Anime & Manga > Detective Conan
Segui la storia  |       
Autore: Dony_chan    13/01/2012    12 recensioni
La storia è ambientata dieci anni dopo rispetto agli avvenimenti attuali.I vari prototipi dell'APTX4869 non hanno avuto riscontri positivi, anzi: gli anticopri di Shinichi Kudo sono addirittura diventati immuni al farmaco sperimentale. Cosa ne sarà dei nostri protagonisti?
Buona lettura!
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
What If..?
7.

 

“Stai ferma, non muoverti” sussurra una voce al mio orecchio. Alzo di scatto la testa e faccio per voltarmi, ma la voce mi ammonisce una seconda volta. “Ferma”.
Sento un brivido percorrermi la schiena, e faccio scattare le mani in posizione di attacco, le gambe leggermente divaricate.
La persona alle mie spalle si lascia sfuggire una risata lieve.
 
Una donna...
 
“Da quanto tempo... Ran” sussurra e avverto uno spostamento d’aria. Riesco a spostarmi di lato in fretta ed evitare un calcio ben direzionato, per poi partire immediatamente all’attacco lanciando un pugno dritto alla sua faccia.
La donna lo intercetta e lo stringe nella sua mano, spostandola e rivelandomi il suo volto sorridente.
Spalanco gli occhi, incredula. Quei capelli tagliati cortissimi, scuri, quegli occhi di un verde smeraldo ipnotizzanti... quel sorriso gentile...
 “Ka-Kazuha?” mormoro sorpresa. Il sorriso sul volto della ragazza – che assomiglia già a quello di una donna – si fa ancora più ampio, mentre lascia andare la mia mano e si prostra in un piccolo inchino.
La imito a mia volta, le guancie arrossate. Sono mesi, forse addirittura un anno, che non ci vediamo. Il suo aspetto non è cambiato affatto, anche se a vederla con quei capelli corti mi ci devo ancora abituare. Quando mi aveva detto al telefono che se li era tagliati, quasi sei anni fa, non ci volevo credere. Ha deciso di fare a meno della sua splendida coda di cavallo per fare un dispetto ad Heiji, il suo migliore amico.
Ora, suo fidanzato.
“Ran” sorride ancora. “Che mi combini? Sei così tesa, l’ho avvertito da come ti sei mossa” mi dice venendomi incontro e, dopo un istante, mi abbraccia forte.
Mi aggrappo alla sua schiena percependo solo ora quando veramente mi sia mancata. Sento le lacrime agli occhi, e per la prima volta dopo settimane, avverto che sono lacrime di felicità.
“Non... non ci posso credere” biascico staccandomi da lei per guardarla meglio. I suoi occhioni si chiudono in un sorriso felice e torna ad abbracciarmi stretta a lei.
“Sapevo che la sorpresa ti sarebbe piaciuta” mi dice all’orecchio. “Peccato che non ho una videocamera... hai una faccia buffissima!”.
Cerco di darmi un contegno, anche se so di essere ancora sconvolta. In positivo.
Mi appoggio al muretto che circonda per tutto il perimetro la palazzina dove abito, cominciando a risentire la vita della città attorno a me, prima attutita dalla sorpresa della sua voce.
“Come hai fatto a sapere che adesso abito qua?” le domando, facendo un cenno verso il cancello di casa. Avevo intenzione di andare a fare una passeggiata, ma sono contenta di rinunciarci per passare del tempo con la mia vecchia amica.
Kazuha si stringe nel giubbino e scrolla le spalle. “Sono passata in agenzia, e ho trovato tuo padre. Me l’ha detto lui” mi spiega. Mi afferra per un braccio e mi indica la strada che da sulla via principale di Haido. “Ti spiace se camminiamo un po’? Il viaggio in aereo è stato faticoso, ma ho voglia di rivedere Tokyo”.
Annuisco allegra e la prendo a braccetto, mentre insieme ci avviamo per le strade della città, come eravamo solite fare una volta.
 
 
Il cameriere ci posa davanti due belle tazze di caffè fumante ed entrambe lo ringraziamo. Kazuha ci mette i soliti tre cucchiaini di zucchero, e poi prende a mescolare, perdendo un istante lo sguardo fuori dalla finestra.
Sorrido, anche se non mi vede.
 
