Correva
con quanto più fiato aveva in gola. Le gambe, tanto era il
dolore, sembravano
esili fuscelli che il vento avrebbe potuto spezzare da un momento
all’altro. I
polmoni, minacciavano di scoppiare da un momento all’altro.
Ma non aveva alcun intenzione
di fermarsi. Non poteva. Proprio quando ormai tutto sembrava perduto,
una
grande roccia si presentò ai suoi occhi, dandogli un
briciolo di speranza, allo
stesso modo in cui un uomo scorgeva un bagliore di luce in un tunnel
buio e
impenetrabile che non sembrava avere mai fine. Con un abile salto,
scavalcò la
roccia, per poi nascondersi dietro. Si portò entrambe le
mani alla bocca,
preoccupato che il respiro irregolare potesse rivelare la sua posizione
al
terribile inseguitore. Dopo aver recuperato la capacità di
respirare
normalmente, aguzzò l’udito, nella speranza di
sentire i passi del nemico che
si avvicinava. Ma sentì solo il fruscio del vento che
scompigliava gli alberi.
Allora, dopo aver preso l’ennesimo profondo respiro,
provò a sbirciare al di là
del suo nascondiglio improvvisato. Niente. L’aveva seminato,
finalmente. Il suo
sollievo finì all’istante, quando una mano gli si
poggiò sulla spalla.
“Trovato!”,
urlò entusiasta, mentre le labbra si piegavano in un ghigno.
La
vittima, si scrollò da dosso la mano e incrociò
le braccia al petto, assumendo un’espressione
imbronciata. “Uffa Trunks! Vinci sempre tu!”.
Il
bambino dai capelli viola poggiò le mani sui fianchi, mentre
accentuava ancora
di più il ghigno, in un perfetto incrocio di atteggiamenti
delle persone cui
era figlio.
“Ovviamente”,
disse in un tono a dir poco fastidioso.
“La
prossima volta vincerò io!”, sbottò
sicuro l’altro.
“Hai
detto la stessa cosa anche dieci minuti fa”.
“Ah”,
rispose ingenuamente, scompigliando la stramba capigliatura
più di quanto già
non fosse.
“Trunks,
Goten! Ma dove diavolo siete finiti?”. I due amici smisero di
litigare
all’istante.
“Siamo
qui, papà!”, urlò il più
piccolo dei due. Goku sbirciò oltre la roccia.
“Ah
finalmente!”, sorrise vittorioso. “Trunks, tua
madre ha chiamato. Devi tornare
a casa!”.
“Così
presto?”, urlarono in coro i piccoli.
“Eh
eh! È quasi buio, ormai!”. Erano così
presi a giocare, che avevano completamente
perso la cognizione del tempo.
“Perché
non resti a dormire?”, chiese speranzoso il piccolo Goten.
“Mi
piacerebbe molto, ma se non torno a casa papà si
arrabbia”, ammise lui,
chinando il capo.
“È
sempre il solito, non cambierà mai”, disse Goku,
sorridendo.
“Beh,
allora io vado!”. Trunks si librò in aria.
“Grazie dell’ospitalità!”,
urlò poi,
e aumentando l’aura, partì a velocità
supersonica.
“Ciao!”,
salutò il piccolo Goten, sventolando una mano.
La
notte era ormai calata, inghiottendo anche l’ultimo raggio di
sole che
illuminava il paesaggio che scorreva velocemente sotto di lui. Trunks
volava al
massimo delle sue potenzialità. Era preoccupato. Sua madre
l’avrebbe
rimproverato di sicuro. Per non parlare di suo padre, che, a differenza
della
moglie, l’avrebbe sgridato non per essersi trattenuto
così a lungo, ma per
essere stato lì. A casa del suo peggior nemico, a giocare
con suo figlio. Non
fece altro che pensare ad una scusa credibile, finché il
verde scuro dei boschi
sottostanti a lui fu sostituito dalle luci scintillanti della
città dell’Ovest.
