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Autore: Himitsu87    19/01/2012    3 recensioni
Scritta per il Christmas Exchange 2011.
Un incontro di boxe tra due giovani promesse dello sport (e non solo) e i loro magnifici medici privati al seguito.
Crossover Sherlock (BBC)/Sherlock Holmes (2009)
Genere: Azione, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Title: Holmes vs. Sherlock

Fandom: Sherlock (BBC)/Sherlock Holmes (2009)
Pairing/Characters: Holmes/Watson e Sherlock/John
Rating: Pg-14
Warning: AU, relazione adulto/minore, slash
Word Count: 3204
Summary: Holmes e Sherlock sono rivali nell'incontro di boxe per il titolo di campioni giovanili. Sono entrambi adolescenti e ad accompagnarli sono i loro medici, Watson e John. Sarà un'ottima occasione per incontrare un rivale degno e magari approfondire rapporti già esistenti.
NdA: Ho riscritto questa storia 3 volte XD Spero di non essere peggiorata di volta in volta. Comunque mi sono divertita un sacco a scriverla. L'ho scritta per il Christmas Exchange 2011 ed era il gift per Mikamikarin.




Corpo abbastanza esile, ma il tono muscolare è notevole: forte abbastanza per stendermi senza problemi.
Vista perfetta, udito perfetto, allenamento funzionale, nessun difetto fisico apparente: possibilità di un punto debole quasi nessuna.
Devo colpire per primo.
Colpo di sinistro per distrarlo, lo bloccherà con facilità per colpire col suo, di sinistro; schivare e colpire all'addome per indebolire le costole e farlo chinare leggermente in avanti; poi colpo destro al viso e di nuovo sinistro allo stomaco.
Un vantaggio sufficiente a farmi vincere velocemente.
«Holmes, non per interrompere il suo sicuramente brillante ragionamento, ma dovrei informarla che ho scommesso sull'incontro!»
Dottore, 30 anni, responsabile della mia salute da due, persona efficace e responsabile...e accanito scommettitore. Mi da del lei anche se sono molto più giovane, non so se lo fa per rispetto o per mantenere un certo distacco.
«Dovrebbe motivarmi?» chiedo, mentre riprendo a mangiare la mia cena, smettendo di fissare il mio avversario, un ragazzino di appena sedici anni con i riccioli neri e un viso davvero bello.
«No, era tanto per informarla. Mi aveva chiesto di dirle se avessi scommesso sui suoi incontri.»
Mi guarda dall'alto anche da seduto, con i suoi inevitabili cinque centimetri in più, il suo completo chiaro sul dolcevita blu e il suo paio di baffi ben curati.
Un uomo dotto e sicuro di sé, ben curato e educato, con un cipiglio da soldato che emerge sempre nei suoi sguardi di disapprovazione. Mio fratello deve proprio averci pensato bene, prima di scegliere Watson fra i medici militari in congedo.
«Sì, è vero. Grazie della premura.»
«Di niente!» mi dice sorridendo e chiamando i nostri rivali, ragazzo e suo rispettivo dottore, al nostro tavolo.


Holmes non ha fatto che fissare quel povero ragazzo da quando è entrato e ha iniziato a parlare con i nostri ospiti. Elaborare strategie di attacco la sera prima dell'incontro. Non è per niente comune, quel ragazzo deve essere un degno avversario. Perdere il titolo di campione potrebbe essere un bel colpo per il giovane Holmes, il giovane viziatissimo diciassettenne Holmes, che giudica il mondo dall'alto della sua intelligenza e dal basso della sua poca eleganza nel vestirsi. Dovrei dare fuoco al suo armadio, ma probabilmente otterrei solo un saccheggio del mio.
Lo guardo, i capelli disordinati, il foulard a righe che sporge dalla camicia e che, onestamente, gli dona una nota a metà tra il romantico e il ridicolo, la sua aria di unico padrone del mondo.
Dio, quanto lo odio.
E il suo avversario?
Il suo nome è incredibilmente lo stesso del mio giovane assistito e anche quello del suo dottore è uguale al mio. John Watson è un nome abbastanza comune, ma Sherlock Holmes. Quanti genitori crudeli esistono nel mondo?
Gli faccio un cenno. Voglio conoscere queste due persone e sì, voglio dare fastidio ad Holmes, è più intrattabile del solito stasera.


