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Autore: Girl_in_Blu    09/01/2012    3 recensioni
Frammenti è un insieme di fan fiction sui Son, tutte con un’ambientazione diversa dell'anime, dalla fine del Cell Game all'ultimo torneo, ma chiara nella lettura, il tutto narrato da più punti di vista. Leggendoli insieme si delinea una storia, un excursus su questa travagliata famiglia, fra delusioni e rimpianti, ma allo stesso tempo tra gioia e momenti felici.
Estratto:
"Goten guardava con occhi spalancati il draghetto, il cucciolo tentava di alzarsi ma, puntualmente, ricadeva.
Osservandolo attentamente, aveva notato che le zampe cedevano, facendolo ritornare al suolo con un tonfo, accompagnato da una nuvoletta di polvere e terriccio.
-Gohan perché cade, è malato?- aveva chiesto preoccupato e tirando su con il naso, sentendo dei piccoli guaiti."
Genere: Generale, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Goten | Coppie: Chichi/Goku, Gohan/Videl
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'A [seemingly] happy family'
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Frammenti è un insieme di fan fiction sui Son, tutte con un’ambientazione diversa ma chiara nella lettura, narrate da punti di vista differenti. Leggendoli insieme si delinea una storia, un excursus su questa travagliata famiglia.
Essendo abbastanza lunghetta ho paura che mi sia sfuggito qualcosa, l’ho riletta molte volte e spero tanto di non aver commesso errori gravi.
Buona lettura, Jo.

 

 
 



Frammenti
 




 
  

La calma prima della tempesta

  
 
Goten guardava con occhi spalancati il draghetto, il cucciolo tentava di alzarsi ma, puntualmente, ricadeva.
Osservandolo attentamente, aveva notato che le zampe cedevano, facendolo ritornare al suolo con un tonfo, accompagnato da una nuvoletta di polvere e terriccio.

-Gohan perché cade, è malato?- aveva chiesto preoccupato e tirando su con il naso, sentendo dei piccoli guaiti.
-No, è solo che è ancora piccolo, è nato da pochi giorni e non sa ancora camminare- gli aveva risposto il fratello –anzi, è un cucciolo molto forte e testardo, già vorrebbe volare.-

Il volto del bambino, prima corrugato in una smorfia dispiaciuta, si stava rilassando pian piano, fino a dispiegarsi in un sincero e allegro sorriso.
 –Urca!- aveva esclamato, sorpreso per ciò che aveva appena imparato –tu sai proprio tutto, fratellone!- aveva detto in fine, grattandosi goffamente il capo.

Quel gesto lo rendeva ancor più simile al padre…

Assorto nei suoi pensieri, il piccolo saiyan aveva iniziato a sospirare rumorosamente –ma chi gli insegnerà a volare, suo fratello?- aveva chiesto ingenuamente, procurando un triste sorriso al maggiore dei Son –no, il suo papà- aveva risposto, cercando di non far trasparire il suo umore.

Goten, passandosi una mano tra la folta e scompigliata capigliatura, non comprendendo appieno quella situazione, aveva domandato –perché, non ha un fratello?-
Gohan rattristito, aveva calato lo sguardo per recuperare la serenità necessaria, prima di rispondergli.

Come spiegargli che fosse compito di un padre insegnare a un figlio?
Come raccontargli la verità? Come dirgli che la Terra aveva sempre avuto bisogno di Goku e che il destino lo aveva portato via già una volta, ma che l’ultima era stato lui a rifiutarsi di tornare?
No, non poteva raccontargli tutto, altrimenti per i soliti perché avrebbe dovuto dirgli che il genitore aveva rinunciato alla vita, che aveva deciso di rimanere nell’Aldilà nonostante avesse una moglie, un figlio e un altro in arrivo e che fosse morto poiché aveva riposto troppa fiducia nel primogenito.

