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Autore: Woland in Moskau    06/01/2012    2 recensioni
"Ci sono tante di quelle storie che ognuna delle sette miliardi di persone che popolano la Terra potrebbe raccontare. Storie di amore, di odio, di guerra, di pace, banali, interessanti, brevi o lunghe. In ogni caso, ognuna di questa è un piccolo frammento di chi la racconta, che in un certo senso decide, per i più svariati e biasimabili (o non) motivi, di condividerla con chiunque abbia voglia di ascoltarlo.
Al che dirai, ebbene? Ebbene oggi sento che sia arrivato il mio turno di spartire qualcosa con una piccola -o grande- parte di mondo che abbia voglia di ascoltarmi, ossia tu."

(OC! Yaoi!)
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I
“Dottor… Stranamore?”



 


Parigi, Marzo 2010

 
“Ci sono tante di quelle storie che ognuna delle sette miliardi di persone che popolano la Terra potrebbe raccontare. Storie d’amore, di odio, di guerra, di pace, banali, interessanti, brevi o lunghe. In ogni caso, ognuna di questa è un piccolo frammento di chi la racconta, che in un certo senso decide, per i più svariati e biasimabili (o non) motivi, di condividerla con chiunque abbia voglia di ascoltarlo.
Al che dirai, ebbene? Ebbene oggi sento che sia arrivato il mio turno di spartire qualcosa con una piccola o grande parte di mondo che abbia voglia di ascoltarmi, ossia tu. Parto sempre dal presupposto che magari, come me, alcune persone trovano piacere ad immedesimarsi e rendersi partecipe di esperienze altrui, anche solo per imparare qualcosa di nuovo e trasmetterlo a chi vogliono, o semplicemente per poter dire a un amico “Ah sì, la sapevo già questa!”.
Comunque, sto dilagando. Me l’hanno sempre detto:  “Samantha cara, non hai il dono della sintesi!” I maestri quando avevo cinque/sei anni e avevo appena cominciato le elementari, i miei genitori quando mi chiedevano una qualsiasi cosa e pure i miei amici, pochi amici che ho. E chi se ne frega, voglio dire, non è che se uno ha un difetto bisogna sempre rimarcarglielo, no? Ma perlomeno, essendomi stata fatta notare questa cosa, tenterò di non essere prolissa e inconcludente (per quanto mi riesca alquanto difficile).
Dunque, avrai capito che mi chiamo Samantha, nome orribile che ho sempre odiato sin da quando ero piccolissima, non a caso mi faccio chiamare Sam da tutti, conoscenti e non, anche se sono una ragazza. Sì, se te lo stai chiedendo, mi hanno spesso preso in giro, soprattutto perché sono un maschiaccio (o qualsiasi cosa di egualmente trasandato ci vada vicino, ma sono stereotipi del cazzo, suvvia), ma non sono particolarmente suscettibile sull’ambiguità di “Sam”. Basta non essere chiamata Samantha. Ecco ho già detto questo nome troppe volte, d’ora in poi sono Sam, solo Sam.
La presunzione che mi porta a pensare di poter raccontare una storia, la mia storia, è la mia stramba famiglia, anche se preferirei definirla particolare. Potrei dire di avere due padri, o una madre maschio (?) e un padre, o un padrino e un padre, o qualsiasi altra baggianata moralista ci vada vicino, semplicemente i miei genitori sono una coppia omosessuale. Chiaramente non sono loro figlia biologica, mi hanno adottata quando ero ancora in fasce (non voglio nemmeno immaginare come avrebbero potuto mai concepirmi…), però la cosa non mi ha mai causato particolari danni o non è mai stata particolarmente imbarazzante, certo ogni tanto le gaffes di maestre e genitori di amici mi mettevano un po’ a disagio, ma dopo un po’ ho iniziato a trovarle semplicemente divertenti! Anche perché non penso di aver avuto particolari mancanze, o tare sociali, o cose di questo tipo citate e abusate nei libri di psicologia per casalinghe quarantenni. Il mio essere un po’ sulle mie o a volte un po’ asociale è assolutamente irrilevante, anche perché vivo tranquillamente la mia età e (anche se odio ammetterlo) sono una normalissima adolescente terrestre (non entriamo in ambito di nazionalità che è meglio, genitori patriottici!), forse un po’ troppo (tanto) goffa nei confronti del sesso forte, ma d'altronde ognuno ha i suoi punti deboli, a prescindere dal sesso dei propri genitori, chiaramente. Prima di iniziare con le cose interessanti, ossia con la narrazione vera e propria, vorrei anche far presente che oltre ai miei gaissimi genitori, c’è tutto un contorno di persone che potrei definire folle, ma che in realtà adoro con tutta me stessa e che mi hanno aiutato e mi aiutano tuttora a crescere. Non so chi mai leggerà questa “cosa” che idea si farà di me, non so nemmeno perché sto spedendo la suddetta “cosa” alla posta del negozio di zio Francis. Forse perché vigliaccamente so che tra qualche ora sarò nuovamente in Inghilterra a sentire i miei litigare sugli scones bruciati o sulle proprie abitudini fastidiose, va be’, fatto sta che in qualche modo ho infilato la mano nell’orribile barattolo rosa di zio Francis. Non ho molte aspettative, ma non si sa mai. Cacchio, non posso credere di averlo fatto davvero!”

