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Autore: AyaCere    02/09/2006    12 recensioni
E mentre annaspavo per tornare a galla, la superficie mi sembrò una barriera d'argento.
Oltre cosa c'era? Ossigeno per respirare?
(... la felicità?)
Sì, c'era... ma dovevo trovare la forza di superarla. Altrimenti... sarei affogata.
(... altrimenti... non avrei mai sorriso veramente.)
***
Una fiction dedicata a Retasu e Ryo. Cos'avrà provato questa ragazzina timida e lunatica nel dichiarargli il proprio amore? Dove avrà trovato un coraggio del genere?
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Retasu Midorikawa/Lory, Ryo Shirogane/Ryan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA BARRIERA D'ARGENTO

Declaimers: Tokyo Mew Mew non appartiene a me, ma a Mia Ikumi e Reiko Yoshida, e non ne possiedo i diritti. Questa storia non ha scopo di lucro né è serializzata.

 

La Barriera D'argento

 

E mentre annaspavo per tornare a galla, la superficie mi sembrò una barriera d'argento.

Oltre cosa c'era? Ossigeno per respirare?

(... la felicità?)

Sì, c'era... ma dovevo trovare la forza di superarla. Altrimenti... sarei affogata.

(... altrimenti... non avrei mai sorriso veramente.)

 

1.  La paura di non farcela

 

Ho sempre amato nuotare.

Mia madre mi portava spesso in piscina da piccola, dato che avevo problemi alla schiena e il nuoto era l'ideale per rimettermi a posto. Con gli anni avevo imparato ad amare quello sport, tanto che anche dopo che il medico mi disse che potevo smettere, continuai a frequentare le piscine più o meno quotidianamente.

Facevo in media dalle dieci-dodici vasche di seguito, velocissima; molti mi hanno proposto di fare agonistica, ma ho sempre rifiutato. Nonostante le mie capacità, mettermi in discussione e gareggiare con altri era una cosa che mi spaventava a morte.

Il nuoto era il mio sfogo per i momenti no.

Una passione.

Non una capacità da mostrare al mondo.

Questo però non toglieva il fatto che ogni tanto, la sera prima di addormentarmi, vagavo con la fantasia su queste fantomatiche gare. E mi vedevo sfrecciare veloce a pelo dell'acqua, superando tutti e vincendo premi e medaglie.

La sensazione era fantastica.

Mi sentivo acclamare da tutti, gli applausi erano solo per me.

Ma poi mi risvegliavo nella realtà, e la paura delle gare mi confondeva e mi faceva sentire una nullità.

Forse avrei avuto le potenzialità per diventare, chessò, una campionessa mondiale...ma la paura dell'insuccesso mi bloccava. Non avrei mai saputo se ci sarei riuscita o meno, non ne avevo il coraggio.

Più o meno, era questa paura delle cose che mi bloccava di fronte a tutto.

Uscire con le amiche che non conoscevo ancora bene.

Cantare una canzone ad un karaoke, davanti ad un sacco di gente.

Sorridere felice al ragazzo che mi piaceva.

Propormi come rappresentante di classe.

Erano le piccole sfide di ogni giorno, dove gli esiti erano due: farcela o fallire. Piuttosto che rischiare, preferivo non partecipare affatto.

La sfida che mi aveva riservato il destino, quel giorno, era semplice ed innocua. Ed avrei potuto farcela...

... se solo non mi fosse mancato il respiro...

... se solo fossi riuscita ad abbattere la barriera della paura...

 

 

    - Ottimo tempo! -

Toccai con la mano il bordo della piscina, prendendo fiato. Seduta sul podio della mia corsia stava una donna dall'aspetto giovane ed atletico, dagli occhi verdi e vivaci puntati su di me. In mano teneva un cronometro e mi sorrideva entusiasta.

    - Grazie prof... -

    - Midorikawa, sei davvero velocissima! Una scheggia! - mi ripeté per l'ennesima volta, applaudendo, in estasi per la sua studentessa preferita. Cercai di dire qualcosa, in completo imbarazzo , mentre i miei compagni mi lanciavano urla ed apprezzamenti.