Era solo un bambino che aveva sempre vissuto senza un padre, perché procurargli un’ennesima delusione?
Gohan aveva sempre temuto che quella verità arrivasse alle orecchie del fratellino, non poteva accettare che soffrisse anche per la scelta del padre e per l’errore che lui stesso aveva commesso, ma all’epoca era solo un ragazzino…

Aveva accettato la dipartita di Goku e la sua scelta, nonostante il tuffo al cuore che aveva provato sapendo che non sarebbe più tornato.
Aveva provato per mesi un forte senso di colpevolezza, che gravava ancora sulle sue spalle, per aver impedito a Goten di avere un padre con il quale crescere, per aver strappato alla madre quell’uomo che tanto aveva amato, per averle dato in cambio la solitudine d’infinite notti buie.
Aveva compreso, con la maturità, che la scelta finale fosse dipesa da suo padre.

Ma a che pro? Non cambiava nulla, lui non sarebbe tornato…

Era un bravo ragazzo che non riusciva a dimenticare i suoi errori, ma sapeva altrettanto che quel peso andasse diviso.
Il piccolo Goten aveva inclinato la testa, tentando di capire i pensieri del fratello, rabbuiato e assorto come non lo aveva mai visto –Gohan- lo aveva infine chiamato, con il viso sorretto dalle mani paffute.
Il maggiore dei Son, destato dalla voce del bambino, aveva voltato il capo nella sua direzione.

-È stato Piccolo a insegnarmi a volare- aveva poi confessato Gohan che sorrise nuovamente, sforzandosi di non apparire mesto.
-Hai ragione, non sempre c’è il papà- aveva poi aggiunto.
-Perché sei triste, Piccolo non è stato un buon maestro?- aveva domandato l’altro con l’ingenuità che lo caratterizzava, avvertendo il disagio del maggiore –tu non devi preoccuparti, sei un bravo insegnate…ho già imparato, guarda!-
Aveva detto, librandosi in aria e svolazzando da una parte all’altra, senza seguire una traiettoria precisa.
-Non vedo l’ora che il draghetto impari a volare, così giocheremo insieme- aveva aggiunto raggiante.

Un rombo di motori, udibile in lontananza, era giunto alle loro orecchie, destando soprattutto l’attenzione di Gohan –forza scendi a terra, Videl non deve vederti- aveva detto affrettandosi a tirarlo giù, afferrandolo per il pantalone arancione della tuta.
Il bambino aveva sbuffato contrariato, era stanco di rallentare i suoi allenamenti per quella ragazza.
-Uff! Non è giusto- aveva detto, mettendo il broncio.

Il rombo dei motori si fece più forte, segno che l’aereo si stava avvicinando.
-Dì la verità, Gohan, tu vuoi stare con lei perché è la tua fidanzata!- aveva detto, sbalordendo il fratello maggiore che, incredulo, aveva domandato chi fosse stato a dirgli una simile sciocchezza.
-La mamma ha detto che vi sposerete, ma tu non andrai via, vero?- aveva risposto, tristemente.
Il veicolo giallo della ragazza si avvicinava sempre più, era possibile vedere la giovane guidare.
-No, che non me ne andrò!- aveva detto Gohan per tranquillizzare il bambino.
-Allora Videl è davvero la tua fidanzata?- insisteva.
Il ragazzo sospirò esausto, quella giornata si era rivelata più stressante del previsto e non era ancora finita.
-Io e Videl non siamo fidanzati- precisò, arrossendo visibilmente, incamminandosi verso l’amica.
 

 
Ricordi
 

 
Stava impazzando, non sopportava più quelle mura e ricordi intrisi al loro interno.
Ogni angolo gli rammentava il suo errore, se non fosse stato per lui, Goku non sarebbe morto e non avrebbe compiuto quella scelta…

Odiava quella foto, non voleva vederla, non ora che suo padre non c’era, non adesso che quei sorrisi erano solo dolorosi ricordi lontani che, come calci sferrati con forza, gli provocavano lancinanti fitte allo stomaco. Sembrava quasi volesse vomitare, assieme alla sofferenza, anche le proprie interiora.