“Sai, Ran? Ho trovato un lavoro... una scuola ricerca un’insegnante di giapponese: il mio sogno”
 
Ricordo ancora quella telefonata. Se non mi sbaglio, me l’aveva fatta ai primi di settembre dell’anno precedente. Avevo accolto la notizia positivamente, lieta che finalmente la mia amica potesse cimentarsi nel lavoro che più amava, e che per tanto aveva studiato.
 
“Mi assumono subito, lo stipendio è anche alto... mi trasferisco già il mese prossimo. Heiji viene con me!”
 
Che c’era di meglio? Andava a vivere con il ragazzo che amava, cosa che sapevo bramasse fare da un sacco di tempo.
Lei abitava ad Osaka, io a Tokyo. Non ci vedevamo tutti i giorni, come potevo fare con Sonoko, ma la nostra amicizia era sempre stata forte. Non erano rare le mie visite ad Osaka nei week-end dove non dovevo studiare, e lei ed Heiji venivano spesso a Tokyo quando il lavoro di lui glielo permetteva. Eravamo abituate a non vederci per un po’, ma sapevamo che appena una delle due aveva bisogno, bastava un treno ed eravamo lì.
 
“Ran... il lavoro...”
 
Fu come una pugnalata.
 
“... è a Chishui
 
Chishui. Cina.
Era l’ennesima persona che mi veniva portata via. Una delle poche con le quali sapevo confidarmi pienamente. Fu un duro colpo.
Ma alla fine, sapevo che non dovevo mostrarmi triste. Dovevo essere felice per il suo futuro, per lei e per Heiji, per la sua professione... e, con il tempo, ho scoperto che ero davvero felice.
“A cosa stai pensando?” mi interrompe Kazuha.
Scuoto la testa, rendendomi conto che alla fine quella con la testa fra le nuvole sono sempre io.
“A nulla di particolare” dico con un sorriso, per poi bere un sorso del mio caffè. La bevanda calda mi scalda subito e, a malincuore, mi rendo conto di averla già finita.
“Cosa ci fai qui in Giappone?” le domando curiosa, posando la testa su una mano.
Lei scrolla le spalle. “Heiji aveva un caso ad Osaka, suo padre l’ha richiamato d’urgenza. Ed io non avevo compiti da correggere. Così... ho fatto un salto qui” mi dice e prende la borsa, cominciando a frugarci dentro.
Ridacchio. “Ed Heiji? Come se la cava con il cinese?”.
La mia amica smette di trafficare un istante e mi guarda eloquente. Mette su un cipiglio scocciato e fa la voce grossa, in una perfetta imitazione del suo fidanzato. “Maledetta tu e la tua cattedra, Kazuha! Sei solo una stupida, proprio a Chishui mi dovevi portare?!”.
Ci guardiamo un secondo, e poi scoppiammo a ridere tutte e due. “Non ce la fa più. Dice che a Chishui ci sono solo pecore e niente casi”.
Sto per risponderle, quando fa scivolare sul tavolino un pacchetto incartato. “È per te” mi dice dolcemente. Alzo gli occhi nei suoi, sentendoli lucidi.
Scarto il piccolo pacchetto, scoprendone all’interno un amuleto piumato, con inciso l’ideogramma del mio nome in cinese: ‘Chinran’.
Lo alzo e lo metto in controluce, fissando ammaliata i riflessi indaco che rilascia attorno. “Porta fortuna alle donne. Per fare in modo che funzioni, devi dormirci una settimana di seguito, e poi devi farlo benedire da un monaco scintoista entro la fine del mese”.
La guardo sbalordita. Certo che, Kazuha, di amuleti ne sa veramente tanto.
Lei mi sorride, posando il mento sulle mani incrociate. “È una tradizione del paese in cui insegno, e non potevo non portartelo. Allora, Ran... che mi racconti?” e beve l’ultimo sorso di caffè.
Raggiro momentaneamente la domanda. “Quanto ti fermi?”.
“Stasera ho l’aereo per Osaka”.
 
