Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers
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Autore: turnright    13/01/2012    5 recensioni
A volte credere nel "per sempre" è la cosa più sbagliata che tu possa fare, a volte invece si può rivelare un investimento che valeva la pena di essere fatto.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Mi sono stancato di te e del tuo lavoro da troia» si sentì uno schiocco non troppo forte, John la stava picchiando di nuovo.
«E tu invece? Vogliamo parlare del tuo di lavoro?» Alicia sbattè la mano sul tavolo in segno di protesta. 
«È grazie a quello che non ho sbattuto fuori te e quell'altra troia di tua figlia» urlò di nuovo John. 
Cassie prese le chiavi di casa, una borsa e uscì sbattendo la porta. Casa sua da quando se n'era andato suo padre era diventato un inferno. Sua madre non faceva altro che cambiare fidanzato ogni due mesi, vale a dire il tempo in cui un uomo si stancava di lei, e ogni volta ne portava a casa uno peggiore. A volte pensava che suo padre avesse fatto bene ad andarsene, a scappare da quella casa, da sua madre e da lei. Gli aveva promesso un per sempre che non si sarebbe mai avverato, era sicura che lui l'avesse già dimenticata. Ricordava ancora quando una mattina di dieci anni fa suo padre si avvicinò con la valigia in mano, le diede un bacio sulla fronte e le disse «Ti vorrò per sempre bene Cassie». «Dove stai andando papà?» le chiese lei trattenendolo a se «Tornerò presto» gli rispose lui. Detto questo uscì dalla porta e non tornò più. Rivivendo una delle scene più brutte della sua vita Cassie iniziò a correre. Si faceva largo tra la gente indaffarata che occupava la strada lanciando di rado qualche scusa. I pensieri le si affollavano in mente e tutte le domande che teneva dentro di se da circa dieci anni le si ripresentarono. Corse, come se stesse fuggendo da qualcosa, finché non sentì che qualcuno le era arrivato addosso. La sua borsa aperta rovesciò tutto il contenuto per terra.
«Mi dispiace» disse chinandosi per raccogliere il tutto, lui fece lo stesso. Le loro mani si sfiorarono e i due si guardarono per la prima volta. I suoi capelli erano coperti da un cappello che sembrava quasi un preservativo ma lei non si soffermò su questo. Si soffermò sui dolci lineamenti del suo viso, su quegli occhi color nocciola e sulle sue labbra che sembravano disegnare un cuore.
«Grazie» disse prendendo il cellulare dalle sue mani che glielo porgevano e alzandosi.
«Scappavi da qualcosa?» chiese alzandosi anche lui da terra.
«In un certo senso» rispose Cassie cercando di allontanarsi il più possibile da quel meraviglioso ragazzo per riprendere la sua "fuga".
«Dove stai andando?» continuò lui seguendola.
«A fanculo» rispose lei fredda, aggressiva come faceva sempre per allontanare le persone, anche se lui era l'unica persona che non avrebbe mai voluto lontana.
«Mi hanno detto che è un bel posto» disse anche lui freddo e con un accenno di ironia.
Forse era quell'aria gelida dei primi di gennaio che congelava l'animo delle persone o forse era lei e il suo stupido atteggiamento. Cassie non rispose si limitò ad andare avanti per la sua strada ignorando lui e il suo bel faccino. Non si presentarono ma lei sapeva già il suo nome, era scritto su tutti i cartelloni in città. Non era stato, però, questo a colpirla ma quel poco del suo carattere che aveva intravisto quei due minuti. Aveva provato a fare quello a cui molti ormai avevano rinunciato, aveva provato a intraprendere una conversazione con lei. Prese il cellulare per vedere che ore fossero e si accorse che non era il suo. Quello che teneva tra le mani era un iphone ultimo modello nero il suo invece era un piccolo cellulare di non so quale marca. Ripercorse quello che era successo mentalmente e si accorse che doveva essere di quel ragazzo. Lei gliel'aveva preso dalle mani come se fosse il suo e lui l'aveva lasciata fare. Compose il suo numero e lo lasciò squillare.
«Pronto?» era lui.
«Credo che tu abbia il mio cellulare dato che sono certa di non avere un iphone» disse lei mostrando un po’ di cordialità.
«Ti va bene se ci vediamo domani alle dieci al Times Square?»
«Possiamo vederci adesso?» chiese lei, avrebbe preferito di gran lunga togliersi quel pensiero.
Mugugnò qualcosa e poi disse «Va bene tra mezz’ora sempre al Times Square?»
«Okay, a dopo» rispose lei. Riattaccò e chiamò un taxi. Passarono una decina di minuti prima che l’autista suonò il clacson chiedendole se era lei che l’aveva chiamato.
Erano quasi le dodici e mezza quando arrivò al Times Square, giusto in tempo. Esaminò la piazza attentamente finché non lo riconoque proprio sotto uno dei mega cartelloni con la sua faccia. Prese il cellulare e glielo porse «Eccolo». Lui fece lo stesso.
«Piacere mi chiamo Nick» le porse una mano, lei gliela strinse cercando di sembrare il più cordiale possibile. Voleva in qualche modo riparare all'atteggiamento di prima.
«So già come ti chiami, la tua faccia ricopre mezza New York» disse Cassie. Per quanto si sforzasse non riusciva a parlare senza usare quell'ironia scontrosa che la caratterizzava.
«Volevo solo essere gentile» disse ciò e si incamminò verso la macchina posteggiata qualche metro più avanti.
«Mi chiamo Cassie» urlò lei andondogli dietro.
«Ti va di mangiare qualcosa?» chiese lui accennando un sorriso soddisfatto. Lei annuì e si lasciò guidare per le strade di New York.

 
«Posso sapere da chi o da che cosa scappavi?» le chiese Nicholas dopo un po' che pranzavano.
«Non credo tu voglia saperlo davvero. È una storia noiosa» rispose lei mettendosi in bocca un'altro pezzo di pollo.
«Se proprio non vuoi dirmelo okay»
«Parliamo d'altro» disse lei con uno sguardo implorante. Non aveva nessuna voglia di parlare di suo padre e di tutta quella storia deprimente che l’affliggeva.
Nicholas accontentò la sua richiesta e iniziarono a parlare del più e del meno, come se non fossero una pop star famosissima e una ragazza che invece era tutt’altro.
Finito di mangiare Nick si oppose per pagare il conto e dato che ne aveva abbastanza di litigi e scenate Cassie lo lasciò fare.
«Grazie» gli disse quando arrivarono alla sua auto. Aprì bocca come per chiederle qualcosa quando una massa di fans urlanti lo assalirono e lei si incamminò non curante verso casa sua. Lo aveva creduto un ragazzo normale per quelle due ore che avevano passato insieme ma sapeva benissimo che non lo era ed eccone la prova. Camminò per le strade di quella città che aveva visto fin da piccola e cercò di trovare un buon motivo per il quale il grande Nick Jonas aveva deciso di passare due ore della sua vita con lei. Aveva continuato ad essere scontrosa, cercando di tenersi sulla difensiva non lasciando trapelare neanche un filo dell’immensa debolezza che nascondeva eppure lui aveva continuato ad essere gentile. Tutti cercavano di starle alla larga lui invece sembrava volerla conoscere. Quando arrivò a casa si sdraiò sul letto e chiuse gli occhi cercando un po’ di riposo dalla sua mente. Non capiva perché continuava a riflettere su di lui, possibilmente non l’avrebbe più rivisto. E se anche fosse successo a chi importava? Beh, forse a lei.
  
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