Questo
capitolo è dedicato alla mia sorellina Barbara,
che ha fatto notte per
leggere tutta la storia e mi fa sentire un genio,
anche se il vero genio
è lei.
Ti voglio bene,
E.
• CAPITOLO XVIII •
The day after
Una
dolce melodia giapponese si diffonde nella camera e mi sveglia, senza
sobbalzi inutili né la consueta sensazione di soffocamento
che
mi prende prima di spegnere la sveglia. Stamattina sto veramente bene!
Sarà che non dormivo così da tanto tempo, ma sono
veramente rinata. Anche se la sveglia è suonata come al
solito
alle sette e un quarto e ho dormito poco più di sei ore, non
importa. Posso guardare Filippo che dorme ancora abbracciato a me, con
l’espressione da bambino e la bocca socchiusa. Risvegliarmi
sul
suo petto è qualcosa di divino, col suo respiro lento tra i
capelli e la mano stretta ancora alla mia, da ieri sera, ha un qualcosa
di magico.
Sono felice di aver chiarito le cose con lui, ma non ho idea di cosa
succederà quando si sveglierà e ci guarderemo
negli occhi
senza lo zucchero di ieri. Non so cosa mi sia preso, piangere in quel
modo, chiamarlo, dirgli tutte quelle cose… sono contenta di
averlo fatto, ma non è da me. Dovevo essere davvero
molto provata emotivamente per accettare il fatto di
mettere
da parte l’orgoglio e il risentimento nei suoi confronti, pur
di
vederlo. Però ne è valsa la pena… che
carino che
è.
« Hai finito di farmi la radiografia? Non ho il naso
rotto, io »,
dice all’improvviso, aprendo un occhio e coprendosi
l’altro
con il gomito. Ben svegliato, caro! Ricominciamo! Ho detto che era
carino? L’ho anche solo minimamente pensato? Be’,
scherzavo. È odioso, fortemente. A parte che non lo stavo
radiografando, cercavo solo di capire se quello lì sul suo
mento
fosse un moscerino o un punto nero... chissà… e
comunque
che cavolo c’entra il fatto che non ha il naso rotto?!
« Stavo solo cercando un briciolo di cervello in quel cranio
immensamente vuoto che ti ritrovi! », gli dico, voltandomi
indignata da cotanta derisione. Incorreggibile come al solito, mi
raccomando! E mentre lo sento sbadigliare e tirarsi un po’
su,
appoggiandosi alla spalliera del letto, ho la cosiddetta
illuminazione cerebrale del giorno. Non si riferiva mica ad Amir? Con
il naso rotto intendo. Uh-uh. « Eh, carissimo Marzo, non
è
che è stata la gelosia a portarti a picchiare il povero Amir?
», gli dico, girandomi di nuovo dalla sua parte e cominciando
a punzecchiarlo, mentre sorrido.
Lui si toglie il gomito dalla faccia schierandolo a protezione del
fianco e, con l’altro, mi porta verso di sé,
cercando di
farmi smettere. In pratica mi ritrovo di nuovo abbracciata a lui con la
differenza che mi ha definitivamente bloccata. Eh va be’, non
è poi così male…
« E adesso che c’entra l’arabo del mar
Morto? Lo vedi
che ci pensi sempre? », mi dice, appoggiando il mento sulla
mia
testa, mentre io scoppio a ridere, divertita dalle sue insinuazioni.
« Ridi? Guarda che se sei qui è anche colpa sua!
Ti credi
che non mi sia accorto che ti sta sempre dietro? Sembra un cane da
tartufo… veramente, è ridicolo! Ma che ti ridi
oh!
», continua, accarezzandomi un fianco.
« Secondo me non hai motivo di preoccuparti… sai,
lui non
m’interessa. Per lui sono solo una
questione di
principio, ma per quanto mi riguarda è acqua passata.
Sciocco!
»
« Ingenua! »
« Gelosone! »
« Tardi! Cazzo! », dice, saltando a sedere sul
letto e
prendendo le scarpe da terra con i piedi. Perché lui fa
l’equilibrista e io neanche tocco? Uff!
« Oddio Fil, tu neanche dovresti essere qui! Come facciamo?
Cavolo, lo sapevo che non era una buona idea e che…
»,
comincio, andando subito in paranoia. Se arriva qualcuno adesso saranno
fortemente cazzi per tutti e due, prima cosa, e poi non farà
mai
in tempo ad arrivare agli allenamenti in un'ora e mezza
perché
deve andare a casa, lavarsi, cambiarsi, mangiare e scappare al campo,
seconda cosa.