 
Avere Kazuha accanto a me, anche se solo per qualche ora mi allevia dallo stress e dal peso che mi ha oppressa nelle ultime settimane.
Sembra così scontato, ma è proprio vero che gli amici ti sanno far star bene, anche nei momenti più no, capendoti al volo e senza doverti chiedere nulla. Loro lo fanno in automatico, senza voler ricevere nulla in cambio sennon la tua felicità.
Ripenso a Sonoko e alla litigata che abbiamo avuto ieri pomeriggio.
Sospiro.
Ho voglia di chiarire con lei, è la mia migliore amica, ma adesso non è il momento. Siamo entrambe ferme sulla nostra idea riguardo la faccenda di Shinichi, e so bene che nessuna delle due per il momento è in grado di star ad ascoltare le opinioni dell’altra.
Mi avvio nel piccolo salotto del mio nuovo appartamento, e ritrovo Kazuha ancora intenta a sfogliare un album di fotografie che avevo inserito nella libreria.
Ha gli occhi accesi dai ricordi, un sorriso nostalgico e il dito indice poggiato su una vecchia foto: l’avevamo scattata ad Osaka, in camera sua. Heiji era stato costretto ad immortalarci, mentre sedevamo sorridenti sul suo letto.
Lei aveva ancora i suoi capelli lunghi, io il sorriso nel cuore.
“Quel giorno eri appena arrivata” ricorda, percependo la mia presenza alle sue spalle.
Sorrido e vado a sedermi di fianco a lei. “Già. E mi hai fatto dormire su un futon scomodissimo!”.
Kazuha volta pagina, ridacchiando. “Ma alla fine ti ho permesso di dividere il letto con me, no? Credevo di essere stata perdonata per quello. E poi, il futon me lo aveva prestato Heiji...”
Scrollo le spalle. “Abbiamo parlato tutta la notte. Ti ricordi? Ci eravamo conosciute da poco, ma eravamo già legate”.
Kazuha stacca gli occhi dall’album e mi abbraccia con lo sguardo. Annuisce e si appoggia come una bambina sulla mia spalla.
“Mi manca tanto, Ran” sussurra debolmente.
La guardo interrogativa anche se lei non mi può vedere in faccia. “Ma lo rivedrai stasera...” inizio, ma lei scrolla meglio che può il capo e sospira. “Intendevo... mi manca la mia vecchia vita. Qui, in Giappone”.
Vorrei abbracciarla e dirle di tornare.
Vorrei farle capire come è stata dura senza di lei in tutti questi mesi, vorrei farle capire che amica preziosa è diventata nel tempo per me.
Vorrei dirle che, se non fosse stato anche per lei, avrei per sempre mollato il karate.
Vorrei dirle che le voglio bene e che se vuole, può tornare anche subito. Ne ha il potere.
Ma rimango zitta, poggiandole solo una mano sul braccio, stringendolo delicatamente.
“Insegnare è la tua vita” le dico invece.
Sospira di nuovo e torna a guardarmi. “Non ne sono più tanto convinta” ammette, e vedo i suoi occhi farsi un pochino più lucidi. “Ogni tanto mi sveglio di notte e ripenso a tutto quello che ho: un fidanzato che amo, un lavoro, una casa, degli amici... ma sento che la mia vecchia vita mi è sfuggita”.
Le afferro le spalle e la guardo intensamente. Devo fare ciò che è giusto.
Devo lasciarla andare.
“Kazuha... tu sai cosa vuoi veramente”.
La mia amica abbassa lo sguardo, si strofina una guancia e poi abbozza un sorrisino. “Amo i ragazzi della mia classe” dice piano. “Lo so, sono una sciocca... dovrei ringraziare di più, e lamentarmi di meno” sussurra dolcemente. “Me lo ripete sempre anche Heiji”.
Il mio sorriso si fa largo tra le labbra. “Non sei sola, lo devi ricordare. E la tua nuova vita... è solo una pagina nuova di quella vecchia. Nulla è cambiato, lo sai”.
Kazuha annuisce, ritrovando una pace interiore. “Avevo bisogno di tornare qui, e di vederti. Ora... credo di essere pronta a ripartire”.
Annuisco, sciogliendo la stretta sulle sue spalle. “La prossima volta che torni, portami un altro amuleto” le dico e lei scoppia a ridere delicatamente.
Adoro la sua risata.
Le gote di Kazuha si fanno leggermente rosse per via dell’imbarazzo di essersi rivelata ‘debole’ e torna freneticamente a sfogliare l’album di fotografie.
Si ferma su una pagina a caso e strabuzza gli occhi. “Luglio di quest’anno? Ma... come è cresciuto!” esclama, indicandomi una foto.
Sento una fitta al cuore, e mille spilli perforarmi la pancia.
È una foto di Shinichi.
Di Conan.
Sta sorridendo svogliatamente alla macchinetta, dove dietro si trovava Sonoko. Sta in cima ad una piccola forra, nel paesino di montagna dove eravamo andati in vacanza in un week-end estivo. Porta un paio di pantaloncini corti, camicia azzurro pallido e un cappello di paglia. In bocca tiene una penna e nella mano la mappa che avrebbe dovuto condurci allo chalet dove dovevamo alloggiare.
Si era affacciato sulla forra per guardare quanto era profonda, e Sonoko ne aveva approfittato: si era avvicinata di soppiatto e lo aveva immortalato, cosa che lui odiava quasi fare.
“Me lo ricordavo più basso!” continua Kazuha, cominciando a studiare la foto da diverse angolazioni. “Cresce in fretta”.
Sposto lo sguardo, acida.
“Strano, io me lo ricordavo più alto”.
 
