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Autore: Alex Simon    15/01/2012    0 recensioni
[Autrice:_Titti_(ho solo cambiato il Nik)] Allora, questa nuova Fic parla di un'agenzia di spionaggio che al suo interno purtroppo ha diversi traditori che si sono uniti al nemico... in particolar modo ce n'è uno che dovrà essere scovato da Edward (spia perfetta) e Alphonse (spia per scelta). Come andrà a finire...? Chi è il misterioso traditore che controlla il tutto?
{Buona Lettura} Per la vostra gioia... RoyxEd!
Genere: Azione, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Roy Mustang, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Il vento fresco della sera sfiora il delicato viso di un angelo caduto e solitario sul tetto di un gigantesco edificio, scruta le stelle, le persone sotto i suoi piedi e ciò che lo circonda con occhi assenti e immersi in milioni di frammenti di vita.

Flashback

 

Tutto è silente intorno, quando scende la notte all'accademia gli animi si placano perché è nelle tenebre che si trova sicurezza.

Quando la luna brilla nel cielo stellato tutti sono nelle rispettive camere per riposare e gioire per essere arrivati a quel momento... poiché molti purtroppo vedono il sole sorgere ma non lo vedono tramontare, falciati senza pietà dalle prove che ogni giorno esaminanol'intelligenza del singolo individuo, la sua tenacia, la forza, la determinazione e la sua mente, su questa ci si pone una sola domanda: Cadrà col tempo che passa, o resterà in piedi?

Molti cadono, soprattutto dal punto di vista psicologico, diventano eccessivamente paranoici, non riescono a dormire, sono sfiniti e spaventati... troppo per sopravvivere.

E' il caso del compagno di stanza di Edward, o al tempo: Numero 7.

Una sera tornando in camera dopo aver superato l'ennesimo test di resistenza fisica il biondino si prepara velocemente per andare a dormire visto che la sveglia la mattina seguente suonerà all'alba, deve essere in forma per affrontare un nuovo giorno.

Nella stanza non c'è luce ma non importa perché chi è vissuto nell'ombra fin dall'infanzia è abituato a farne a meno.

Quando si sdraia sul letto, accanto a quello del compagno nota che è ancora vestito, rannicchiato a terra con le gambe al petto.

-Ehi... che succede?-

Sussurrò scansando i capelli biondi a caschetto fino alle spalle dietro l'orecchio per vederlo meglio.

-Oggi... durante la pausa mensa siamo andati aldilà del recinto-

Il campo era chiuso per impedire la fuga dei suoi prigionieri e non da una rete o muro qualsiasi ma da un recinto elettrico che solo a guardarlo ti metteva i brividi.

-Cosa...? Ma è impossibile oltrepassarlo-

-Abbiamo scavato una buca... e ci siamo accorti che, tutto ciò che ci viene raccontato qui non è affatto vero, c'era un grande prato verde, non c'erano percorsi ad ostacoli né malvagità... era tutto così luminoso e pieno d'amore e c'erano delle donne adulte con dei bambini, senza uniforme o armi, non sembravano spaventati, giocavano e ridevano... il mondo al di fuori non è il posto orribile che ci viene descritto... e io mi chiedo se...-

-Se...?-

-Se anche io prima di arrivare qui, avessi una donna sempre con me, una “mamma”-

-Cosa...?-

Alle orecchie di un bambino rinchiuso fin dalla nascita queste parole non hanno significato, cos'è una “Mamma”, cos'è quel posto così diverso dal campo che gli stava descrivendo?

-Si, le chiamavano così... pensaci un attimo, noi da dove veniamo? Perché siamo qui... è davvero la realtà quella ci circonda?-

Fine Flashback

Non diede molto peso a quella conversazione lasciandola in sospeso, ma il giorno seguente il suo compagno di stanza sparì ma a differenza di altri non morì sotto i suoi occhi, non aveva la certezza che avesse lasciato questo mondo, non lo vide più e basta...

Fu allora che pensò a quella conversazione prendendola sul serio e con gli anni ottenne diverse certezze.

I bambini non vengono in qualche modo creati, ma nascono,  allora perché lui era lì da solo, qualcuno lo aveva forse portato via dalla sua famiglia?

Perché doveva attraversare l'inferno in solitudine quando un essere umano non nasce mai da solo...? E se aveva una famiglia, dov'era?