« Ehi, calmati. Sei stressata, ricordi? Non ti preoccupare,
adesso chiamo Simone e gli dico di portarmi la borsa »
– ah
già, anche la borsa! – « direttamente
negli
spogliatoi. Posso mangiare qui con te e poi andare, ho sempre una tuta
nell’armadietto per allenarmi. A meno che tu non voglia
prendermi
come ostaggio, tra un po’ devo andare », mi dice,
appoggiando la fronte sulla mia prima di prendere il telefono e uscire
dalla stanza. Ma dove va?! Se qualcuno lo vede lo sbatte fuori a calci
nel sedere, come minimo! Poi dice di stare calma, ma è una
parola! È proprio senza speranze.
Però è dolce. Oh Dio, devo stare proprio male.
Non vedo
l’ora di riprendermi per tornare a essere l’acida
che sono
sempre stata. Ma credo che non cambierebbe molto… vorrei
alzarmi
un po’ da questo letto in cui dovrò rimanere anche
oggi e
stanotte, per calmarmi un po’ e sgombrare la mente da tutto.
Ma
non posso, perché sono collegata a queste macchine. Anzi
è già un miracolo che con lui non mi si siano
staccati i
fili! Quindi mi siedo con la schiena appoggiata al cuscino e la testa
contro il muro, guardando il soffitto bianco di questa spoglia camera.
Mah… non posso proprio concepire me e lui insieme, nello
stesso
pensiero. Abbiamo chiarito le cose, e ora? Insieme non usciamo, no
davvero. Non ancora, almeno. Fidanzati proprio no. Amanti nemmeno. Cosa
siamo dunque? Chissà. Cerco di pensare a
qualcos’altro, ma
il suo sguardo chiaro e magnetico mi cattura in continuazione anche nei
miei pensieri.
« Guarda che ti ho portato… una dolcissima
ciambella
calda. Con la camomilla però, e senza zucchero: sei
già
abbastanza cicciona! E per un po’ niente caffè
», mi
dice Filippo, rientrando con un sacchetto e due bicchieri in mano.
« Ma ti sembro così cicciona? Guarda che dal
ritiro sono
leggermente dimagrita – credo – e ho anche
migliorato il
fiato eh, potrei starti dietro, ci scommetto »
« Lo vedremo… e comunque sì, sei una
golosa
cicciottella… fatti bastare la ciambella! Oh, anche la rima
ho
fatto! », commenta sarcastico, appoggiando tutto sul comodino
e
venendo al mio fianco.
« Ma che maleducato… sei così
bisbetico, come ho fatto! », me ne esco. Ahi. Che battuta
infelice!
« Cosa? », mi chiede sorpreso, guardandomi fisso
negli occhi. Mm, ritirata mode: on!
« Eh? », dico confusa.
« Che hai fatto? »
« Niente! »
« Mm... va bene... farò finta di crederti!
»
« Non devi far finta, è vero, non volevo dire
niente di più di quel che ho detto, punto! »
« Certo, certo... dillo che ti sei follemente innamorata di
un
bisbetico maleducato e bellissimo vecchio amico, non mi offendo mica!
», mi dice, con un sorriso che sa di presa in giro e...
è
insicurezza quella che vedo? Non è che invece sta cercando
di
dirmi lui qualcosa? Credo che sia la prima volta che lo vedo
così in difficoltà, e il fatto che sia io a
fargli questo effetto un po’ mi fa piacere.
« Oh, mi hai beccata! Ti ricordi Vittorio, quel nostro
compagno
in secondo liceo? L'ho incontrato per caso ed è scoccata la
scintilla... ho anche deciso di mettermi a dieta! », decido
di
stare al gioco, e di tenere le mie carte ancora un po' per me. Non sono
pronta ad ammettere certe cose, non so neanche se sia vero!
« In tal caso mi dispiace per te, perché ti stai
perdendo
un gran colpo... c'è un altro tuo vecchio amico che non
cambierebbe niente di te, gli vai già benissimo
così.
Anche se sei una cicciona golosa », dice, scoppiando a ridere
per
sdrammatizzare. Cavolo. Magari pensa che con una risata abbia
minimizzato ma io ho sentito, ho sentito tutto!
Cioè… !
Ohh. È veramente… strano! Piacevole, ma strano. E
questa
stretta all’altezza dello stomaco? Non è ansia
questa.
Sarò anche stressata ma non sono diventata cretina
tutt’un
colpo e questa che sento non è per niente ansia, ne sono
certa!
Non voglio nasconderlo, ormai che senso avrebbe? L’ho ammesso
con
me stessa che sono abbastanza cotta. E credo che anche a lui sia
abbastanza chiaro… basta, devo farmi coraggio e devo proprio
dirglielo!