«Perché dobbiamo andare? Andiamo in camera e ceniamo lì.»
«Sherlock, è il tuo avversario. Non ti va di conoscerlo?»
«No, so quello che devo sapere. Ha un peso maggiore del mio ma ugualmente rientrante nel limiti, potrebbe mettermi in svantaggio ma ho maggiore agilità, sono sicuro che conosce anche lui qualche arte marziale, probabilmente il bartitsu stesso a giudicare da alcuni suoi muscoli, è una persona che sembra molto intelligente, da cui dovrò guardarmi. Tuttavia penso di poterlo battere velocemente se lo anticipo.»
«Non vuoi sapere però come è? Avete lo stesso nome, non sei un po' curioso?»
«Non ne vedo l'utilità.»
Perché John si ostini a voler accettare l'invito del dottore del mio avversario rimane un mistero.
Non voglio sedermi al suo tavolo. Non voglio parlare con lui, voglio rientrare in camera e cenare con John. Non è un concetto difficile da capire e mi pare di averlo esplicitato.
John mi guarda con fare accusatorio. Se non sapessi che è un medico e un ex-soldato scelto appositamente da mia madre per sovrintendere alla mia salute, lo scambierei per una tata dolce ma severa. Ho sedici anni e mi guarda come ne avessi dieci.
Voglio tornare in camera e cenare lì.
«Studiare l'avversario è un'ottima strategia bellica.» dice, avviandosi verso il loro tavolo.


La testardaggine di Sherlock è qualcosa di incredibilmente tenero e incredibilmente infantile; ma giuro, la tentazione di prendere la mia vecchia pistola d'ordinanza e piantargli un proiettile nel cervello è tanta. Solo che non sarebbe solo un crimine contro di lui, ma contro tutto il genere umano. Il suo cervello è dannatamente prezioso, qualsiasi cosa decida di fare.
Credo ci sia una sorta di equilibrio nella natura, non può essere diversamente. Come quel fatto del bello ma stupido o brutto ma intelligente. Se si ha una cosa non si ha un'altra. Sherlock ha bellezza – oh, se ha la bellezza - e ha intelligenza, doveva pur avere qualche difetto. E io ne subisco gli effetti.
Già perché il giovane viziato Sherlock mi usa per qualsiasi cosa gli venga in mente, che sia testare l'ultimo acido studiato o imboccarlo. Sì, imboccarlo.
Molti scapperebbero, ma poi vedo come guarda fuori quando piove, vedendo un mondo che non è al suo livello e che non lo prende sul serio perché è solo un ragazzino, vedo un adolescente schiacciato dal peso di un fratello geniale quanto lui, un ragazzino capace di elencare tutte le sostanze chimiche in ordine alfabetico ma incapace di fare, da solo, alcuna attività domestica.
Quando lo guardo mi sembra così piccolo e bisognoso di protezione. E poi la sua mente, con quelle deduzioni pazzesche, che tiene per sé la maggior parte delle volte perché la gente è troppo ottusa per capirlo, con quello sguardo magnetico. Ogni volta che penso di mandarlo a quel paese per l'ennesimo capriccio, lo guardo e non riesco.
Ma nemmeno lui riesce a lasciarmi e si siede accanto a me quando mi siedo e stringo la mano al dottor Watson, ridendo della strana coincidenza dei nostri nomi.


«Quel ragazzino è insopportabile!»
Mi accendo una sigaretta, sedendomi sul mio letto.
«Allora è proprio vero che quando due geni si incontrano, litigano!»
«Oh andiamo, Watson! Non mi paragoni a lui. Lei piuttosto, perché ha legato così tanto col suo dottore? Ho visto come vi guardavate e parlavate»
Watson sparisce in camera sua dalla porta che la unisce alla mia, spogliandosi.
«Gli ha detto che sono viziato. Io? Non ho mai fatto nulla! Non si è mai lamentato!»
Lo vedo apparire sulla porta, mezzo nudo. Probabilmente direbbero che sono strano ma quel petto nudo mi fa ringraziare il sistema militare britannico e i suoi duri allenamenti.
«Infatti! Anche se ne avrei avuto molti motivi!» mi guarda con gli occhi spalancati «Ha fatto scappare la mia fidanzata ad un mese dalle nozze.»
Sempre questa storia. Watson non riesce ad andare avanti e rimugina sempre sulle piccole cose.
Leggo il giornale e mi stupisco ancora della stupidità della polizia.
«Che inutilità, se dessero a me questi casi li risolverei in poco tempo.»
«Perché non lo fa?»
Tono ancora arrabbiato
«Lo farò, forse. Se il caso mi interesserà e se la polizia mi chiederà aiuto. Per ora devo adattarmi ad avere lei come unico spettatore delle mie prodezze intellettive.»
«Non per molto, comunque. Intendo presto trovarmi una moglie.»
«Un'altra? Pensavo che quel tentativo le fosse bastato.»
«A quest'ora io sarei in una magnifica casetta in campagna con mia moglie e forse già un piccolo in arrivo! Ma tutto questo non le andava bene, vero? Avrebbe perso il suo pubblico! L'ha fatta scappare, non mi parla ancora. Non capisco nemmeno cosa ha potuto dirle per farla scappare così, ma di sicuro mi ha giurato di non tornare.»
«E sarebbe stato soddisfatto?»


