*rulli
di tamburi, sono tornata dalle vacanze e sono più attiva che mai! Ecco un nuovo
cap di questa breve fic. Breve rispetto a Till i collapse di 40 cap! Il prossimo
capitolo sarà quello finale, non piangete ora che lo sapete ma ho così tanti
impegni che non posso tirarla troppo per le lunghe, anche se ammetto mi
piacerebbe, penso farò più avanti una side story su Hyuga e Misugi perché è
una coppia insolita che mi piace veramente troppo! Bene…ora godetevi la pace
con questo cap. Buona lettura e grazie a chi fedelmente mi segue e mi commenta.
Baci Akane PS: dimenticavo, cerco collaboratori per questo blog che raccoglie
creazioni e creatori che hanno lasciato il segno: http://vampiri.iobloggo.com
Non fatevi ingannare da questa mia breve e stringata descrizione, visitate e
saprete di cosa si tratta.*
CAPITOLO
7:
POCO
A POCO
Solo
semplici singhiozzi s’udivano in quella stanza semi buia, pochi raggi di sole
pomeridiano filtravano dalla saracinesca abbassata e l’odore di chiuso e
medicine era certamente intenso e poco piacevole. Una figura alta e prestante
stava assistendo alla scena singolare, era appoggiata al muro come se vi fosse
stato spinto da qualche minuto e lì fosse rimasto senza muoversi, non per lo
shock ma perché ogni voglia di muoversi o fare qualsiasi altra cosa era svanita
nell’istante in cui era stato spinto lì e i singhiozzi si erano levati;
costui era un ragazzo molto affascinante dall’aria selvatica, lunghi capelli
neri incolti fino alle spalle, mezzo volto coperto dagli stessi ed un
espressione dove occhi di tigre facevano il loro sfoggio puntandosi avidi e
rabbiosi sugli altri due presenti. Li fissava e li scrutava come fossero prede
da mangiare…ma poi lentamente cominciarono a cambiare assumendo un altro tono,
quasi che il ‘cibo’ che aveva tentato di mangiare si era rivelato troppo
anche per lui, o forse indegno di essere divorato o magari avesse avuto pena o
simili. I due al lato opposto di
lui ove le sue pupille confuse con le iridi nere si posavano, erano seduti su un
letto dalle disfatte lenzuola bianche, uno portava le gambe fasciate per delle
ferite più o meno recenti e stava ricurvo col volto nascosto nella spalla e fra
le braccia dell’amico che lo copriva cercando di consolarlo a modo suo, con
fare impacciato ed incerto ma in un certo senso sollevato. La sua espressione
era mutata in un attimo da grave e preoccupata e perfino un po’ arrabbiata ad
una rilassata e serena, come dicesse:
‘Ora
andrà tutto bene.’
Rimasero
così per un lungo momento, tutti in silenzio a guardarsi e ad udire il pianto
dell’unico che finalmente aveva ceduto e si era arreso.
Non
si sarebbero mossi se qualcosa non li avesse interrotti. Fu lo squillo, il
solito consueto e banale squillo, del cellulare che ultimamente suonava
piuttosto spesso.
Genzo
lo lasciò andare per un po’ ma la consapevolezza che fosse ‘lui’ a
chiamare lo portò a muoversi, non voleva che mettesse giù pensando chissà
cosa. Inoltre aveva bisogno di sentire la sua voce, ora più che mai.
Tirò
fuori il telefonino e guardò il display dove lampeggiava il nome del chiamante
con la foto del suo sguardo ravvicinato: gelidi occhi azzurri inespressivi.
Lanciò
uno sguardo a Hyuga sperando prendesse il suo posto e provasse a consolarlo,
sapeva non l’avrebbe mai fatto infatti il moro nemmeno si mosse. Tsubasa si
mosse per lui posandosi sul cuscino, nascondendo di nuovo il volto stravolto
dalle lacrime che continuavano a scendere implacabili.