Lo stavano cercando o lo avevano abbandonato spontaneamente?

 

-Ecco dov'eri-

Alle sue orecchie giunge la voce di Alphonse, appena entrato dalla porta metallica che da sul tetto, dove lui è seduto.

-Che cosa vuoi? Ti ho già detto che non ti voglio tra i piedi-

-Ti devo delle scuse e vorrei che tu fossi sincero con me, non accettarle solo per farmi andare via, sono stato duro prima ma dovevo dirtelo, ti sarò sembrato privo di tatto... insomma Roy mi ha raccontato dell'istituto dove sei stato cresciuto...-

-Cosa? Appena lo vedo gli spacco il naso... brutto idiota-

-Non sentirti esposto o vulnerabile o addirittura debole, io non so niente di te e quel poco che ho appreso me l'ha spiegato Roy... sei un libro chiuso ermeticamente e non vorrei questo, ti puoi fidare di me-

-Oh ma certo, adesso ti do le chiavi magiche per accedere ai miei pensieri più profondi e al mio crudele passato-

Disse sarcasticamente.

-Non devi raccontarmi per forza... non voglio compatirti se è ciò che pensi, voglio capire...-

-Capire che cosa? E' un istituto dove fin dalla nascita vengono cresciute potenziali spie, sono malvagi, ogni giorno è una sfida, muore tantissima gente, ne rimane solo uno e bla bla bla... fine del racconto-

Alphonse si siede al suo fianco cercando di non fare caso ai modi per deviare il discorso dell'altro.

-Quando eri lì... sentivi il bisogno di avere una famiglia accanto?-

-Io non sapevo nemmeno cosa fosse una famiglia, non lo so tutt'ora e non lo voglio nemmeno sapere, i bambini lì dentro non sanno cosa sia una mamma o un papà... per quanto ne sanno sono nati all'interno dell'istituto, quando lotti per la tua vita non ti fai domande del genere-

-Mi dispiace che tu non abbia mai avuto nessuno a fianco... deve essere stato terribile-

-Finiscila con le frasi melensi... perché non sei scappato piuttosto?-

-Perché non c'eri tu a disattivarmi sistemi d'allarme e a portarmi via...-

-Ho spiegato a Roy come fare...-

-Ma lui non ci riesce-

-Ovvio è un deficiente... ci penso io muoviti-

Senza aggiungere altro si alza precedendolo giù per le scale che li avrebbero portati al piano di sotto dove avrebbe potuto preparare la fuga.

Alphonse dopo un po’ di incertezza decide di seguirlo in silenzio, sente ancora una certa distanza tra loro e si chiede se mai sarà colmata, per lui quel ragazzo è come un automa che si rifiuta di provare sentimenti e punta soltanto alla perfezione, nella mente gli sono stati inculcati troppi concetti crudeli e malvagi per essere lavati via tanto facilmente.

Ma d’altronde cosa può aspettarsi? Che improvvisamente gli racconti del suo passato, delle sue emozioni, di quello che ha dovuto affrontare e si sfoghi con lui lasciando andare tutto il dolore che si è tenuto dentro per anni?

 

Arrivati in camera prende il passamontagna e una divisa anonima per non essere riconosciuto assieme a delle lenti colorate in modo da nascondere anche il colore degli occhi, è un professionista dopotutto non può permettersi nessun errore, nemmeno nel caso remoto in cui al buio riuscissero a catturare qualche fotogramma dell’evasione.

-Allora…- Inizia prendendo una mappa dell’edificio –Una volta uscito di qui prenderai le scale di servizio fino alle cucine che a quest’ora dovrebbero essere deserte, esci dalla porta sul retro e passando per le zone in ombra corri fino al cancello, l’ho programmato per aprirsi con un pulsante che premerò io stesso, in strada vieni verso il vicolo a destra, ti farò evadere con la macchina come ti avevo preannunciato… purtroppo non possiamo usare la pista degli elicotteri perché è illuminata e se ti vedesse qualcuno e riuscisse a prenderti sarebbe un bel casino, tutto chiaro?-

-Si…-

-Bene, Roy aspetta dieci minuti prima di gridare per il corridoio che hai perso il prigioniero, non andare da nessuno, un contatto diretto sarebbe sospetto-