Holmes mi si avvicina tranquillamente con le mani in tasca, sicuro come sempre di potermi controllare. E, in effetti, non posso dargli torto. Quante volte mi piego alle sue esigenze, sacrificando le mie ore libere, la mia vita privata, a volte anche il mio sonno e di sicuro la mia salute mentale per lui? E alla fine, non riesco a lasciarlo mai, qualsiasi cosa mi faccia. Persino quando ha fatto fuggire la donna che amavo, sono rimasto con lui. Per quanto lo odi a volte per come mi tratta o per i suoi atteggiamenti egoistici, i suoi trucchetti per farmi tornare da lui, sono sempre al suo fianco.
«Vivrebbe bene in una vita tranquilla in campagna?»
«Sicuramente.»
Mento e lo so, e so che lo sa anche lui. Diciassette anni, un ragazzino in confronto a me, eppure è qui a pochi centimetri, più sicuro di sé di quanto non lo sia mai stato io in guerra.
La sua bocca si avvicina alla mia.
«Posso offrirle molto più di un giardino e dei vecchi pazienti con artrosi.»
E anche se la donna della mia vita è sparita, anche se non realizzerò mai la mia carriera medica del tutto, anche se mi farò sfruttare da un ragazzino per tutta la vita, come posso dire di no alle sue labbra e al suo corpo?


Mi sdraio sul divano della camera di John e guardo il soffitto. Insolitamente grigio, sfumatura mai vista su un soffitto.
«Sembravate andare molto d'accordo.»
«Watson è incredibile, abbiamo combattuto in zone attigue, è un medico come me e ha il mio stesso nome, è stato come guardarsi in uno specchio. Inoltre a quanto ho capito, il suo assistito non ha un carattere migliore del tuo.»
«Andresti mai a letto con un paziente, John?»
Lo vedo arrossire e fare un passo indietro sorpreso. Scommetto che non è indietreggiato mai nemmeno sul campo di battaglia. Aspetto un po' la risposta che non arriva.
«Noiosa! Questa competizione, dico. Non mi interessa molto, ma se così mia madre sta tranquilla e smette di pensare che mi droghi tanto meglio.»
Mi alzo e vado nella mia stanza. Per quanto John continui a confiscarmela, portarmi dietro della droga è sempre facile.
Sono terribilmente annoiato stasera.
«John, dovresti prenderti un cane antidroga per trovare tutti i miei flaconi, te ne manca sempre qualcuno.»
Eccolo che si sblocca e mi viene a requisire la boccetta per poi distruggerla.
Non che mi andasse molto di drogarmi, domani ho un incontro.
«Non azzardarti mai più, il tuo cervello è prezioso e bruciarlo così è da irresponsabili!»
Mi risdraio sul divano. Serata decisamente noiosa.


