Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: harinezumi    17/01/2012    3 recensioni
Perché da tutto questo potete ancora uscirne appagati.
So che capirai, come so che non ti piacerà. Non ti è mai piaciuto il mio modo di fare, vero, Watanuki?
Voglio dare una possibilità a tutto ciò che è cambiato quando io non ho potuto impedirlo, e te ne metto al corrente perché so che non ami essere messo all’oscuro delle cose.
Tu sai che c’è un prezzo da pagare per tutto, e ci sarà anche questa volta. Per tutti loro: alcune cose si perderanno per sempre, alcune verranno ritrovate...
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Fay D. Flourite, Kurogane
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: The love I gave you once
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo
Rating: Giallo (volendo mentire)
Parole: 1948
Personaggi: Fay D. Fluorite, Kurogane, Yui, Kobato Hanato (visto che adoro i suoi capelli *fugge*); (accenni a) Kimihiro Watanuki, Tomoyo, Yuko Ichihara
Avvertimenti: One-shot, Shonen-ai, What if?
Disclaimer: detesto le CLAMP ..ammetto che questi personaggi appartengono alle autrici e io non ci guadagno nulla ad utilizzarli per i miei sporchi fini.

Note: la fic può risultare più deprimente dell’opera originale. Il titolo è preso da un libro omonimo. La dedico a Julia_Urahara perché un po’ mi dispiace per lei, spera ancora che scriva qualcosa di allegro. E a __Di, per tutta la sua cattiveria nel cominciare millantamila storie che non aggiorna mai *gli lancia lo stesso un cuoricino*.
Spero che la storia piaccia a tutti voi poveri solti che leggerete v-v grazie per l’attenzione <3

harinezumi



 

____________________




 

The love I gave you once





 

Perché da tutto questo potete ancora uscirne appagati.
So che capirai, come so che non ti piacerà. Non ti è mai piaciuto il mio modo di fare, vero, Watanuki?
Voglio dare una possibilità a tutto ciò che è cambiato quando io non ho potuto impedirlo, e te ne metto al corrente perché so che non ami essere messo all’oscuro delle cose.
Tu sai che c’è un prezzo da pagare per tutto, e ci sarà anche questa volta. Per tutti loro: alcune cose si perderanno per sempre, alcune verranno ritrovate. Ma devi perdonare il mio egoismo.
Desideravo che una parte di te vivesse la sua vita come doveva essere, perché per me nulla è più prezioso della tua felicità.

-    Y.

*

 

Kurogane adorava sua sorella.
All’età di dieci anni aveva scoperto che non era sua sorella di sangue, ma ciò non gli impediva di sottostare a tutte le sue richieste, anche alle più idiote. Sbuffando e imprecando, faceva sempre tutto quello che lei gli diceva, e anche se odiava i nomignoli la chiamava sempre “principessa”; a volte non capiva nemmeno lui perché il loro legame fosse tanto forte da indurlo a fare una cosa del genere.

Quel giorno era uscito a comprarle una scatola di pasticcini, e aveva pure accettato di recarsi alla pasticceria che le aveva consigliato la migliore amica, altrimenti era probabile che Tomoyo se ne sarebbe accorta e gli avrebbe tenuto il muso per una settimana, come del resto era bravissima a fare.

Nell’istante in cui Kurogane entrò nel negozio in questione, svogliato, urtò con la spalla un ragazzo biondo con un grosso mazzo di rose tra le braccia, che gli venne addosso e molto maleducatamente corse via senza scusarsi. Non poté fare a meno di ascoltarlo mentre tentava di fischiare per attirare l’attenzione di un taxi.
Ancor più irritato, chiuse la porta e si avvicinò al bancone.
Alzò le sopracciglia nel vedere la sfilza di dolci esposti nella vetrinetta, passandosi una mano tra i capelli corvini, decisamente a disagio. Alla fine, scelse i dieci pasticcini con l’aspetto più invitante di tutti –evitando accuratamente quelli con le glasse colorate- e si apprestò a pagare alla cassa. Richiese con un sibilo un sacchetto neutro, una volta notata la scatola decorata di margherite che una svampita commessa dal capelli rosa gli stava porgendo.

«Sono per la sua ragazza?» gli aveva domandato poi lei, con un sorriso anche troppo confidenziale per i suoi gusti.

Kurogane odiava gli estranei. Specie gli estranei molto vogliosi di fare amicizia. Perciò la fulminò con uno sguardo glaciale, nonostante le iridi rosse, e questa si zittì, arrossendo e distogliendo lo sguardo con un balbettio imbarazzato.
Mugugnando un saluto (perché in fondo la reazione della ragazza era bastata per farlo sentire in colpa per la propria scortesia), Kurogane si apprestò ad uscire per evitarsi ulteriori seccature, facendo tintinnare nuovamente la campanella sulla porta della pasticceria e imboccando il marciapiedi fino alle strisce pedonali.