Chichi era una donna forte, riusciva a sopportare la sua assenza e spesso Gohan si domandava come facesse, cercando le sue risposte negli atteggiamenti sicuri e fieri della madre.
Quanto avrebbe voluto avere almeno la metà della sua forza d’animo…
Ma non ci riusciva e così quelle mura lo soffocavano, la casa diventava piccola e doveva volare via, lontano.

Sentiva lo scroscio dell’acqua del ruscello, amava quel posto, gli donava la quiete necessaria per affrontare la realtà.
-Non dovresti esse qui- gli disse una con voce ferma Piccolo, atterrato sull’altra riva, di fronte al mezzo saiyan.
-Lo so, mamma ha bisogno di me, che l’aiuti con il bambino ma…- s’interruppe consapevole che ciò che stesse per dire fosse dettato dal puro egoismo.
-Goten assomiglia a papà- aveva poi detto, vergognandosene subito.
-Anche tu gli somigli, non dire sciocchezze- lo rimproverò severo il maestro –non è stata colpa tua, lui ha deciso di non tornare- gli aveva poi detto, con tono più lieve, più comprensivo.

La somiglianza tra Goku e il secondogenito aveva spiazzato Gohan e inorgoglito Chichi, che vedeva nel cucciolo il marito; una nuova speranza, uno scopo in più per andare avanti, ma per il giovane eroe era difficile, troppo per un ragazzino di soli undici anni.
Adorava quel bambino, ma certe volte non riusciva a sorreggere il suo sguardo, troppo simile al cipiglio paterno.
Quanto si sentiva meschino a formulare simili pensieri, quanto se ne vergognava sentendosi un infame egoista.
Ed erano quelli i momenti in cui avvertiva il peso delle sue colpe, in cui comprendeva che essere un buon fratello sarebbe stato difficile.

Ma Piccolo aveva ragione, aveva sì una buona parte di responsabilità, ma suo padre aveva preso una decisione importante, una di quelle che aveva cambiato la vita a troppe persone.
Nonostante fosse conscio delle parole del maestro e sapesse che la scelta finale fosse dipesa da Goku, non riusciva ugualmente a sentirsi tranquillo.
Sperava solo che il tempo sarebbe stato un amico fidato e che avrebbe alleviato il dolore per la perdita del padre, non desiderava dimenticare ma alleggerire la mestizia di un animo ancora piccolo per soffrire così intensamente.
-Starò meglio…- aveva detto, cercando di convincere più se stesso che l’altro.
 


Macerie


 
Un’apocalisse: ecco cosa era stato l’arrivo di Majin Bu.
Aveva distrutto, come un uragano, ogni certezza ma al tempo stesso ne aveva consolidate altre.
In momenti bui, come quello, gli affetti si erano rafforzati ed erano nati eroi inimmaginabili, persone sulle quali contare e alle quali affidare il futuro.

Dalle macerie di quella catastrofe, tutti stavano ricostruendo le loro vite.
Avevano deciso così di rincontrarsi, di passere del tempo insieme, di vedersi al di là di uno scontro o di un allenamento, o di un torneo.
 
*Nella sala risuonavano risate allegre, giocose, felici.
Sembrava che la gioia avesse finalmente piantato le sue radici, al fine di far crescere un albero robusto capace di sopportare il peso delle responsabilità future.
Un arbusto solido, dal quale i rami sarebbero nati e su di essi i fiori e i frutti di ciò che avevano costruito con tanta fatica, con il sangue e il sudore.

Sembrava che la serata procedesse per il meglio, ma chi sa per quale ragione Crilin aveva detto –ragazzi se ci pensate bene, a ogni torneo di arti marziali succede qualcosa-
Quell’affermazione aveva portato con sé il silenzio, poiché tutti per un momento avevano ragionato sull’assurda verità di quelle parole.
-Ma che dici amico, sono solo coincidenze!- aveva detto, poi, Yamcha sdrammatizzando.
 
