Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: Akane    25/08/2006    1 recensioni
Cosa sarebbe successo se Tsubasa avesse avuto un incidente che lo avesse paralizzato nelle gambe costringendolo su una sedia a rotelle per il resto della sua vita?
Genere: Romantico, Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Jun Misugi/Julian Ross, Kojiro Hyuga/Mark, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Destini imprevedibili'
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*rulli di tamburi, sono tornata dalle vacanze e sono più attiva che mai! Ecco un nuovo cap di questa breve fic. Breve rispetto a Till i collapse di 40 cap! Il prossimo capitolo sarà quello finale, non piangete ora che lo sapete ma ho così tanti impegni che non posso tirarla troppo per le lunghe, anche se ammetto mi piacerebbe, penso farò più avanti una side story su Hyuga e Misugi perché è una coppia insolita che mi piace veramente troppo! Bene…ora godetevi la pace con questo cap. Buona lettura e grazie a chi fedelmente mi segue e mi commenta. Baci Akane PS: dimenticavo, cerco collaboratori per questo blog che raccoglie creazioni e creatori che hanno lasciato il segno: http://vampiri.iobloggo.com Non fatevi ingannare da questa mia breve e stringata descrizione, visitate e saprete di cosa si tratta.*

 

CAPITOLO 7:

POCO A POCO

 

 

Solo semplici singhiozzi s’udivano in quella stanza semi buia, pochi raggi di sole pomeridiano filtravano dalla saracinesca abbassata e l’odore di chiuso e medicine era certamente intenso e poco piacevole. Una figura alta e prestante stava assistendo alla scena singolare, era appoggiata al muro come se vi fosse stato spinto da qualche minuto e lì fosse rimasto senza muoversi, non per lo shock ma perché ogni voglia di muoversi o fare qualsiasi altra cosa era svanita nell’istante in cui era stato spinto lì e i singhiozzi si erano levati; costui era un ragazzo molto affascinante dall’aria selvatica, lunghi capelli neri incolti fino alle spalle, mezzo volto coperto dagli stessi ed un espressione dove occhi di tigre facevano il loro sfoggio puntandosi avidi e rabbiosi sugli altri due presenti. Li fissava e li scrutava come fossero prede da mangiare…ma poi lentamente cominciarono a cambiare assumendo un altro tono, quasi che il ‘cibo’ che aveva tentato di mangiare si era rivelato troppo anche per lui, o forse indegno di essere divorato o magari avesse avuto pena o simili.  I due al lato opposto di lui ove le sue pupille confuse con le iridi nere si posavano, erano seduti su un letto dalle disfatte lenzuola bianche, uno portava le gambe fasciate per delle ferite più o meno recenti e stava ricurvo col volto nascosto nella spalla e fra le braccia dell’amico che lo copriva cercando di consolarlo a modo suo, con fare impacciato ed incerto ma in un certo senso sollevato. La sua espressione era mutata in un attimo da grave e preoccupata e perfino un po’ arrabbiata ad una rilassata e serena, come dicesse:

‘Ora andrà tutto bene.’

Rimasero così per un lungo momento, tutti in silenzio a guardarsi e ad udire il pianto dell’unico che finalmente aveva ceduto e si era arreso.

Non si sarebbero mossi se qualcosa non li avesse interrotti. Fu lo squillo, il solito consueto e banale squillo, del cellulare che ultimamente suonava piuttosto spesso.

Genzo lo lasciò andare per un po’ ma la consapevolezza che fosse ‘lui’ a chiamare lo portò a muoversi, non voleva che mettesse giù pensando chissà cosa. Inoltre aveva bisogno di sentire la sua voce, ora più che mai.

Tirò fuori il telefonino e guardò il display dove lampeggiava il nome del chiamante con la foto del suo sguardo ravvicinato: gelidi occhi azzurri inespressivi.

Lanciò uno sguardo a Hyuga sperando prendesse il suo posto e provasse a consolarlo, sapeva non l’avrebbe mai fatto infatti il moro nemmeno si mosse. Tsubasa si mosse per lui posandosi sul cuscino, nascondendo di nuovo il volto stravolto dalle lacrime che continuavano a scendere implacabili.

