Il vento fresco della sera sfiora il delicato viso di un angelo caduto e solitario sul tetto di un gigantesco edificio, scruta le stelle, le persone sotto i suoi piedi e ciò che lo circonda con occhi assenti e immersi in milioni di frammenti di vita.
… Flashback
Tutto è silente intorno, quando scende la notte all'accademia gli animi si placano perché è nelle tenebre che si trova sicurezza.
Quando la luna brilla nel cielo stellato tutti sono nelle rispettive camere per riposare e gioire per essere arrivati a quel momento... poiché molti purtroppo vedono il sole sorgere ma non lo vedono tramontare, falciati senza pietà dalle prove che ogni giorno esaminanol'intelligenza del singolo individuo, la sua tenacia, la forza, la determinazione e la sua mente, su questa ci si pone una sola domanda: Cadrà col tempo che passa, o resterà in piedi?
Molti cadono, soprattutto dal punto di vista psicologico, diventano eccessivamente paranoici, non riescono a dormire, sono sfiniti e spaventati... troppo per sopravvivere.
E' il caso del compagno di stanza di Edward, o al tempo: Numero 7.
Una sera tornando in camera dopo aver superato l'ennesimo test di resistenza fisica il biondino si prepara velocemente per andare a dormire visto che la sveglia la mattina seguente suonerà all'alba, deve essere in forma per affrontare un nuovo giorno.
Nella stanza non c'è luce ma non importa perché chi è vissuto nell'ombra fin dall'infanzia è abituato a farne a meno.
Quando si sdraia sul letto, accanto a quello del compagno nota che è ancora vestito, rannicchiato a terra con le gambe al petto.
-Ehi... che succede?-
Sussurrò scansando i capelli biondi a caschetto fino alle spalle dietro l'orecchio per vederlo meglio.
-Oggi... durante la pausa mensa siamo andati aldilà del recinto-
Il campo era chiuso per impedire la fuga dei suoi prigionieri e non da una rete o muro qualsiasi ma da un recinto elettrico che solo a guardarlo ti metteva i brividi.
-Cosa...? Ma è impossibile oltrepassarlo-
-Abbiamo scavato una buca... e ci siamo accorti che, tutto ciò che ci viene raccontato qui non è affatto vero, c'era un grande prato verde, non c'erano percorsi ad ostacoli né malvagità... era tutto così luminoso e pieno d'amore e c'erano delle donne adulte con dei bambini, senza uniforme o armi, non sembravano spaventati, giocavano e ridevano... il mondo al di fuori non è il posto orribile che ci viene descritto... e io mi chiedo se...-
-Se...?-
-Se anche io prima di arrivare qui, avessi una donna sempre con me, una “mamma”-
-Cosa...?-
Alle orecchie di un bambino rinchiuso fin dalla nascita queste parole non hanno significato, cos'è una “Mamma”, cos'è quel posto così diverso dal campo che gli stava descrivendo?
-Si, le chiamavano così... pensaci un attimo, noi da dove veniamo? Perché siamo qui... è davvero la realtà quella ci circonda?-
… Fine Flashback
Non diede molto peso a quella conversazione lasciandola in sospeso, ma il giorno seguente il suo compagno di stanza sparì ma a differenza di altri non morì sotto i suoi occhi, non aveva la certezza che avesse lasciato questo mondo, non lo vide più e basta...
Fu allora che pensò a quella conversazione prendendola sul serio e con gli anni ottenne diverse certezze.
I bambini non vengono in qualche modo creati, ma nascono, allora perché lui era lì da solo, qualcuno lo aveva forse portato via dalla sua famiglia?
Perché doveva attraversare l'inferno in solitudine quando un essere umano non nasce mai da solo...? E se aveva una famiglia, dov'era?
Lo stavano cercando o lo avevano abbandonato spontaneamente?
…
-Ecco dov'eri-
Alle sue orecchie giunge la voce di Alphonse, appena entrato dalla porta metallica che da sul tetto, dove lui è seduto.
