momenti da parte il suo groviglio di pensieri e il suo umore serio.
Dopo pochi passi già il fumo si infittiva e scorgendo tra le teste della poca folla raccolta a corteo davanti a quell'uomo perennemente seduto a terra in un angolo, volteggiava gentilmente un Munna rosa perlaceo, le cui macchie violacee del pelo formavano macchie simili a fiori. La sua piccola proboscide era la fonte di tutto quel fumo rosa, prodotto in gran quantità.
Girò la testa a destra e a manca per capire come mai quel fumo era talmente apprezzato dagli spettatori, non fece in tempo a riflettere che una nube piuttosto fitta sempre del classico colore rosa gli si avvicinò. Capì che quel Munna gliela aveva lanciata e vide anche gli altri averne una vicina alla faccia.
Mentre lui stava fermo ad osservarla con uno sguardo di innocente curiosità, gli altri la controllavano gesticolando con le mani, come stessero accarezzando una sfera di cristallo.
Il fumo in un certo senso era comunque influenzato da quei  movimenti, buoni solo a far scena, infatti seppur di poco le nuvole si mescolavano e rimescolavano, come per doversi rinnovare e lì M notò la straordinaria capacità che quel munna aveva:
Quelle nuvole di fumo rosa consentivano letteralmente di sognare ad occhi aperti, ricalcando con mano fedele i sogni che quella persona avrebbe fatto in futuro o aveva già fatto in passato.
" Forse devo 'accenderla' ?... " pensò ancora incuriositò il ragazzo.
Passati pochi secondi di indecisione decise anche lui di provare a osservare i suoi sogni: alzò all'unisono entrambe le mani, seppur quella destra faceva una lieve fatica per il Pulsar attaccato con lacci metallici, ed iniziò a girare e rimescolare la nuvola...
Poco prima di girare la nuvola iniziava a sbiadire ma non appena la toccò con le sue mani il colore tornò vivido e il fumo si arrotolava, sembrando incanalato in un turbinio infinito.
I suoi sogni sembravano in procinto di apparire dunque davanti ai suoi occhi spalancati per la curiosità, ma non ottenne nulla da quell'esperienza, anzi, una cicatrice, che sembrava essere una ferita proveniente da un passato di cui non aveva la minima idea e o  il minimo ricordo.
Diversamente dagli altri, con il passare dei secondi il fumo mentre si addensava, iniziava a colorarsi di una tonalità che andava dal rosa al rosa scuro, passando poi fino al violaceo e diventando infine nero, nero come il carbone.
Le sue voci riapparvero nella sua mente e non solo, perchè sembravano provenire anche dalla nuvola, 'incarnate' sotto la forma di corde color cenere sbiadita che provenivano dal centro della nuvola oramai completamente nera, come per uscirne e cercavano di raggiungerlo. Ogni voce proveniva da un filo diverso nonostante avessero lo stesso tono e sull'estremità di ogni filo, una faccia di un sorriso maligno ed orrendo si dipingeva.
" Perchè si sta trasformando in un incubo?... "  pensò sconvolto.
Il ragazzo spaventato a morte, colto come una spada che trafigge un disarmato non potè fare altro che potrarre le mani in avanti e con forza disperdere la nuvola di fumo agitandole, riuscendoci.
Quel fumo nero scomparve, così come quei fili, ma il ricordo di quegli incubi e di quelle voci più forti di come erano sempre state, sembravano aver aperto una cicatrice da poco richiusa, nella sua anima.
Spaventato dall'accaduto, cadde all'indietro nel tentativo di allontanarsi da quel luogo che era ormai ai suoi occhi il teatro di quella sventura e si rifugiò in una zona sopraelevata della piazza, sedendosi in modo composto su una panchina per evitare di attirare attenzioni su di se, consapevole della sua indole timida e diffidente.
Vide anche un uomo vestito in una strana maniera allontanarsi con una bandiera di svariati colori sotto il braccio.