« Anche tu »
« Ma sei matta? Ti sembro ciccione io? Devo spogliarmi di
nuovo? », mi dice, ridendo. Ah, che ridere.
« No, idiota… anche tu… vai benissimo
così », replico, a disagio. Ma
chi me l’ha fatto fare,
ripeto dentro di me. « Tranne quando fai il coglione! Quindi
smettila di gongolare, guarda che veramente mi dai i nervi!
»,
aggiungo, arrossendo così tanto che penso di essere
diventata
tutt’uno coi capelli! Accidenti a lui e alle sue facce
improponibili!
« Non gongolerò, ok. Non sto gongolando, davvero.
Guarda,
ti sembra la faccia di uno che gongola questa? », mi dice con
gli
occhi più brillanti dei miei orecchini di Swarovski. No,
affatto
Fil! Sembri solo un cretino! Ma chi me l’ha fatto fare,
ripeto!
Si avvicina e si mette di nuovo sul letto, attaccato a me e appoggiando
il mento sulla mia testa. Rimaniamo così per un
po’,
finché non si sposta e appoggia di nuovo la fronte alla mia,
fissandomi negli occhi. Credo che voglia baciarmi… io lo
voglio
baciare. Stavolta per davvero. Non vedo l’ora. Ma
perché
non si muove? Non lo trovo corretto. Non può fare quella
faccia
a due centimetri da me e poi non baciarmi. Non ha senso! Devo proprio
farlo io? Devo proprio? Facciamolo allora. Mentre sto per colmare la
distanza tra le nostre labbra, lui parla. « Ora
però
è tardi e devo andare. Ci vediamo dopo. Giuro. Salutami
Vittorio
eh! », dice, a un centimetro dalla mia bocca. E baciami,
maledizione! Poi mi bacia. Sulla punta del naso. E se ne va, portandosi
via uno dei due bicchieri, ridendo così tanto da farmi
innervosire all'ennesima potenza.
Filippo
A mente fredda, ripensare a come a volte ci lasciamo sfuggire le cose
più importanti della nostra vita per un capriccio o per
paura,
ci fa sentire tremendamente stupidi. Nel mio caso specifico, passata
l'ansia e la preoccupazione per quell'adorabile rompipalle, mi sento
anche una merda. È vero che non ha avuto nulla di grave e
che le
cose sono andate per il meglio; è vero anche,
però, che
quando Julio ieri sera mi ha chiamato ho avuta una fottuta paura e per
poco non mi è preso un infarto. E adesso capisco che da
qualche
tempo a questa parte sono stato l'idiota più completo che
questa
meravigliosa città abbia mai visto camminare per le sue
strade
in oltre due millenni e mezzo di storia. Se in quel momento sono stato
sollevato nel constatare che l'idiozia della mia cicciabella
è
ancora perfettamente conservata, adesso penso a quanto io avrei potuto
fare per evitarle qualsiasi fastidio del genere, se solo non avessi
fatto il coglione. Eh già, se non avessi contribuito anch'io
a
far saltare i nervi a Ilia, forse ora lei non sarebbe in ospedale.
D'altra parte immagino che il karma, o il destino, non sarebbero stati
soddisfatti se tutto fosse andato liscio al primo colpo; l'unica nota
positiva è che, probabilmente, se non fosse capitato qualche
evento catastrofico, non avrei mai ammesso i miei sentimenti per
lei. Non probabilmente, sicuramente.
Certo, Giulio non sarà un ostacolo facile da superare: mi
adora
e mi vuole bene ma, se si tratta della sua bambina, può
diventare un padre sanguinario verso chiunque, e io non mi ritengo
esonerato. Sarebbe capace di farmi a pezzettini, e in questo sua figlia
ha decisamente preso da lui. Credo proprio che, per il momento, sia
meglio non parlargliene.
Ma poi, parlargli di che? Non abbiamo ancora deciso niente,
è
stato solo vagamente accennato l'argomento
rapporto-etichettato-quindi-che-diavolo-siamo e non è andata
neanche tanto bene! Non so se sono pronto ad avere una ragazza, una
ragazza vera, a stare con lei senza
rimpiangere la mia
libertà. Soprattutto, non so se sono pronto a essere il
ragazzo
di Ilia, cioè il ragazzo vero di Ilia.
Non è
facile starle vicino, entrare nel suo mondo e stare ai suoi ritmi; non
lo è di nascosto, e lo sarebbe ancora meno in maniera
ufficiale.
