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Autore: White Gundam    10/01/2012    3 recensioni
La battaglia contro Artemisia è terminata, e per Laguna è tempo di parlare a suo figlio... Sempre ammesso che riuscirà a farlo.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Kiros Seagill, Laguna Loire, Ward Zabac
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Confession’s day



Padre.
La parola è fissa nella mia mente.
Figlio.
Accenno un sospiro, traendo a me una boccata d’aria.
Sento freddo. Mi sembra che il mio corpo si stia pian piano congelando. Guardo il termometro su un palazzo di Esthar vicino alla residenza presidenziale. Trentotto gradi.
Devo avere la febbre.
Penso, sperando di potermi illudere semplicemente che la causa del freddo che sento sia una semplice influenza. Apro con forza una credenza, cercando un’aspirina.
Mi metto a letto e poi mi passa.
Gocce di sudore mi imperlano la fronte e scivolano giù, tra le rughe appena accennate del mio viso, bagnandomi il collo di rivoli ghiacciati. Cerco freneticamente la medicina, ma non mi riesce di trovarla.
“Al diavolo!”
Sbotto ad alta voce, non riuscendo più a controllarmi.
“Che succede? Hai perso qualcosa?”
Riesco ad intuire il tono ironico della voce di Kiros, proveniente dalla stanza accanto.
“Hai mica visto dove sono le medicine?”
Chiedo, assecondando il suo discorso.
“…”
Ward entra e mi guarda, appoggiandosi una mano sulla fronte, sconsolato.
“Ward dice che non le troverai mai nella credenza delle stoviglie.”
Kiros compare dietro di me. Grugnisco.
“Grazie, signor traduttore.”
Gli rispondo in tono secco.
“Prego.”
Kiros continua a guardarmi con il suo sorriso sardonico. Mi saltano i nervi.
“Andatevene al diavolo!”
Grido, e sbatto dietro di me la porta della cucina. Il mio corpo trema più forte di prima. Sospiro e poi tengo l’aria tra i denti.
In cucina Kiros sta dicendo qualcosa a Ward, a bassa voce.
“Bambino!”
Mi grida poi, attraverso la porta. Trattengo una rispostaccia ed esco di casa. La porta del palazzo presidenziale sbatte dietro di me.
E’ pomeriggio, ad Esthar. Il sole splende, rifrangendo i suoi raggi sui palazzi di vetro. La strega è stata sconfitta e la pace regna sovrana.
“Presidente Loire, tutto bene? Posso fare qualcosa per lei?”
Una signora dall’aspetto grassottello e bonario mi si avvicina. Grugnisco una risposta affermativa alla prima domanda ed una negativa alla seconda. La signora grassa si rabbuia.
Ad Esthar sono sempre stato amato e coccolato da tutta la città. Ho sconfitto Adele. Ho aiutato a sconfiggere Artemisia. Sono un eroe. Sono doppiamente un eroe. E’ questo che la gente pensa di me: Laguna Loire è buono, Laguna Loire è giusto, Laguna Loire è coraggioso, Laguna Loire è eroico.
Balle! Sono tutte balle!
Sono un codardo, un pavido, un…
Sbuffo fuori un soffio d’aria dai miei polmoni. Auto commiserarmi non serve a niente, mi innervosisce solo di più.
“Signor Presidente…”
La signora prova un altro timido approccio. Fingo un sorriso tirato, alzo la mano in segno di saluto e mi allontano a passo spedito.
“Signor Presidente, qual buon vento?”
Mi saluta gioviale l’uomo brizzolato al bancone del bar preparandomi il solito succo di frutta e porgendomelo con un sorriso.
Afferro il succo di frutta, lo bevo d’un fiato senza neanche sentirne il sapore e lascio sul tavolo alcuni guil in più del costo della mia bevanda. Non ringrazio, me ne dimentico addirittura, ed esco senza dire una sola parola.
Sguscio tra le vie minori della metropoli fino a raggiungere il palazzo presidenziale, entro e, per la prima volta nella mia vita, chiudo a chiave la porta dello stesso. Con tre giri di chiave, addirittura.
Ansimo e mi appoggio alla porta.
Ho proprio la febbre.
Mi ostino a pensare. Guardo l’orologio elettronico. Sono le tre e mezza del pomeriggio. Mi tremano le gambe e mi accascio alla parete. Manca solo mezzora. Mezzora e lui sarà qui. Mezzora e dovrò parlare.
Padre. Figlio.
Le due parole mi rimbalzano in mente, si scontrano con le altre parole e le distruggono, ci sono solo quelle due.
“Zio Laguna!”
La voce allarmata della mia adorata nipotina mi sembra quasi un ronzio nelle mie orecchie.
“Zio Laguna! Stai bene?”
Sento una mano giovane appoggiarsi sulla mia fronte.
“Sto bene, Elly.”
Faccio uno sforzo immane a mettere in piedi una frase di tre parole, e sì che sono stato un giornalista in gioventù.
Ellione mi prende la mano. Lo fa sempre quando vuole tranquillizzare una persona.
“Sto bene, Elly.”
Mi sembra di sentire un disco rotto che gira nella mia testa.
“Laguna…”
Kiros sospira, Ward scuote la testa.
Poi silenzio. Non so cosa dire. Non sanno cosa dirmi.
Sappiamo. Sappiamo tutti e quattro. Squall arriverà, ormai tra dieci minuti.
Squall è mio figlio. Squall mi crede un idiota. Squall ha diciassette anni. Squall è il figlio di Raine. Squall porta il cognome di Raine. Raine è morta. Squall è orfano.
Io ero lontano. Io ero ad Esthar. Io ero l’eroe che aveva sconfitto la strega Adele. Io ero diventato presidente. Io non sapevo.
Ellione me ne aveva parlato. Ellione era finita in orfanotrofio. Ellione era figlia addottiva di Raine. Ellione era sorella di Squall.
Kiros e Ward erano con me quando mi sono arruolato. Kiros era con me quando ero a Winhill con Raine ed Ellione. Kiros e Ward erano con me quando siamo andati ad Esthar per salvare la bambina. Kiros e Ward erano con me quando sono diventato presidente. Kiros e Ward c’erano quando Ellione me ne ha parlato.
Io avevo detto a Squall che dopo la battaglia finale gli avrei dovuto parlare. Kiros e Ward avevano sentito. Ellione aveva ascoltato.
“Esco!”
Dissi di colpo, alzandomi in piedi. Girai per tre volte le chiavi nella serratura. Per tre volte evitai i loro sguardi. Per tre volte mi diedi dell’idiota, per tre volte mi diedi del codardo.
Uscii senza avere il coraggio di guardarli in faccia. Presi la mia automobile e premetti il pedale sull’acceleratore. Il cruscotto segnava le quattro meno cinque. Diedi gas. Tra cinque minuti Squall avrebbe bussato alla mia porta. Tra cinque minuti io non sarei più stato lì.
   
 
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