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Autore: antoL490    16/01/2012    3 recensioni
Una semplice storia d'amore.
Una richiesta di matrimonio.
Un incidente.
Un cuore che va in frantumi.
Genere: Drammatico, Fluff, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve!
Eccomi tornata con un'altra OS.
La decima, cavoli. Un traguardo!
Prima di lasciarvi andare, vorrei dirvi una cosa.
Questa FF è ispirata ad una canzone. 'Lucy' , degli Skillet.
Troverete parte del testo tra le battute.
Vi consiglio di andare ad ascoltarla, se non la conoscete.
Detto questo, buona lettura!
A presto.
Anto



Caldo. Caldo soffocante. Caldo che non mi fa dormire.

Mi giro e mi rigiro nel letto, in cerca della posizione giusta per dormire, senza trovarla.
Mi volto verso destra e la vedo.
Lucy.
Dorme accanto a me, a pancia in giù , con le braccia incrociate sotto il cuscino.
Anche lei, come me, vittima dell’afa che ha colpito la città in questi giorni dorme scoperta, indossando solo un paio di culottes nere.
La osservo meglio.

Dio, quant’è bella.

Con i polpastrelli le sfioro lentamente la schiena. Poi le accarezzo piano i capelli castano chiaro, spostando una ciocca che le copre il viso.
Mi concentro su di esso, accarezzandole il naso, partendo dall’alto e arrivando fino alla punta.
Sposto il mio peso su un braccio, mi tiro su e mi chino su di lei, baciandole piano lo zigomo.
La sento sospirare. Mi sdraio di nuovo e la vedo aprire gli occhi.

-Buongiorno. - mi dice, con la voce ancora impastata di sonno.

-Buongiorno anche a te. – Le rispondo, sorridente.

Rimaniamo così, fermi a guardarci.
La mia mano torna ad accarezzare piano la sua schiena, la sua finisce tra i miei capelli.
A quel tocco chiudo gli occhi e respiro profondamente.

Sento il suo profumo, il mio, il nostro.
Penso a quello che voglio dirle, al modo giusto di chiederglielo. Penso a quella scatolina blu nascosta nella tasca interna della mia giacca.
E penso che questa sia l’occasione giusta, che questo sia il momento perfetto.
Ora, mentre ancora siamo avvolti da questo profumo, che poi è il profumo dell’amore.

Riapro gli occhi. –Aspetta, devo prendere una cosa. – dico in un sussurro.
Mentre vado verso l’attaccapanni sento il cuore battermi forte, quasi volesse uscirmi dal petto.

Non credo di aver mai provato niente di simile.

Prendo quella scatolina e mi volto. Noto che si è seduta e che ha indossato una mia maglietta, coprendosi metà corpo.
Mentre mi dirigo verso di lei, con la mano dietro la schiena, non posso fare a meno di pensare che appena sveglia è ancora più bella e che la mattina ha i capelli pazzi.
Sorrido a quest’ultimo pensiero, e lei lo nota.

-Perché ridi? – mi chiede, alzando un sopracciglio. Scuoto la testa, come a farle cenno di lasciar perdere.
Mi siedo accanto a lei e le poggio una mano sulla coscia. La guardo negli occhi.

-Lucy… Io… Io ti amo. E voglio stare con te. Per sempre. E’ la cosa che desidero di più al mondo.- mi blocco un attimo. Prendo un respiro profondo, tiro fuori la scatolina e , tutto d’un fiato, le dico:
-Lucy, vuoi sposarmi? –

La guardo. E’ senza parole, l’ho stupita.

Non risponde. Silenzio.
Ancora silenzio.
Inizio a preoccuparmi. –Lucy..? –

Non mi da il tempo di aggiungere altro che mi si butta addosso, sedendosi sulle mie gambe tese e riempendomi di baci, facendomi ridere.
Tra un bacetto e l’altro ripete una parola, la parola che corona il mio sogno:

-Si. -

La stringo di più a me e chiudo le nostre labbra in un bacio ricco di promesse e amore.
Mi stacco leggermente da lei e prendo l’anello. Le prendo la mano sinistra e glielo infilo al dito.
Vedo che lo guarda per un istante, poi alza lo sguardo e mi fissa negli occhi.
-Ti amo. – dice, semplicemente.
 

La nostra giornata inizia così.
Facciamo la doccia insieme, prepariamo una leggera colazione da consumare insieme prima di uscire, prima di prendere strade differenti  per andare a lavoro.
Io in sala di registrazione, lei in quell’ufficio dove fa la segretaria.
Ridiamo, scherziamo, ci coccoliamo. Ci amiamo.

La amo. La amo sul serio.

E’ questo tutto quello a cui penso. A quanto la amo.

Quant’è bello non avere altri pensieri, se non quello di farla stare bene, di farla sorridere, di renderla felice?

Bevo il mio thè e la guardo mentre inizia a lavare di fretta quelle poche tazze che abbiamo sporcato.

-Lascia stare, lo facciamo quando torniamo stasera. Siamo in ritardo. – le dico, porgendole un telo.

-Allora li laverai tu! – dice ridendo, mentre si asciuga le mani.

Annuisco ridendo, poi ci dirigiamo verso l’uscita. Apriamo la porta e in quel momento mi viene un dubbio: ho preso il cellulare?
Mi frugo le tasche, cercandolo, ma non lo trovo. Probabilmente l’ho lasciato sul comodino.

-Amore, ho dimenticato di prendere il cellulare, vado un attimo. – lei mi blocca tenendomi per un polso, lascia un leggero bacio sulle mie labbra e mi dice:

-Io inizio andare, che sono in ritardo sul serio. Ti amo. – e scappa, lasciando la porta aperta.