-Che cosa vuoi? Ti ho già detto che non ti voglio tra i piedi-
-Ti devo delle scuse e vorrei che tu fossi sincero con me, non accettarle solo per farmi andare via, sono stato duro prima ma dovevo dirtelo, ti sarò sembrato privo di tatto... insomma Roy mi ha raccontato dell'istituto dove sei stato cresciuto...-
-Cosa? Appena lo vedo gli spacco il naso... brutto idiota-
-Non sentirti esposto o vulnerabile o addirittura debole, io non so niente di te e quel poco che ho appreso me l'ha spiegato Roy... sei un libro chiuso ermeticamente e non vorrei questo, ti puoi fidare di me-
-Oh ma certo, adesso ti do le chiavi magiche per accedere ai miei pensieri più profondi e al mio crudele passato-
Disse sarcasticamente.
-Non devi raccontarmi per forza... non voglio compatirti se è ciò che pensi, voglio capire...-
-Capire che cosa? E' un istituto dove fin dalla nascita vengono cresciute potenziali spie, sono malvagi, ogni giorno è una sfida, muore tantissima gente, ne rimane solo uno e bla bla bla... fine del racconto-
Alphonse si siede al suo fianco cercando di non fare caso ai modi per deviare il discorso dell'altro.
-Quando eri lì... sentivi il bisogno di avere una famiglia accanto?-
-Io non sapevo nemmeno cosa fosse una famiglia, non lo so tutt'ora e non lo voglio nemmeno sapere, i bambini lì dentro non sanno cosa sia una mamma o un papà... per quanto ne sanno sono nati all'interno dell'istituto, quando lotti per la tua vita non ti fai domande del genere-
-Mi dispiace che tu non abbia mai avuto nessuno a fianco... deve essere stato terribile-
-Finiscila con le frasi melensi... perché non sei scappato piuttosto?-
-Perché non c'eri tu a disattivarmi sistemi d'allarme e a portarmi via...-
-Ho spiegato a Roy come fare...-
-Ma lui non ci riesce-
-Ovvio è un
deficiente... ci penso io muoviti-
Senza aggiungere altro
si alza precedendolo giù per le scale che li avrebbero
portati al piano di
sotto dove avrebbe potuto preparare la fuga.
Alphonse dopo un po’
di incertezza decide di seguirlo in silenzio, sente ancora una certa
distanza
tra loro e si chiede se mai sarà colmata, per lui quel
ragazzo è come un automa
che si rifiuta di provare sentimenti e punta soltanto alla perfezione,
nella
mente gli sono stati inculcati troppi concetti crudeli e malvagi per
essere
lavati via tanto facilmente.
Ma d’altronde cosa può
aspettarsi? Che improvvisamente gli racconti del suo passato, delle sue
emozioni, di quello che ha dovuto affrontare e si sfoghi con lui
lasciando
andare tutto il dolore che si è tenuto dentro per anni?
Arrivati in camera
prende il passamontagna e una divisa anonima per non essere
riconosciuto
assieme a delle lenti colorate in modo da nascondere anche il colore
degli
occhi, è un professionista dopotutto non può
permettersi nessun errore, nemmeno
nel caso remoto in cui al buio riuscissero a catturare qualche
fotogramma
dell’evasione.
-Allora…- Inizia
prendendo una mappa dell’edificio –Una volta uscito
di qui prenderai le scale
di servizio fino alle cucine che a quest’ora dovrebbero
essere deserte, esci
dalla porta sul retro e passando per le zone in ombra corri fino al
cancello,
l’ho programmato per aprirsi con un pulsante che
premerò io stesso, in strada
vieni verso il vicolo a destra, ti farò evadere con la
macchina come ti avevo
preannunciato… purtroppo non possiamo usare la pista degli
elicotteri perché è
illuminata e se ti vedesse qualcuno e riuscisse a prenderti sarebbe un
bel
casino, tutto chiaro?-
-Si…-
-Bene, Roy aspetta
dieci minuti prima di gridare per il corridoio che hai perso il
prigioniero,
non andare da nessuno, un contatto diretto sarebbe sospetto-
-Ricevuto-
-Non devi preoccuparti
di niente matricoletta non hanno l’ordine di sparare
perché gli servi,
proveranno solo a correrti dietro ma con dieci minuti di vantaggio
anche tu
puoi farcela no? Mi raccomando passa per le zone in ombra altrimenti si
attiveranno i sensori e ti troverai tanti bei doberman affamati alle
calcagna e
cerca di passare inosservato e…-
-Ho capito passo per
le scale di servizio e la porta sul retro della cucina non sono
stupido…-
-Lo spero-
Sibilò acidamente
incamminandosi verso la porta –Hai 15 minuti a partire da
adesso vedi di non
farti ammazzare…-
Alphonse ci rimane un
po’ sorpreso chiedendosi se il significato sia: Sono
preoccupato per la tua
incolumità.