La droga. Non so se la usa solo per farmi avere sempre paura o per altro. Ricordo le volte che l'ho trovato in camera drogato e iperattivo, con l'unica scusa che "si annoiava" e che il suo cervello non poteva sopportare delle giornate di totale riposo.
«John, passami il cellulare, voglio vedere le ultime notizie di cronaca e fare un paio di ricerche»
Sospiro rassegnato, avendo una salute semi-perfetta, per quanto possa esserla quella di un ragazzo di sedici anni che si droga saltuariamente e fuma per riflettere, non ho molto da fare se non assecondare i suoi capricci. Come medico con lui sono un fallimento. Anche se almeno nel fumo sono riuscito ad arginare gli effetti con i cerotti alla nicotina.
Lo guardo, pensando che è impossibile che riesca a manovrarmi così bene, eppure..
«Dov'è?»
«Nella tasca dei pantaloni»
Sospiro, ma possibile che non riesca a prendersi nulla da solo, nemmeno quando è addosso a lui? Mi mette continuamente alla prova, testa continuamente quanto gli sia fedele. Non capisco se è per una sua insicurezza o per il piacere di vedermi ubbidire sempre.
Gli infilo una mano in tasca e prendo il cellulare.
«Faresti mai sesso con un tuo paziente?»
Questa volta la domanda mi coglie a pochi centimetri e mentre mi fissa negli occhi.
«C-come?»
«Il tuo omonimo fa sesso col mio. Forse lo stanno facendo ora anche. Deontologicamente sarebbe incorretto vero? Inoltre lui è un ragazzino. Nonostante questo e nonostante lui abbia rovinato la vita sentimentale del dottore, va a letto con lui. Tu lo faresti?»
Lo guardo sbalordito, e di certo non perché abbia dedotto tutte quelle cose sul suo rivale, ormai ci sono abituato a quello.
«Sherlock. Che domanda è?»
«Non è forse chiara? Devo dilungarmi in spiegazioni? Ok... faresti sesso con me?»
Credo di avere la bocca spalancata per lo shock.
«Cosa? Non pensi che possa attirare il tuo interesse?»
Oh in realtà potrebbe, più volte il suo corpo magro e ancora non sviluppato del tutto mi ha incatenato lo sguardo, facendomi seguire le gocce di sudore sul suo petto fino al pantaloncino largo della sua tuta, ma lui è Sherlock. Un ragazzino, un mio paziente. Come lui stesso ha detto, non solo è deontologicamente impossibile ma è anche sbagliato per la differenza di età. Sarebbe un errore.
Bellissimo, immagino, ma un errore.
Rimango a pensare sconvolto, quando mi accorgo che sono seduto sul divano e Sherlock e a cavalcioni su di me.
«Sperimentiamo?»
Non faccio in tempo a protestare che le sue labbra coprono le mie e la sua lingua mi sfiora i denti.
Poggio le mie mani sulle sue spalle per spingerlo via, ma mi ritrovo a tirarlo a me, accarezzandogli la schiena e sento anche lui stringermi.
«Non flirtare mai più con quel medico» mi dice con uno sguardo che mi incatena ogni volta che sto per stancarmi dei suoi capricci, quello sguardo che mi fa capire che ha bisogno di me, di quanto sarebbe perduto senza di me. Mi chiedo come posso lasciarlo?


Il gong suona e io alzo i pugni, a quanto pare anche il mio avversario è andato a letto col suo medico ieri sera, non sembra muoversi in modo strano, forse non l'hanno fatto in modo completo, ma questo poco importa. È più agile di me sul ring. Io in genere amo prendermela comoda ma oggi preferisco sbrigarmi.
Parto con il sinistro ma lui anziché pararlo lo scansa, spostandosi sulla destra del ring. Non lo avevo previsto. Mi sorride e sillaba silenziosamente la parola "scacchi".
Sarà questo? Una partita a scacchi?
Riparto col destro e lui mi blocca il braccio.
«Sei dannatamente prevedibile, basta ragionare come farei io.»
Mi dice questo e poi mi lascia andare. Giriamo un po' intorno, studiandoci. Ha davvero grandi capacità, se non fosse così saccente e fastidioso potremmo andare d'accordo.


Ha attaccato per primo, nel modo in cui io avevo deciso di attaccare e alla mia finta ha reagito come avrei fatto io. Sì, John aveva ragione, siamo simili.
Ma non lo lascerò vincere. Ha ottenuto il titolo l'anno scorso, è ora di lasciar spazio ai giovani.
Ci studiamo, ha fatto sesso con il suo dottore e, a giudicare da come si muove, deve essere abituato.
Ha messo il piede leggermente di traverso verso sinistra, il colpo partirà da destra, devo prepararmi.
Gli blocco per la seconda volta il braccio e ridacchio.
«Continui a non capire? Io ti leggo come tu leggi me. Potrei dirti tante cose.»
«Del tipo?» mi sfugge e rimane vicino, cercando di colpirmi ma non abbastanza efficacemente.
Gli tiro un pugno allo stomaco, è riuscito a franare la potenza ma l'ho colpito ugualmente.
«Hai allontanato le donne da Watson, anche prima che lui se ne accorgesse.»
Questa volta è lui a colpirmi.
«Ritieni che tuo fratello sarà sempre il preferito di tua madre, per questo inconsciamente continui a comportarti male, perché tutti si preoccupino di te.»
«Falso!»
Pessima mossa, tiro un pugno a vuoto, lasciando libero il mio fianco destro. Il colpo è davvero doloroso.
«Continui a tenerti il tuo dottore perché vuoi qualcuno che si stupisca di te senza temerti.»
«Questo anche tu.»
Ci fermiamo per un attimo, osservandoci negli occhi. Siamo così uguali.
Diversi fisicamente, diversi anche nel modo di porci forse, ma così uguali. Colpire alla testa un uomo così intelligente sarebbe davvero un peccato.


