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Autore: Minari OppaRi    08/01/2012    2 recensioni
“Cosa siamo noi?”
La domanda di mio fratello mi lasciò perplesso.
“Che intendi dire?”
Gli chiesi.
Dee sembrò esitare per qualche secondo
“Non possiamo essere considerati umani perché anche se moriamo poi rinasciamo.
Non possiamo considerarci umani perché al posto del organo chiamato cuore abbiamo un orologio.
Non possiamo considerarci umani perché siamo degli spietati assassini.
Quindi io mi chiedo.
Cosa siamo?”
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io ero io.
Dum era Dum.
Eravamo gemelli.
Due entità simili.
Ma allo stesso tempo differenti.
Eravamo i guardiani del cancello della villa Dupre.
Il motivo per cui lo eravamo ci era ignoto.
Quella era la nostra funzione e basta.
Non ci era permesso fare domande.
 



 
Io ero io.
Dee era Dee.
Due persone uguali ma profondamente diverse.
Persone?
Potevamo definirci cosi?
La sorellona Alice ci aveva detto più volte che le persone del suo mondo avevano un organo chiamato cuore.
Noi cosa avevamo?
Nel nostro petto non c’era niente che poteva essere definito battito.
Bastava chiudersi in un silenzio profondo per udirlo.
Udire un ticchettio.
Nel nostro petto c’era un orologio.
Fonte della nostra vita.
Tutti quelli del nostro mondo erano cosi.
 
 



Io ero io.
Dum era Dum.
Respiravamo.
Vivevamo.
Ma quella si poteva definire vita?
Bastava che il nostro orologio si rompesse e noi venivamo definitivamente sostituiti.
Rinascevamo.
Ma non eravamo più noi.
Ricordi cancellati.
Potevo essere ancora chiamato Dee ma non ero quello originale.
Un misero sostituto.
Avevo paura.
Per questo stavo attento a non morire.
Non volevo essere sostituito.
I giorni.
Le notti.
I momenti passati con mio fratello e la sorellona.
Quelli erano i miei ricordi.
Le mie emozioni.
Non li avrei mai persi.
 
 



Io ero io.
Dee era Dee.
Non avevamo un attaccamento preciso alla vita.
Ma non volevamo morire per nulla al mondo.
La nostra poteva essere definita ostinazione.
Volevamo dimostrare di essere noi i più forti.
Uccidevamo chiunque ci ostacolava.
A volte anche senza motivo.
Potevamo chiamarlo…
Divertimento.
“Cos’è la vita per voi?”
La sorellona Alice ci sgridava sempre.
Per lei la vita era un dono prezioso che non bisognava sprecare.
Noi sporchi di sangue la fissavamo.
La vita?
Per noi?
Dee sorrideva.
“E’ una domanda a cui non potremo mai risponderti”
Ce la cavavamo con quella risposta.
 
 



Io ero io.
Dum era Dum.
Fissavo dei cadaveri in modo inespressivo.
Morte.
Vita.
Mi sembravano solo parole senza un senso logico.
Il mio orologio ticchettava.
Potevo essere considerato vivo?
 


-“Gemelli guardiani, la vostra funzione è quella di proteggere la villa Dupre”-
 
 

Io ero io.
Dee era Dee.
Mi sembrava quasi si essere solo una pedina nella mani di qualcuno.
Vivo.
Morto.
Dove stava la differenza?
Se morivo venivo sostituito.
Non sarebbe mai cambiato nulla.
“Cosa siamo noi?”
La domanda di mio fratello mi lasciò perplesso.
“Che intendi dire?”
Gli chiesi.
Dee sembrò esitare per qualche secondo
“Non possiamo essere considerati umani perché anche se moriamo poi rinasciamo.
Non possiamo considerarci umani perché al posto del organo chiamato cuore abbiamo un orologio.
Non possiamo considerarci umani perché siamo degli spietati assassini.
Quindi io mi chiedo.
Cosa siamo?”
Riflettei un attimo sulle sue parole.
Feci spallucce.
“Mostri?”
Forse lo eravamo veramente.
“I mostri muoiono sempre”
Mi guardò fisso negli occhi.
“E noi non possiamo davvero morire”
Morire….
A volte ci pensavo.
Spararmi e distruggermi l’orologio.
 




Io ero io.
Dum era Dum.
Sapevo a cosa pensava mio fratello.
Più volte anche io avevo pensato alla morte.
Alla mia per essere precisi.
Uccidendomi tutto avrebbe avuto fine.
I miei dubbi.
I miei ricordi.
I miei dolori.
Qualcuno avrebbe preso il mio posto.
Un altro me.
“Non siamo umani, non siamo mostri.
Cosa siamo?”
Continuavo con la mia domanda.
C’era una risposta?
“Siamo due entità.
Io sono l’entità Dum e tu l’entità Dee”
Quella risposta non aveva senso e lo sapeva bene.
“Siamo entità organiche.
Entità immortali.
Io la penso cosi.”
Entità immortali?
Poteva essere.
“Siamo intrappolati in un gioco senza spiegazioni.
Siamo pedine.
Pedine che non possono essere distrutte.”
Dum sorrise.
Darci delle risposte non sarebbe servito a niente.
Ma noi tentavamo lo stesso.
Forse noi due.
Si, noi due.
Volevamo la stessa cosa.
Una morte vera e propria.
Per farci capire che noi come tutti gli umani potevamo morire.
Una morte in cui poi non saremmo stati sostituti.
Una morte che annunciava la fine degli umani Dee e Dum.
Era questo che volevamo.
 




Io ero io.
Io ero io.
Dee era Dee.
Dum era Dum.
Due gemelli.
Due entità.
Simili.
Ma anche differenti  

  
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