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Autore: Yoko Hogawa    09/01/2012    20 recensioni
« Senti, non posso inserirmi in una categoria quando si tratta di te » si risolse nel dire: « proprio perché tu non rientri in nessuna delle categorie che ogni essere umano riterrebbe standard. Ammettiamolo Sherlock, tu ti ritieni gay? » domandò allora, cercando di farlo ragionare.
O desistere.
« Io sono cervello, John ».
« Stai glissando, Sherlock ».
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giuro che non so come mi sia uscita quest’idea. Non so nemmeno se sia buona o meno XD adoro semplicemente i botta e risposta fra questi due.

Desclaimer: Sherlock e John sono proprietà di Sir Doyle, e dopo dei signori Moffat e Gatiss. Io non li possiedo, ed è un gran peccato, ma mi diverto molto a scrivere su di loro, dato che sono la mia ultima fissazione.

Vi auguro buona lettura.

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Com’era nata quella discussione, sinceramente, non ne aveva la minima idea.

Era successo in un giorno come gli altri: Sherlock ammazzava componendo la noia del primo di una serie di giorni senza casi fra le mani – ovvero le uniche 24 ore in cui il coinquilino era ancora sopportabile – mentre John passava il tempo del suo giorno libero scrivendo sul blog dell’ultima impresa portata a termine dal consulting detective.

Era superfluo dire che nel web stavano diventando abbastanza famosi, e le due telefonate che Mycroft gli aveva fatto solo quella mattina ne erano una dimostrazione. Soprattutto se si metteva a discutere del fatto che troppa visibilità non avrebbe fatto bene alla loro vita di coppia, “che comunque rimane affar nostro” aveva specificato lui prima che Sherlock gli prendesse il telefono e terminasse bruscamente la chiamata.

In quel momento erano le undici e trenta del mattino e, John lo sapeva, la tranquillità in cui si erano gradevolmente immersi non sarebbe durata molto.

Infatti, all’improvviso, Sherlock abbassò il violino e si girò in sua direzione.

« Come hai fatto, John? » domandò, apparentemente dal nulla.

Non era dal nulla, Watson lo sapeva bene. Sicuramente era una domanda uscita da un qualche ragionamento di sorta che l’altro aveva portato avanti per tutta la mattina, ma a volte si dimenticava che gli altri, quelli che poi avrebbero dovuto ascoltarlo e possibilmente tentare di fugare i suoi dubbi, non erano nella sua testa e non erano nemmeno veloci come lui nel carpire il pensiero che si nascondeva dietro la domanda posta.

Motivo per cui John, alzando gli occhi dal notebook, esordì con un « cosa? ».

Sherlock roteò gli occhi. « Voglio dire, come hai fatto a frequentare tutte quelle donne se sei gay? » esordì, questa volta un poco più esauriente.

Ebbe la sensazione che il discorso cominciasse già da subito a prendere una brutta piega.

« Io non sono gay » rispose però John, mantenendo una sorta di dignitosa calma.

Sherlock, già intento a rimettersi il violino sotto il mento, si fermò. « Scusa? » domandò, perplesso.

« A me piacciono le donne, Sherlock » specificò il medico.

« Allora sei bisessuale » ribatté prontamente Holmes.

« No, non mi piacciono gli uomini » disse però John, e questo fu sufficiente per distogliere completamente l’attenzione di Sherlock dal violino. Cosa che gli sarebbe anche piaciuta, se solo il discorso non fosse incentrato su sesso e sessualità.

Non fraintendiamo, John Watson considerava fare sesso con Sherlock Holmes – suo attuale compagno nel vero senso del termine – una cosa gradevole ed appagante; ma parlare di sesso con Sherlock Holmes, doveva ammettere, lo metteva un po’ a disagio.

Preferiva disquisire di cadaveri e morti violente.

« Nelle tue parole c'è del controsenso, John » esordì Sherlock: « da quello che mi ricordo, e me lo ricordo vividamente e con una certa soddisfazione, ciò che saltuariamente facciamo in camera tua non mi sembrano partite a Risiko, nonostante ci sia effettivamente una certa lotta per la supremazia e la sottomissione » disse, calmo e sereno come se parlassero del tempo.

« Sherlock... ».

« E di solito sei tu quello in cerca di attenzioni, o che si ricorda la data dell'anniversario ogni mese » continuò.

« Sherlock! ».

« Inoltre, e fino a prova contraria, io sono un uomo » concluse.

« Sì, sì, ho capito! » esclamò Watson, chiudendo il computer con un sospiro. Non ci avrebbe cavato i piedi finché non avesse fornito a Sherlock la risposta che voleva, questo era poco ma sicuro. « Mi correggo, non mi piacciono tutti gli uomini » optò poi per dire.

Sherlock alzò un sopracciglio. « Devo ammettere, e lo faccio con amarezza, che sei riuscito a confondermi, Jonh ».

Il medico sospirò. « In cosa ti ho confuso, di grazia? » domandò poi, massaggiandosi la tempia destra con indice e medio della relativa mano.

« Ho terminato le categorie socialmente riconosciute per indicare la sessualità di una persona. E tu non fai rientrare te stesso in nessuna di queste, dunque dove intendi collocarti, se posso saperlo? » chiese.

