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Autore: advocat    17/01/2012    3 recensioni
"..Lisbon continuava a pensare su quanto accaduto in quei due giorni e sul colloquio che aveva avuto con il suo consulente. Il suo segreto su Red John, anzi il loro segreto, doveva venire fuori perchè il gioco si stava facendo, di nuovo, troppo pericoloso." Dopo la 4x11. Contiene spoiler
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Jane/Lisbon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sacramento ore 8,40 p.m.
L’agente Teresa Lisbon era ancora nel suo ufficio, presso la sede del CBI seduta alla scrivania, a riflettere.
I colleghi del turno di notte erano ai loro posti mentre gli ultimi del turno di giorno se ne erano praticamente tornati tutti a casa. Rimanevano solo lei e Jane.
“Jane...” disse tra sè.
Continuava a pensare su quanto accaduto in quei due giorni e sul colloquio che aveva avuto con il suo consulente. Il suo segreto su Red John, anzi il loro segreto, doveva venire fuori perchè il gioco si stava facendo, di nuovo, troppo pericoloso.
Patrick era stato con lei molto chiaro, non voleva che nessuno sapesse che Red John era ancora vivo, che lui si era sbagliato e Timoty Carter era solo uno dei suoi adepti e nulla più. Non voleva che tutti sapessero che il mostro era ancora vivo.
“Io ho detto ad una giuria che lo avevo ucciso..” le aveva detto Jane il pomeriggio addietro.
“Questo non è un bene” le aveva risposto lei.
“No, non molto...”
Lei era l’unica a cui aveva rivelato la verità sulla sua scoperta, ma ora, per mascherarla stava inventando bugie su bugie, molto ben architettate, è vero, ma almeno un’altra persona sapeva che erano un’invenzione, e quella persona era Red John.
Lisbon si alzò dalla poltrona e andò in cucina per  prendersi qualcosa da bere. Alzando  gli occhi vide che la lampada da tavolo sulla scrivania di Jane, su in soffitta, era accesa.
Versò l’acqua del bollitore in due tazze e vi mise in infusione una bustina di Prince of Wales per ciascuna. Tornò nel suo ufficio e prese la bottiglietta che teneva nel primo cassetto, se la infilò nella tasca posteriore dei pantaloni, poi passò a recuperare le tazze prima di salire le scale che portavano alla soffitta.
La porta della stanza di Jane era socchiusa, la spinse con il piede per mettere la testa dentro.
“Posso?”
Jane era disteso sulla branda posta sul lato destro della stanza, lungo la parete interna con le mani sotto la testa. Al suono della sua voce si voltò leggermente all’indietro e vide le due tazze che aveva in mano.
“Vieni” le rispose alzandosi a sedere ed indicandole la sedia di fronte a lui.
Lisbon seguì le sue indicazioni ed appoggiò le tazze sulla scrivania.
“Niente tramezzini?” indicò Jane “ho un certo appetito a quest’ora”.
La donna gli sorrise “Forse ho qualcosa di meglio” rispose mentre estraeva dal retro dei jeans la bottiglietta di Jack Daniel’s.
Great!” si lasciò scappare lui “come facevi a sapere che mi piace alla sera al posto del latte?”
Lisbon inclinò la testa di lato incurvando le labbra. Anche a Jane scappò una mezza risata ed allargò le braccia in segno di resa.
Da quattro anni passavano circa dodici ore al giorno assieme, ne sapevano uno dell’altro come di un parente stretto.
Lei lo guardava con la coda dell’occhio mentre versava un dito di whiskey nella tazza, aveva le maniche della camicia bianca erano arrotolate fino ai gomiti, i primi due bottoni della camicia erano slacciati così come l’ultimo del panciotto. Indossava il completo grigio quel giorno, quello di lana pettinata. Presto un velo di barba sarebbe comparso sul suo viso ad incorniciare quegli occhi spenti. Era da circa un paio di mesi così, più o meno dopo l’omicidio di Panzer.
Gli passò il the e si mise a sedere di fronte a lui. Entrambi ne presero alcuni sorsi, sentendo il liquido caldo scendere a scaldare lo stomaco.
Jane riconobbe distintamente sia il gusto delle foglie di the nero sia l’aroma forte e speziato dell’alcool. Non era mai stato un gran bevitore in generale, e di burbon in particolare, ma quel gusto intenso aveva un effetto distensivo che adorava.