Genzo
si alzò pensando che comunque più di così non avrebbe potuto fare, si diresse
verso la porta e rispose:
-
Pronto, Karl?-
Nel
momento in cui apriva la porta per uscire si trovò davanti Jun e Taro, fu lì
che sorrise dimenticando di ascoltare la voce un po’ metallica e un po’ più
umana di sempre del suo ragazzo che gli rispondeva dall’altro capo del
telefono, fu un sorriso quasi radioso, più di gratitudine però. Molto bello
nel suo volto tenebroso fino a quell’attimo. Poi li passò sparendo nel
corridoio parlando in tedesco.
Ora
era di troppo.
Ciò
che accadde a Kojiro vedendo il viso dai perfetti lineamenti nobili e delicati
di Jun, vedendolo dopo parecchi giorni di astinenza, vedendolo dopo quel fatto
per lui shockante, fu l’apocalisse. Andò nel caos più completo e
dimenticandosi tutto, luogo, situazione, persone, arrossì visibilmente
imbarazzato irrigidendosi. Diventò una statua di pietra che fissava il castano,
egli entrò con passo felpato dopo aver compreso con un occhiata veloce la
situazione e sorriso rassicurante, il suo sorriso superiore a tutto e tutti che
infondeva certezze o fastidi a seconda di chi si trovava a riceverlo.
Quel
che fece invece Jun dopo aver capito quanto era accaduto, fu una fluida
camminata verso la tigre impietrita, infilarle la mano sotto il braccio e come
fossero una coppietta deliziosa, trascinarla fuori e dire con voce carezzevole e
calda:
-
Vieni, ti cercavo, dobbiamo parlare, sai? -
Solo
per lasciarli soli, senza bisogno di dirlo chiaramente o raccontare bugie. Dire
‘lasciamoli soli’ era troppo banale e non da Jun, dire una cosa del genere,
ovvero la pura verità, e prendere due piccioni con una fava, era proprio da
lui, invece…Kojiro non sarebbe più scappato e nemmeno Tsubasa.
Sapeva
che quei due avrebbero avuto più successo di loro, immaginava come, ma ce
l’avevano fatta e l’importante era il risultato.
Quando
si trovarono soli, Tsubasa e Taro inizialmente non fecero nulla. Rimasero fermi
come erano stati lasciati, il pianto cercava di essere domato mentre una sorta
di vergogna cresceva nel proprietario, non avrebbe mai trovato il coraggio di
alzare gli occhi e guardare Taro. Ne era sicuro, ma non sarebbe servita nessuna
spiegazione al compagno che fermo sullo stipite della porta, osservava la figura
che nascondeva il volto sul cuscino. L’assorbì con cura senza dover sforzarsi
di capirlo o decifrarlo. Ora ci riusciva.
Ci
riusciva di nuovo.
Come
un tempo.
Piegò
la testa di lato facendo attenzione a respirare leggero, assottigliò gli occhi
e sprofondò le mani nelle tasche dei jeans. In quel momento Tsubasa gli
appariva come un bambino, una persona che aveva passato la vita ad essere più
maturo degli altri per poter raggiungere presto il proprio sogno che poi per uno
shock improvviso si era trovato a regredire e voler essere solo un semplice
bambino, per vivere e affrontare le cose come non aveva mai potuto, con l’infantilità,
la semplicità, la schiettezza e l’esagerazione dei bambini! Ora si rivedeva sé
stesso e i suoi comportamenti come in un film e con oggettività riusciva ad
essere onesto fino alla vergogna.
Non
era il Tsubasa di un tempo, ma nemmeno l’alieno che quei giorni terribili
l’aveva ferito.
Improvvisamente
Taro riusciva a scorgere il tanto agognato schiarimento nel cielo coperto di
nuvole da troppo tempo, ormai.
Non
gli importava di ritrovare il vecchio amico pallone dipendente, anche quel nuovo
Tsubasa gli stava bene, un personaggio alla nuova ricerca di sé stesso che
cercava di risalire poiché lo voleva.
Non
c’era una nuova definizione per lui, ma l’avrebbe trovata presto, quando
avrebbe rialzato lo sguardo e accompagnato da lui sarebbe risalito dal fosso in
cui era sprofondato.