 
Kazuha sta discutendo animatamente con Heiji al telefono, ricordandogli di non azzardarsi a prendere il volo per Pechino prima che lei sia arrivata ad Osaka.
Fuori dai grandi finestroni dell’aeroporto il cielo è tinto di rosso scuro. Un altro pomeriggio sta volgendo al termine, e mi sento di nuovo svuotata.
Quando la mia amica salirà su quell’aereo, le mie preoccupazioni torneranno a sfociare nella  mia mente, più insistenti di prima.
Incrocio le braccia al petto e poso la fronte sul vetro freddo di una finestra, guardando i miei occhi riflessi senza in realtà riuscire a vederli.
Un enorme boeing atterra sulla pista poco più in là, con una delicatezza quasi impossibile, e scorre lungo tutta la pista di atterraggio fino a fermarsi quasi sotto i miei occhi.
Ricordo che la prima volta che ho preso un aereo, è stato assieme a Shinichi, per andare a New York. Avevo una gran fifa, ma cercavo di non darla a vedere. Non ero riuscita a mangiare un solo boccone per colazione ed ero uscita di casa con lo stomaco sottosopra. Ma quando ero arrivata all’aeroporto, Shinichi mi aveva guidato ad un bar e, con tutta la naturalezza possibile, mi aveva chiesto se mi andava di mangiare qualcosa.
Avevo rifiutato, lo stomaco già pronto a fare una capriola mortale.
Lui si era seduto davanti a me con un cappuccino e due croissant belli caldi. Diceva di avere più fame del solito.
E, senza rendermene conto, uno di quei croissant lo avevo finito per mangiare io. Shinichi si era messo a parlare del suo ultimo allenamento di calcio, distraendomi dalla mia paura, e alla fine senza accorgermene stavo mangiucchiando la sua colazione.
Quando l’avevo terminata, lui mi aveva sorriso e mi aveva chiesto se era buono. Io, arrossendo, mi ero scusata per averne approfittato. Ma lui aveva detto che era pieno, e che quel croissant non ci sarebbe stato nel suo stomaco.
Solo dopo ho capito che era partito fin dall’inizio con l’idea di farmi mettere qualcosa sotto i denti. Sapeva che avrei potuto avere paura dell’aereo, e che di conseguenza non avrei fatto colazione. E così ci aveva pensato lui.
 
Come sempre...
 
Alzo di scatto la testa, la fronte congelata e gli occhi sbarrati.
Shinichi...
Shinichi...
 
Tu non mi hai mai abbandonata, vero?
 