-Ricevuto-

-Non devi preoccuparti di niente matricoletta non hanno l’ordine di sparare perché gli servi, proveranno solo a correrti dietro ma con dieci minuti di vantaggio anche tu puoi farcela no? Mi raccomando passa per le zone in ombra altrimenti si attiveranno i sensori e ti troverai tanti bei doberman affamati alle calcagna e cerca di passare inosservato e…-

-Ho capito passo per le scale di servizio e la porta sul retro della cucina non sono stupido…-

-Lo spero-

Sibilò acidamente incamminandosi verso la porta –Hai 15 minuti a partire da adesso vedi di non farti ammazzare…-

Alphonse ci rimane un po’ sorpreso chiedendosi se il significato sia: Sono preoccupato per la tua incolumità.

Oppure: Spetta a me ammazzarti quindi non lasciare questa soddisfazione ad altri.

“Sicuramente la seconda…” pensa sconsolato, però non è certo questo il momento di mettersi a riflettere su certe cose: scuotendo la testa lancia uno sguardo e un sorriso a Roy e si lancia verso la porta cercando di fare meno rumore possibile.

Sulla moquette i suoi passi hanno un suono ovattato ma cerca comunque di restare nelle zone meno popolate e così appena incontra un accesso alle scale di servizio lo imbocca con il cuore che batte a mille nel petto come se volesse uscire fuori e darsela a gambe.

 

Intanto Edward bello tranquillo sul sedile dell’auto tiene le orecchie tese per avvertire ogni possibile cambiamento nel piano, rumori di proiettili, grida… ma fortunatamente dopo qualche minuto la matricoletta lo raggiunge quasi cadendo tra un bidone e l’altro salendo sulla vettura accaldato e con un fiatone da record.

-Sei davvero… un incapace- Che poteva aspettarsi? Un “Bravo bel lavoro”? Nha… non sarebbe nel suo stile di ghiacciolo distaccato.

-L’importante è che ce l’ho fatta no? Muoviti per carità-

-D’accordo d’accordo…-

Mette a moto sfrecciando sull’asfalto ad una tale velocità che il più giovane viene spinto sul sedile e le ruote stridono, deve avere davvero tanta fretta di liberarsi di lui se supera ogni limite di velocità, forse sarebbe disposto persino a mettere sotto qualcuno.

-Allora… che farete adesso?-

-Credi per caso di essere diventato il mio confidente? Non ti riguarda quello che deciderò di fare…-

-Ma perché devi essere così insopportabile?! Sto cercando di stabilire un contatto e tu che fai? Mi respingi, mi freddi con il tuo stupido sarcasmo, senti non lo so quello che ti hanno fatto in quella gabbia di matti e capisco che possa essere stato traumatico ma tu ora hai me, te ne rendi conto?! Hai un fratello, una famiglia, se solo volessi potresti vivere una vita normale e invece…! io non ti capisco davvero…-

-Non occorre che tu mi capisca…-

Edward non vede l’ora di arrivare a quella stupida azienda per lasciarlo là e scappare via il più lontano possibile e non vederlo mai più, tiene duro stringendo i denti e il volante tentato di accostare la macchina e sbatterlo fuori a calci ma la spia perfetta porta sempre a termine i suoi lavori e non inizierà proprio ora a mostrarsi sensibile a quelle seccanti parole.

-Portami in quell’istituto…-

Decreta il più giovane con la convinzione negli occhi: Vuole capire, vedere con i propri occhi ciò che ha terrorizzato l’animo del fratello per tutti questi anni segnandolo a tal punto.

-No-

-Perché?-

-Perché ho detto che ti avrei fatto evadere e che ti avrei riportato indietro non che ci saremmo fatti una gita-

-Voglio capire, voglio vederlo con i miei occhi…-

Improvvisamente la macchina si ferma facendolo quasi cadere in avanti, sposta lo sguardo sul conducente che però è freddo come al solito mentre probabilmente sta bruciando dentro.

-Lo capisci che non è un gioco? Cosa vorresti vedere in quell’inferno? La morte in faccia? Se è così ficcati una pistola in bocca e premi il grilletto… e ora scendi siamo arrivati-

Non sarebbe mai tornato in quel posto, dopotutto se una persona riesce a scappare da una trappola non va certamente a rimetterci il piede sopra… e così farà lui: E’ sopravvissuto, è riuscito ad uscire da quell’inferno e diventare la spia perfetta, non tornerà indietro… non vuole farlo.