Non appena intravide casa sua, azzerò l’aura, e
scese lentamente, fino ad
atterrare sulla terrazza. Al suo internò, pote scorgere i
suoi genitori, che
mangiavano in silenzio, cosa alquanto ricorrente. Non che i suoi
genitori non
andassero d’accordo, anzi. Dal suo punto di vista, quei due
si amavano più di
chiunque altro nell’intero universo. Ma, con un padre come
Vegeta, aveva
imparato che a volte l’affetto, poteva essere dimostrato
anche stando
semplicemente in silenzio. In quel momento, infatti, sua madre mangiava
tranquillamente, e suo padre, al posto dell’immancabile
espressione taciturna e
riservata, sembrava calmo e rilassato. Sembrava. Perché,
guardandolo meglio, si
poteva notare la mascella serrata, segno di un pessimo umore. E Trunks
sapeva
che era causato dalla sua lunga assenza. Dopo aver contato mentalmente
fino a
tre, si mosse con passo deciso e sicuro. Entrò direttamente
dalla veranda,
attirando su di se l’attenzione dei due coniugi.
“Ehm…
sono tornato”, riuscì a balbettare, poi sorrise
demoralizzato.
“Trunks!”,
urlò sua madre, alzandosi e sbattendo entrambe le mani sul
tavolo. “Ti
sembra questa l’ora di tornare?”,
continuò poi.
Nonostante
avesse pensato alle più svariate e patetiche scuse, il
piccolo di casa Briefs
si limitò a dire “Scusa”, mentre
abbassava lo sguardo verso il pavimento.
Bulma
incrociò le braccia al petto e sbruffò
sonoramente, il che voleva dire che
l’aveva già perdonato. Stava per invitarlo a
sedersi a tavola, quando il
principe dei Saiyan, guardò il figlio in un modo a dir poco
spaventoso.
“Hai
sprecato un’intera giornata solo per stare in compagnia del
figlio di quel
traditore?”.
Trunks
non pote fare a meno di notare la vena pulsante sulla tempia del padre.
Avrebbe
preferito di gran lunga darsela a gambe, e rifugiarsi nella sua stanza,
ma
sapeva che un atteggiamento del genere non avrebbe fatto altro che
peggiorare la
situazione. Suo padre detestava i codardi, specie se a comportarsi
così era suo
figlio. Raddrizzò le spalle, e alzò la testa,
puntando i suoi vivaci occhi
azzurri, in quel momento docili e spaventati, in quelli neri, profondi
e severi
del padre. No, lui non era un codardo.
“Si”,
cominciò, poi, vedendo che la sua voce non aveva nessuna
nota tremante,
aggiunse. “Sono rimasto a giocare con Goten”.
Vegeta
ghignò. Ma non era il suo solito ghigno, quello che spesso
usava per schernire
e insultare ogni essere vivente, no. Quello era un ghigno misto a
stupore e
incredulità.
“Giocare?”,
sputò quella parola come fosse veleno. “Invece di
perdere tempo a giocare con quel
buono a nulla, ti
saresti dovuto allenare con me!”. Il tono di voce era rimasto
sempre lo stesso,
ma le parole usate e gli occhi colmi di rabbia, avevano reso
perfettamente il
concetto. Trunks spalancò gli occhi, resistendo a malapena
all’impulso di
spostare lo sguardo dal volto furioso del padre.
“Eh
no, mio caro!”, s’intromise Bulma, puntando
l’indice contro il marito. “Non
puoi rimproverare tuo figlio per aver giocato con un amico!”.
Vedendo che non
rispondeva, rincarò la dose. “Ha soltanto sette
anni!”.
“Tsk,
io alla sua età avevo già conquistato una decina
di pianeti!” e rivolse alla
moglie uno sguardo truce. Bulma mise le mani sui fianchi, assumendo uno
sguardo
omicida degno di un killer. “Non m’interessa cosa
facevi tu alla sua età!
Trunks ha il diritto di giocare…”.
“No”.
Bulma si fermò all’istante, incerta se quel
piccolo sussurro fosse stato
pronunciato o meno. “No”, ripetè con
maggiore enfasi il piccolo mezzosangue,
vedendo che l’attenzione di entrambi i genitori era tutta per
se. “Papà ha
ragione!”, urlò poi, correndo verso la sua stanza.
