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Autore: milichituli    20/01/2012    7 recensioni
- Non si vede più il nome della nave - Il suo sospiro si adagiò sull'animo di tutto l'equipaggio della "Rondine Grigia". - Neppure un generale, un marinaio, neanche un mozzo a difendere l'anima della donna che racchiudeva. - sospirò - L'hanno tradita tutti! -
- Già, che miseria - rispose Bullett scuotendo la testa.
Scrutò nuovamente le carcasse di legno della nave sprofondante e, come se un pensiero fulmineo lo colpì all'improvviso, si girò verso la giovane poco più che ventenne al suo fianco.

Le origini di uno dei personaggi più emblematici e affascinanti dei romanzi.
[Revisionata, 02/10/2021]
Genere: Avventura, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Capitan Talbooth, Jim Burium, Vaniglia Periwinkle
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Piccola, si fa per dire, fanfic ispirata dalla tragedia della “Costa Concordia”, che mi ha fatto molto riflettere.
Spero che vi possa piacere.
Milichituli

 

L'Anima di una Signora.

Eretto in piedi davanti al timone. La sua pipa accesa in bocca, come al solito, e il fumo che s'impigliava nella barba ben curata. La giacca nera, che sulla sinistra aveva uno stemma con una rondine grigia ricamata, gli stava un po' grossa e la indossava sbottonata. I calzoni grigi avevano grandi tasche e la maglietta bianca dalle grosse righe blu aveva uno strappo sul collo. In testa la berretta bianca del Capitano del "Sunboat", la nave che gli era stata affidata dal suo migliore amico, il Capitano William Edward Temby.
A ben guardarlo non sembrava così pericoloso perchè sul suo viso regnava la pace e non era così ben piazzato. Eppure quando impugnava la sciabola, o il fucile, e gli occhi s'assetavano di potere si poteva ben dire che Albert Charles Bullett era il pirata della peggiore della sua specie.
- Nave a vista! Nave a vista in avvicinamento! - gridò a pieni polmoni, la vedetta, Cyrus la Cernia, uomo di circa 34 anni a cui i pirati avevano rubato tutto: casa, donna, figli. La sete della vendetta l'accecò e una volta trovato Bullett decise di andare con lui. La vendetta la trovò facilmente, facendo soffrire quei mascalzoni, proprio come loro fecero soffrire la sua famiglia. “Preparasi all'arrem... NO!” gridò all'improvviso.
L'equipaggio si fermò. Bullett si girò e lo fissò. “Cosa diamine combini?” Tuonò potente. Cyrus si sporse con il cannocchiale stretto fra le dita.
“La nave sta sprofondando! Si vedono dei segni d'aiuto! Evidentemente qualcuno è sopravvissuto!” spiegò urlando il più possibile. Se qualcuno si fosse mai chiesto se Bullett avesse un cuore dovette ricredersi.
“Va bene, allora ruotare di 30° verso est! Vento a favore, calare le vele!” impartì con il suo vocione tuonante. Il mare era piatto e calmo, tutto sembrava andare per il meglio. Pezzi di legno galleggiavano solitari il fumo grigiastro che si levava dallo scheletro della nave. S'intravide una cassa di legno galleggiare sull'acqua e i vestiti che conteneva sprofondare nel buio del mare.
“Non si vede più il nome della nave...” borbottò incredulo Bob il Bandito, il secondo ufficiale. Pezzi di legno, metallo e perfino il cannoni stavano nell'acqua del mare e di quella nave non v'era più nella, neppure il ricordo o neppure un uomo, vivo o morto, che potesse darle una dignità o una speranza. Così come appariva, quella nave non era mai esistita.
“Che tristezza...” mugugnò una voce femminile. Il sospirò che levò, si spostò sull'animo di tutto l'equipaggio della -Rondine Grigia-. “Neppure un Marinaio, un generale, neanche un mozzo a difendere l'anima della donna che racchiudeva. L'hanno tradita tutti!”
“Già, che miseria.” rispose Bullett, spostando la sguardo sulla giovane ventenne che gli stava affianco. Fissò nuovamente le carcasse della nave maestosa che doveva essere quella e poi, come se un pensiero fulmineo lo colpì all'improvviso, si girò verso la giovane al suo fianco. I capelli lunghi e biondo cenere le volavano attorno al viso per via del vento e sul capo portava una bandana rossa, come le righe della sua maglia. Portava larghi calzoncini blu e le gli stivali che suo padre riservava ai mozzi o ai marinai di ultimo ordine: Isabella Bullett.
La giovane sorrise furbescamente e, aumentando l'ira dell'uomo, gli tese la mano in cenno di saluto “Ciao papà!”.