Genzo si alzò pensando che comunque più di così non avrebbe potuto fare, si diresse verso la porta e rispose:

- Pronto, Karl?-

Nel momento in cui apriva la porta per uscire si trovò davanti Jun e Taro, fu lì che sorrise dimenticando di ascoltare la voce un po’ metallica e un po’ più umana di sempre del suo ragazzo che gli rispondeva dall’altro capo del telefono, fu un sorriso quasi radioso, più di gratitudine però. Molto bello nel suo volto tenebroso fino a quell’attimo. Poi li passò sparendo nel corridoio parlando in tedesco.

Ora era di troppo.

 

Ciò che accadde a Kojiro vedendo il viso dai perfetti lineamenti nobili e delicati di Jun, vedendolo dopo parecchi giorni di astinenza, vedendolo dopo quel fatto per lui shockante, fu l’apocalisse. Andò nel caos più completo e dimenticandosi tutto, luogo, situazione, persone, arrossì visibilmente imbarazzato irrigidendosi. Diventò una statua di pietra che fissava il castano, egli entrò con passo felpato dopo aver compreso con un occhiata veloce la situazione e sorriso rassicurante, il suo sorriso superiore a tutto e tutti che infondeva certezze o fastidi a seconda di chi si trovava a riceverlo.

Quel che fece invece Jun dopo aver capito quanto era accaduto, fu una fluida camminata verso la tigre impietrita, infilarle la mano sotto il braccio e come fossero una coppietta deliziosa, trascinarla fuori e dire con voce carezzevole e calda:

- Vieni, ti cercavo, dobbiamo parlare, sai? -

Solo per lasciarli soli, senza bisogno di dirlo chiaramente o raccontare bugie. Dire ‘lasciamoli soli’ era troppo banale e non da Jun, dire una cosa del genere, ovvero la pura verità, e prendere due piccioni con una fava, era proprio da lui, invece…Kojiro non sarebbe più scappato e nemmeno Tsubasa.

Sapeva che quei due avrebbero avuto più successo di loro, immaginava come, ma ce l’avevano fatta e l’importante era il risultato.

 

Quando si trovarono soli, Tsubasa e Taro inizialmente non fecero nulla. Rimasero fermi come erano stati lasciati, il pianto cercava di essere domato mentre una sorta di vergogna cresceva nel proprietario, non avrebbe mai trovato il coraggio di alzare gli occhi e guardare Taro. Ne era sicuro, ma non sarebbe servita nessuna spiegazione al compagno che fermo sullo stipite della porta, osservava la figura che nascondeva il volto sul cuscino. L’assorbì con cura senza dover sforzarsi di capirlo o decifrarlo. Ora ci riusciva.

Ci riusciva di nuovo.

Come un tempo.

Piegò la testa di lato facendo attenzione a respirare leggero, assottigliò gli occhi e sprofondò le mani nelle tasche dei jeans. In quel momento Tsubasa gli appariva come un bambino, una persona che aveva passato la vita ad essere più maturo degli altri per poter raggiungere presto il proprio sogno che poi per uno shock improvviso si era trovato a regredire e voler essere solo un semplice bambino, per vivere e affrontare le cose come non aveva mai potuto, con l’infantilità, la semplicità, la schiettezza e l’esagerazione dei bambini! Ora si rivedeva sé stesso e i suoi comportamenti come in un film e con oggettività riusciva ad essere onesto fino alla vergogna.

Non era il Tsubasa di un tempo, ma nemmeno l’alieno che quei giorni terribili l’aveva ferito.

Improvvisamente Taro riusciva a scorgere il tanto agognato schiarimento nel cielo coperto di nuvole da troppo tempo, ormai.

Non gli importava di ritrovare il vecchio amico pallone dipendente, anche quel nuovo Tsubasa gli stava bene, un personaggio alla nuova ricerca di sé stesso che cercava di risalire poiché lo voleva.