Non
era un passaggio veloce, anzi. Era un cammino lungo, lento e faticoso,
ricominciare da zero in ogni settore possibile, fare un gran lavoro su sé
stesso, cambiare per diventare qualcuno, un altro che non era mai stato ma
diventarlo, capire chi e diventarlo.
Richiedeva
uno studio non indifferente.
Quel
che fece poi Taro fu solo un semplice gesto, pochi passi e annullò la distanza
che li separava, Si sedette sul letto accanto a lui, posò una mano lieve sulla
schiena ricurva dell’altro che ancora tremava con fare irriconoscibile per la
fragilità rivelata, poi silenzio dalle loro labbra.
Solo
questo e Tsubasa si girò fulmineo come una saetta aggrappandosi a lui quasi
come si fa con un salvagente, infilò le mani fra i fianchi
e le braccia del compagno facendole sgusciare fino alla schiena ed
immediatamente affondò il volto nell’incavo del suo collo, premendo gli occhi
chiusi che gettavano fuori ancora lacrime per sé stesso, i suoi sogni infranti,
la sua vita da ricostruire, un labirinto intricato da superare in salita e la
persona più importante ferita proprio da lui.
Avrebbe
voluto chiedere perdono e fare domande, dire qualcosa, magari anche
giustificarsi…ma non gli uscì nulla dalla gola, nemmeno l’aria si muoveva
per le vie respiratorie. Si sentiva bruciare e con l’abbraccio ricambiato
almeno una cosa del caos che lo angosciava, era più chiara.
Non
sapeva se chiamarlo amore ma ci andava vicino.
Voleva
stare con Taro, per sempre. Senza mai più separarsi, l’avrebbe seguito
ovunque, avrebbe affrontato ogni cosa se lui gli avesse detto di nuovo quelle
parole che gli aveva urlato da arrabbiato.
-
Ci pensiamo insieme, non sei solo. Ci sono io con te.-
Non
ebbe però il coraggio di chiedergli se lo amava ancora nonostante tutto, non
sapeva se quelle parole potevano essere una sorta di dichiarazione o meno ma non
gli importava, gli aveva detto che rimaneva con lui. Bastava…
A
rispondergli arrivò Taro, fu lui a prendere l’iniziativa, prese il viso del
compagno fra le mani e con fermezza lo alzò portandolo davanti al suo, Lo guardò
con cura come lo vedesse per la prima volta, gli donò quel suo sorriso radioso
e contagioso e con dolcezza e delicatezza, lento e senza fretta, posò le labbra
sulle sue dapprima in un bacio leggero e carezzevole, poi approfondito con cura
e amore.
Non
potevano essere diversamente, loro due.
Ora
sarebbero risaliti insieme, sarebbe stato un viaggio quasi interminabile,
serviva pazienza e calma, ma ce l’avrebbero fatta.
Poco
a poco.
Percorrevano
il corridoio ancora a braccetto quando furono incrociati da un gruppo di persone
che non abbastanza tristi per il luogo in cui si trovavano,
si sgomitarono scambiandosi sguardi maliziosi ed ironici. Fu questo che
fece decidere a Hyuga di strattonare via il proprio braccio dalla presa gentile
ed educata dell’altro, a sua volta Misugi non fece una piega e accennò ad un
sorrisino divertito per la situazione.
Uscirono
dall’edificio ospedaliero prendendo per i giardini silenziosi e verdi sui
quali qualche paziente accompagnato da parenti, passeggiava godendosi la bella
giornata.
Dopo
l’ennesima volta che il moro si sistemava i capelli togliendoseli dagli occhi,
quest’ultimo si decise, a sguardo basso e tetro, a parlare, lo ammise a se
stesso prima e poi lo disse ad alta voce, conscio che non aveva scelta:
-
Ehi, Devo parlarti!-
Così
si fermarono bruscamente, o meglio lui brusco, l’altro come sempre aggraziato
e placido. Jun lo vide guardare giù nonostante fosse dinnanzi a lui,
tormentarsi le mani sudate ed assumere un colorito rosso acceso per
l’imbarazzo così delizioso da fargli accentuare il sorriso di pochi attimi
prima.
