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Autore: Alexandra_ph    07/01/2012    5 recensioni
Harm e il volo: cosa significa per lui, quali emozioni gli regala.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bud Roberts, Harmon 'Harm' Rabb
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota dell’autore:

 Mi ha sempre affascinato l’immagine di Harm con lo sguardo perso all’orizzonte, ad osservare i caccia che decollano da una portaerei.

Da quell’immagine è nato questo racconto.

 Buona lettura!

Inoltre…             

 

“Eccolo!” pensò, osservando l’alta figura stagliarsi contro l’orizzonte.

Era lì, come sempre. Ogni volta che lo cercava, quando si trovavano in missione su una portaerei, lo trovava sempre sul ponte, ad osservare gli F-14 che decollavano e si perdevano in cielo.

Si fermò a guardarlo per un attimo. Era immobile, appoggiato con le mani al parapetto, con lo sguardo fisso sull’aereo che sarebbe stato in grado di pilotare come fosse una specie di prolungamento di se stesso. L’F-14 aveva appena acceso i motori e il pilota stava facendo il consueto cenno di ok, che aveva osservato fare anche a lui, ogni volta che lo aveva visto decollare.

Attese che l’aereo si alzasse in cielo e vide che anche il suo sguardo si sollevò verso l’alto, a seguire il volo del caccia: l’avrebbe seguito finché non sarebbe scomparso dietro alle nuvole, e anche oltre…

Gli si avvicinò.

“La stavo cercando, capitano”.

Non gli rispose subito. Si voltò lentamente verso di lui, con negli occhi ancora tutto il suo desiderio di essere lassù. Poi gli fece un sorriso, il suo solito sorriso che gli faceva capire che lo perdonava per averlo costretto a tornare sulla terra.

“Ciao, Bud.”

“Signore, il comandante mi ha pregato di riferirle che la desidera al suo tavolo, a cena, stasera. Vuole discutere con lei degli sviluppi del caso”

“D’accordo, Bud. Grazie. Riferiscigli che ci sarò” rispose, tornando subito con lo sguardo verso l’orizzonte.

Il tenente Roberts lo osservò ancora un attimo, poi si decise e gli chiese:

“Lo rimpiange, vero?”

Harm non rispose. Bud fece per allontanarsi, credendo che non lo avesse sentito. Ma la sua voce lo fermò.

“Sai, Bud, a volte darei non so cosa per essere ancora al posto di uno di quei piloti…”

“Perché ha smesso, allora? Perché, anche dopo aver ripreso la carriera di pilota, ha deciso di tornare al Jag?”

Harm si voltò verso di lui e lo guardò di sottecchi, quasi a chiedersi cosa avesse spinto il tenente, nonostante la loro amicizia, a fargli una domanda tanto personale. Tanto intima.

Nessuno mai gli aveva davvero chiesto perché, dopo esser tornato a pilotare i caccia una volta eliminato il suo difetto di visione notturna, alla fine avesse deciso, di sua volontà questa volta, di tornare alla carriera d’avvocato.

Nessuno. Neppure Mac.

“Mi scusi, signore. Non volevo essere invadente…” si precipitò a dire Bud, appena scorse l’espressione del capitano Rabb.

Ma lui lo interruppe:

“Il mio cuore, ormai, era diviso in due. E un pilota non può avere il cuore diviso in due. Il cuore di un pilota di caccia, di un pilota da combattimento, deve essere solo per il suo aereo. Altrimenti è troppo rischioso.”

“Non capisco, signore. Credevo che lei adorasse pilotare gli F-14…”

“Ed è ancora così. Vedi, Bud: io sono nato per fare il pilota. All’inizio, quando ero in accademia e studiavo per diventare un ufficiale di Marina, pensavo d’aver scelto questa carriera solo per seguire le orme di mio padre. Per diventare un pilota militare come lui. A volte mi ero pure chiesto se davvero lo volessi. Finché non entrai a far parte di una squadriglia… Allora scoprii che quando sono lassù, tutto cambia. Quando sono lassù, in volo, per me è come rinascere ogni volta. E non è come pilotare il mio Stearmen. E’ tutt’altra cosa…”

“E’ più eccitante?” chiese Bud, incoraggiato dalla loquacità di Harm. Era abile con le parole, e aveva potuto sperimentarlo molto spesso, vedendolo agire in tribunale. Ma in privato, era sempre restio a confidarsi, anche se lui sapeva di essere un privilegiato, perché, nonostante tutto, con poche frasi, lo aveva messo spesso al corrente dei suoi pensieri più intimi.

Lo vide sollevare di nuovo lo sguardo al cielo e perdersi nel suo mondo sopra le nuvole.

“E’ diverso. Più eccitante, anche. Ma soprattutto diverso. Pilotare uno Stearmen mi fa sentire libero, felice… lo paragono a quando, da piccolo, giocavo in giardino, a quando mi arrampicavo sugli alberi o a quando correvo a perdifiato… una specie di gioco, insomma.”

“Per lei, magari, signore! Perché lei lo sa fare… “ disse Bud.

“Certo, Bud. Tu hai un’altra idea del gioco, vero?” gli rispose scherzando. “Per te, giocare, è stare al computer…”

“Già. E’ un’attività che mi è più consona!” ridacchiò il tenente.