Non c’era una nuova definizione per lui, ma l’avrebbe trovata presto, quando avrebbe rialzato lo sguardo e accompagnato da lui sarebbe risalito dal fosso in cui era sprofondato.

Non era un passaggio veloce, anzi. Era un cammino lungo, lento e faticoso, ricominciare da zero in ogni settore possibile, fare un gran lavoro su sé stesso, cambiare per diventare qualcuno, un altro che non era mai stato ma diventarlo, capire chi e diventarlo.

Richiedeva uno studio non indifferente.

Quel che fece poi Taro fu solo un semplice gesto, pochi passi e annullò la distanza che li separava, Si sedette sul letto accanto a lui, posò una mano lieve sulla schiena ricurva dell’altro che ancora tremava con fare irriconoscibile per la fragilità rivelata, poi silenzio dalle loro labbra.

Solo questo e Tsubasa si girò fulmineo come una saetta aggrappandosi a lui quasi come si fa con un salvagente, infilò le mani fra i fianchi  e le braccia del compagno facendole sgusciare fino alla schiena ed immediatamente affondò il volto nell’incavo del suo collo, premendo gli occhi chiusi che gettavano fuori ancora lacrime per sé stesso, i suoi sogni infranti, la sua vita da ricostruire, un labirinto intricato da superare in salita e la persona più importante ferita proprio da lui.

Avrebbe voluto chiedere perdono e fare domande, dire qualcosa, magari anche giustificarsi…ma non gli uscì nulla dalla gola, nemmeno l’aria si muoveva per le vie respiratorie. Si sentiva bruciare e con l’abbraccio ricambiato almeno una cosa del caos che lo angosciava, era più chiara.

Non sapeva se chiamarlo amore ma ci andava vicino.

Voleva stare con Taro, per sempre. Senza mai più separarsi, l’avrebbe seguito ovunque, avrebbe affrontato ogni cosa se lui gli avesse detto di nuovo quelle parole che gli aveva urlato da arrabbiato.

- Ci pensiamo insieme, non sei solo. Ci sono io con te.-

Non ebbe però il coraggio di chiedergli se lo amava ancora nonostante tutto, non sapeva se quelle parole potevano essere una sorta di dichiarazione o meno ma non gli importava, gli aveva detto che rimaneva con lui. Bastava…

A rispondergli arrivò Taro, fu lui a prendere l’iniziativa, prese il viso del compagno fra le mani e con fermezza lo alzò portandolo davanti al suo, Lo guardò con cura come lo vedesse per la prima volta, gli donò quel suo sorriso radioso e contagioso e con dolcezza e delicatezza, lento e senza fretta, posò le labbra sulle sue dapprima in un bacio leggero e carezzevole, poi approfondito con cura e amore.

Non potevano essere diversamente, loro due.

Ora sarebbero risaliti insieme, sarebbe stato un viaggio quasi interminabile, serviva pazienza e calma, ma ce l’avrebbero fatta.

Poco a poco.

 

Percorrevano il corridoio ancora a braccetto quando furono incrociati da un gruppo di persone che non abbastanza tristi per il luogo in cui si trovavano,  si sgomitarono scambiandosi sguardi maliziosi ed ironici. Fu questo che fece decidere a Hyuga di strattonare via il proprio braccio dalla presa gentile ed educata dell’altro, a sua volta Misugi non fece una piega e accennò ad un sorrisino divertito per la situazione.

Uscirono dall’edificio ospedaliero prendendo per i giardini silenziosi e verdi sui quali qualche paziente accompagnato da parenti, passeggiava godendosi la bella giornata.

Dopo l’ennesima volta che il moro si sistemava i capelli togliendoseli dagli occhi, quest’ultimo si decise, a sguardo basso e tetro, a parlare, lo ammise a se stesso prima e poi lo disse ad alta voce, conscio che non aveva scelta:

- Ehi, Devo parlarti!-

Così si fermarono bruscamente, o meglio lui brusco, l’altro come sempre aggraziato e placido. Jun lo vide guardare giù nonostante fosse dinnanzi a lui, tormentarsi le mani sudate ed assumere un colorito rosso acceso per l’imbarazzo così delizioso da fargli accentuare il sorriso di pochi attimi prima.

