Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Kuruccha    19/01/2012    6 recensioni
Era il giorno del mercato di paese, del pesce fritto mangiato a cena, della sporcizia abbandonata lungo le strade, del cinema aperto per la proiezione serale. L’unico giorno in cui il battello settimanale attraccava su quella minuscola isola.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Giovedì

 
 

Era riapparsa un giovedì.
Remo non avrebbe potuto sbagliarsi per niente al mondo; il giovedì era il giorno del mercato di paese, del pesce fritto mangiato a cena, della sporcizia abbandonata lungo le strade, del cinema aperto per la proiezione serale. L’unico giorno in cui il battello settimanale attraccava su quella minuscola isola.
Giovedì; quasi venerdì. Il gusto dell'attesa per un fine settimana che sarebbe finito in fretta, un sabato del villaggio che fuggiva via veloce.
La barca era arrivata con tre ore di ritardo; c'era stato mare grosso. Il capitano era un vecchio coscienzioso, consapevole che non avrebbe dovuto mai sfidare forze più grandi di lui; un brav'uomo che si era arreso alla forza delle onde, permettendo placidamente che portassero la vecchia nave fuori rotta. In fondo, la meta era un'isola così piccola che gli abitanti non avrebbero certo fatto storie per una questione futile come qualche ora d’attesa; giusto un brontolio o poco più. Anche loro, vivendo in balìa dell’acqua, sapevano bene che ogni tentativo di opporsi al mare sarebbe stato un fallimento fin dal principio.
Due ragazzini, gli addetti alle cime e all'ormeggio, aspettavano l'arrivo del battello giocando con delle carte appiccicose per la salsedine. Le fermavano con i piedi scalzi perché non volassero via. Remo, seduto sulla bitta arrugginita, aspettava.
Un banco di pesci minuscoli galleggiava immobile attorno ai pali del pontile. Forse avevano la pancia piena. Pensò che sarebbe stato bello prenderli con un retino e poi friggerli; in fondo era giovedì, proprio il giorno giusto.
La nave era apparsa in lontananza, come se fosse emersa dal mare schiumante.
 
Durante le operazioni di attracco, sporgendosi dalla banchina, Remo aveva osservato i passeggeri già usciti dalla cabina coperta. Erano i tre uomini che tornavano ogni settimana: l'addetto dell'ufficio postale, che sarebbe ripartito il mattino successivo con il viaggio di ritorno; il grasso turista che anni prima aveva comprato la vecchia casa della famiglia Lai; il dottore, venuto a controllare che tutti fossero in salute. Il suo lavoro, in realtà, consisteva principalmente nell’ascoltare le solite lamentele delle donne su reumatismi e gambe gonfie; per le emergenze c'era sempre stata la moglie dell’idraulico, e le sue nozioni di medicina - imparate negli anni d’università per una laurea che non aveva mai ottenuto - erano già sufficienti.
Oltre il gruppo aveva finalmente intravisto anche sua madre, di ritorno dal viaggio in città fatto per sistemare chissà quali scartoffie; Remo le aveva sorriso, agitando la mano da distante.
 
"Andiamo a casa", gli aveva detto semplicemente, una volta sbarcata; lui, obbediente, si era fatto baciare le guance, aveva afferrato la valigia di cuoio e s'era incamminato dietro di lei.
Era stato quasi per caso che aveva voltato di nuovo lo sguardo verso la vecchia carretta ormeggiata al porto; il capitano, in piedi sulla banchina, fumava una sigaretta guardando il mare finalmente calmo. Appoggiata alla stessa bitta da cui lui stesso si era alzato poco prima, con i capelli neri da ragazza di città che le sventolavano sopra le spalle, c'era lei.
Aveva alzato gli occhi per un solo attimo, sistemandosi le ciocche scure dietro alle orecchie; i loro sguardi si erano incrociati.
Gli aveva sorriso, esattamente come aveva fatto sua madre poco prima; Remo aveva chinato la testa, stringendo più forte il manico della valigia; avrebbe dovuto trascinarla fino a casa.
S'incamminò. Era certo che lei avrebbe aspettato il suo ritorno. Lo faceva sempre.
 
Matilde era riapparsa un giovedì, e Remo aveva rinunciato al pesce fritto preparato per la cena solo per tornare su quella banchina puzzolente, prenderla per mano e accompagnarla a passeggiare lungo tutto il perimetro della loro piccola isola. Lei aveva portato il riso freddo con le uova sode e i soliti panini riempiti con le verdure alla griglia; avevano mangiato in fretta, seduti sull'asfalto ancora caldo, e lui si era complimentato come ogni volta.
"Non è poi così buono", si era sentito dire.
Chissà chi aveva preparato quella cena di città. Chissà se anche lei aveva una madre che cucinava il pesce fritto in un giorno ben preciso. Chissà come funzionava quel genere di cose, sulla terraferma; delle poche volte che c'era stato, non aveva ricordi chiari. Forse tutto andava in modo diverso; forse non c'erano i ritmi, i riti, le ripetizioni cicliche. O forse sì.
Matilde aveva gettato in mare gli avanzi e, scrollando le spalle, aveva buttato anche le cartacce; lui non aveva avuto il coraggio di rimproverarla. Le era sembrata una bambina piccola, nel suo perseverare in quei comportamenti pur sapendo quanto fossero sbagliati.
Gli aveva teso la mano; Remo l’aveva afferrata come fosse stata la cosa più naturale del mondo. Osservandone la pelle pallida, aveva pensato che non fosse poi così diversa dalla propria.
Senza parlare, si era incamminato con lei stretta al braccio.
 