A volte vorrei davvero essere una persona comune, poter andare in giro
senza nessuno che mi fermi per foto, autografi o chiedermi se rimango a
Roma; poter portare una ragazza a cena senza ritrovarmi il giorno dopo
sui giornali, scrivere un cazzo di stato su Facebook senza dover
ricevere centinaia di commenti. E invece no, devo sempre sentirmi
osservato, sotto esame, se mi ubriaco una domenica sera c'è
subito qualcuno che lo viene a sapere, se non mi fermo a fare una foto
sono uno stronzo, secondo quello che dico, anche fuori da una sala
stampa, divento bandiera o banderuola... e devo dire che davvero non ne
posso più.
E questo è un problema anche nel mio rapporto con Ilia: lei
fa
parte della società per cui lavoro, e non credo che sarebbe
una
cosa tanto bella se si venisse a sapere; saremmo continuamente sotto i
flash di qualche fotografo senza scrupoli, e lei sarebbe ancora
più stressata di quel che non sia già; gli stessi
fotografi sarebbero capacissimi di pubblicare foto di me vicino a
qualsiasi essere vivente di sesso femminile, per alimentare il
pettegolezzo, e potrei andare avanti con i contro ancora
per molto. Certo, se ponessimo la “storia”
top-secret per
tutti – magari anche per Giulio, il quale non si farebbe
scrupoli
a decapitare il quasi capitano della sua squadra – la cosa
potrebbe andare un po' meglio. Sì, penso che sia la
soluzione
migliore. Sempre che qualcosa da nascondere ci sia! Il discorso di
stamattina non è stato poi così
chiaro. Uff!
È anche vero che da una parte ho bisogno della mia
libertà ma, dall'altra parte, quella che preferisco, ho una
voglia enorme di non mandare tutto a puttane un'altra volta,
perché Ilia non me lo perdonerebbe prima di una nuova era
glaciale – che, a quanto pare, è del tutto
improbabile
nell'arco di... diciamo pure per la prossima eternità. Visto
che
per gli ultimi quasi venticinque anni della mia vita ho sempre seguito
l'istinto e non sono mai stato così felice né
lontanamente interessato a una persona come lo sono ora, penso che
asseconderò la mia coscienza e metterò le cose in
chiaro
con la mia pazza, isterica e
nevrotica preferita.
Niente parole più di tanto serie, niente atmosfera
ufficiale,
solo chiarire le cose tra noi due. Poi si vedrà...
Ilia
Oh, grandioso. Mio padre è appena uscito di qui con un
sorrisetto trionfante in faccia e l'aria che abbiamo sempre noi Flamini
quando otteniamo ciò che vogliamo. Peccato che la mia, di
faccia, sia tutto l'opposto: domani finalmente mi fanno uscire da
questa Alcatraz con le guardie travestite da infermiere, e lui mi ha
appena strappato per sfinimento la promessa che starò
qualche
giorno a casa con loro prima di tornare nel mio appartamento. Lui vuole
controllarmi, vuole vietarmi caffè, sigarette –
che, in
effetti, negli ultimi tempi sono diventate un po' troppe – e
anche il the, oltre al fatto che non dovrei vestirmi né
alzarmi
dal letto né mettere il naso fuori dalla finestra per
nessuna
ragione al mondo. E, mi duole ammetterlo, penso proprio che sotto la
sua sorveglianza tutto ciò, che credevo fisicamente
impossibile,
si realizzerà con una facilità disarmante. Come
se non
bastasse vorrà riempirmi dei suoi piatti meravigliosi per
rimettermi in forze e ciò non farà altro che
farmi
ingrassare come un'oca ancora di più, e Filippo
avrà
qualche altra parte rotolosa del mio corpo da prendere in giro. Se devo
proprio dire tutta la verità, però, non mi
dà
così fastidio... in fondo vuol dire che mi guarda, e gli
piaccio
anche così come sono, e posso anche affermarlo con una certa
sicurezza visto che me l'ha detto proprio lui!
Be', a dire il vero il discorso è stato piuttosto contorto e
appannato, ma credo di aver capito ciò che intendeva. Io gli
piaccio, com'è ormai assodato che lui piaccia a me, e tra
noi
l'unico vero problema è sopportarci ed evitare di saltarci
addosso in qualsiasi momento, in ogni senso che questa frase possa
avere. Il fulcro della questione è un altro: tenere nascosta
questa cosa, qualunque cosa sia, altrimenti saremmo bersagliati da
foto, programmi tv di dubbia utilità sociale,
nonché dai
nostri comuni colleghi e, per finire in bellezza, dalle nostre
famiglie. Dio, se mio padre lo sapesse non saprei che reazione potrebbe
avere: adora Filippo come persona e come calciatore, ma lo considera
soprattutto come mia ombra, colui che gli raccontava – e
negli
ultimi tempi di nuovo – tutto di me. Dunque potrebbe esserne
felice come sentirsi tradito, e cominciare a detestare anche
lui.