Più tardi un suono acuto riecheggiò nella sala, animata da voci e risate.
-Porco!- aveva detto Chichi nervosa dopo aver schiaffeggiato il Genio.
-E tu, Goku, non dici nulla?- aveva chiesto poi innervosita al marito, apparentemente incurante che la mano del suo più vecchio maestro avesse toccato il fondoschiena della moglie.

Il saiyan rideva imbarazzato per essere stato richiamato, grattandosi il capo con un dito, in quel gesto per lui usuale che come un tic ritornava non appena si sentiva in difficoltà.
-Ma dai, è il solito vecchietto, non prendertela!- aveva aggiunto cercando di smorzare la tensione.
Infatti, in sala risero tutti per la solita goffaggine dell’eroe della Terra, ma sua moglie non pareva essersi calmata, anzi…

Una festicciola tra amici stava diventando un ennesimo brutto ricordo, fatto di rancore e tristezza per la donna.

 
Tornati a casa, il nervosismo di Chichi aveva raggiunto l’apice e, approfittando dell’assenza dei figli, d’un tratto aveva sbottato furiosa.
-Se Vegeta avesse visto una cosa simile fatta alla moglie, avrebbe polverizzato quel viscido porco, anche Crilin sarebbe intervenuto, ne sono certa. Solo tu non fai nulla per me!- aveva detto con tutta la rabbia che aveva in corpo.
-Chichina suvvia, non è successo nulla di grave e poi è il solito Genio- aveva risposto lui sospirando malinconico.
-Bulma non ha bisogno di Vegeta che la protegga, tanto meno C-18 e…-
-E cosa vorresti dire, che loro possono difendersi ed io no? Dovrei farmi palpare tutte le protuberanze da quel maniaco?- aveva urlato isterica, rossa in viso per l’ira e per le lacrime che cominciavano a pizzicarle gli occhi.

Aveva così trattenuto un lamento per l’ennesima delusione, era certa che il marito non avrebbe mai preso le sue parti, per Goku lei era sempre troppo pesante, mai una volta che l’uomo l’appoggiasse, nemmeno adesso che era tornato dopo anni di assenza.
-No, volevo dire che anche tu, come loro, non hai bisogno di essere difesa- si era affrettato a dire agitando le mani.
Il sopracciglio di Chichi si era inarcato nervoso, come poteva, proprio lui, dire una simile sciocchezza.
-Sono attenzioni verso una moglie, Goku. Ma tu non puoi capirlo ovviamente, quando mai hai fatto il marito?- gli aveva domandato con tono rabbioso.
-Io sono tuo marito- aveva risposto titubante il saiyan, avvicinandosi alla donna.
-Quando, Goku? Quando hai deciso di non resuscitare dopo lo scontro con Cell, quando mi hai lasciata incinta e a crescere un adolescente da sola. Sei tornato da poche settimane e non mi degni delle attenzioni che hanno i tuoi pseudo amici per le mogli. Ti rendi conto di quanto Vegeta, un assassino, tenga a Bulma?-

Goku istintivamente sussultò, ingoiando un nodo di saliva pesante come un macigno e riacquistata sicurezza, aveva ripetuto -io sono tuo marito-
Si avvicinò piano, con estrema lentezza, prendendo poi il volto della donna tra le mani callose, sentendo la sua pelle, morbida e liscia, sussultò ancora, ma per l’emozione che quel contatto gli aveva trasmesso.
Era troppo tempo che non carezzava sua moglie…

-Perdonami- le sussurrò, in fine, a fior di labbra poco prima di baciarla.

Entrambi avevano voglia di amarsi, entrambi volevano essere felici insieme, e con i figli.
Dovevano solo provarci, trovare un punto d’incontro, una via da percorrere l’uno affianco dell’altra.


Non sarebbe stato facile, ma avrebbero spazzato la polvere e le macerie di un passato nefasto, per quell’amore che ancora non aveva trovato pace e serenità, ma adesso avevano il tempo necessario per occuparsi della loro famiglia, per dedicarsi al loro matrimonio. *
 


Lavori in corso


 

-Quante volte devo dirti di lasciare in pace Gohan, deve studiare!- aveva urlato Chichi nervosa, richiudendo la porta della stanza del figlio maggiore, appena aperta dal piccolo Goten.
-Và a giocare con tuo padre- aveva detto, accompagnando il bambino in cucina dall’altro genitore.