Harm gli sorrise; poi riprese:

“Quando sono su un caccia, invece, non mi sento più come se stessi giocando. L’aereo diventa una parte di me, e io sono tutt’uno con esso. Tutti i miei sensi sono all’erta. La mia concentrazione raggiunge il massimo. Non sento neppure paura: magari l’ho avuta prima di una missione, oppure dopo, ma non nel momento in cui accendo il motore e decollo… Da quell’istante esisto solo io, io e l’aereo. Adrenalina pura, capisci Bud? La mia capacità di farlo decollare, dirigerlo dove voglio per compiere la missione e farlo atterrare di nuovo su una portaerei… e l’aereo, un gioiello della tecnica, che obbedisce ai miei comandi…”

“Ma non è stato sempre così… Ha avuto due gravi incidenti, signore. Eppure…”

“Lo so, Bud. Ma è un amore assoluto, il mio. Poter volare è come sapere di poter respirare per vivere! Pilotare un caccia, per me è una sfida continua con me stesso, una sfida che mi fa sentire uomo. Tuttavia, per dare il massimo, come pilota di una squadriglia, tutto il tuo sentirti uomo deve ridursi a questo, all’aereo stesso. Nulla deve interferire, nei tuoi pensieri, per non perdere il controllo. E non devi mai perdere il controllo, perché ho imparato che se perdi il controllo, muori.”

“E’ per questo, allora, che ha deciso di tornare al Jag?”

“Quando ho potuto essere io a scegliere, ho scoperto che anche fare l’avvocato m’impegna allo stesso modo. Anche vincere una causa in tribunale, soprattutto una causa in cui credo, è come una sfida. Quando ripresi a volare, mi resi subito conto che la mia mente non era più solo per gli aerei, per la squadriglia. Aver interrotto la carriera di pilota, essermi appassionato alla legge, mi ha fatto scoprire altri modi per vincere sfide con me stesso. Ma questo ha diviso il mio cuore… La mia decisione è stata inevitabile. Come per un genitore, quando è costretto a prendere atto che deve lasciar andare suo figlio: non lo vorrebbe mai fare, ma sa che è solo per amor suo che deciderà di farlo.

Quando mi trovi qui, ad osservare gli F-14 che decollano o che tornano alla base, è perché a volte rimpiango di aver scoperto anche la passione per la professione di avvocato e tutto un altro mondo, altre persone… che mi hanno fatto capire che nella vita esiste altro, oltre ad essere un pilota di caccia.  Non rimpiango di aver scelto di non esserlo più: sono sicurissimo d’aver fatto la scelta giusta. Col cuore diviso in due, non sarei stato un buon pilota da combattimento!  Ma non potrei mai smettere di volare! Sapere di poter volare quando lo desidero è come essere certo di vivere… Per questo seguo sempre le qualificazioni semestrali, anche correndo il rischio di finire in mare…” e i suoi occhi s’illuminarono in un sorriso monello, a quell’ultima frase.

Poi continuò, rivolgendo di nuovo lo sguardo al cielo:

“Quello che rimpiango è l’aver capito tutto questo. A volte rimpiango le circostanze che mi hanno fatto intraprendere la carriera d’avvocato, perché così ho scoperto che esiste anche altro, nella vita di un uomo…”

“Avrebbe preferito non saperlo mai?” chiese Bud. Ormai voleva sapere tutto. Quello che gli stava dicendo il capitano Rabb glielo faceva vedere sotto una luce nuova. Era convinto, fino a quel momento, che avesse fatto la scelta di tornare al Jag, solo perché si era reso conto di essere troppo vecchio in confronto ai piloti che avrebbero volato con lui. Oppure perché aveva ragionato che avrebbe avuto più possibilità di far carriera come avvocato, anziché come un vecchio pilota, costretto, probabilmente, a stare all’ultimo posto della classifica, rispetto i suoi compagni. E conoscendolo… pensava che non avrebbe retto un’umiliazione simile. Anche se, a quello che aveva sentito dire, continuava ad essere sempre il migliore, anche durante le qualificazioni semestrali.

Una scelta calcolata, insomma! Fatta solo per la carriera.

Invece quello che gli stava dicendo ora, gli faceva capire il contrario. La sua scelta non era stata fatta in nome della carriera, ma solo seguendo il suo istinto e il suo cuore; fatta unicamente per rispetto della sua grande passione: pilotare i Tomcat.

“Forse si… così non sarei stato costretto a scegliere. Ma in questo caso, non avrei conosciuto altri aspetti di me stesso. E non avrei incontrato persone speciali come quelle che lavorano al Jag. Amici come te, Bud.”

Distolse lo sguardo dall’orizzonte e guardò il tenente per un breve istante, Poi, immediatamente, abbassò gli occhi, come faceva ogni volta che sentiva di esporsi troppo. Ma gli sfuggì ancora una frase:

“Inoltre, se fossi rimasto con la squadriglia…”

Si rese conto d’aver parlato ad alta voce, seguendo il filo dei suoi pensieri. Ma quest’ultimo pensiero, non poteva esser detto. Doveva restare tale.

“Inoltre?” lo incalzò Bud, quando lo sentì tacere.

Harm lo guardò negli occhi e sorrise. Poi s’incamminò sul ponte, lasciando il tenente Roberts a chiedersi cosa avesse voluto dire.

Bud lo vide allontanarsi. Allora rientrò.

Harm fece ancora qualche passo: un altro F-14 stava per decollare. Si fermò a guardarlo, finché non vide anche quello diventare un minuscolo puntino nel cielo. E, mentre lo seguiva con gli occhi, terminò il pensiero che non avrebbe mai detto a Bud.

“ … inoltre, se fossi rimasto con la squadriglia, non avrei avuto lei accanto.”

  
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