Il vero problema, però, per me sarebbe la sua, di famiglia:
non
credo che Pietro o Simone potrebbero fare storie, ma Daniela
comincerebbe a odiarmi seriamente più di quanto
già non
mi sopporti. Sai che imbarazzo se suo figlio avesse una ragazza come
me? Incivile, senza peli sulla lingua, incline ad alzare la voce anche
senza motivo, priva di qualsiasi buon gusto nel vestire o
nell'arredamento.
Non sarò mai una perfetta padrona di casa come lo
è lei, non sarò mai in grado di organizzare
party esclusivi
e cene meravigliose... no, decisamente non sarò mai come
lei. Io
sono quella che ogni tre per due si rovescia qualcosa addosso, che
mangia continuamente barrette ai cereali, non ho i capelli
meravigliosamente lucenti di Kate Middleton e neanche il suo
meraviglioso contegno, non credo che saprò mai indossare con
stile abiti e gioielli che costano come la mia macchina...
sì,
insomma, non penso che potrei andarle molto a genio. Quindi
credo
che sia meglio per tutti e due non dire niente a nessuno.
Ora è meglio se mi riposo un po', così se
papà
domani mi vedrà più rilassata ho qualche speranza
di
tornare prima a casa mia.
Devo
essere in un bellissimo sogno, anche perché non mi risulta
di
sapere la strada per Micioland. No, niente paradiso né bei
ragazzi, solo tanti dolcissimi e bellissimi micetti che
giocano
con la mia stupenda camicia-da-notte-sacca-di-patate,
con le mie ciabatte, con i miei capelli, e che accarezzo con una gioia
infinita. Se non si fosse capito, io adoro i gatti, a differenza dei
criceti. Li amo veramente con tutta me stessa, a dir poco. Proprio ora
ne sto tenendo in braccio uno, un tigrotto grigio e nero con degli
occhi nocciola, belli da far paura. È così dolce!
Prrrmao. Fa le fusa e mi respira nell'orecchio, con quello sbuffo
tipico dei cuccioletti stanchi dopo aver fatto chissà che
dispetto. Poi sembra risvegliarsi, e la sua zampetta mi tocca la
guancia, come se volesse accarezzarmi, e poi il naso. È
così carino che continuerei a ridere, se non lo sentissi
improvvisamente parlare.
« Ma quanto dormi? », lo sento rimproverarmi. Ho
così paura che scatto indietro e sbatto la testa contro il
muro,
aprendo gli occhi di colpo e ritrovandomi di fronte un Filippo che ride
sotto i baffi che non ha del mio risveglio traumatico.
« Sei scemo?! Mi hai spaventata! Pensavo fossi il gattino!
», gli dico, massaggiandomi la testa, prima di rendermi conto
dell'enorme stupidaggine che ho detto. Mi prenderà in giro a
vita!
« Il gatto? Stavi sognando un gatto parlante? ».
Come
volevasi dimostrare. Ma perché non mi sto mai zitta, per la
miseria?
« Non parlava, finché non hai parlato tu. Mi stava
solo
accarezzando il naso con i suoi deliziosi gommini sotto la zampa
». Certo, è la cosa migliore da dire quando la
minaccia di
essere presa in giro per un lungo tempo
è così terribilmente reale!
« Uh-uh, e ti ha anche sussurrato all'orecchio e baciata
sulla
guancia? », dice, imitando con le sue dita i movimenti di cui
parla – e che faceva il gattino.
« E tu che ne sai? Adesso spii anche nei sogni per caso?
»
« No, scema, ero io! Mi sa che ancora non sei del tutto
sveglia,
eh? Si vede che non ti hanno dato neanche un caffè da ieri
sera,
sei rintronata di brutto! », mi prende in giro, ridendo
però con una risata così carina che non posso
fare a meno
di seguirlo a ruota – cosa che gli darà conferme
della sua
ipotesi.
« Sì, be'... lo sai che non posso stare senza
caffeina in
circolo, e per di più a oziare così! Anche se mio
padre non è del mio stesso parere»
« Perché? »
« Mi ha dato i domiciliari almeno fino a martedì,
ma solo
perché mercoledì devo tornare a lavorare,
altrimenti mi
avrebbe messa direttamente in quarantena! Ma dovrò guardare
la
partita sabato sera, e pubblicare i resoconti, e... »
« Oddio, sei incredibile! Respira e fai parlare me un attimo!
