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Autore: Sarren    13/01/2012    5 recensioni
L'innocenza e la saggezza di un bambino possono far breccia anche nel cuore di un demone.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Il Demone e il Bambino



Il Demone era stanco; aveva combattuto una dura lotta contro un suo simile e le ferite, non ancora rimarginate, gli procuravano dolore.
Non temeva per la sua vita, aveva abbastanza esperienza da sapere che non sarebbe morto per quelle lesioni, ma anche se fosse successo non gli sarebbe dispiaciuto più di tanto.
Combattere, uccidere, morire, erano tutte cose che facevano parte della vita di un demone; ne era consapevole e le accettava, anche se ormai, dopo secoli di lotte, non ricavava più nessun piacere da esse.
Ma cos'altro avrebbe potuto fare? In fondo, era quello il suo destino in quanto demone, non poteva fare nient'altro, se non proseguire per quella via finché non fosse stato ucciso da qualcuno più forte di lui.

Mentre proseguiva, continuando a rimuginare tra sé e sé, giunse in un pozzo dove un bambino stava tirando su un secchio d'acqua.
Doveva avere all'incirca sei-sette anni, e, perso in qualche sua fantasticheria, non si preoccupava di quello che accadeva lì accanto.
Quando lo vide il Demone cercò di farsi prendere da quella furia, da quella eccitazione che lo pervadevano nei primi anni della sua esistenza quando attaccava gli esseri umani.
Inutilmente.
Comunque, anche uccidere e mangiare bambini indifesi faceva parte della vita di un demone, quindi, sebbene ciò non gli portasse alcuna gioia, e non avesse neanche particolarmente fame, si decise ad aggredire il Bambino.

Però, proprio mentre stava per saltargli addosso, questi si girò e lo vide.
Per più di mezzo minuto i due, Demone e Bambino, stettero a guardarsi negli occhi, il primo con aria esitante, aspettando che l'altro corresse via, urlasse, o facesse qualsiasi altra cosa che non fosse stare là a fissarlo; il secondo invece lo osservava con uno sguardo sorpreso, ma per niente spaventato.
Allora il Demone, spazientito da quell'attesa e irritato dal silenzio del Bambino, gli si avvicinò urlando:
<< Scappa Bambino, fuggi se non vuoi che ti mangi! Corri, e vediamo quanto sei veloce! >>
Finì quella frase con una risata che voleva essere spaventosa, ma che, per qualche motivo, non sembrò impensierire il Bambino, che rimase a fissarlo incuriosito.
Il Demone, ancora più irritato e ormai stanco di quella situazione, decise di finirla e di saltare subito addosso al Bambino, ma proprio mentre stava per aggredirlo quello parlò chiedendogli:
<< Perché sei triste? >>

Triste, una parola che mai prima d'allora il Demone aveva usato per descrivere la sua condizione, ma che ora che era uscita da quelle piccole labbra gli sembrò perfetta per descriverla.
Egli era triste, provava una tristezza profonda nata da secoli di continue e inutile lotte, dal prolungarsi di una vuota vita vissuta senza alcuno scopo, se non sopravvivere.
Si era detto che non aveva altra scelta, che quella era l'unica vita possibile per un demone, che doveva comportarsi come tutti i suoi simili, nonostante da molto tempo non provasse alcuna gioia in questo.
E così aveva continuato a condurre avanti la sua esistenza, non perché desiderasse veramente vivere, ma per una sorta di indolenza, perché non voleva provare a cambiare; per questo aveva cercato di convincersi che in fondo andava bene anche così, ma adesso non poteva più mentire a se stesso, poiché il suo inganno era stato ormai svelato.

Guardò il Bambino che con uno solo sguardo era riuscito a vedere ciò che lui per secoli aveva nascosto a se stesso, e che con solo tre parole gli aveva mostrato questa verità e la sua espressione infantile gli sembrò ingenua e saggia insieme; e guardandolo negli occhi vi si vide riflesso non come un demone malvagio e spaventevole, ma come un essere triste e miserevole, incapace di essere sincero con se stesso, incapace di intraprendere un proprio cammino e di scegliere il proprio destino.
La maschera di menzogne e illusioni che egli aveva costruito nel corso di interi secoli s'infranse in pochi secondi, e lui, che per sopravvivere (solo ora se ne rendeva conto!) si era disperatamente aggrappato a essa, crollò insieme a lei.

Il Demone si mise a piangere.

Il Bambino lo abbraccio.

Restarono così a lungo, finché il Bambino non disse:
<< Se sapevo che piangeva così tanto portavo il secchio, mi sarei risparmiato la fatica di attingere l'acqua dal pozzo! >>
Detto questo sorrise, e il Demone, pur non avendo ben compreso la battuta, sorrise a sua volta.


Felice, in quel momento, per la prima volta da secoli, il Demone sentiva di poter dire di esserlo.

 

  
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