Mi volto, sto per salire le scale. Non faccio nemmeno tre passi che lo sento.

Un boato, uno stridio di freni.
Uno schianto.
Poi, solo silenzio.


Corro verso la porta, che spalanco. Una bambina inizia a piangere da qualche parte.
Sgrano gli occhi.
La vedo, distesa sull’asfalto.

Lucy.

La mia Lucy.

Le mie gambe si muovono verso di lei, automaticamente.
Noto i minimi particolari, anche i più stupidi. Nell’impatto a preso una scarpa, la borsa invece è finita qualche metro lontano da lei.
Mi cedono le gambe.
Inginocchiato di fronte a lei allungo una mano, incerto. Le accarezzo i capelli.

-Lucy… Ehi, Lucy… d-devi alzarti. Lucy… - la voce mi si spezza, le lacrime inondano il mio viso.

Intorno a me regna il caos, qualcuno urla di chiamare l’ambulanza, qualche automobilista suona il clacson, ignorando quello che è successo.
Ignorando il mio cuore che va in frantumi.
Le cingo le spalle, stringendola a me, dondolando avanti e indietro, piangendo.
Dopo qualche minuto sento delle braccia che mi fanno alzare. Non voglio, non voglio staccarmi da lei.
Mi dimeno, cerco di divincolarmi, ma non ci riesco.

-Signore, si calmi, la prego… - mi dicono. Non rispondo, le uniche parole che mi escono dalla bocca sono i “No” che continuo a ripetere, tra le lacrime.

Piango, piango talmente forte da non riuscire a respirare.
Inspiro, ma l’aria non arriva, inizio a tossire forte, sempre più forte.
No, non respiro.

Le gambe mi cedono nuovamente, il paramedico mi sorregge e mi porta nell’ambulanza. Mi mette una mascherina, mi intima di calmarmi.
Ma non riesco, non posso riuscirci. Voglio alzarmi, tornare da lei.
Ma vengo bloccato nuovamente, sento che mi prendono il braccio sinistro e poi un leggero pizzicore.
Dopo qualche istante sento un torpore innaturale. Probabilmente mi hanno somministrato un calmante.
Il paramedico si sposta e l’unica cosa che vedo è un sacco di plastica bianco, nel punto dove prima mi trovavo con Lucy.

Non sento più niente.

Chiudo gli occhi.


                                                     
 
Cammino per quel vialetto che ormai conosco a memoria.
Intorno a me c’è solo silenzio.
Stringo tra le mani un mazzo di fiori.

Un passo. Un altro. E un altro ancora.

Arrivo a quella tomba.
La tomba di Lucy. La tomba del mio cuore.

Mi inginocchio davanti ad essa. Tolgo i fiori ormai secchi dal vaso e lo riempio con una dozzina di rose.
Tiro via alcune foglie che sono cadute sul marmo. Sospiro.

-Hey Lucy… Sono tornato…  Avevo voglia di parlare un po’. Sento che ci sono alcune cose che devo dire. –

Una lacrima solitaria mi percorre la guancia. L’asciugo con un gesto secco della mano, tirando su col naso.

-Sai Lucy, mi ricordo del tuo compleanno…  Ci siamo conosciuti quel giorno. Te lo ricordi, Lucy?
Ricordi come mi sei venuta addosso, facendomi rovesciare addosso tutto il thè?
Ti eri scusata, poi ti eri giustificata dicendo che eri ‘in un fottuto ritardo’ e che ti toccava correre anche il giorno del tuo compleanno.
Eri sempre in ritardo, eh. Ti ricordi?
Mi hai lasciato il tuo numero di telefono, dicendomi di chiamarti per pagare le spese della lavanderia.
E io ti ho richiamato. Ma non per la lavanderia. Onestamente, non me ne fregava niente della maglia. Volevo vedere te. –  

Le lacrime continuano a scendere. Ma questa volta non le fermo. Continuo a parlare, con la voce spezzata dai singhiozzi.

-Eh, ti ricordi? Io mi ricordo tutto, Lucy. Mi ricordo di ogni singolo istante, di ogni secondo passato con te.
Mi manchi, Lucy. Mi manchi da morire.
Ora che è finita vorrei solo tenerti stretta a me.
Darei il mondo intero per vederti ricambiare il mio sguardo un’ultima volta. –

Smetto di parlare. Chiudo gli occhi.
 Un ricordo si fa strada nella mia mente.

Io e Lucy camminiamo mano nella mano. Io e Lucy non avremmo mai pensato che sarebbe finita così.

Sento un alito di vento.
Mi sembra di vederla più chiaramente.
Mi sembra di poterla stringere a me, più forte e più forte ancora.

-Me sembra ti poterti sentire. Vedi? Siamo qui. Sei tra le mie braccia. Ti sento, Lucy, ti sento.-

La folata di vento finisce e sento quella sensazione svanire.

-No, ti prego. Non andartene, solo un altro istante, per favore. –

Non ho mai desiderato qualcosa così fortemente.

Quella sensazione scompare, definitivamente.
Riapro gli occhi.
Lucy mi guarda dalla foto sulla lapide. L’accarezzo, esattamente come farei se fosse reale.

-Ci vedremo in un’altra vita, Lucy. In Paradiso, se esiste, o in qualunque altro posto. E a quel punto, nulla potrà separarci.-

Mi alzo. Guardo ancora una volta quella foto.
-Torno presto.- sussurro. Raccolgo il mazzo di fiori secchi, mi volto e inizio a camminare.

Esco da quel cimitero con le guance umide e il cuore a pezzi.

Mi manchi Lucy.
Non avrei mai voluto che finisse così.
Non avrei mai voluto che finisse.

 
 
 
 
 
 
  
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