», mi ferma, roteando gli occhi. Ok, il silenzio non
è una
mia dote naturale e quando sono nervosa è anche peggio, ma
come
diavolo faccio a stare zitta se lui è qui davanti a me, che
mi
guarda così e non dice nulla? Forse potrei lasciarlo parlare.
« A proposito di... ? Perché se devi parlarmi di
lavoro
preferisco non sapere nulla, già sto abbastanza male per non
poterci andare, poi se mi racconti anche gli aneddoti del giorno allora
potrei anche... »
« Niente lavoro, santo cielo! Dobbiamo parlare di noi...
qualunque cosa sia. E no, non m'interrompere un'altra volta o ti chiudo
la bocca con il cuscino! Dunque... ci ho pensato, ci ho pensato bene e
da ogni angolazione, e decisamente io voglio provarci
con te.
Sempre che tu non preferisca il gatto parlante, s'intende »
« E smettila con il gatto parlante!
Puoi rimanere serio
per un minuto? Che diavolo hai detto?! », gli chiedo,
decisamente
sconvolta da quello che ho sentito uscire dalla sua bocca.
« Ho detto che voglio provare a stare con te »,
ripete, con
lo stesso tono di prima, quello con cui un bambino direbbe “Sai
mamma, ho rotto il tuo vaso preferito ma ti voglio tanto bene”.
Ecco che cos'è, Filippo Marzo è un bambino,
è
assolutamente il bambino più bambino che sia mai esistito, o
almeno che io abbia mai conosciuto.
« Ok. Sei già ubriaco di Negroni o cosa?! Ma come
ti
può anche solo sfiorare il pensiero di dire una cosa del
genere
in questo modo? Dovresti prendere lezioni di tatto, idiota!
»,
gli urlo contro. O meglio, urlerei se non fossi in un ospedale e non
rischiassi di essere una valida candidata per un trattamento sanitario
obbligatorio – e intendo mentale. Diciamo che lo stile
è
urlante, il tono semi-pacato, nonostante si tratti di me.
« Mi dici che ti prende? Non è una condanna a
morte, eh. E
sei liberissima di non accettare, io ho solo espresso il mio pensiero
sulla faccenda, tutto qui », ribatte, e sembra abbastanza
ferito
nell'orgoglio, una sorta di lesa maestà che, con quegli
occhi,
la fa sembrare più una sparatoria sulla croce rossa che una
discussione tra “innamorati”. Faccenda. Il
suo pensiero sulla faccenda. Con questa credo proprio d'aver
capito qual è il suo problema.
Che Filippo non sia propriamente Shakespeare lo sapevo già,
e
sapevo di avere tante cose da insegnargli – ok, la mia
modestia
è a farsi un giro per l'ospedale -, tante ma non l'amore
–
o qualsiasi cosa sia la faccenda. Invece,
ora, mi ritrovo
di fronte un ragazzo totalmente inesperto in ogni situazione che
riguardi il cuore, i sentimenti, e che crede se ne possa parlare come
il più banale dei panini al prosciutto.
È inutile che io mi offenda per la sua poca
sensibilità
sull'argomento, non lo fa certo a posta. Semplicemente non ne
è
capace. Filippo è una testa calda, fa le cose per istinto,
io
credo che questo sia il suo modo dimostrare che ci tiene. È
una
persona genuina, è un po' come i bambini che confessano
tutto
con sincerità e spontaneità – e con la
stessa
faccia da ebete babbeo stampata in faccia. È infantile,
appunto!
E io, dal basso della mia poca infanzia rimasta, potrei giudicarlo per
questo? Perché non mi ha fatto una dichiarazione incanta
principesse, però mi ha detto di voler
provare a stare
con me. Oh Zeus, l'ha detto davvero! Certo, come se mi stesse ordinando
un caffè, ma sono dettagli! Insomma, potrei mai rifiutare?!
« No, certo che no, lo vorrei anch'io. Insomma, sono finita
qui
anche perché non ho voluto ammettere che... anche per colpa
tua,
diciamo così. Nonostante tu non abbia neanche un minimo di
diplomazia, lo vorrei anch'io », dico, cercando di essere il
più seria e decisa possibile, anche se per me non
è
così facile parlare quando le parole si bloccano a
metà
tra la bocca e lo stomaco, mentre lui sembra rigurgitarle tanto
naturalmente.
« Va bene... va bene. Ho capito che non l'ho detto come
avresti
voluto, ma mi conosci meglio di chiunque e sai quello che volevo dire,
perciò cerca il succo anche in quello che sto per dire
perché potrebbe farti arrabbiare. Io ci voglio provare
davvero,
ma forse è il caso di tenerlo per noi, almeno per un po'.