Strinse il sacchetto di più tra le dita, sbuffando, mentre si fermava per attraversare la strada.
Si ripromise nel frattempo di non ascoltare più sua sorella: ormai era inverno inoltrato e faceva un freddo cane a girare per Tokyo, per di più si era dimenticato la sciarpa. E poi stando fermi ad aspettare che il semaforo pedonale divenisse verde ci si poteva congelare, e Kurogane fu tentato di correre semplicemente dall’altra parte della strada, quando vide il colore scattare.

Sospirò di sollievo, distogliendo gli occhi dal semaforo e puntandoli distratto su una vetrina all’altro marciapiede, sovrappensiero.
Fu in quel momento che vi vide l’immagine che lo lasciò sconvolto.

Riflesso sul vetro c’era un ragazzo biondo che gli sorrideva.
Fin qui, nulla di strano, ma nulla in quel tipo poteva dirsi normale.
Aveva un cappotto lungo dall’aspetto pesante, bianco e ornato di ghirigori azzurri; il suo volto stava sotto all’ampio cappuccio, conferendogli un aspetto allo stesso tempo buffo e maestoso. I suoi occhi erano celesti, brillanti e gentili, e il loro sguardo s’infranse su quelli di Kurogane con una forza disumana, che il suo petto non resse.

Si bloccò in mezzo alla strada, senza fiato e con il cuore martellante che gli impediva di proseguire, mentre nella sua mente sentiva avvenire un’implosione analoga a un fuoco d’artificio, che portava un solo nome.

 

*

 

Fay lavorava in una pasticceria da tre anni, più o meno da quando aveva cominciato l’università.
Anche il suo gemello vi lavorava, come cuoco, e i suoi dolci erano fenomenali; non era strano che qualcuno chiedesse consegne a domicilio se si trattava di regali particolari, e visto che l’altra commessa era un tipetto alquanto confusionario, a recapitarli mandavano sempre Fay.
Di solito infatti era un tipo molto cordiale ed espansivo oltre che efficiente, e tendeva a prendersi cura dei clienti con un costante sorriso stampato in faccia.

Insomma, prima di quel momento non gli era mai capitata una cosa del genere.
Per errore, aveva letto il biglietto della composizione floreale che stava legata a dei cioccolatini, che di lì a poco avrebbe dovuto recapitare a una casa nel centro di Tokyo. Si stava mettendo il cappotto nella stanzetta del personale accanto alle cucine, e l’occhio gli era caduto sul foglio di carta quasi aperto legato al gigantesco mazzo di rose sulla sedia.

…alcune cose si perderanno per sempre, alcune verranno ritrovate.

Fay prese il mazzo, perplesso, rileggendo più volte quella frase e di seguito tutta la lettera. Sentì qualcosa nel suo stomaco rimescolarsi nel leggere quella semplice Y, mentre una strana sensazione di malessere istintivo gli fece venire la pelle d’oca, mentre chiudeva in fretta il biglietto.

«È un messaggio parecchio triste, vero?» disse una voce dietro di lui, all’improvviso, costringendolo a voltarsi con un sobbalzo.

Rise nervosamente, nel vedere Yui davanti a sé, le mani incrociate sul grembiule e un mestolo sporco di cioccolato in mano. Gli lanciò una delle sue espressioni più falsamente spensierate di sempre, cercando di giustificarsi.
«Non so di che parli! Stavo controllando che il sacchetto dei cioccolatini fosse legato per bene…»

«Ma certo» rispose il gemello, con un sorrisetto per nulla convinto. «Ora sbrigati a consegnarlo, però. Il destinatario è un mio amico e so che ci tiene parecchio».

«Tu sai che vuol dire questo biglietto?» domandò Fay, senza riuscire a tenere a freno la curiosità.

«Chiaro, il suo significato è evidente… si tratta di una strega innamorata che ha riportato il tempo indietro per far sì che almeno metà dell’anima tormentata del suo amato viva in pace» spiegò Yui, alzando gli occhi al cielo con ovvietà.

Fay spalancò le labbra, incredulo. «Davvero?!»

Yui rise, scuotendo la testa. «Ma palesemente no! Muoviti, o farai tardi!» esclamò, tornando a sparire nelle cucine, lasciandolo solo e piuttosto deluso.

Con uno sbuffo, Fay prese il mazzo di fiori e corse fuori dal negozio; era talmente imbronciato che non si rese nemmeno conto di aver urtato un cliente all’uscita.

*

 

Nell’istante in cui Kurogane cominciava a scegliere i pasticcini, Fay perse il taxi che aveva cercato di chiamare fischiando, e si decise ad andare a piedi, sperando che il mazzo di rose non si sciupasse lungo il tragitto.

