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Autore: kateausten    08/01/2012    4 recensioni
Quello di cui aveva bisogno in quel momento- Dean lo sapeva ma nessun altro ne era a conoscenza ne doveva esserlo- era qualcuno con le spalle più adatte di lui a reggere quel peso.
O, se proprio quella persona non esisteva, qualcuno con cui condividerlo, quel peso, qualcuno che lo avrebbe abbracciato e mormorato all'orecchio che si, tutto sarebbe andato bene.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quinta stagione
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Dean Winchester guardò il suo riflesso nello specchio appannato del bagno. Aveva fatto una lunga doccia calda per levarsi di dosso quelle lunghe sette ore di guida. Amava, venerava la sua Impala, ma sette ore con il culo sempre nella solita posizione, con le solite tre canzoni, con il solito russare di Sam sprofondato in un coma profondo accanto a lei, avevano messo a dura prova i suoi nervi.
Lo squallido motel di Savannah, Virginia, dove erano approdati dopo un lavoro, era un pò meno squillido di tutti gli altri motel in cui erano stati.
Guardandosi attorno, Dean vide termosifoni e asciugamani bianchi e puliti. Sentiva traccheggiare Sam nella stanza accanto, ma decise di prendersi ancora qualche minuto per se, prima di entrare in quella stanza sparando battute che avrebbero fatto scuotere la testa a suo fratello.
Le cose stavano diventando sempre più difficili: Apocalisse, Lucifero, Michele.
Un bel manage a trois, pensò Dean. Benchè quel genere di attività lo compiacesse, i protagonisti non erano esattamente alla pari di un tris di biondine provocanti.
Era stanco.
Stanco di dover prendere decisioni, stanco di essere deluso da padri assenti, stanco di avere il peso del mondo addosso. Stanco di vivere.
Le sue mani arpionarono il bordo del lavandino.
Possibile che una persona arrivasse a pensare quel genere di cose?
La voglia di vivere era l'unica cosa che non aveva mai abbandonato Dean; come una compagna fedele era rimasta accanto a lui, anche nelle situazioni più impensabili.
Amava la vita e tutto quello che comportava, che fosse uccidere un demone bastardo, mangiare un doppio cheesburger o farsi una bella ragazza nei luoghi e nei momenti più impensati.
Invece, adesso, tutto gli sembrava inutile.
Anche vivere.
"Ehi Dean!" escalmò Sam dall'altra stanza "La radio che è qui funziona!!".
Dean chiuse gli occhi.
"Fantastico Sammy!" rispose a voce alta.
Si, era stanco di vivere. Sam poteva avere tutte le speranze del mondo, ma lui sapeva bene come sarebbe finita.
Michele lo avrebbe usato come tramite.
Lucifero avrebbe fatto lo stesso con Sam.
E da li, arrivederci mondo e fine dei giochi.
Quello di cui aveva bisogno in quel momento- Dean lo sapeva ma nessun altro ne era a conoscenza ne doveva esserlo- era qualcuno con le spalle più adatte di lui a reggere quel peso.
O, se proprio quella persona non esisteva, qualcuno con cui condividerlo, quel peso, qualcuno che lo avrebbe abbracciato e mormorato all'orecchio che si, tutto sarebbe andato bene.
Una persona come un padre.
O una madre.
Dean scosse la testa, chiedendosi cosa diamine gli stesse prendendo. Chiuso in bagno insieme a pesieri pericolosi mentre poteva essere impegnato nella ricerca di qualche isolato night club.
Inoltre Sam lo stava facendo impazzire con quella maledetta radio; continuava a cambiare canale come un pazzo.
Stava per aprire la porta e dirgli di piantarla e trovare una canzone, quando il suo desiderio si avverò.
Purtroppo.
La voce calda di Paul McCartney riempiva la camera, mentre Sam- evidentemente soddisfatto- si sdraiava sul letto.
La mano di Dean mollò la presa sulla maniglia e appoggiò la testa alla porta.

Hey Jude don’t make it bad,
Take a sad song and make it better

Remeber, to let her into your heart,
Then you can start to make it better


Una voce, un'altra voce, la sua voce si sovrappose a quella di Paul.
Dean chiuse nuovamente gli occhi, mentre una calda stretta al cuore poco familiare lo avvolgeva.
La sua voce che lo divertiva.
La sua voce che lo tranquillizzava.
La sua voce che gli cantava Hey Jude per farlo addormentare.
Non era facile per Dean conservare i pochissimi, sbiaditi ricordi del suo aspetto e della sua voce. Pensava a quei delicati momenti con sua madre poco e raramente, pensando- ingenuo come un bambino- che si sarebbero conservati meglio e che li avrebbe potuti usare quando la morte lo aspettava al bivio.
Strizzò rabbiosamente gli occhi: che diamine! Non era giornata! Piangere in bagno come un moccioso!

Hey Jude don’t be afraid,
You were made to go out and get her,
The minute you let her under your skin,
Then you begin to make it better...
cantava Paul.

Avanti Dean, avanti. Non puoi crollare prorpio ora per una sciocca canzone.
Avanti, avanti. Sei forte Dean, giusto?

Hey Jude don’t let me down,
You have found her now go and get her


Ma, a pensarci bene, non c'era nulla di male a mostrarsi deboli, no? Solo cinque minuti, dove nessuno ti vede e dove puoi pensare con rammarico a quel bambino di quattro anni che non aveva preoccupazioni e che aveva una madre.
La canzone stava sfumando ed era ora di tornare a essere il solito Dean Winchester.
"Finalmente!" disse Sam quando lo vide uscire dal bagno "Pensavo che ci avessi fatto la muffa!".
Soliti jeans, solita camicia, solita giacca, solita espressione.
Solito sorriso beffardo che gli increspava le labbra.
"Che hai fatto?" chiese Sam lentamente.
"Niente Sammy, che vuoi abbia fatto? Avanti usciamo. Ho fame".

  
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