Nel mentre, quel Banette che aveva addocchiato quel ragazzo la sera prima durante la tempesta, era fermo impassibile come il suo solito, nascosto sulla parete in penombra di uno dei palazzi di Quattroventi, che gettava proprio sulla zona della piazza sopraelevata.
La sua bocca era un ghigno immotivato, come sempre, ma se qualcuno lo avesse visto avrebbe pensato che quella bocca ghignava per un motivo ben preciso.
Si scollò dalla penombra della parete, attraversò i boschi e il sentiero che collegavano Quattroventi a Soffiolieve, ritornando nella cittadella da cui era già partitò, ma la sorpassò, giungendo fino alla spiaggia del mare che costeggiava ad est la stessa Soffiolieve.
Arrivato su quella riva, non si fece cruccio e si inabissò non troppo in profondità, fino a che non riusciva a scorgere qualche pokèmon acquatico girovagare.
Arrivato ad una profondità dove i pokèmon marini costituivano un traffico di corpi di colori di ogni genere piuttosto considerevole, aprì la cerniera che fungeva come fosse la sua bocca.
Era scritto su ogni enciclopedia che si rispettasse e su ogni pokèdex di ogni singolo allenatore:
Un Banette non può aprire la sua bocca, altrimenti la sua anima fuggirebbe dal corpo.
Sembrava non importarsene nonostante fosse consapevole anche lui del rischio di perdere la vita se avesse tenuto la cerniera aperta troppo a lungo, ma continuò imperterrito.
Una fila di creature simili a meduse della sua stessa grandezza si ' schierarono ' davanti a lui, come per rispondere ad una sorta di richiamo da lui fatto facendo sfuggire i lamenti della sua anima.
Richiuse la cerniera, affaticato e iniziò a volgere lo sguardo su tutti i Frillish che gli avevano risposto. Poi, dava una seconda occhiata uno ad uno i frillish ancora fermi con i suoi occhi,come per  implorare e chiedere l'aiuto a qualcuno.
Molti frillish se ne andarono e solo due ne rimasero, uno blu e uno rosa, il colore esprimeva il loro sesso.
Banette li fissò e loro continuavano ad essere indecisi e pensierosi con lo sguardo rivolto al fondale.
Il frillish rosa scuotè il capo e se ne andò rattristato, come scosso per una prova non superata ma per propria volontà.
Rimase il Frillish blu ancora titubante, ma pochi secondi dopo alzò lo sguardo che sembrò dire " non posso aiutarti.. " e invece, con una grinta improvvisa ricambiò lo sguardo di Banette.
 Banette fece dunque una cosa che nessun'altra creatura si sarebbe aspettato.
Aprì la cerniera che chiudeva a metà il suo dorso, tirandone fuori una strana fiamma nerastra che posò poi davanti a Frillish. Mentre si richiudeva la cerniera alle spalle con la mano sinistra ancora libera, il frillish con uno sguardo che simboleggiava la sua gratitudine e stupore, accolse fra i suoi tentacoli spettrali quella fiamma nera, facendola sua.
Era una parte dell' ' energia ' che l'anima di Banette produceva, come tutte le anime, ovvero parte delle amicizie, degli amori e degli affetti e di tutte le sue buone emozioni che Banette aveva provato nei confronti di qualcun'altro in passato, un pokémon, un umano, nessuno poteva saperlo all'infuori di lui.
Era una ricompensa quella, una Spontanea ricompensa per quel Frillish che tra i tanti ebbe la solidarietà di aiutarlo, Banette si era spinto fin sotto il mare per trovare un pokémon spettro che avrebbe potuto supportarlo, proteggendo Brandon, il ragazzo  cui Banette sembrava avere a cuore, anche se non aveva mai incontrato prima in vita sua. Sembrava non volersi rivelare agli occhi di Brandon..
Fuoriuscirono entrambi dall'acqua e velocemente levitarono di fretta tornando fino a Quattroventi con una grande foga attraversando il fogliame che saliva dalle chiome degli alberi, forse sperando che il sedicenne non se ne fosse andato.
Arrivati sulla piazzola, Banette fece un cenno per indicargli il suo protetto, e poi svanì tornandosene nella penombra dello stesso palazzo di prima, per osservare come si sarebbe evoluta la situazione.