Non aveva percorso che pochi metri che si fermò ad osservare una vetrina di un negozio di articoli per la casa, pensieroso; non aveva ancora scelto il regalo di compleanno per sua madre, e per un attimo si dimenticò del proprio lavoro, ritrovandosi a fantasticare su come sarebbe stata contenta Chihiro nel ricevere ognuna delle singole cose che si trovavano in vetrina.
Sorrideva come un idiota, per la precisione, ogni volta che pensava a sua madre. Non avrebbe mai potuto immaginare un mondo dove la seconda persona a lui più cara non esisteva. Figurarsi che avrebbe fatto senza la prima, suo fratello Yui, che spesso rappresentava una vera e propria coscienza per la sua vita caotica.

L’assordante rumore di un clacson, prolungato, lo risvegliò dai suoi pensieri, e sussultò alzando gli occhi istintivamente sul riflesso della vetrina, poco sopra gli articoli esposti, sgranando gli occhi per vedere chi o cosa avesse procurato quel fracasso.

In quel momento, smise di respirare senza rendersene conto.
In mezzo alla strada, a farsi beffe del semaforo, stava un ninja nero e rosso, una figura alta e scura, imponente e forte. I suoi occhi cremisi erano fissati su quelli di Fay in maniera diretta, decisi e sicuri, come se sapessero dove dirigere lo sguardo da sempre; la sua espressione era austera, diffidente… e stranamente dolce.
Fay toccò con le dita fredde quel riflesso sul vetro, boccheggiando e sbattendo le palpebre.

Lentamente, si voltò a fissarlo.
Non c’era nessun ninja nel bel mezzo del traffico di Tokyo: era solo un ragazzo dagli scarmigliati capelli neri con un sacchetto in mano, che lo fissava con lo stesso attonito stupore che lui gli stava riservando. Chissà come, Fay adesso sapeva che il suo nome era Kurogane.
Fu allora che un vivido ricordo gli invase violentemente la mente, in dettagli nitidi che pure non gli erano mai appartenuti.
Un giardino giapponese, un albero di ciliegio, la stoffa morbida di un kimono, una promessa e il tocco tenero e ruvido nel contempo delle mani di quello che davanti a lui adesso era uno sconosciuto.

                                                               Yuko ha deciso.                                                                                       
                                                                                                      Forse d’ora in poi non
                                                                                                            potrò più stare al tuo fianco,
                                                                 ma c’è una cosa di cui puoi stare
                                                                                              certo:

 

Le parole di quell’istante echeggiarono come campanelli nella testa confusa di Fay, parole calde raccontate da un sorriso stranamente privo di insicurezze. Parole che Fay non si ricordava di aver detto e che quell’estraneo non aveva certo mai ascoltato: eppure, era sicuro che, per qualche ragione, anche lui le stesse ricordando in quel preciso momento.

                                                                                                                    … non smetterò mai di pensarti
                                                            ogni giorno

 

Il rumore tintinnante divenne assordante quando Fay fece un solo inconsapevole passo verso Kurogane, il volto granitico dalla sorpresa nel vedere in carne ed ossa una persona che somigliava al ninja dello specchio e nello stesso modo in cui era diverso da lui era esattamente lo stesso.
Il sollievo che provò nello specchiare i suoi reali occhi nei propri faceva parte di una felicità nuova, mai provata, se non in un istante perduto e quindi a lui sconosciuto, all’ombra di quei ciliegi.

 


                                                                                                               … e di amarti per tutta la vita. 


A stento Fay vide quello che successe dopo, quando il suono di campanelli cessò bruscamente, e nemmeno sentì il tonante rumore del clacson che suonò una seconda volta.
La scena alle sue orecchie assordate si fece ovattata e ai suoi occhi opachi distante, perché soltanto su una persona era concentrata per lui tutta l’energia del suo universo.

Il sacchetto con la scatola di pasticcini che Kurogane teneva in mano volò in aria, prima di schiantarsi in mezzo alla strada e scivolare lontano di qualche metro. Qualcuno prese a gridare di chiamare un’ambulanza, e centinaia di pedoni si voltarono verso la fonte di quel fracasso assordante.
Una pozza di sangue si allargò sull’asfalto, e Fay lasciò cadere il mazzo di rose a terra, mentre i suoi occhi appannati tornavano a vedere, la sua mente a capire.

L’urlo che lanciò in quel momento non aveva nulla di umano.
Fu come se il suono della vita che si era appena spenta risuonasse in quel momento dell’aria: era lacerante, straziante. La maggior parte della gente che si era fermata per l’incidente si voltò verso Fay, spaventata.
Ma lui non poteva certo vederli, e del resto non gli interessava farlo.
Dopo quel grido, tutto era rimasto vuoto in lui.

Sotto una delle ruote anteriori dell’autobus che aveva appena investito quello che fino a trenta secondi prima gli era un perfetto estraneo, rimaneva ancora l’unica cosa degna di attirare la sua attenzione.
Il braccio inerme della persona che con una sola occhiata aveva completato il suo mondo.







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