    - Mitica Retasuchan! - Mai, due corsie più in là, agitava in aria le mani. Arrossii di botto. Mi sentivo morire dall'imbarazzo, ma accettata, ed era piacevole. Da quando avevo cambiato scuola la mia vita aveva cominciato a migliorare, gli amici che avevo incontrato erano davvero degni di questo nome. Sentirmi apprezzata dalle persone mi faceva sentire benissimo, ma ciò nonostante non volevo che la cosa durasse troppo. Ne avevo un po' paura, di quella strana popolarità.

    - Non esageriamo, non sono così brava... - balbettai alla professoressa, cercando di farli smettere, senza successo.

    - Non dire stupidaggini! Hai mai pensato di fare agonistica? - mi propose lei con un guizzo negli occhi verdi. Evidentemente, l'idea che una sua alunna potesse diventare una campionessa la elettrizzava moltissimo.

Io scossi la testa, un po' triste. Aveva toccato un tasto dolente.

    - No... - mormorai a mezza voce. La prof si avvicinò al bordo, sorridente.

    - Allora che ne dici di provare? -

    - No, grazie. - declinai l'invito così di getto che la prof mi ci rimase male, così cercai di giustificarmi - Non ho tempo, lavoro in un caffè nel pomeriggio e poi c'è lo studio... -

La prof rimase un po' delusa, ma accusò il colpo.

    - Peccato, però. Se dovessi cambiare idea, però, dimmelo... -

Annuii, senza troppa convinzione.

Quante volte mi avevano posto la stessa domanda? E quante volte avevo detto no?

La prof si alzò, fischiando la fine della lezione.

    - Ragazzi! Avete dieci minuti di libertà mentre metto i voti, fate quello che volete MA badate a non farvi male ed a non urlare, le classi delle terze sono proprio sopra di noi e stanno facendo i test in preparazione agli esami! Chiaro? -

Dei mugolii d'assenso echeggiarono nell'aria, insieme allo sciabordio dell'acqua. La prof se ne andò e così molti si buttarono in acqua, facendo capriole e tuffi a bomba che prima non avevano potuto fare.

Mai, Yuya, Tomoyo e Manaka si staccarono dal gruppo e nuotarono fino a raggiungermi.

    - E brava la nostra campionessa! - mi provocò Manaka facendomi una linguaccia. Odiava che lo battessi in stile libero, era la sua passione.

    - Lasciala stare, non vedi che s'imbarazza? -

Tomoyo mi strapazzò le guance, sorridente. Anche lei era molto veloce in acqua, ma non sembrava mai di cattivo umore, nonostante non vincesse spesso. Insieme a Mai, era le mia migliore amica.

    - E dire che per un pelo non vincevo io... - Yuya schioccò le dita.

    - Ma dove? Se ti ho superato ancora all'inizio, perdente! - Mai gli schizzò l'acqua in faccia, liberandosi poi i capelli neri dalla cuffia. Yuya non aspettò due secondi prima di reagire: l'afferrò le spalle e cercò di buttarla sotto acqua. Mai gridò, ma non si fece battere da lui. Continuarono la loro lotta sotto i nostri sguardi divertiti, per diversi minuti.

Mai e Yuya stavano insieme da un anno ormai, si erano conosciuti proprio grazie alla passione per il nuoto. Erano inseparabili e non li avevo mai visti bisticciare pesantemente. Gli amici, per scherzare, dicevano che nel giorno in cui avrebbero litigato sarebbero cadute meringhe dal cielo.

Tomoyo e Manaka, invece, erano differenti. Non stavano insieme (non ancora, per lo meno) anche se noi tutti sapevamo della cotta reciproca che avevano da sempre. Erano amici d'infanzia e si conoscevano benissimo, ma erano entrambi troppo timidi per esprimere i loro sentimenti.

Io ero l'unica del gruppo a vivere un amore a senso unico, ma loro non me lo facevano pesare. Erano i miei migliori amici e per me c'erano sempre e comunque.