« Devo proprio rientrare in una categoria? ».

Voleva averla vinta a tutti i costi. Come al solito.

« Tutti rientrano in una categoria! » esclamò quindi, quasi sdegnato.

« Oh, Sherlock, è carino da parte tua inserirti di tua sponte fra i comuni esseri umani, ma fatti dire che non ti si addice » ribatté però il medico, stirando le labbra in un piccolo sorrisetto.

« Stai glissando, John » commentò serio Sherlock.

« Senti, non posso inserirmi in una categoria quando si tratta di te » si risolse nel dire: « proprio perché tu non rientri in nessuna delle categorie che ogni essere umano riterrebbe standard. Ammettiamolo Sherlock, tu ti ritieni gay? » domandò allora, cercando di farlo ragionare.

O desistere.

« Io sono cervello, John ».

« Stai glissando, Sherlock ».

Touché. Ogni tanto riusciva a prendersi la sua piccola rivincita sul cervello dell’altro.

« Diciamo che sono in grado di soddisfare entrambe le categorie ma non amo inserirmici » disse però l’altro, tranquillo come se parlassero del tempo.

Ehi, aveva detto “ogni tanto”, no?

Sospirando, si arrese a rispondergli nuovamente: « perché allora io non posso seguire lo stesso ragionamento? » domandò.

« Perché tu sei una persona normale, io no. Tu rientri in categorie sociali normali, io no » gli rispose Sherlock.

Watson roteò gli occhi. « Visto? » domandò retoricamente, ponendo fine al discorso.

Holmes, dal canto suo, sembrò quasi volerlo graziare. Si limitò a posare definitivamente il violino e stendersi sul divano, la vestaglia svolazzante nel tuffo in cui si era appena esibito.

Passarono in silenzio qualche minuto, lasso di tempo che John aveva passato osservando di sottecchi l’altro, disteso con gli occhi chiusi e le mani dietro la nuca. Pensò di essere finalmente al riparo da quell’interrogatorio imbarazzante – anche se aveva imparato a non darlo a vedere – e stava appunto per riaprire il notebook quando l’altro riprese parola, all’improvviso.

« Ma se tu fossi obbligato a... »

« Sherlock! » lo interruppe John, sbottando a un’ottava in più.

« Avanti John, soddisfa la mia curiosità » ribatté però il moro, osservandolo di sbieco con un sorriso appena abbozzato.

Con quello sguardo che riusciva a sciogliere qualsiasi intento omicida che immancabilmente faceva capolino fra i neuroni di John H. Watson quando la vita con il suo insopportabile compagno diventava ancora meno sopportabile – sì, era possibile.

Non puoi più scappare John, si disse, continuerà finché non avrà ottenuto ciò che vuole. Sperare il contrario è inutile.

« Io sono Sherlocksessuale » si risolse dunque a rispondere.

Risposta che Sherlock Holmes non si aspettava.

« Prego? » domandò infatti, accigliato.

« Hai capito. Preferisco le donne dal lato fisico e gli uomini non mi garbano nemmeno di striscio. Sto con te non perché sei un uomo, ma perché sei Sherlock Holmes. O perché ti ammiro oltre i limiti dell'umana comprensione, scegli tu quello che preferisci... » spiegò, aprendo finalmente il computer e cercando qualsiasi modo per non guardare direttamente negli occhi l’altro, che lo stava osservando con quel – quel – sorrisetto malizioso che scatenava nella sua mente immagini non esattamente caste e disinvolte, in cui immergeva le dita nei suoi ricci scuri e mordeva ogni centimetro di pelle pallida che potesse raggiungere con le labbra.

Sospirò, chiudendo gli occhi. Sapeva che Sherlock aveva già capito, lo sapeva dal modo in cui lo stava sfidando silenziosamente a ricambiare lo sguardo, e John Hamish Watson si chiese per l’ennesima volta come facesse ad avere armi di seduzione così efficaci se a tutto ciò che riguardava la sfera amorosa era quasi completamene disinteressato.

« Ti rendi almeno conto che è stata una dichiarazione d’amore malcelata? » gli chiese poi il detective, continuando a guardarlo dal divano.

Watson sospirò. Doveva smettere di farsi domande inutili, e magari ringraziare quella forza sconosciuta dell’universo che gli aveva permesso di entrare a fare parte di quel “quasi” che non rendeva Sherlock un individuo completamente avulso dall’amore. « Sì, me ne rendo conto... » rispose dunque: « ma a te non serviva veramente, giusto? Lo sai già ampiamente » commentò, sconfitto.

Sconfitto da se stesso e dall’amore sconsiderato che provava per la persona più irritante del pianeta.

Sherlock, abbandonando il suo adorato posto sul divano, si posizionò davanti alla poltrona del dottore; chiuse piano il notebook, così da annullare ogni disattenzione che impediva al medico di posare i suoi occhi caldi su di lui, in piedi lì di fronte.

« Sai John, tu sei tutto cuore » disse, e non era una presa in giro: « è per questo che stiamo bene insieme ».

Si chinò poi su di lui, appoggiando le labbra sulle sue.

 

   
 
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