Non
che non voglia dirlo eh, però sai le difficoltà
di certe
cose in certi ambienti, e forse per il momento sarebbe meglio
così », dice, e io stento a credere che abbia
capito
che sta sbagliando qualcosa, il
signor-disagiato-affettivo.
Ma non importa, e non importa perché per prima cosa sono
anni
che gli tengo testa nonostante l'evidente condizione svantaggiata in
cui versano i suoi collegamenti cervello-lingua e, seconda cosa, sono
d'accordo con lui. Forse senza la seconda cosa, in effetti, non me ne
starei qui buona e tranquilla a dargli ragione.
« Sorvolando sulle tue mostruose doti oratorie, sono
perfettamente d'accordo con il succo del discorso. Ci ho pensato
anch'io, e uscire da qui come la tresca di Filippo Marzo non farebbe
bene ai miei nervi, davvero. Per una volta dici qualcosa di giusto!
», gli dico, sollevata che anche lui abbia pensato la stessa
cosa. Meglio non approfondire troppo il discorso o temo che saremo io e
le mie guance ad avere la peggio visto che, a quanto pare, il suo
talento di mettere in difficoltà le persone è
tutto
naturale, e io non ho proprio tanta voglia di farmi prendere in giro
perché d'improvviso la mia pelle assume la stessa sfumatura
dei
capelli. È sicuramente la cosa più facile e
quella
più giusta in questo momento di caos generale e, anche se
sarà stressante tenerlo nascosto, sarà
sicuramente
più semplice che affrontarlo alla luce del sole. Passati
almeno
i giorni di casa forzati, s'intende. Ecco, il discorso per me potrebbe
anche finire qui!
« Hai paura per caso? », mi chiede, sorpreso che
abbia
accettato la cosa tranquillamente. Paura? Io? Fottutamente
sì, e
anche tanta!
« Forse. E tu? »
« Devo ammettere che tuo padre mi terrorizza, sì.
E le
cose già partono in salita se devi stare a casa con loro in
questi giorni. Come faremo a vederci senza destare sospetti? »
« Ah, ecco! Be', qualcosa c'inventeremo, c'è
sempre
qualche falla nella sicurezza. E comunque, perché, pensi che
tua
madre non terrorizzi me? »
« Mia madre? Cos'ha mia madre? »
« Tua madre è semplicemente la donna
più
sofisticata, di classe e perfetta che io abbia mai conosciuto, e ti
giuro che non è facile pensare di dirle che io, Ilia
Flamini,
anche solo per ipotesi, potrei stare con suo figlio! »
« E tu cos'hai che non va? Pensi che ti disconoscerebbe
perché non sei come lei? »
« Ora il rintronato mi sembri tu! Hai presente tua madre? Ok,
hai
presente me? Sono tuttol'opposto! Rischierei in ogni momento di far
cadere uno dei suoi preziosissimi cristalli o sporcare di cioccolata le
meravigliose tovaglie di casa Marzo! Se permetti sì, mi fa
paura
dover affrontare tutta quella perfezione di casa tua, a volte mi
sembrate una famiglia da Mulino Bianco, solo con il Mulino
più
bello di tutti »
« Ma non dire cose del genere... hai ragione, amo la mia
famiglia, siamo felici, ma è solo perché stiamo
bene
insieme, io con il mio pallone, Simone con la sua Play, mio padre con i
suoi libri e mia madre con la sua perfezione. Io sto bene con te, tutti
stiamo bene con te, perché non dovresti essere felice con
noi?
». Dio, quanto mi sento idiota quando fa dei discorsi
così
ovviamente azzeccati! È vero, per loro tutto funziona a
meraviglia, ma solo perché sono infinitamente perfetti tutti
quanti, cosa che io mi guardo bene di essere. Eppure ha ragione,
perché non dovrei andare bene? Se vado bene per lui, alla
fine,
andrò bene per tutti. Spero! Per evitare di rispondere e
complicarmi la vita, però nella mia testa scatta una molla,
una
lampadina che si accende di colpo – la seconda della
giornata,
wow! – e la soluzione ai domiciliari mi appare chiara come il
sole che, coi suoi ultimi raggi, filtra dalla finestra in questa stanza
spoglia.
« Sei un genio! »
« Dimmi qualcosa che non so! Quale parte del discorso in
particolare ti ha colpito? »
« Che sbruffone! La parte su tuo fratello, quella era geniale
»
« Che c'entra Simone? »
« C'entra che anche nel 41-bis si gioca alla Play, e mi
risulta
che anche Valerio faccia parte del gruppo... la macchina di Simone
è rotta, vero? », gli chiedo, con un sorrisetto
complice.