Frillish oltre che pokémon d'acqua, era per metà spettro e gli consentiva quindi di rimanere anche fuori dall'acqua, svolazzando come un vero e proprio fantasma.
Si avvicinò con un lieve accenno di insicurezza al ragazzo che il banette gli aveva indicato, Brandon, che stava continuando a camminare per proseguire il suo viaggio verso Levantopoli, dove le voci spettrali nella sua mente si facevano più vivide e acute.
Lo raggiunse e colpì con delicatezza la sua schiena per attirare su di sè l'attenzione.
Una volta che Brandon si voltò, mostrò un volto felice ma ' graffiato ' dalla timidezza e sventolò i tentacoli per far capire qualcosa all'umano.
« Vuoi che io ti catturi?.. »
Lui confermò la supposizione con continui scuotimenti, « Sei tu che vuoi venire con me..?  »
 ma mentre pronunciò la seconda domanda si voltò, come se la risposta No gli fosse già stata data, anche se invece sapeva che la creatura gli avrebbe risposto Si, ma non voleva immettere nel suo viaggio creature che più avanti se ne sarebbero potute pentire, vista la difficoltà che sapeva lo avrebbe aspettato.
Il Frillish blu, con occhi leggermente accecati d'ira raccolse le forse e lanciò nella sua direzione un funestovento, folate di vento violacee che lo colpirono con forza e lo fecero cadere in avanti, sbalzato dall'urto.
Si rialzò e si voltò indietro, con la stessa ira del pokémon, ma ben più seria.
« Non ti voglio con me, più avanti potresti pentirtene amaramente della tua scelta!!.. »Nell'istante stesso che pronunciò l'ultima sillaba lo stesso timbro di voce di quelle che gli ronzavano in testa, per una volta nella sua vita pronunciò un sussurro con un senso compiuto, mentre prima producevano solo lamenti : «  ..Quell''amaramente', non esiste..  »
Frillish aveva comunque la determinazione nel suo sguardo ma si riavvicinò senza ostilità verso Brandon.
C'era un ponte tra lui e quel pokémon, che sembrava trasportare le loro emozioni e le loro parole, risparmiando loro il viaggio della voce:
Con quell'intesa, capì qualcosa in quel Frillish, che lo spinse a caricare quella Velox Ball sul palmo del Pokè-Pulsar predendola dal suo zaino per catturarlo, sapendo che la sua determinazione avrebbe protetto il ragazzo anche nel suo nero futuro.
Seguirono attimi di silenzio, poi riportò fuori il pokémon dalla velox ball e la immagazzinò virtualmente ponendola sopra al display rotondeggiante del suo congegno ' Pulsar '.
Decise dunque di riavviarsi verso il piccolo tunnel che lo conduceva alle porte della città di Quattroventi, un tunnel corto e simile all'entrata di una metropolitana per la tipologia di pareti, ma che aveva dall'altro lato il sentiero immerso nel verde che procedeva verso Levantopoli.
Una volta fuori, con Frillish al suo fianco nel silenzio più assoluto, volse lo sguardo all'orizzonte e quella coincidenza sembrò essere la medicazione esatta alla ferita aperta da quell'incubo avvenuto nella piazza di Quattroventi : Un altro suo coetaneo forse di un anno in più, con capelli lunghi e verdi di una tonalità di verde identica alla sua, un cappello nero e bianco sul capo, con alcuni gadget attaccati sulla cintura o su una collana. La maglia bianca limpida fece risaltare lo sguardo di quel ragazzo in lontananza che se ne stava andando, ma che  guardò indietro notando lo sguardo del sedicenne che lo osservava da lontano.
Gli occhi di entrambi si scambiarono uno sguardo di un attimo che ne durò dieci, simile ad una persona che osserva la propria figura riflessa, ma loro erano due persone diverse, ma simili oltre che per i capelli verdi,  anche un ideale, che loro avevano in comune, e che più tardi li avrebbe fatti incontrare...
  
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