Sento le lacrime premere per uscire, mentre mi do della stupida.
Lui non si è mai staccato da me. Mai. Nemmeno per un momento.
Mi volto per cercare Kazuha e la vedo riattaccare con Heiji. Ha la fronte aggrottata e l’espressione scocciata.
Mi avvicino a lei facendomi spazio tra la calca di gente che sta cominciando a spostarsi verso il gate. Le afferro un braccio mentre la vedo guardarsi attorno per ritrovarmi.
“Kazuha...” la chiamo con la voce carica di tensione. Credo che la mia saliva sia a zero.
La mia amica si volta a guardarmi, sorpresa. “Oh, Ran! Eccoti qua, non ti avevo più vista”, ma la interrompo prima che finisca la frase. “Scusami, ma mi sono ricordata di dover fare una cosa. Urgente, molto urgente. Mi dispiace”.
La mia amica mi da un buffetto sulla spalla, sorridendo. “Ma non preoccuparti, Ran! Il mio aereo parte tra mezzora, forse farei meglio ad imbarcarmi”.
Mi sento triste un attimo, al ricordo di doverla salutare. Chissà quando sarà la prossima volta in cui ci rivedremo. Spero presto, molto presto.
Ci abbracciamo forte e poi Kazuha scioglie l’abbraccio e recupera la sua borsa. “Mi raccomando, Ran, fai la brava” e mi strizza l’occhio.
Sorrido, in trepidazione, mentre cammino all’indietro per dirigermi all’uscita. “Certo! Buon viaggio” le dico salutandola con la mano.
Kazuha sembra un tantino perplessa. “Ran... stai bene?” sento che mi chiede.
Deglutisco. “Sì” rispondo solo.
 
O almeno credo...
 
 
La mia decisione mi suona così sbagliata. Davvero voglio chiedergli tutta la verità? Sono pronta per venirne a conoscenza?
Ho aspettato otto lunghi anni, e solo adesso posso veramente scoprire il perché Shinichi ha deciso di non tornare più. Più che altro, il perché non può più tornare...
Bevo un goccio del mio aperitivo, ripetendomi di essere solo una sciocca. Come posso credere che una cosa del genere sia normale? Non è scientificamente possibile...
Passo una mano nervosa tra i miei capelli, raccolti a treccia sulla mia spalla destra, e osservo il mio riflesso sulla grande vetrata che da sulla strada di Haido.
Ma che ci faccio io qua? È tutto sbagliato, non avrei mai dovuto chiamare Conan appena uscita dall’aeroporto e dirgli di raggiungermi in questo bar! Rimanere all’oscuro di tutto mi proteggeva, in un certo senso, ma adesso... stanno riaffiorando tutti i ricordi spiacevoli che avevo chiuso con forza in un angolo della mia mente, e non sono sicura di saper affrontarli di nuovo.
Afferro  il cappotto e faccio per alzarmi, quando il tintinnio della porta annuncia l’entrata di un nuovo cliente.
Con una stretta allo stomaco mi risiedo e unisco le mani a mo di preghiera, appoggiandoci la fronte.
 
È arrivato...
 
Sento i suoi passi avvicinarsi e spostare la sedia.
Alzo lo sguardo su di lui e incrocio i miei occhi nei suoi, dopo tanti, troppi giorni. Il cuore mi batte forte e sento le lacrime pizzicare per uscire.
“Ciao, Ran” mi dice dolcemente, con un sorriso.
Contraccambio tesa, e gli allungo l’aperitivo che avevo ordinato per lui – analcolico, naturalmente.
Ne beve un sorso e io rimango come un ebete a guardarlo, sentendomi ridicola solamente quando lui sorride divertito.
“Hai detto che dovevi chiedermi una cosa... di che si tratta?” intavola.
Si mette seduto comodo e si sporge appena sul tavolo, dimezzando la distanza. Mi guarda con i suoi occhi innocenti, che mi creano all’istante mille dubbi.
Voglio davvero sapere?
“Ecco, io...” mi mordo il labbro, prendendo tempo.
La mia testa comincia a pulsare e mi afferro una tempia cercando di trattenere la calma. Se lui non mi ha mai parlato di una cosa del genere, sicuramente un motivo ci sarà.
Anche se ha sbagliato, perché con me doveva essere sincero, devo per forza indurlo a raccontarmi tutto?
E se un giorno, quando risolverà la situazione, verrà a parlarmene lui stesso?
Ridicolo, mi sto ancora aggrappando all’idea che Shinichi possa tornare da me in futuro. Forse Sonoko ha ragione.
Devo dimenticarlo.
Devo trovare qualcun altro che me lo faccia scordare.
Sorrido, arrendendomi. Alzo lo sguardo e incrocio il suo, che sta aspettando una mia spiegazione.
“Io...” ripeto. Poi sospiro. “Volevo semplicemente vederti”.
 