Siamo proprio uguali, e questo ragazzo di solo un anno più giovane di me, ma che sembra così moderno. La prima volta che l'ho visto entrare, in jeans e camicia aderente e il suo telefonino in mano, ho pensato che fosse solo uno sciocco che amava il suo cellulare, pensavo di essere più in gamba di lui, e invece mi sta mettendo in difficoltà, mi sta dimostrando che non sono l'unico genio.
Mi sta dimostrando che anche lui è un genio, e colpire un genio del genere sarebbe un peccato.
Guardo Watson che mi guarda dal bordo del ring, incitandomi.
«Il titolo è mio! Mi spiace moltissimo, tu sei un degno rivale e mai mi sono divertito così tanto come oggi in un incontro, ma il titolo è mio e non te lo lascerò!»
Cerco di colpirlo ma mi scansa e mi colpisce all'addome, nello stesso punto di prima, fantastica mira e fantastico colpo, mi aggrappo a lui e lo guardo a pochi centimetri. Odora di sostanze chimiche, come me.


«Avanti Sherlock!»
Sento John incitarmi, sta accanto all'altro dottore, ma la loro simpatica amicizia della sera prima è scomparsa, non si raccontano aneddoti sull'università o non si chiedono in quale divisione erano, ognuno guarda il suo paziente, ognuno incita il suo amante.
Sorrido, John è proprio una persona interessante, non lo avrei mai creduto capace di farsi amare da un ragazzino.
Il mio avversario è solo un anno più grande di me, un ragazzino capriccioso a quanto dice il suo medico, odora di agenti chimici, come me, qualche acido complesso o un veleno.
Sono sicuro che anche lui sperimenta su se stesso la maggior parte dei suoi composti.
Scommetto che anche lui si diverte a torturare il suo dottore, ma il titolo è stato suo l'anno scorso, ora tocca a me.
«Il ring è mio, l'ho promesso al mio medico.»
Gli do un paio di pugni ben assestati, non troppo forti per non ferirlo troppo, ma sufficienti a farlo cadere al suolo.
E infatti cade al suolo e i dieci secondi passano.
Ho vinto.


Sherlock ha vinto!
Salgo sul ring e lo abbraccio, il ragazzo a terra non sembra stare male, credo che la ferita più grave sia nell'orgoglio, ma per quella lo aiuterà il suo medico.
Sherlock mi abbraccia.
«Ora dovrai seguirmi anche nel campionato dell'anno prossimo!» mi dice.
Come se lo avessi lasciato in caso di sconfitta!
Mi guarda, con quel volto fresco di sedicenne e con quello sguardo acuto e geniale, ma solo e infantile, e penso che i guai per me, ora che ha scoperto che il sesso può fargli passare la noia, siano appena iniziati.
Fa nulla, Sherlock è Sherlock e va bene così com'è.
«John, tornati a casa dovrò cambiare posizione al composto di creosoto che ho messo in camera tua. Così è troppo esposto alla luce del sole.»


Vedo il ragazzo esultare. Non riesco ad avercela con lui, mi sembra come se stia esultando Holmes, ha lo stesso sguardo. Pensare che siano solo adolescenti è difficile.
Salgo sul ring e mi inginocchio accanto a Holmes.
«Dove ti fa male?»
«Sto bene, sto bene.»
Si appoggia a me e si rialza, il fianco sono sicuro che fa male, vedo John salire sul ring e
abbracciare Sherlock, preso dal suo stesso entusiasmo.
Lo aiuto a scendere dal ring.
«Davvero bravo e che colpi, non riesco a reggermi da solo. Battuto da un altro me stesso. Potrebbe essere poetico, se non facesse così male. Bè, la consolazione è che spero mi offrirà una cena con i soldi che ha guadagnato scommettendo contro di me, Watson.»
Lo guardo, chiedendomi come ha fatto a scoprirlo, e rido.
«Dovrà vestirsi elegante, la porto al Royale.»
   
 
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