Tuttavia mantenne il solito contegno e disse sornione:

- Lo so, prego…-

Senza puntualizzare il fatto che lui si chiamava Jun Misugi e non ‘Ehi’!

Qua a Kojiro venne spontaneo alzare la testa per fissarlo malamente e sbottare:

- Macchè ‘prego’! Parla come mangi che mi fai sentire di un altro pianeta!-

Ed era una sensazione a dir poco sgradevole, ottenne in risposta l’espressione da principe so tutto io e la seguente frase logica:

- Io non mangio come un animale ma con cura.-

- Si, ecco, appunto…-

L’espressione di quest’ultimo era quella di chi era consapevole di avere davanti uno che per lui era un caso senza speranza, senza sapere che l’altro pensava la stessa cosa di lui!

Jun divertito fece di proposito poi a ricercare qualche termine da sciorinargli con l’aria da saputello, si divertiva a provocarlo e metterlo in difficoltà:

- Di cosa devi disquisire con me?-

La risposta adatta sarebbe stata ‘Hai detto che sapevi che dovevo parlarti’, ma l’interlocutore non era cos’ì sveglio, per cui seccato, cascò nella trappola e sbottò guardando in alto:

- Mapporca…forse è meglio di no, chi me lo fa fare?-

- Cosa?-

Disse di rimando il compagno che cominciava a divertirsi non poco, visto che per lui le cose erano già belle e chiare, si avvicinò col volto scrutandolo da finto innocente, con un sorriso preoccupante.

In realtà Kojiro non aveva idea di cosa dirgli, non sapeva se aveva già preso una decisione o cosa, aveva solo intenzione di parlargli e di dirgli che in effetti, in tutta sincerità, il bacio, per qualunque motivo fosse uscito, non gli era dispiaciuto, come non gli sarebbe dispiaciuto approfondire la loro amicizia, poiché gli sembrava che Jun, in fondo, non fosse poi così male come aveva sempre pensato dalla nascita!

Così decise di ignorare, a fatica, il bel volto che lo fissava da troppo vicino, e di provare a parlare, seppur con imbarazzo crescente.

“Parlagli! Dice lui, come se fosse facile dirgli una cosa simile…che nemmeno mi è del tutto chiara, certa, definita e sicura…dannazione…”

- Ho pensato…-

- Mi stupisce!-

Intervenne col solito tono Jun, mentre dentro di sé stava già ridendo come poche volte gli era capitato. Una sempre più feroce risposta:

- Smettila!-

Subito si intavolò un breve e veloce botta e risposta con uno sull’arrabbiato andante e l’altro più calmo che mai, un contrasto che dall’esterno faceva morire dal ridere lo spettatore che per caso si trovava lì, uno a caso….un certo super portiere che aveva fatto un patto col Diavolo per poter vedere quella scena:

- Di far cosa?-

- Quello che fai!-

 - Che faccio?

- Mi fai sentire stupido!-

- Posso non rispondere?-

- DEVI NON RISPONDERE!-

- Bene! Parla allora. Per cosa si è adoperata la tua materia grigia?-

- Per decidere come ucciderti!-

- Ti sei sprecato!-

- BASTA, NON CE LA FACCIO!-

- è una conversazione troppo complessa?-

- SGRUNT!-

- Forza, procedi…-

- Cosa?-

- Fa quel che devi fare, ti concedo il permesso.-

- Ma sei scemo? Devo parlare, mica fare!-

- Sicuro?-

- E cosa dovrei fare?-

- Questo…-

Detto ciò il principe del calcio unì fluidamente le labbra a quelle di una sbigottita e shockata tigre che aveva dimenticato zanne e artigli chissà dove per far assumere alla sua pelliccia maestosa ed invidiabile, un simpatico color porpora! Fu un bacio che di casto e puro aveva ben poco, tutto sommato. Del resto sognare ogni notte le sue labbra deliziosamente imbronciate e così morbide di natura, non avrebbe mai permesso nulla di troppo romantico. Anche se non fu un divorare di bocche, nulla di volgare, erotico o sconveniente, mostrò una certa padronanza di sé, del bacio e del compagno che ancora immobile si lasciava fare ogni cosa. Con fare esperto ed aggraziato ma al contempo che trapelava desiderio, assaggiò di nuovo le sue labbra unendo la lingua alla sua, finendo per fare una danza più a senso unico.