Mai e Yuya ancora litigavano, quando Manaka propose una delle sue idee geniali.

    - Che ne dite di una sfida? -

I due litiganti si fermarono di botto, dandogli subito ascolto. Adoravano le sfide, loro due. Tomoyo era poco convinta, ma annuì. Io rimasi in silenzio, un po' a disagio. Sfida, che parola odiosa .

    - Che genere di sfida? -

Manaka ci pensò per alcuni secondi, osservandosi attorno, quando i suoi occhi nocciola si illuminarono.

    - Ci sono! Venite - ordinò prendendo a nuotare verso il lato destro della piscina, dove la profondità calava a picco e da due metri e mezzo si scendeva ai quattro. Poco convinta, li seguii comunque: avevo più o meno capito qual'era la sua idea.

    - Ta-daaa! - annunciò lui orgoglioso, una volta spuntato dall'acqua - Allora, la sfida è questa: bisogna riuscire a toccare il fondo della piscina con le mani. Il primo che ci riesce vince, ovviamente... -

Mai e Yuya, neanche a dirlo, fecero urla di apprezzamenti e si posizionarono ai bordi, accanto a Manaka. Tomoyo invece mi rimase accanto, perplessa.

    - Non sarà un po' pericoloso? -

Era quello che pensavo anche io. Non per me, certo, io condividevo il DNA di una neofocena e l'acqua era il mio elemento naturale, ma questo non si poteva dire per loro.

    - Già. - concordai. Mai scosse la testa.

    - Siamo nuotatori esperti! Facciamo così - esclamò per convincere me e Tomoyo. - invece che con le mani, facciamo con i piedi. Così è più facile. -

    - Sì, d'accordo. - Tomoyo si sistemò ai bordi, accanto a Manaka. - Retasuchan? Tu che fai? -

Io ero rimasta a fissarli, pensierosa. Scossi la testa per riprendermi, e mi avvicinai sorridente.

    - La campionessa della scuola non rinuncia di certo a gareggiare! -

Yuya e Manaka esclamarono subito qualcosa in contrario, poi ridemmo ed la gara iniziò.

    - Via! -

 

Presi fiato e mi spinsi verso il basso con le mani. Il corpo affondò piano piano da solo, così non mi restò altro da fare che osservare i miei amici. Mai e Yuya si guardavano agguerriti, nella loro sfida a due a chi tornava per primo a galla per respirare; Tomoyo teneva gli occhi chiusi, tutta rannicchiata su se stessa, e Manaka la guardava, attento che non corresse pericoli.

Com'erano belli, loro quattro, pensai in quel frangente.

Ryo non si sarebbe mai buttato per salvarmi.

Lo avrebbe fatto per Ichigo, forse, ma non per la goffa e timida neofocena della squadra.

Il mio amore era davvero impossibile... e sbagliato.

Sì, sbagliato.

Lo avevo capito fin dall'inizio che a Ryo piaceva un'altra, nonostante questa fosse fidanzata. Eppure, me n'ero innamorata lo stesso.

E come evitarlo, d'altra parte?

Ryo mi aveva donato un'altra vita.

Certo, il cambiamento del DNA non è una sciocchezza, avevo avuto innumerevoli problemi con le mie ex compagne e con i miei poteri...

... ma la verità era che mi ero sempre sentita così sola... ed ora grazie a lui non solo condividevo la vita di un animale, che non mi avrebbe mai lasciato, ma avevo tante altre amiche ed un posto dove stare.

Era inevitabile che me ne innamorassi.

Ma era sbagliato.

Per questo non gliel'avrei mai detto.

 

All'improvviso di accorsi di avere i polmoni in fiamme.

Da quanto ero lì, sospesa a metà? Gli altri erano già erano tornati a galla.

Il tempo si era come fermato.

Tesi le braccia e le gambe, nel tentativo di tornare su il più presto possibile. La mancanza di ossigeno già mi dava la nausea. Presi a battere la gambe con forza, ma stranamente il mio corpo era come di piombo. Si rifiutava di muoversi come volevo.