 
Ho un brivido di freddo, mentre passeggiamo per le vie illuminate della mia nuova città. Haido è così bella e storica, ma Beika ha quel non so che di... familiare.
Soprappensiero, stringo il braccio di quello che ritenevo stupidamente il mio fratellino, mentre guardo svogliatamente le vetrine. Solo quando sento il suo braccio aderire di più con la sua vita, intrappolando il mio, mi rendo conto che forse è stato un errore stare a braccetto.
Rimaniamo in silenzio, per tutto il percorso, finché non arriviamo davanti al mio appartamento.
Qui sciolgo la stretta e tiro fuori le chiavi.
“Sono proprio una pessima adulta. Mi hai accompagnato fin qua, quando avrei dovuto farlo io” dico, facendo strada fino alla porta del mio appartamento. Non ce l’ho fatta, non ho potuto fare a meno di lanciargli questa frecciatina.
“Non fa niente. Faccio due passi a piedi volentieri” dice, venendomi a sbattere addosso.
Mi sono fermata in mezzo al corridoio quando gli ho sentito pronunciare quella frase. È più forte di me, mi sento ancora troppo protettiva nei suoi confronti, nonostante quello a cui sono venuta a conoscenza.
“Ma sei matto? Avrai quasi un’ora di strada a piedi!” esclamo.
Lui mi fa segno di abbassare la voce, visto l’ora tarda. “Ran, intendevo a piedi fino alla stazione. Poi prendo un treno” mi dice con il dito indice ancora davanti alla bocca.
Scrollo la testa, capendo quanto sono stata sciocca.
“Va bene, allora sarà meglio che ti incammini. Non voglio essere la responsabile delle urla di mio padre!” rido, aprendo la porta di casa mia.
Mi fa un cenno con la mano e fa per scendere di nuovo le scale.
Lo guardo andar via con ancora un peso allo stomaco. Devo chiarire solo una cosa.
“Conan!” lo chiamo. Questo nome assurdo mi fa storcere un poco la bocca, ma cerco di non dare troppo nell’occhio.
Lui si volta appena e attende che prosegua.
Mi appoggio alla porta di casa mia e sento le guancie scaldarsi. “Mi piace uscire con te. Possiamo continuare a comportarci normalmente? Non vorrei che ci perdessimo”.
 
Non ti voglio perdere, non ti voglio perdere Shinichi!
 
Lui non risponde subito. Si fissa i piedi per alcuni istanti interminabili, fino a che non rialza il capo e si avvicina per non dover urlare.
“Tu sai come la penso. Te l’avevo detto quella sera a cena da Kogoro” mi spiega semplicemente.
Le sue parole tornano a frullarmi nella testa.
 
“Non sono più capace di tornare indietro e far finta che non sia successo mai nulla”
 