Tuttavia
mantenne il solito contegno e disse sornione:
-
Lo so, prego…-
Senza
puntualizzare il fatto che lui si chiamava Jun Misugi e non ‘Ehi’!
Qua
a Kojiro venne spontaneo alzare la testa per fissarlo malamente e sbottare:
-
Macchè ‘prego’! Parla come mangi che mi fai sentire di un altro pianeta!-
Ed
era una sensazione a dir poco sgradevole, ottenne in risposta l’espressione da
principe so tutto io e la seguente frase logica:
-
Io non mangio come un animale ma con cura.-
-
Si, ecco, appunto…-
L’espressione
di quest’ultimo era quella di chi era consapevole di avere davanti uno che per
lui era un caso senza speranza, senza sapere che l’altro pensava la stessa
cosa di lui!
Jun
divertito fece di proposito poi a ricercare qualche termine da sciorinargli con
l’aria da saputello, si divertiva a provocarlo e metterlo in difficoltà:
-
Di cosa devi disquisire con me?-
La
risposta adatta sarebbe stata ‘Hai detto che sapevi che dovevo parlarti’, ma
l’interlocutore non era cos’ì sveglio, per cui seccato, cascò nella
trappola e sbottò guardando in alto:
-
Mapporca…forse è meglio di no, chi me lo fa fare?-
-
Cosa?-
Disse
di rimando il compagno che cominciava a divertirsi non poco, visto che per lui
le cose erano già belle e chiare, si avvicinò col volto scrutandolo da finto
innocente, con un sorriso preoccupante.
In
realtà Kojiro non aveva idea di cosa dirgli, non sapeva se aveva già preso una
decisione o cosa, aveva solo intenzione di parlargli e di dirgli che in effetti,
in tutta sincerità, il bacio, per qualunque motivo fosse uscito, non gli era
dispiaciuto, come non gli sarebbe dispiaciuto approfondire la loro amicizia,
poiché gli sembrava che Jun, in fondo, non fosse poi così male come aveva
sempre pensato dalla nascita!
Così
decise di ignorare, a fatica, il bel volto che lo fissava da troppo vicino, e di
provare a parlare, seppur con imbarazzo crescente.
“Parlagli!
Dice lui, come se fosse facile dirgli una cosa simile…che nemmeno mi è del
tutto chiara, certa, definita e sicura…dannazione…”
-
Ho pensato…-
-
Mi stupisce!-
Intervenne
col solito tono Jun, mentre dentro di sé stava già ridendo come poche volte
gli era capitato. Una sempre più feroce risposta:
-
Smettila!-
Subito
si intavolò un breve e veloce botta e risposta con uno sull’arrabbiato
andante e l’altro più calmo che mai, un contrasto che dall’esterno faceva
morire dal ridere lo spettatore che per caso si trovava lì, uno a caso….un
certo super portiere che aveva fatto un patto col Diavolo per poter vedere
quella scena:
-
Di far cosa?-
-
Quello che fai!-
-
Che faccio?
-
Mi fai sentire stupido!-
-
Posso non rispondere?-
-
DEVI NON RISPONDERE!-
-
Bene! Parla allora. Per cosa si è adoperata la tua materia grigia?-
-
Per decidere come ucciderti!-
-
Ti sei sprecato!-
-
BASTA, NON CE LA FACCIO!-
-
è una conversazione troppo complessa?-
-
SGRUNT!-
-
Forza, procedi…-
-
Cosa?-
-
Fa quel che devi fare, ti concedo il permesso.-
-
Ma sei scemo? Devo parlare, mica fare!-
-
Sicuro?-
-
E cosa dovrei fare?-
-
Questo…-
Detto
ciò il principe del calcio unì fluidamente le labbra a quelle di una
sbigottita e shockata tigre che aveva dimenticato zanne e artigli chissà dove
per far assumere alla sua pelliccia maestosa ed invidiabile, un simpatico color
porpora! Fu un bacio che di casto e puro aveva ben poco, tutto sommato. Del
resto sognare ogni notte le sue labbra deliziosamente imbronciate e così
morbide di natura, non avrebbe mai permesso nulla di troppo romantico. Anche se
non fu un divorare di bocche, nulla di volgare, erotico o sconveniente, mostrò
una certa padronanza di sé, del bacio e del compagno che ancora immobile si
lasciava fare ogni cosa. Con fare esperto ed aggraziato ma al contempo che
trapelava desiderio, assaggiò di nuovo le sue labbra unendo la lingua alla sua,
finendo per fare una danza più a senso unico.