-Sappi che io ci andrò comunque in quel posto… non mi arrenderò-

-Fa come ti pare, se vuoi rovinarti la vita va pure… se sei una persona intelligente invece mi darai ascolto, uscirai da questo casino e tornerai a fare il poliziotto buono e ingenuo-

-No io mi assumerò la responsabilità delle mie scelte e andrò a vedere coi miei occhi quello che ti ha reso un insensibile-

Scende dalla macchina arrabbiato sbattendo lo sportello, tanto Edward non gli avrebbe nemmeno risposto e infatti riparte senza degnarlo nemmeno di un ultimo saluto, lasciandolo lì vicino l’entrata segreta dell’agenzia sfrecciando nella notte come se qualcuno lo stesse inseguendo, come se la fuga non fosse finita.

 

 

Il mattino seguente Alphonse Elric apre gli occhi con un obbiettivo all’ordine del giorno e non uno qualsiasi, non si tratta di sventare una rapina in banca, di catturare qualche spacciatore o criminale di basso livello.

Questa mattina non darà nemmeno la caccia a suo fratello, alla spia perfetta cercando di dimostrare qualcosa, no… non gli correrà dietro cercando di smentire le sue credenze, cercando l’affetto che mai gli ha dimostrato, implorando più confidenza e affetto reciproco… questa mattina prenderà il toro per le corna e visto che chiedere al diretto interessato non sembra sortire alcun effetto salirà alla fonte dei problemi e li farà suoi, cercando di capire veramente ciò che si cela nell’animo surgelato di Edward Elric.

Dopo essersi preparato a passo svelto si dirige verso l’ufficio del capo per chiedere l’indirizzo di questo istituto o “Inferno” come lo chiamano lui e suo fratello.

-Signore…- Bussa senza aspettare una risposta entrando a passo sicuro per fermarsi di fronte la scrivania del superiore che lo osserva stupito.

-Elric… sono felice che tu sia riuscito a uscire illeso da questa avventura-

-No signore, Edward mi ha lasciato andare… non gli era permesso di uccidermi e visto che non sembra avere molta simpatia per me si è semplicemente sbarazzato di un peso inutile-

-Tipico… dovresti ritenerti fortunato…-

-Lo so signore, ma vorrei avanzare una richiesta:Vede io non mi arrenderò fino a che non riuscirò a capire meglio quel ragazzo e visto che per me è un libro chiuso o meglio una cassaforte di una banca svizzera… voglio recarmi nell’istituto dove è cresciuto-

-Sei impazzito Elric?-

Sembra sconvolto da una tale determinazione come se fosse deciso a buttarsi in un burrone o farsi processare, come se andasse incontro a morte certa con la testa alta non rendendosi nemmeno conto di quello che sta facendo.

-Ho chiesto anche a lui di accompagnarmi ma non ne ha voluto sapere, ha detto che se volevo vedere la morte in faccia potevo anche ammazzarmi, come se fosse più sensato-

-E lo è, faresti meglio ad ascoltarlo, quel posto non è adatto a te… non immagini nemmeno cosa si cela al suo interno…-

-Ma voglio saperlo… mi permetta di visitarlo, di dare un’occhiata, convinca qualcuno…-

-Elric non serve che io smuova le acque, basta mostrare il distintivo dell’agenzia e saranno tutti ai tuoi ordini là dentro…-

-Bene allora mi permetta di andare, le assicuro signore che se vacillerò, andrò via, non mi tratterrò oltre… voglio capirlo, voglio capire cosa lo turba, voglio capire il suo passato perché credo che capendolo potrò anche aiutarlo a superarlo-

-Non puoi fare niente per lui Elric… ha passato sedici anni là dentro le cose non cambieranno tanto facilmente-

Scuotendo la testa tira un sospiro forse rassegnato forse indeciso… ma andando indietro con la sedia fruga nei cassetti cercando un piccolo cartoncino bianco, lo posa sulla scrivania e con la penna segna un indirizzo sconosciuto e strettamente confidenziale.

Forse nella speranza che cambi davvero qualcosa, forse Alphonse Elric non possiede il gene della spia ma possiede le capacità per cambiare le cose.

-Che non cada in mani sbagliate, brucialo una volta arrivato-

-Si signore… la ringrazio-

  
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