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Autore: skeight    19/01/2012    1 recensioni
Inuyasha, commesso in una boutique di alta moda, tiranneggiato dal fratellastro e padrone del negozio Sesshomaru, trova in uno strano manichino l'incontro che cambierà la sua vita. Liberamente ispirato al film "Il bacio di Venere" di William A. Seiter (1948).
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kikyo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Passò un mese, e furono trenta giorni di felicità. Inuyasha era diventato praticamente un altro. Qualsiasi lavoro Sesshomaru gli affidasse, anche il più ingrato, lo svolgeva a cuor leggero, come se non si sentisse più sminuito da quegli incarichi. Non girava più in maniera trasandata, ma anzi sembrava metterci più cura nel vestire; non solo, pareva avere una nuova carica per cui portava con eleganza anche l’abito più semplice. Ma non solo l’aspetto esteriore aveva subito quel mutamento, anche il carattere sembrava mutato: non più scontroso con tutti, ma sempre disponibile, e pronto allo scherzo. Il suo sarcasmo corrosivo si era tramutato in garbata ironia.

“La forza dell’amore!” commentava Miroku con Sango, dopo che finalmente era riuscito a convincerla a tornare da lui. Fecero anche delle uscite a quattro, loro due insieme a Kikyo ed Inuyasha, ma poche, in quanto la nuova coppia tendeva ad appartarsi sempre, come se volessero creare un mondo solo per loro due.

Dopo una settimana di quell’andazzo, iniziarono ad aversi anche altre conseguenze. I clienti del negozio erano sempre più ammirati da Inuyasha. “Sembra un demone come noi!” commentavano, e Sesshomaru non lo insultava più davanti a tutti, non avrebbe più portato vantaggi alla boutique. Anzi, anche lui restò impressionato dal mutamento del fratellastro, e iniziò ad affidargli di nuovo, e con sempre maggior frequenza, il rapporto con i clienti, con risultati che andarono oltre ogni più rosea previsione.

Il caso più clamoroso avvenne quando tornarono per la terza volta i coniugi Kawasaki. Inuyasha li accolse con un inchino galante che mandò in visibilio la signora:

Parbleu, che classe! Le posso chiedere di aiutarmi nella scelta di un vestito?”

“Ma certo, signora, son qui per questo!”

La signora fu come travolta dall’eloquio galante del mezzodemone, sebbene tale eloquio si limitasse a poche frasi necessarie. Mentre Inuyasha sistemava con grazia sul tavolo i vari abiti, il piccolo Shippo gli si avvicinò e iniziò a giocare con il bordo dei suoi pantaloni.

Shippaccio! Non dare fastidio a questo giovanotto così simpatico!” lo sgridò immediatamente la madre, dandogli uno scappellotto sulla nuca. Shippo, che mai era stato rimproverato e men che meno picchiato, rimase così traumatizzato che non proferì parola alcuna per i cinque anni successivi.

 

Quanto poteva durare quella sensazione di vivere ogni istante come sotto l’influsso di una meravigliosa droga leggera? Inuyasha voleva illudersi che sarebbe durata per sempre, anche se in fondo sapeva che non poteva andare così. Tuttavia non avrebbe potuto aspettarsi che finisse in maniera tanto brutale.

Avvenne tutto il giorno in cui lui e Kikyo arrivarono in negozio e trovarono un Sesshomaru decisamente preoccupato.

“Abbiamo visite” disse. Inuyasha aggrottò la fronte, e poi vide, sull’uscio della porta del magazzino, una vecchia canuta dagli occhi sporgenti, che li fissava con aria maligna. Anche Kikyo la vide, ed impallidì.

Urasue!” esclamò. Quel nome, per Inuyasha, fu come una mazzata. Aveva praticamente rimosso il pensiero di quella strega, ed eccola lì davanti a lui. Per quale motivo? Era chiaro, tremendamente chiaro, purtroppo.

Kikyo, mia cara” sibilò la vecchia “ti ho ritrovato finalmente. Sei pronta a tornare a casa?”

Kikyo chinò la fronte, e non disse nulla. Inuyasha strinse i pugni.

“Cosa aspetti? Su, andiamo” riprese a parlare Urasue.

“Lasciala stare, vecchia!” disse Inuyasha cercando di trattenere l’ira “Kikyo vuol rimanere qui.”