Come le danze orientali dove uno stava fermo al centro e la compagna gli ballava intorno con fare sensuale e seducente.

Ecco cosa aveva Jun in quel momento, con quel bacio inaspettato per Kojiro.

Sensualità, qualcosa che nessuno gli aveva mai visto. Era una sensualità naturale e non cercata o costruita.  Un nuovo lato di Jun gli si mostrò a lui e non potè far altro che rimanerne ancor più attratto e affascinato.

Quando si staccarono, sempre per merito del castano poiché se dipendeva dall’altro sarebbero rimasti in quel modo in eterno, Kojiro si trovò nella confusione più totale, boccheggiante ed accaldato nonché pieno di vergogna per aver avuto un certo desiderio di approfondimento.

- Avevo ragione?-

Chiese Misugi sornione come nulla fosse, sempre rimanendo attaccato al suo petto e vicino al suo viso.

Tutto quel che seppe fare Hyuga fu balbettare un:

- M-m-m-m-ma n-non p-pensavo…-

Subito pronta la risposta mentre cercava di riunire le loro labbra, sempre divertendosi un mondo dentro di sè:

- Ma avevi detto che avevi pensato! Lo faccio con più calma così ci pensi ora?-

L’altro lo bloccò con fermezza sbottando:

- FERMO, SMETTI!-

Il principe scendendo dalle nuvole chiese fintamente innocente:

- Perché?-

- Ora ti blocco io!-

Detto ciò afferrò a sua volta il suo viso fra le mani e senza darsi tempo per riflettere, come suo solito, prese l’iniziativa attaccando per non essere attaccato. Non gli era mai piaciuto difendersi e ricevere attacchi inaspettati, per cui preferiva essere lui l’impulsivo imprevedibile che faceva la prima mossa, si trovava più a suo agio, anche se poi avrebbe dovuto riflettere sulle conseguenze e raccogliere quanto seminato senza aver usato la testa.

Era sicuro di sé anche se non ne aveva motivo, sapeva che non aveva mai combinato cose troppo errate e andava dritto per la sua strada senza sprecarsi in troppi ragionamenti. Ora aveva semplicemente capito che voleva approfondire le cose con Jun, che lo interessava e gli piaceva baciarlo…questo bastava, il resto sarebbe arrivato dopo, non gli interessavano le definizioni o i riconoscimenti di sentimenti astrusi, se mai lui ne avesse provati.

Lo baciò e basta seguendo la sua filosofia di vita, perché prima gli era piaciuto e voleva ricambiare, voleva partecipare attivamente, provare a gestire l’ingestibile per non trovarsi troppo indietro e con l’acqua alla gola in un qualcosa di troppo enorme per lui, voleva essere sicuro di stare davanti alle cose e alle persone e non dietro…ma ancora una volta si trovò a seguire il ritmo imposto da Jun e senza nemmeno accorgersene desiderare di avere di più, qualunque cosa fosse.

 

Mentre questo si consumava in un angolo appartato dell’immenso giardino, due occhi neri li osservavano divertiti e un sorrisino sbieco si dipingeva sulle labbra, contento di aver assistito ad uno spettacolo che mai avrebbe voluto perdersi.

Ora erano tutti pronti per riprendere le loro nuove vite…mentre lui avrebbe proseguito con la sua felice di averla azzeccata al primo colpo e di non aver bisogno di cambiarla.

- Karl? È tutto a posto, torno a momenti…-

Ovviamente Genzo non aggiunse il seguito del suo pensiero, non avrebbe mai ammesso che aveva una voglia matta di far l’amore con lui dopo tutto quel periodo di astinenza!

 

FINE CAPITOLO 7

 

   
 
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