Oppure: Spetta a me
ammazzarti quindi non lasciare questa soddisfazione ad altri.
“Sicuramente la
seconda…” pensa sconsolato, però non
è certo questo il momento di mettersi a
riflettere su certe cose: scuotendo la testa lancia uno sguardo e un
sorriso a
Roy e si lancia verso la porta cercando di fare meno rumore possibile.
Sulla moquette i suoi
passi hanno un suono ovattato ma cerca comunque di restare nelle zone
meno
popolate e così appena incontra un accesso alle scale di
servizio lo imbocca
con il cuore che batte a mille nel petto come se volesse uscire fuori e
darsela
a gambe.
…
Intanto Edward bello
tranquillo sul sedile dell’auto tiene le orecchie tese per
avvertire ogni
possibile cambiamento nel piano, rumori di proiettili,
grida… ma fortunatamente
dopo qualche minuto la matricoletta lo raggiunge quasi cadendo tra un
bidone e
l’altro salendo sulla vettura accaldato e con un fiatone da
record.
-Sei davvero… un
incapace- Che poteva aspettarsi? Un “Bravo bel
lavoro”? Nha… non sarebbe nel
suo stile di ghiacciolo distaccato.
-L’importante è che ce
l’ho fatta no? Muoviti per carità-
-D’accordo
d’accordo…-
Mette a moto
sfrecciando sull’asfalto ad una tale velocità che
il più giovane viene spinto
sul sedile e le ruote stridono, deve avere davvero tanta fretta di
liberarsi di
lui se supera ogni limite di velocità, forse sarebbe
disposto persino a mettere
sotto qualcuno.
-Allora… che farete
adesso?-
-Credi per caso di
essere diventato il mio confidente? Non ti riguarda quello che
deciderò di
fare…-
-Ma perché devi essere
così insopportabile?! Sto cercando di stabilire un contatto
e tu che fai? Mi
respingi, mi freddi con il tuo stupido sarcasmo, senti non lo so quello
che ti
hanno fatto in quella gabbia di matti e capisco che possa essere stato
traumatico ma tu ora hai me, te ne rendi conto?! Hai un fratello, una
famiglia,
se solo volessi potresti vivere una vita normale e invece…!
io non ti capisco
davvero…-
-Non occorre che tu mi
capisca…-
Edward non vede l’ora
di arrivare a quella stupida azienda per lasciarlo là e
scappare via il più
lontano possibile e non vederlo mai più, tiene duro
stringendo i denti e il
volante tentato di accostare la macchina e sbatterlo fuori a calci ma
la spia
perfetta porta sempre a termine i suoi lavori e non inizierà
proprio ora a mostrarsi
sensibile a quelle seccanti parole.
-Portami in
quell’istituto…-
Decreta il più giovane
con la convinzione negli occhi: Vuole capire, vedere con i propri occhi
ciò che
ha terrorizzato l’animo del fratello per tutti questi anni
segnandolo a tal
punto.
-No-
-Perché?-
-Perché ho detto che
ti avrei fatto evadere e che ti avrei riportato indietro non che ci
saremmo
fatti una gita-
-Voglio capire, voglio
vederlo con i miei occhi…-
Improvvisamente la
macchina si ferma facendolo quasi cadere in avanti, sposta lo sguardo
sul
conducente che però è freddo come al solito
mentre probabilmente sta bruciando
dentro.
-Lo capisci che non è
un gioco? Cosa vorresti vedere in quell’inferno? La morte in
faccia? Se è così
ficcati una pistola in bocca e premi il grilletto… e ora
scendi siamo arrivati-
Non sarebbe mai
tornato in quel posto, dopotutto se una persona riesce a scappare da
una
trappola non va certamente a rimetterci il piede sopra… e
così farà lui: E’
sopravvissuto, è riuscito ad uscire da
quell’inferno e diventare la spia
perfetta, non tornerà indietro… non vuole farlo.