“Ah, davvero? Peccato che non possa... io sono la sua padrona.”

“Tu non sei padrona di nessuno! Kikyo è un essere umano, è libera come ogni essere umano!”

“I vivi sono liberi, e forse nemmeno loro. Ma Kikyo è un corpo morto, e solo io l’ho riportata alla vita. Lei mi deve gratitudine per ciò che ho fatto, e nient’altro.”

Kikyo finalmente alzò lo sguardo su di lei.

“È vero, mi hai restituito il corpo, e te ne ringrazio. Ma lui, Inuyasha, mi ha restituito l’anima.”

Urasue strinse gli occhi miopi per fissare meglio la sacerdotessa.

“La pensi così, Kikyo? La gratitudine non è di questo mondo... ma penso di avere buoni mezzi per farti fare come dico io.”

“Bada a quello che dici, vecchia!” minacciò Inuyasha, sfoderando gli artigli.

“Ci bado sin troppo, ragazzino. Io ho ridato un corpo a Kikyo, io posso benissimo toglierglielo.”

A quella minaccia Inuyasha non ci vide più, e si lanciò contro Urasue, la mano protratta per colpirla, e lo avrebbe fatto se un braccio non lo avesse bloccato a mezz’aria. Sesshomaru lo aveva fermato, e lo fissava truce.

“Niente violenza nel negozio di nostro padre” disse, glaciale “vediamo piuttosto di trovare un compromesso.”

“Che compromesso, eh? Che compromesso?” ringhiò Inuyasha, furibondo.

“Se Urasue ha bisogno solo a volte dei servizi di Kikyo, allora è possibile un accordo. Chi impedisce a Kikyo di tornare qui da Inuyasha, nei periodi in cui non ne hai bisogno?”

La vecchia strega scosse la testa.

“Nessun compromesso, lord Sesshomaru. Kikyo è mia proprietà,  non ho nessun dovere di cederla. E in quanto a te, ragazzino, non credere di risolvere niente uccidendomi. Senza di me Kikyo non può continuare a vivere, e lei lo sa bene!”

“Cosa dici?”

“Dico quel che dico. Chiedi a lei, se non mi credi.”

Inuyasha si voltò verso Kikyo. La sacerdotessa stava immobile, come persa nei suoi pensieri. Poi fissò Urasue e disse: “Verrò con te.”

“Alla buon’ora” commentò la vecchia.

Kikyo!” esclamò Inuyasha, sconvolto.

“Ma prima lasciami parlare con Inuyasha” disse la miko.

 

“Perché? Perché?”

“È l’unica cosa che possa fare, Inuyasha. Sono stata una stupida a non pensarci prima, a coinvolgerti in questa avventura che non poteva avere un lieto fine... perdonami.”

“Ma non è vero! Io ti posso liberare da quella strega, la ucciderò se necessario...”

“No, tu non sai. La mia anima di adesso è solo una parte di quella che avevo in vita: quando Urasue mi ha fatto rinascere buona parte di essa si era già reincarnata in un’altra persona. Per questo, ora, da sola non ho energia sufficiente per sopravvivere in questo corpo, è Urasue che mi dà il potere necessario. Se morisse...”

“Ma non c’è un altro modo?”

“L’unico modo per me sarebbe di assorbire le anime degli altri defunti, in modo da nutrire la mia.”

“E allora...!”

“Ma non capisci cosa vorrebbe dire? Impedire alle anime di tanti di raggiungere il nirvana... e per cosa? Per garantirmi un’ulteriore permanenza nel mondo dei vivi, a me che sono morta da tanto tempo?”

“Ma...”
”Niente ma, Inuyasha. Pagherei qualsiasi prezzo per stare con te, ma non posso farlo pagare ad altri. Vedi che non posso abbandonare Urasue.”

“Ma Kikyo, l’hai detto anche tu, ho liberato la tua anima, e anche tu hai liberato la mia quando ero oppresso e senza prospettive, come posso adesso rimanere da solo, senza...?” si interruppe, un nodo alla gola gli impediva di proseguire. Kikyo se ne accorse, lo attirò a sé e lo baciò.

Restarono stretti e abbracciati a lungo, per quell’ultima volta. Poi Inuyasha avvertì sulle labbra un contatto diverso. Aprì gli occhi: al posto di Kikyo c’era un manichino, lo stesso manichino di trenta giorni prima.

 

   
 
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