“Sì, ma io...” provo, ma lui scuote la testa.
Mi avvicino e gli afferro le mani, guardandolo supplichevole e con gli occhi velati dalle lacrime. Non posso fare a meno di lui.
“Ran...?” mormora appena.
Sento il cuore accelerare i battiti e il respiro diventare irregolare.
“Io non posso” sussurro, attirandolo dolcemente su di me. Le sue mani si sciolgono immediatamente dalle mie e mi circondano la vita, i nostri nasi si sfiorano appena e sento il suo caldo respiro sulla pelle.
I nostri occhi sono come intrappolati gli uni nello sguardo dell’altro. I miei persi in quell’oceano blu.
Le nostre bocche si avvicinano per la terza volta e si scambiano un leggero, casto bacio.
“Cosa non puoi?” mi chiede facendo scorrere la punta del suo naso sulla mia guancia.
Circondo la sua schiena muscolosa e aderisco al suo corpo, tenendomi stretta. “Rinunciare a te. Mai più”.
Le nostre fronti si toccano, ma solo per un istante. Le sue labbra cercando le mie e stavolta ci scambiamo un bacio più passionale.
Sento in lui un crescente desiderio, represso per troppo tempo. E forse lui sente il mio, inchiodato per anni nell’attesa del suo ritorno.
Mi sospinge piano verso il muro e, senza staccarsi un attimo, mi intrappola tra le sue braccia, poggiando le mani ai lati delle mie spalle.
Un’idea assurda mi attraversa la mente, ormai non molto lucida.
Non lo voglio respingere, no. Non più.
Mi aggrappo al suo giubbotto e separo appena le nostre labbra, tenendole comunque poggiate.
“Ti va di venire dentro?” gli mormoro.
La sua testa si sposta e i suoi occhi mi studiano per un attimo. La mia espressione rimane sicura, mentre il vero significato delle mie parole si fa largo nella sua mente.
Annuisce lentamente e solo dopo gli regalo un altro bacio.
Poi lo prendo per mano e lo trascino dietro di me, dentro casa mia. Chiudo la porta a chiave e poi mi rivolgo verso di lui, con il cuore a mille.
Lo spintono all’indietro, mentre ci scambiamo un altro bacio focoso. Anche se abbiamo gli occhi chiusi, le nostre mani sanno bene cosa devono fare: le sue stanno sbottonando il mio cappotto, mentre le mie aprono la zip del suo giubbotto.
Lasciamo cadere a terra i soprabiti e ci dirigiamo a tentoni in camera mia, senza accendere nessuna luce.
Le tapparelle della mia stanza sono ancora levate e ci permettono di vedere grazie al chiaro della luna e dei lampioni della strada.
Ci sdraiamo di peso sul mio letto, mentre sento i nostri respiri farsi più affannosi e veloci.
Il mio cervello è del tutto scollegato, la passione l’unica mia guida.
Mi affretto a levargli la felpa, mentre lui fa altrettanto con il mio cardigan. La sua pelle calda è un toccasana per le mie mani fredde e lo attiro su di me, finendo lunghi sdraiati, ancora intenti a baciarci.
Le sue labbra si spostano dalla mia bocca e percorrono tutta la strada fino ad arrivare sul mio ventre.
“Ran?” mormora, tornando a guardarmi occhi negli occhi.
“Sì?”
Mi sorride dolcemente. “Ti amo”.

 
 
********************************************************************************
 
 
 
 
 
 
 
 
 
... e dopo una settimana da panico, tra interrogazioni programmate e non, compiti anticipati, e i miei amici Forster e Joyce che mi hanno fatto compagnia nell’ora di inglese di oggi... venerdì 13... e chi vuole fare le corna, le faccia pure XD :
eccomi di nuovo qua!
Come avrete capito, non ho un attimo di fiato libero... e mi dispiace molto... ma credo che, dopo un capitoletto del genere, mi possiate perdonare, no? Siete così buoni!! ^^
Allora.. ah, sono troppo emozionata dalla svolta che ha preso questa storia!
Non potevo non mettere Kazuha... spero di averla resa bene... una piccola apparizione della vecchia amica di Ran :) se non ci fosse stata lei, Ran non avrebbe avuto l’epifania (guarda te, Joyce mi perseguita anche in DC O.O) all’aereoporto... non sarebbe corsa da Shin... e non sarebbe successo nulla..!
Il chiarimento tra i due ci sarà molto presto... nel prossimo capitolo... che, ahimè, penso proprio sia l’ultimo! T.T
Ah, sì, una cosa: Kazuha con i capelli corti... mi sono detta: Kazuha adesso ha ventisei anni, deve essere cambiato qualcosa in lei... e ho pensato subito ai capelli. Secondo me sta bene anche con il taglio corto, voi che dite? E poi... l’ho fatta fidanzare con il bel tenebroso Heiji... alleluia!!
Sto scrivendo un monologo... mi fermo, tranquilli :)
Aspetto le vostre opinioni in merito al settimo capitolo! ^^
Intanto ringrazio: _Neutron star collision_, 88roxina94, _Flami_, Yume98, withoutrules, Ran Mouri, Shine_, shinichi e ran amore e _Rob_ per aver commentato il capitolo sei; WinryRockbell per aver aggiunto la storia tra le ricordate e SimoTak per averla messa tra le seguite!
Grazie anche a chi legge soltanto!
Ci si vede moooolto più presto, I promise!!
Un abbraccio,

 
Dony_chan
  
  
Leggi le 12 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Detective Conan / Vai alla pagina dell'autore: Dony_chan