Di scatto voltai la testa verso la superficie, disperata: mancavano solo due metri, eppure mi sembravano chilometri. Mi dimenai, cercando in tutti i modi di raggiungere il bordo.

L'acqua, da amica che era sempre stata, adesso mi faceva paura.

E mentre annaspavo per tornare a galla, la superficie mi sembrò una barriera d'argento.

Oltre cosa c'era? Ossigeno per respirare?

(Perché in quel momento ho pensato che fosse importante?)

Sì, c'era... ma dovevo trovare la forza di superarla. Altrimenti... sarei affogata.

(Perché l'ho pensato?)

Non resistii. Strizzai gli occhi ingoiando acqua, mentre tutto diventava scuro e vuoto. Qualcosa mi afferrò per le braccia, poi persi i sensi.

 

Mi risvegliai in un letto dall'aria famigliare, anche se ero sicura che non fosse il mio.

Da ogni parte arrivavano voci, sospiri, sbiascichi di discorsi che non riuscivo a comprendere. La testa mi girava a mille ed il corpo era pensante come marmo, soprattutto il torace.

    - Retasu... - mi chiamò qualcuno. Sembrava spaventato. Stai tranquillo, sto bene, avrei voluto dirgli, ma la gola sembrava non voler reagire. Era come se mi fosse andata di traverso una goccia d'acqua.

Acqua... ? Acqua... acqua!!!

Spalancai gli occhi di colpo, ricordando che cosa mi era successo. La piscina, il fondo, la superficie!

    - Retasu! -

Mi voltai di scatto. Dal bordo del letto Manaka mi guardava decisamente sollevato. Già, c'era da immaginarselo: ero in infermeria. Allora non ero affogata.

    - Che cosa... - comincia a dire tirandomi su, ma lui mi bloccò ributtandomi sul cuscino.

    - Ferma! Per poco non sei affogata, cara la mia campionessa! - mi ribeccò arrabbiato, ma poi rise sollevato, così anche io mi ritrovai a ridere.Parlammo del più e del meno per un paio d'ore, lui felice di farmi compagnia saltando le lezioni della mattina, io di essere viva ed al sicuro.

Ma la mia mente era altrove.

Era immersa nei pensieri che avevo avuto prima di perdere i sensi.

Sembrava di essere in un altro mondo. Ero lì, ad un passo dall'annegamento, e mi ritrovavo ad elaborare pensieri ovvi a chiunque. Eppure mi sembravano così importanti... come se mi volessero dire qualcosa che non riuscivo a comprendere da sola.

Ma più di tutto un pensiero mi martellavano nell'anima. L'acqua era il mio elemento, la mia passione più grande. Pensavo che la sfida fosse un gioco da ragazzi, per me.

Eppure non ce l'avevo fatta.

Come avrei potuto salvare il mondo da una minaccia aliena, se non riuscivo nemmeno a salvare me stessa nel mio elemento?

Questo mi demoralizzò moltissimo.

 

 

    - Che ti succede? -

Ero così immersa nei miei pensieri che la domanda di Purin mi fece sobbalzare. Lei mi fissava a due centimetri dal volto con i suoi innocenti occhi nocciola, preoccupata. Scossi la testa, con un sorriso che non aveva niente di sincero.

    - Niente, Purinchan. -

La bambina non sembrò convinta della risposta.

    - Invece sì... sei strana, stai sempre zitta! -

    - E' che... - cercai con la mente una scusa plausibile, quando i miei occhi caddero sulla scena che fissavo poco prima.

Ryo ed Ichigo litigavano per l'ennesima volta, davanti all'entrata.

Da quel che avevo capito, lei aveva chiesto un giorno libero per uscire con Masaya, e Ryo (come c'era da aspettarsi) glielo aveva negato, arrabbiato. Allora Ichigo aveva iniziato la sua tangente sul perché a lui non piacesse il suo ragazzo, sul motivo per cui non la lasciasse mai libera e la trattasse sempre male e non le facesse mai favori... senza capire che in realtà, per avere favori ed essere trattata bene, doveva solo lasciare Masaya e stare con lui.