Bulma guardò il figlio
sparire oltre il corridoio, incredula. Trunks aveva appena ricevuto un
rimprovero ingiusto da parte del padre, eppure continuava a difenderlo,
tanto
era il bene che gli voleva.
“È
incredibile”, sussurrò Bulma, rivolgendosi
più a se stessa che non a Vegeta.
“Ti rendi conto di quanto bene ti vuole?”, disse
poi, guardandolo. “Ti difende
anche se sei tu ad avere torto!”. Vegeta, per tutta risposta,
si limitò a
lanciarle uno sguardo disinteressato. La donna fece finta di niente,
riprendendo a parlare. “Vuole più bene a te che a
me”.
Vegeta
si voltò di scatto alla sua destra, incrociando le braccia
al petto. “Non m’interessa”.
Bulma gli lanciò un’occhiataccia, poi, senza
degnarlo d’ulteriori attenzioni,
cominciò a sparecchiare la tavola.
Nel
frattempo Trunks, invece di andare in camera sua, era rimasto in
corridoio ad
origliare. Preoccupato che a causa sua i suoi genitori potessero
cominciare una
lite. Ed ora era lì, immobile, a fissare il vuoto. Non
poteva credere a quello
che aveva appena sentito. Essendo un bambino, aveva interpretato in
maniera
diversa l’ultima frase pronunciata dalla madre: lei era
convinta che suo figlio
non le volesse bene. Doveva assolutamente parlarle, ma non in quel
momento; suo
padre era ancora lì, seduto a tavola che pensava a
chissà cosa, e Trunks voleva
poter parlare da solo con sua madre. Decise così di
aspettare che quest’ultima
si dirigesse nel laboratorio, cosa che ogni sera era solita fare.
Dopo
aver fatto partire la lavastoviglie, Bulma si diresse verso il
laboratorio. Non
indossò la tuta da lavoro, visto che quella sera doveva
creare un prototipo a
computer. Si sedette alla scrivania, e non appena il suo portatile
d’ultima
generazione fu pronto all’uso, cominciò a far
scivolare le dita lunghe e
affusolate sulla tastiera. Era diventata talmente abile ormai, che
riusciva a
scrivere velocemente senza distogliere lo sguardo dal monitor.
Continuò così
per dieci minuti buoni, finché qualcuno bussò
delicatamente alla porta. Bulma
si voltò sorpresa. Chi mai poteva essere?
“Avanti”,
disse, impaziente di vedere chi fosse.
La
porta si aprì ed una piccola testa lilla fece capolino.
Bulma sbatte le
palpebre più volte, per assicurarsi di aver visto bene.
“Trunks,
tesoro! Come mai sei ancora sveglio? Non ti senti bene?”.
Nella sua condizione
di madre, già temeva chissà quale sventura
potesse essere capitata al proprio
figlio.
“Sto
bene”, sussurrò lui, che nel frattempo era
entrato, e non smetteva di osservare
il pavimento.
Bulma
inclinò la testa di lato, incuriosita.
“C’è qualcosa che non va?”.
“Ecco,
io…ti devo parlare”. Si avvicinò a sua
madre, senza però guardarla in faccia.
Bulma
girò la sedia verso di lui, e gli sorrise, incoraggiandolo a
parlare. Trunks
osò guardarla in faccia, e vedendo la madre sorridere,
cominciò a parlare.
“Io…mamma,
lo sai che ti voglio bene, vero?”.
Bulma
sgranò i bellissimi occhi azzurri, in un primo attimo di
smarrimento per una
domanda così improvvisa, poi gli sorrise dolcemente.
“Ma
certo tesoro! Come ti viene in mente una domanda del genere?”.
“Voglio
tanto bene a papà, ma ne voglio anche a te!”,
continuò lui, ignorando la sua
domanda. Bulma sorrise, riuscendo a capire finalmente il motivo di
quella
domanda. Trunks doveva aver ascoltato la sua conversazione che aveva
avuto poco
prima con Vegeta.
“Io
ti voglio bene, mamma!”, ripetè Trunks, puntando i
suoi occhietti in quelli
identici della madre. Bulma sorrise commossa, poi si alzò, e
inginocchiandosi,
lo strinse con forza al suo petto. Se non fosse stato per la sua
metà origine
aliena, l’avrebbe soffocato.