"Ci sono novità?", aveva chiesto Matilde, calciando lontano una conchiglia e sollevando la sabbia bagnata.
Remo aveva scosso la testa. "Niente di particolare."
Avrebbe potuto raccontarle che la moglie del fornaio aspettava un bambino, o che uno dei pescatori de La Boa si era rotto una gamba, ma non era certo che notizie così insipide avrebbero potuto essere di un qualche interesse per una delle ragazze della città; senza pensarci una seconda volta, le tenne per sé.
La sentì sbuffare e la vide passarsi ancora una volta la mano dietro alle orecchie per domare i capelli corvini, di nuovo annodati dal vento.
"Bene."
Rimasero in silenzio. Remo era un tipo di poche parole, e il suono della risacca era un valido sostituto delle frasi prive di significato che avrebbe pronunciato per riempire quel vuoto. Ma, in fondo, i discorsi non servivano, e lo sapeva bene. Era felice, e tanto gli bastava.
Dal calore che si propagava dall'intreccio delle loro braccia e arrivava a scaldargli il cuore, s'immaginò fosse felice anche lei.
 
Camminarono a lungo, a volte parlando, altre tacendo. Il giovedì restò alle loro spalle mentre percorrevano l'ultimo quarto di circonferenza dell'isola; quando arrivarono all'unica bitta del porto, quella a cui era ormeggiato il battello, Matilde stava canticchiando sottovoce. Remo non si sarebbe stupito di vederla tuffarsi e sparire nel blu profondo, come fosse una sirena. Era consapevole dell'inesistenza di quelle figure mitologiche; ma era notte, ed erano sulla loro isola circondata solo dall'acqua, e gli era sempre stato raccontato che nelle notti d'agosto e di luna calante tutto poteva accadere. Lui non si sarebbe di certo stupito; lei, invece, da ragazza di città, forse sì. La propria metamorfosi l'avrebbe di certo spaventata. Da uomo premuroso qual era, allontanò quel pensiero.
 
"Forse è meglio che io vada."
Erano sempre le stesse parole, ogni volta; già nell'intravedere la sagoma nera e lontana della barca, era certo che le avrebbe sentite dopo poco tempo.
"Dove dormirai?"
"Dalla nonna. Stai tranquillo."
"Mh" mugugnò, afferrandole la mano. "Vuoi che ti accompagni?"
"No, non importa. Vado da sola."
Non era mai riuscito a riaccompagnarla fino alla soglia di casa. La nonna di cui parlava non esisteva affatto, e Remo lo sapeva bene. L'unica donna anziana dell'isola era una sua prozia paterna, talmente vecchia che ormai la sua pelle era grigia come quella dei polpi.
Non aveva mai scoperto perché Matilde gli mentisse, ma non era certo nemmeno di volerlo sapere. Gli piaceva il modo deciso in cui raccontava le bugie; s'immaginò fosse qualcosa che tutti, sulla terraferma, sapevano fare.
"Ci vediamo domani, allora."
Matilde gli strinse le dita tra le sue; si sporse appena per baciargli una guancia, nello stesso punto in cui l'avevano sfiorato anche le labbra della madre, quella sera stessa.
"Sì. A domani."
La vide allontanarsi tranquilla, con i capelli neri da ragazza di città - capelli che sembravano non aver mai conosciuto la salsedine prima d'allora - che ondeggiavano al vento, annodandosi ancora. La sentì canticchiare lo stesso motivetto di poco prima.
 
Se n'era andata un venerdì, con il battello del mattino. Come ogni volta.
Remo sapeva già che il giorno dopo non ci sarebbe stata, e si ostinava sempre a ripetere le stesse parole solo per sentire quelle sue bugie pronunciate in maniera così naturale.
In fondo non gli importava. Lui viveva su un'isola, e sull'isola tutto seguiva il ritmo delle stagioni, dei riti, dei cicli. Lei sarebbe tornata.
 
E poi, come sempre, era riapparsa un giovedì.




*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*


19.1.2012
Anche se la pubblico solo ora, questa storia risale ad un bel po' di tempo fa - quattro mesi, credo, o forse di più - ma, nonostante tutto, mi piace ancora davvero tanto. Io e le storie che parlano di loop e ripetizioni cicliche andiamo davvero d'accordo, a quanto pare XD
Grazie mille per aver letto :D
Buona serata!
Kuruccha
   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Kuruccha