 
Synister rigirò la lettera tra le mani, rileggendo frasi sconnesse a caso, sorrise inconsciamente sollevando un sopracciglio. Questa Sam doveva essere un tipo simpatico.
-Hey cherì! Vieni un attimo qui, ho bisogno che mi dai una mano con l’inventario!-
La voce squillante del suo capo lo chiamò dal retrobottega, riportandolo alla realtà dei fatti. Si passò una mano tra i capelli e con i suoi passi lunghi e allampanati, buffi a dirla tutta, raggiunse il raggiante Francis che con un sorriso splendente gli passò una cartelletta contenente numerosi fogli scritti con una calligrafia minuziosa e stretta, perfetta, nello stile dell’uomo. Per quanto Francis avesse raggiunto e passato ormai i quarant’anni, sembrava ancora un giovanotto. Aveva un fisico aitante e slanciato, era curato ed elegante, con la sua barba finta trasandata e i suoi lunghi capelli biondi, spesso legati sulla nuca. A volte era un po’ eccentrico, ma di certo Synister non era il tipo più adatto per fare osservazioni di quel tipo. I suoi capelli arancio, la sua eccessiva magrezza e le occhiaie che perennemente accompagnavano gli occhi un po’ a palla di certo non lo facevano passare inosservato.
-Mon Dieu! Morirò con tutte queste porcellane da sistemare e catalogare!-
Il ragazzo lo guardò spaventato, d’altronde lavorava lì da meno di una settimana e di certo non si aspettava di dover passare in rassegna ogni singolo prodotto di quel magnifico – e soprattutto contenente ogni sorta di oggetto- negozio.
-Ahahah, stai tranquillo amì, non volevo spaventarti!-
A volte Francis tendeva ad essere un tantino melodrammatico, come sua zia Betsy quando perdeva di vista il suo amato gatto persiano, Pervinca. Che nome poi da dare a un gatto. Il ragazzo scrollò la testa, tentando di eliminare dalla memoria la voce gracchiante e il viso cadente della parente, che fortunatamente non vedeva da tempo.
Posò lo sguardo involontariamente sulle mani e si accorse della lettera che aveva trovato vicino alla cassa, in un barattolone strano, tutto decorato secondo il gusto –opinabile- di Francis.
-Francis, posso chiederti una cosa?-
-Certo caro!-
Synister fece scivolare piano la lettera che aveva prelevato involontariamente –ma che non avrebbe dovuto prendere- in una tasca posteriore dei suoi jeans logori e poi parlò piano, mentre Francis ancora cercava di dare un ordine a quel piccolo ma immenso magazzino.
-Ecco, esattamente qual è la funzione del barattolo all’ingresso?-
Il francese -già Francis era francese, non l’avreste mai detto eh?- spalancò gli occhi chiari e un enorme sorriso gli illuminò il volto. Prese il ragazzo per una spalla e gli spiegò raggiante:
-E’ un’idea un po’ così campata per aria! Settimana scorsa stavo parlando con Elizaveta, hai in mente? La ragazza ungherese che lavora alle poste, quella sposata con quel musicista austriaco sempre impettito…  Ecco sì, dicevo, io e la cara Elizaveta stavamo dicendo quanto i ragazzi al giorno d’oggi siano restii ad innamorarsi.-
-Eh?-
Synister sgranò gli occhi che, se possibile, divennero ancora più tondi e sporgenti.
-Già! E quindi abbiamo pensato di lasciare un mezzo attraverso il quale ci si possa scrivere qualcosa, attraverso il quale si possano conoscere nuove persone in un modo un po’ più romantico! Il bello è che oltre a lasciare le proprie storie a un certo punto, quando il barattolo è pieno abbastanza, si può solo pescare e di conseguenza decidere se iniziare una corrispondenza! Non è magnifique?-
Solo Francis avrebbe potuto avere un’idea così idiota, penso sospirando Synister, che però aveva ancora gli occhi a palla fissi nel punto in cui c’erano quelli melliflui e felici del datore di lavoro, che ora saltellava allegro in mezzo a vasi cinesi, porcellane di Bavaria e tappeti persiani di indubbia pulizia.
Per quanto l’idea potesse sembrargli idiota, a sua insaputa aveva fatto ciò che Francis si aspettava facesse: aveva pescato una lettera. E sì, ora voleva proprio cominciare una corrispondenza, magari questa Sam era un tipo simpatico.
 

*


 
 
 
Ebbene sì! Mi appresto a rilasciare un qualche cosa di nuovo, totalmente nuovo, anche per le solite cose che normalmente scrivo. Ho avuto un problema e il mio vecchio pc è muerto, letteralmente. Così tutte le vecchie fan fictions sono andate perdute (non a caso non aggiorno da secoli…). Mi sembra triste decidere di toglierle drasticamente però, magari prima o poi riuscirò a riscrivere i capitoli perduti o chissà.
Comunque, eccomi qui. Faccio una piccola premessa, ci sono e saranno molto presenti i personaggi di Hetalia (che sottolineo non mi appartengono in alcun modo) chiaramente, ma come potete vedere ho inserito due personaggi originali, che sono un po’ il fulcro della vicenda. Inutile dire che la storia si baserà su uno strano e bizzarro scambio epistolare, nato da un’idea un po’ pirla (sì dai è banale ahah) della mente perversa ma romantica di Francis! Niente alla “C’è posta per te”, anche se il titolo è lo stesso, diciamo che mi sono ispirata solo per questo. La butto come idea, a chi piaccia mi segua!
Un bacione,
Ami

 
  
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