-Sappi che io ci andrò
comunque in quel posto… non mi arrenderò-
-Fa come ti pare, se
vuoi rovinarti la vita va pure… se sei una persona
intelligente invece mi darai
ascolto, uscirai da questo casino e tornerai a fare il poliziotto buono
e
ingenuo-
-No io mi assumerò la
responsabilità delle mie scelte e andrò a vedere
coi miei occhi quello che ti
ha reso un insensibile-
Scende dalla macchina
arrabbiato sbattendo lo sportello, tanto Edward non gli avrebbe nemmeno
risposto e infatti riparte senza degnarlo nemmeno di un ultimo saluto,
lasciandolo lì vicino l’entrata segreta
dell’agenzia sfrecciando nella notte
come se qualcuno lo stesse inseguendo, come se la fuga non fosse finita.
…
Il mattino seguente
Alphonse Elric apre gli occhi con un obbiettivo all’ordine
del giorno e non uno
qualsiasi, non si tratta di sventare una rapina in banca, di catturare
qualche
spacciatore o criminale di basso livello.
Questa mattina non
darà nemmeno la caccia a suo fratello, alla spia perfetta
cercando di
dimostrare qualcosa, no… non gli correrà dietro
cercando di smentire le sue
credenze, cercando l’affetto che mai gli ha dimostrato,
implorando più
confidenza e affetto reciproco… questa mattina
prenderà il toro per le corna e
visto che chiedere al diretto interessato non sembra sortire alcun
effetto
salirà alla fonte dei problemi e li farà suoi,
cercando di capire veramente ciò
che si cela nell’animo surgelato di Edward Elric.
Dopo essersi preparato
a passo svelto si dirige verso l’ufficio del capo per
chiedere l’indirizzo di
questo istituto o “Inferno” come lo chiamano lui e
suo fratello.
-Signore…- Bussa senza
aspettare una risposta entrando a passo sicuro per fermarsi di fronte
la
scrivania del superiore che lo osserva stupito.
-Elric… sono felice
che tu sia riuscito a uscire illeso da questa avventura-
-No signore, Edward mi
ha lasciato andare… non gli era permesso di uccidermi e
visto che non sembra
avere molta simpatia per me si è semplicemente sbarazzato di
un peso inutile-
-Tipico… dovresti
ritenerti fortunato…-
-Lo so signore, ma
vorrei avanzare una richiesta:Vede io non mi arrenderò fino
a che non riuscirò
a capire meglio quel ragazzo e visto che per me è un libro
chiuso o meglio una
cassaforte di una banca svizzera… voglio recarmi
nell’istituto dove è
cresciuto-
-Sei impazzito Elric?-
Sembra sconvolto da
una tale determinazione come se fosse deciso a buttarsi in un burrone o
farsi
processare, come se andasse incontro a morte certa con la testa alta
non
rendendosi nemmeno conto di quello che sta facendo.
-Ho chiesto anche a
lui di accompagnarmi ma non ne ha voluto sapere, ha detto che se volevo
vedere
la morte in faccia potevo anche ammazzarmi, come se fosse
più sensato-
-E lo è, faresti
meglio ad ascoltarlo, quel posto non è adatto a
te… non immagini nemmeno cosa
si cela al suo interno…-
-Ma voglio saperlo… mi
permetta di visitarlo, di dare un’occhiata, convinca
qualcuno…-
-Elric non serve che
io smuova le acque, basta mostrare il distintivo dell’agenzia
e saranno tutti
ai tuoi ordini là dentro…-
-Bene allora mi
permetta di andare, le assicuro signore che se vacillerò,
andrò via, non mi
tratterrò oltre… voglio capirlo, voglio capire
cosa lo turba, voglio capire il
suo passato perché credo che capendolo potrò
anche aiutarlo a superarlo-
-Non puoi fare niente
per lui Elric… ha passato sedici anni là dentro
le cose non cambieranno tanto
facilmente-
Scuotendo la testa
tira un sospiro forse rassegnato forse indeciso… ma andando
indietro con la
sedia fruga nei cassetti cercando un piccolo cartoncino bianco, lo posa
sulla
scrivania e con la penna segna un indirizzo sconosciuto e strettamente
confidenziale.
Forse nella speranza
che cambi davvero qualcosa, forse Alphonse Elric non possiede il gene
della
spia ma possiede le capacità per cambiare le cose.
-Che non cada in mani
sbagliate, brucialo una volta arrivato-
-Si signore… la ringrazio-