Il piccolo saiyan sbuffò contrariato, erano settimane che non passava un pomeriggio intero con suo fratello, sempre impegnato tra libri e Videl.
Ormai di Gohan vedeva solo la schiena, o china sui testi o che si allontanava con la giovane ragazza.

-Ti va di andare a vedere il draghetto?- aveva chiesto il cucciolo all’uomo, intento a sgranocchiare uno spuntino pre pranzo.
Goku, felice per quella richiesta, aveva annuito.

Non lontano dalla casetta dei Son c’era una pianura verdeggiante, immersa in un fitto boschetto, dove alberi altissimi e piante di ogni genere rendevano la vista del suo interno impossibile.
-Urca, un tempo questo posto non era così!- aveva esclamato Goku stupito per i cambiamenti della natura in quel luogo –prima, questa zona, era soltanto una pianura erbosa- aveva aggiunto.
Un piccolo spazio però era sopravvissuto alla crescita della natura selvaggia ed erano diretti proprio lì, dove vivevano i draghi con i loro cuccioli.

Atterrati dietro un cespuglio, si erano seduti in attesa che gli animali arrivassero.
-Anche a me piace molto la natura…-aveva detto Goku imbarazzato, cercando d’intraprendere una conversazione con il bambino.
-Lo so- aveva risposto il cucciolo, impedendogli di continuare –me l’ha detto Gohan, anche a lui piace molto- aveva aggiunto.
-Sai papà, noi siamo qui per vedere se il draghetto ha imparato a volare. Adesso ha tre settimane…- aveva poi spiegato al genitore che lo ascoltava con interesse.
-Quando sarà abbastanza grande diventeremo inseparabili e voleremo insieme, come Gohan e il suo amichetto draghetto-


* Goku sorrise tristemente, ripensando a quante volte avrebbe voluto rivedere la sua famiglia, conoscere Goten, ma non aveva mosso un muscolo per tornare.
No, aveva anteposto i suoi personali interessi a quelli dei suoi cari.
Si era creato una scala di valori, con in cima se stesso e la lotta.

Quanto si sentiva infame ed egoista ripensando al suo errore, perché in quei momenti, quando era con il figlioletto sentiva tutto il peso del suo sbaglio.
Rammentava tutte le volte in cui, nell’Aldilà, aveva ripensato alla sua famiglia.
 
Si guardava gli stivali tamburellandoli l’uno contro l’altro e ricordava il suo Gohan, quando intimorito dai rimproveri materni si osservava, seduto su una sedia, le scarpe.
Con sguardo triste e colpevole cercava l’appoggio del padre che con i suoi grandi occhi lo rincuorava e che attirava su di sé l’ira della donna, cercando, con ciò che poteva, di difendere quel bimbo spaurito per l’ennesimo e inutile rimprovero.

Guardava i piedi ricordando suo figlio e sua moglie, gli mancavano entrambi, ma non era ancora pronto per tornare.
La nostalgia poteva sempre essere colmata con un sano allenamento, si ripeteva.
Ma, in certi momenti, capiva …

Sapeva che era abbandono ciò che pesava sul suo animo, era consapevole che fosse un macigno troppo pesante per essere sollevato e che un allenamento non sarebbe bastato per abituarsi all’assenza dei cari.
Ma nonostante ciò aveva deciso di restare.