Lo beveva sempre Burton, il vecchio claun del circo dove lui e suo padre avevano “lavorato” alcuni anni. Quello era stato l’ingaggio più lungo che avevano avuto e Patrick aveva legato con Burton che gli raccontava storie meravigliose. Burton aveva fatto, per un certo periodo, l’insegnante di letteratura e quando aveva visto quegli occhi vispi ed intelligenti sotto una cascata di riccioli biondi, non aveva resistito alla tentazione di coccolare un po’ quell’angioletto come un nipotino. Fu da Burton che Jane ereditò la cultura per i grandi classici della letteratura e poesia, in quello il vecchio fu un grande insegnante. Si sedevano nella rulotte del pagliaccio, uno di fronte all’altro con davanti il vassoio del the, parlando dell’amore e della vita. Poi di tanto in tanto, visto che Burton era un disilluso, aveva lasciato la sua vita dopo il divorzio dalla moglie, allungava una mano fino alla bottiglia di whiskey che teneva sotto la sedia e dava “un po’ di carattere” al suo the.
Lisbon notò che l’uomo era assente, guardava di fronte a sè con le mani strette attorno alla tazza.
“Jane” gli fece vedendolo riaversi e tornare al presente “dobbiamo risolvere questo problema. Dobbiamo avvisare gli altri che Red John è vivo.”
“Ne abbiamo già parlato” rispose alzandosi dal giaciglio e portandosi verso la finestra “ e non ho intenzione di cambiare idea”.
“E da quando io dovrei obbedire ai tuoi ordini?”
A quell’affermazione si voltò verso di lei.
“Sei così presuntuoso da pensare che io faccia quello che vuoi senza fiatare?”posò la tazza per farsi più vicina “ Hai organizzato le cose in maniera di far uccidere da Red John Panzer, adesso dai la colpa del suo omicidio a un povero cristo che si è ammazzato dopo l’orrore che era capitato a sua figlia. Jane cosa ti è successo?”.
 “Lo sai” Patrick la fissava negli occhi.
“Insomma hai ucciso un uomo e adesso questo” fece lei gesticolando “questo non riguarda più la strage della tua famiglia”.
“Ti sbagli, tutto parte da lì”. La voce dell’uomo si era alzata di tono.
“Tu sei meglio di così”.
“Dici davvero? Ma cosa ne sai?”.
“L’ho visto. Quando avevi perso la memoria. Ti ho visto” i suoi occhi erano diventati lucidi.
“Hai visto uno stronzo ed un truffatore. Nulla di più.”
“Ho visto un uomo sereno e gioioso”.
“Quell’uomo non esiste più”.
“Tu puoi essere entrambe le cose” disse posandogli una mano sulla spalla “Possiamo trovare Red John anche senza che tu continui a punirti”.
“Non posso” fece un passo indietro “io devo scontare questo peso perchè ho sbagliato. Di nuovo. E per il mio sbaglio stavi per essere uccisa.”
“Ma non è successo!”
“Già ma mio compito è che non capiti ancora. Quello che ho fatto per distrarre l’FBI è stato necessario non solo per salvare la vita all’agente ma anche per non far sapere la verità agli altri per la loro sicurezza e la tua”.
Lisbon era confusa. “Vedi Lisbon, Red John non ha motivo di prendersela con la squadra se è convinto che io non li abbia informati del mio errore.”
“Ma può prendersela con te!”.
“Come ti ho già detto, se mi vuole sa dove trovarmi, ma non mi farà nulla, almeno non per ora”.
Lei riflettè per continuare il suo ragionamento “ Perchè vuole continuare a giocare con te. Jane stai scherzando con il fuoco!”.
“Non ho alternative, sono obbligato a prenderlo e per farlo devo dargli un po’ di spago”.
“Lascia che ti aiuti. Io e la squadra.”
Lui le si avvicinò “Sai cosa ho pensato quel giorno quando ti stavo chiamando dal centro commerciale e tu non rispondevi?”
“Jane..” sussurrò lei scuotendo la testa e prendendogli le spalle.
“Che era successo di nuovo” terminò la frase “Ma questa volta non c’è riuscito e non ce la farà più.”
“Devi dimenticarti questa ossessione o ne morirai”.
“Forse” fece allungando una mano a spostarle una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Sai qual’è la cosa strana di quando si perde la memoria?” lei scosse la testa. Non capiva il collegamento.
“I sentimenti” la guardò “ ciò che si prova per una persona non cambia. Il cuore non dimentica”.
 
  
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