Come
le danze orientali dove uno stava fermo al centro e la compagna gli ballava
intorno con fare sensuale e seducente.
Ecco
cosa aveva Jun in quel momento, con quel bacio inaspettato per Kojiro.
Sensualità,
qualcosa che nessuno gli aveva mai visto. Era una sensualità naturale e non
cercata o costruita. Un nuovo lato
di Jun gli si mostrò a lui e non potè far altro che rimanerne ancor più
attratto e affascinato.
Quando
si staccarono, sempre per merito del castano poiché se dipendeva dall’altro
sarebbero rimasti in quel modo in eterno, Kojiro si trovò nella confusione più
totale, boccheggiante ed accaldato nonché pieno di vergogna per aver avuto un
certo desiderio di approfondimento.
-
Avevo ragione?-
Chiese
Misugi sornione come nulla fosse, sempre rimanendo attaccato al suo petto e
vicino al suo viso.
Tutto
quel che seppe fare Hyuga fu balbettare un:
-
M-m-m-m-ma n-non p-pensavo…-
Subito
pronta la risposta mentre cercava di riunire le loro labbra, sempre divertendosi
un mondo dentro di sè:
-
Ma avevi detto che avevi pensato! Lo faccio con più calma così ci pensi ora?-
L’altro
lo bloccò con fermezza sbottando:
-
FERMO, SMETTI!-
Il
principe scendendo dalle nuvole chiese fintamente innocente:
-
Perché?-
-
Ora ti blocco io!-
Detto
ciò afferrò a sua volta il suo viso fra le mani e senza darsi tempo per
riflettere, come suo solito, prese l’iniziativa attaccando per non essere
attaccato. Non gli era mai piaciuto difendersi e ricevere attacchi inaspettati,
per cui preferiva essere lui l’impulsivo imprevedibile che faceva la prima
mossa, si trovava più a suo agio, anche se poi avrebbe dovuto riflettere sulle
conseguenze e raccogliere quanto seminato senza aver usato la testa.
Era
sicuro di sé anche se non ne aveva motivo, sapeva che non aveva mai combinato
cose troppo errate e andava dritto per la sua strada senza sprecarsi in troppi
ragionamenti. Ora aveva semplicemente capito che voleva approfondire le cose con
Jun, che lo interessava e gli piaceva baciarlo…questo bastava, il resto
sarebbe arrivato dopo, non gli interessavano le definizioni o i riconoscimenti
di sentimenti astrusi, se mai lui ne avesse provati.
Lo
baciò e basta seguendo la sua filosofia di vita, perché prima gli era piaciuto
e voleva ricambiare, voleva partecipare attivamente, provare a gestire
l’ingestibile per non trovarsi troppo indietro e con l’acqua alla gola in un
qualcosa di troppo enorme per lui, voleva essere sicuro di stare davanti alle
cose e alle persone e non dietro…ma ancora una volta si trovò a seguire il
ritmo imposto da Jun e senza nemmeno accorgersene desiderare di avere di più,
qualunque cosa fosse.
Mentre
questo si consumava in un angolo appartato dell’immenso giardino, due occhi
neri li osservavano divertiti e un sorrisino sbieco si dipingeva sulle labbra,
contento di aver assistito ad uno spettacolo che mai avrebbe voluto perdersi.
Ora
erano tutti pronti per riprendere le loro nuove vite…mentre lui avrebbe
proseguito con la sua felice di averla azzeccata al primo colpo e di non aver
bisogno di cambiarla.
-
Karl? È tutto a posto, torno a momenti…-
Ovviamente
Genzo non aggiunse il seguito del suo pensiero, non avrebbe mai ammesso che
aveva una voglia matta di far l’amore con lui dopo tutto quel periodo di
astinenza!
FINE
CAPITOLO 7