Era un padre, un marito, un amico, un eroe che aveva abbandonato ciò per cui aveva strenuamente lottato.
Doveva affrontare ogni giorno quella consapevolezza, quella colpevolezza che certe volte saliva su prepotente e gli impediva di schivare un colpo o di rendere efficace un attacco.
Sì, la sua famiglia gli mancava, ma non era abbastanza; lui era lì per se stesso e in quel luogo non c’era spazio per loro. *

 
 
-Guarda papà- lo aveva chiamato Goten, con gli occhi sbarrati per la sorpresa.
-Urcaaaaaa, è Gohan- lo aveva anticipato Goku –con Videl- i due si erano lanciati un’occhiata complice, sorridendosi a vicenda.
-Ma non dovrebbe studiare- aveva detto il bambino accigliato, incrociando le braccia –sarà sgattaiolato via, per stare con lei!- aveva poi sbuffato offeso, facendo così sorridere suo padre.

Nascosti, dalla loro posizione potevano vedere, ma non riuscivano a sentire, nonostante entrambi fossero molto curiosi.
I due ragazzi si erano seduti per terra, con la schiena appoggiata a una roccia, forse anche loro erano lì per vedere i draghetti.
Quando Goku comprese che fossero lì, in quel luogo che solo Gohan e il fratellino conoscevano, per restare soli, allora disse al più piccolo –su andiamo, non possiamo spiarli-

-E perché no?- aveva chiesto ingenuamente Goten
-Non è corretto- aveva, invece, risposto il saiyan.
-Ma io voglio vedere i progressi del cucciolo!- aveva iniziato a lamentarsi il piccolo Son –non è giusto, perché è uscito con Videl e non con me, uff…- ma suo padre prontamente, vedendo il figlio maggiore guardare verso di loro, aveva messo una mano sulla bocca del più piccolo, teletrasportandosi dove avvertiva l’aura più forte.
 


-Cosa diamine ci fai qui, Kakaroth?- si sentì chiedere da una voce alle sue spalle.
Goku sentì il sangue raggelarsi, per la fretta aveva scelto proprio Vegeta.
-Hehe, è una storia lunga…- aveva risposto grattandosi il capo goffamente.
-Vattene!- aveva ordinato severo il principe –ma sono appena arrivato- gli aveva risposto l’eroe.
-Suvvia sii cordiale- aveva chiesto, implorando d’essere ospitato, ricevendo in risposta un’occhiata truce, quasi maligna.
Goku avrebbe giurato che Vegeta lo stesse minacciando, ma aveva deciso di restare.
Tanto valeva passare un po’ di tempo in compagnia!
 


Ricostruzione


 
-Perché c’è un’impresa di operai?- aveva chiesto Trunks all’amico.
-Gohan e Videl, dopo le nozze, verranno a vivere qui- aveva detto d’un fiato, consapevole che avrebbe dovuto dividere suo fratello con la futura sposa.

-Ha mantenuto la promessa, allora!- aveva detto felice l’altro, poggiando una mano sulla spalla del giovane Son.
-Già. Gohan mantiene sempre una promessa fatta, aveva detto che non se ne sarebbe andato e così ha fatto- aveva aggiunto sorridendo.

In fondo, di suo fratello poteva fidarsi, era un uomo di parola, la figura più importante della sua vita, quasi al pari della madre.
-Sai che se avranno un figlio, te lo lasceranno per continuare a fare i novelli sposini?- aveva detto scherzosamente Trunks.
-Sicuramente avranno un maschio- aveva aggiunto Goten, fiero e allettato all’idea di un nipotino.

Per lui sarebbe stato presente, sempre, come Gohan era stato con lui.
Lo avrebbe anche allenato!

-Secondo me sarà una bambina-
-Impossibile!- aveva decretato, avendo già immaginato ogni dettaglio, nemmeno fosse lui lo sposo e futuro padre.

Ma l’importante era che Gohan restasse, meritavano di vivere tutti insieme, in pace e finalmente felici.
 
 
 
 
 
 
 
 
 












 
 
 
*Le parti tra gli asterischi sono tratte, ma rielaborate da altre mie fic.
Oggi pomeriggio ho postato una storia su Freezer “Beautiful and perfect death”
Lo so in questi giorni sto postando molto, ma essendo malata sono inchiodata nel letto davanti al pc.
Grazie per aver letto.
Baci, Jo.

   
 
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