« Eh? Ma che dici? », mi chiede confuso, confutando
immediatamente il genio di prima.
« Sei proprio tardo a volte! La macchina di Simone è
rotta,
punto. Ma dovrà giocare con mio fratello, e tu lo dovrai
assolutamente accompagnare. Hai capito ora? », gli spiego.
« Oh, certo che ho capito! Non credo che giocheranno tutti i
giorni fino a martedì, ma c'inventeremo qualcos'altro, per
non
destare sospetti... »
« Ci penserò, avrò molto tempo libero
per mettere in moto le mie rotelline... »
« Speriamo, se non t'intrattieni con i gatti! Comunque
l'orario
delle visite è quasi finito, non voglio rischiare di nuovo
come
stamattina. Meglio se vado eh! », mi dice, ancora un po'
dubbioso
sulla riuscita del mio piano.
« No, aspetta! Devo dirti un'altra cosa! »
« Vai, ti ascolto »
« Perché mi hai dato quel bacino sul naso prima di
andare
via? Ti ho odiato tutto il giorno, lo sai, vero? », gli dico.
Sì, è vero, ho avuto tanto tempo a disposizione
per le
mie elucubrazioni mentali, e quel bacio che non mi ha dato mi ha
lasciato l'amaro in bocca... o sul naso, che dir si voglia. Lo volevo
davvero.
« Tutto qui? Lo sai anche tu che sono un coglione, certe
domande
non dovresti nemmeno più farmele! », mi risponde,
con quel
sorriso sornione che mi manda nel pallone nel giro di un nanosecondo e
obbliga i miei muscoli facciali a fare altrettanto.
« E pensi di rimediare prima di andare via un'altra volta?
»
« Certo... te l'ho detto, certe domande non dovresti nemmeno
più farmele... ».
Mi si avvicina, e mi bacia. Il naso, di nuovo. Gli lancio un'occhiata
omicida e sembra capire al volo, perché le sue mani mi
prendono
il viso avvicinandolo ancora di più al suo, ma continua solo
a
sorridermi a due centimetri dalle mie labbra, cosa che, per quanto
irrimediabilmente fantastica, non fa altro che aumentare ancora di
più il mio odio – amichevole, s'intende
– verso di
lui. Non posso vivere di soli sorrisi, allora lo faccio io. Mi prendo
quel bacio che desidero almeno da stamattina, senza più
chiedere
niente, solo inseguendo ciò che è mio per un
diritto
appena acquisito. Lo bacio, e lui bacia me, finalmente, senza remore e
con la luce accesa. È il primo vero bacio che ci diamo con
cognizione di causa, ed è decisamente il migliore. Quanto
potrà essere bello stare insieme a lui, con queste premesse?
« Meno male che ti faceva schifo... », dice, dopo
essersi
staccato. Certo che sa sempre dire la cosa sbagliata al momento
sbagliato, non c'è che dire!
« Sì, però stavolta andava a me... e mi
va ancora! ».
• Chatter Place •
Detto questo, spero che vogliate ancora restare con me e con i miei bimbi per vedere che cosa combineranno!
Ho deciso di pubblicare oggi perché, in teoria, è il compleanno di Ilia - anche se, a causa mia, è bloccata a due anni fa, ma insomma - e mi sembrava significativa come data :)
Sul capitolo posso dire che è stato un parto difficile, sia per scriverlo e correggerlo - non era mai fluido come, penso, ora - che per pubblicarlo. Noterete che il corpo del testo è appiccicato e magari non si legge bene, ma è il meglio che io e Veronica (SidRevo) siamo riuscite a fare con questo demonio di NVU. Be', spero che comunque vi sia piaciuto!
Il prossimo capitolo è già pronto e inviato alla beta, sto lavorando al successivo ma, in linea generale, non dovrebbe passare più tutto questo tempo tra un aggiornamento e l'altro - tecnologia permettendo!
Ah, ho creato un nuovo profilo su Facebook solo per EFP, cercate Trappy EFP o clickate direttamente!
• Spot Place •
Blowing Bubbles di SidRevo;Evocatio Sanguinis e The Guardian di Emily Alexandre;
La Canzone di Temaru di marguerite90
• Thanks To:
Tutte le ragazze meravigliose che hanno recensito lo scorso capitolo;
Veronica SidRevo, che mi ha pungolata fino all'esasperazione per avere di nuovo in corsa questa storia e che, insieme a Elle, mi ha aiutata per il nuovo banner;
Un ringraziamento particolare anche per i 72 che hanno messo Love Penalty tra i preferiti, i 43 tra le ricordate e i 158 che la seguono... grazie mille!
Un saluto a tutti,
E.