Ryo sembrava sempre così sofferente appena sentiva quel nome. I suoi occhi azzurro cielo si adombravano come se delle nuvole oscurassero quell'azzurro in cui vivevano.

E lei non capiva.

Anche l'amore di Ryo era sbagliato. Dopotutto Ichigo non aveva mai puntato a lui, era sempre stata già impegnata... eppure era così allegra e positiva. Forse era questo che a Ryo piaceva.

Sospirai. Forse sbagliavo tutto. Io non ero mai allegra e sorridente... ero sempre lunatica, chiusa e goffa.

Forse avrei dovuto cercare di essere come Ichigo.

Forse... c'erano centinaia di forse. Però...

Possibile che non si voltasse mai verso di me?

    - Retasu... - mi chiamò Purin, insistente. Mi ero nuovamente incantata.

    - Purinchan, lasciala stare... Retasuchan non è dell'umore migliore. -

Zakuro si era avvicinata silenziosamente al bancone, non l'avevamo nemmeno sentita arrivare. Purin, alle sue parole, mi lanciò un'occhiata preoccupata ed incerta, ma fece come aveva detto la mew lupo e ritornò a servire i clienti.

Osservai Zakuro alcuni secondi, cercando di decifrare la sua occhiata. Non era facile riuscire a capire che stesse pensando dietro ai suoi occhi glaciali, di solito così imperturbabili, ma capii che lei doveva aver intuito qualcosa riguardo al mio umore.

    - Zakurochan... -

    - Non starai cercando di raggiungere qualcosa di troppo alto, Retasu? - disse all'improvviso lei, nel suo tono serio, lo sguardo in direzione di Ryo ed Ichigo.

Ci rimasi malissimo.

Possibile che Zakuro capisse sempre tutto di tutti, mentre capire lei fosse una vera e propria missione impossibile?

E com'era possibile che in fondo, qualunque cosa dicesse, indovinasse sempre il nocciolo della questione?

Forse Ryo era davvero troppo per me.

Forse era impossibile che lui si accorgesse del mio sentimento per lui.

E se anche se ne fosse accorto... forse non lo avrebbe mai ricambiato.

Era troppo in alto, era troppo difficile, impossibile e sbagliato .

    - Forse... - cominciai il discorso, un po' titubante, cercando bene le parole. - ... forse è come dici tu... ed è per questo che non glielo dirò mai. -

Zakuro voltò lo sguardo su di me, seria come sempre; ma stranamente il tutto aveva un'aria affettuosa, malinconica, dolce.

    - Così non sarai mai felice, Retasu. -

All'improvviso sentii come un groppo alla gola, ed un'improvvisa voglia di piangere unita a quella di urlare.

E, cosa più strana, mi ritornò in mente il giorno prima in piscina, quei pensieri prima di perdere conoscenza.

(... la felicità?)

    - Non voglio rischiare di perdere anche la sua amicizia, Zakuro. Se un giorno non potessi nemmeno sorridere con lui, per me sarebbe la fine. -

    - Ma l'amicizia non è quello che vuoi davvero... e soffrirai ancora di più man mano che andrai avanti. -

Zakuro aveva ragione, lo sapevo bene.

Ma la verità era che non sapevo che fare. Non sapevo che cosa dire, come comportarmi, come reagire.

Nemmeno in quel momento lo sapevo.

Così voltai le spalle a Zakuro, e senza dire una parola la lasciai lì sola al bancone, fiondandomi fuori dal locale, mentre alcune lacrime minacciavano di scendere e dare sfogo ai miei sentimenti.

 

*

 

Ta-daaa! Eccoci arrivati alla fine della prima parte! L'ho revisionata, prima era messa da far schifo. Mi sono accorta di aver messo davvero troppi punti di sospensione, ma ne ho trovati pochi di sacrificabili, è lo spirito della fiction! xD

So bene che Retasu non sapeva nuotare prima di diventare mewmew... prendetela come una licenza d'autrice! Ditemi che ne pensate, mi raccomando...

  
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