“Lo
so, piccolo mio”. Trunks ricambiò
l’abbraccio, nonostante detestasse le cose
sdolcinate. Quella sera, però, era diverso. Avrebbe fatto
qualsiasi cosa pur di
dimostrare quanto importante fosse per lui sua madre, a costo di farsi
trovare
da suo padre in quell’abbraccio carico d’amore. La
prima a staccarsi fu Bulma,
che gli scompigliò i capelli in un gesto affettivo. Trunks
sorrise, felice di
essere riuscito nel suo intento.
“Sai
che ti dico?”. Bulma si alzò. “Per
questa sera il lavoro finisce qua”, e
dirigendosi verso la scrivania, dopo aver salvato il tutto, chiuse il
portatile.
“Che
ne dici di guardarci un bel film?”, propose, senza smettere
di sorridere.
“Si!”.
Trunks sorrise raggiante, e insieme alla madre, uscirono dal
laboratorio.
Vegeta
se ne stava tranquillamente seduto sul divano, i piedi comodamente
poggiati sul
tavolino, nonostante sua moglie gli avesse urlato contro più
volte di non
farlo. Con il telecomando puntato al televisore, premeva ripetutamente
i tasti,
facendo avanti e indietro con i canali. Non che gli interessasse
qualche
programma, ma quella sera era particolarmente annoiato. Per un attimo
meditò di
far esplodere l’elettrodomestico, nella speranza di animare
quella serata.
Delle voci provenienti dal corridoio catturarono la sua attenzione. Sua
moglie
e suo figlio fecero l’ingresso in salotto. Entrambi
sorridevano. Che diavolo
era successo a quei due? Fino ad un momento prima, la donna era
arrabbiata
nera, e il bambino, si lamentava come sempre. Trunks corse a sedersi
sul
divano, accanto al padre, mentre Bulma si diresse un attimo in cucina.
“Papà!
Io e la mamma ci guardiamo un film! Rimani anche tu?”. Sul
volto del bambino si
poteva vedere la speranza di chi attendeva una risposta affermativa.
Vegeta si
limitò a guardarlo, senza rispondere. Trunks
cambiò subito espressione, temendo
un rifiuto da parte del padre. In quel preciso instante
tornò Bulma, con un
vassoio contenente tre coppette stracolme di gelato. “Ma
certo che rimane”,
disse lei sorridendo, mentre poggiava il vassoio sul tavolino accanto
ai piedi
del marito, ai quali diede un sonoro schiaffo.
“Non è vero, caro?”,
aggiunse, indurendo il tono della voce. Vegeta
tolse i piedi dal tavolino, poggiandogli a terra, poi prese una coppa
di gelato
e cominciò a mangiarla. Bulma sorrise vittoriosa e anche
Trunks che considerò
quel gesto come un si. Dopo aver preso il gelato, si
posizionò al centro, tra
suo padre e sua madre.
La
serata trascorse piacevolmente, tra le risate e i commenti ironici di
madre e
figlio e i silenzi infastiditi del padre, che trovava la trama comica
del film
alquanto ripugnante. Finito il film, Trunks andò a dormire
felice, non prima di
aver scoccato un bel bacio sulla guancia della madre, che
ricambiò
abbracciandolo, e su quella del padre, che lo guardò
sconcertato. Stava per
imprecargli contro, ma il piccolo si era ormai allontanato, saltellando
allegramente.
Angolino
di LadyInDark.
Per
chi non l’avesse ancora capito, vado pazza per questa
famiglia, e cioè quella
della saga di majin-bu, esclusa quindi, Bra v.v Ho avuto seri problemi
per
scrivere questa One-Shot, siccome, a metà
dell’opera, la corrente è andata via.
La mia espressione è stata più o meno questa O.O
Fortunatamente avevo salvato poco prima,
quindi non è andato perduto tutto! Detto questo, voglio
ringraziare chi
riuscirà a leggerla tutta (eheh, è venuta un
po’ lunghetta ^^), ma anche a chi
commenterà o a chi si limiterà a leggere ^^