Il suo corpo era immobile,
al contempo tremava,
i fremiti percuotevano le sue carni,
vive, provocando dolore,
risa, eresia dalle sue labbra
scaturita dalle parole, flebili
come il suo sguardo, vivido
e spento, frasi che giacciono
sulle sue gote pallide,
scivolano liquide e chiare
contornando le forme. Palpebre
socchiuse nel sommettere paura,
un sorriso, forse l’avevo immaginato.
Non sembra avere terrore
dell’ignoto buio,
ride dinanzi all’oscurità
oppure
è quel così nero scuro che
sorride a lui? Lo invoglia
a camminare, lo prende
dentro a una morsa..
ho visto i suoi occhi cadere,
la sua vita capitombolare
e i suoi lamenti abissarsi in qualche
verso poco udibile.
Perché percepivo che era felice?
Frenesia
lungo gli arti coperti di pelle.
Quanto coraggio.. i suoi occhi
non si schiusero più, poi.
Stava.. morendo. E non avevo mai visto
viso più beato.
E forse l’ultima immagine
che la sua mente inscatolò nella memoria
fu il mio, di viso.
E non ne aveva probabilmente mai visto
uno più destato dallo stupore.