“DANNATA RAGAZZA! Quante volte ti devo dire che non dei stare qui a poppa?” sbraitò a pieni polmoni, ma la giovane era troppo impegnata a guardare il mare per ascoltare le urla del padre. Adorava navigare quasi quanto il padre e il profumo di salsedine era tutt'uno con lei, così come il rumore delle onde. Quello era il suo mando da quando era venuta al mondo e non aveva la minima intenzione di lasciarlo.
“Lascia perdere...” disse il nostromo, un certo Paul Lustravele, dando una pacca amichevole sulla spalla del Comandante. Avevano all'incirca la stessa età, ma il nostromo pareva decisamente più vecchio. Talbooth abbaiò scodinzolando e si diresse verso la sua padroncina.
“Bravo cagnone!” esclamò affondando una mano nel lungo pelo fulvo del cane, che s'accucciò per terra. “Lo so che ti piace quando ti accarezzo. Oh? Che ti prende?” stirllò quando Talbooth iniziò ad abbaiare verso il mare. “Calmati! Talbo... oh cielo... PAPÀ GUARDA IN MARE!” gridò infine. Bullett si girò verso il mare, lasciano il timone al suo secondo, Bob il Bandito.
Una folta chioma dai capelli riccioluti e ramati appartenenti ad un ragazzo dall'apparenza alto e snello, forse di natura un po' cagionevole, con il viso e la braccia appoggiate in una lancia rischiando di andare alla deriva.
“Misericordia...” bofonchiò Albert Bullett, mentre fissava impotente il mare e quel puntino in lontananza. Affianco a lui, sua figlia strinse una colonna del parapetto e, con una morsa un po' troppo azzardata, si calò agilmente sulla barca della scialuppa di salvataggio.
“Presto: calatemi giù!” urlò sicura.
“Isabella, torna subito su!”
“Neanche per idea!”
“ISABELLA!”
“Non posso abbandonare un giovane che ha protetto la sua nave contro tutto e tutti!”
“Potrebbe essere morto e tu sei una donna!”
Isabella si zittì per un secondo. “Cosa vorrebbe dire? Che non ho coraggio o determinazione? Che ne sai tu? Non lascerò morire invano un giovane marinaio, per me potrà anche essere un mozzo, ma ha protetto sino allo stremo della sue forze la sua nave e l'anima. Il suo ricordo esisterà nella sua mente e nei ricordi di chi verrà. Lo racconterò a mio figlio se mai ne avrò uno, ma tu permettimi di salvarlo. Perchè così i suoi principi, che sono anche i tuoi, non andranno distrutti! Quindi...”
Davanti a tanta sicurezza e determinazione neppure il comandante dei pirati della peggior specie, Charles Albert Bullett, seppe cosa dire, se non “calate la scialuppa...” e tornò al timone.
Isabella aveva sempre sognato che un giorno avrebbe salvato un bel principe come la -Sirenetta- aveva fatto con il suo, ma quello non era un principe e non era neppure il bellissimo. Gli occhi erano chiusi e aveva bevuto molta acqua. Il giovane tossiva, quando la povera Isabella lo sollevò e lo tirò sulla barca, in salvo. La camicia era tutta rotta, così come gli occhiali rotondi. I calzoni sporchi e aveva perso le scarpe se mai le avesse avute. Però c'era qualcosa nel suo sguardo che era davvero affascinante.
“Che forza sua figlia, Comandante...” sussurrò Jack Senzaguanti, il capocannoniere, un ragazzo un po' strano, che aveva due anni in più di Isabelle. Jack era un nobile, di preciso un conte scappato di casa. Ogni tanto mandava delle lettere al padre piene di bugie con la scusa della Marina, un sogno lontanissimo o forse falso e mai esistito.
Bullett si limitò ad annuire e poi si girò verso Jack. “Ti piace?”
“Chi?”
“Isabella? Chi altri? Mia moglie per caso?” provocò per scherzo.
Jack alzò le spalle. “beh, è carina e molto però non penso che...”
“Vorresti sposarla?”
“COSA?” Jack cadde sul pavimento di legno. “è … è sicuro di ciò che dice?”
“Sicurissimo, allora?” proferì battendo un piede sul pavimento.
“S-Sì... allora. Certo!”
“Per ora acqua in bocca, altrimenti...!” e facendo il segno di un collo che cadeva gli fece intuire. I due si strinsero la mano con una promessa segreta, che verrà svelata nel peggiore dei modi.
Nel frattempo Isabella venne tirata sulla nave.
“Presto, chiamate Doc!” gridò. Dopo poco il medico arrivò dalla sua cabina. Arrivò anche Liz Bullett, la madre di Isabelle, che portava con se deigli strofinacci per il giovane e per la figlia. Isabelle s'avvolse nel suo e seguì il Dottore, Doc il Putrido, mentre aiutato da Nathan il Fradicio, un marinaio, portava il giovane ragazzo nella sua cabina dove restò anche dopo che Doc gli fece ingerire diversi intrugli, nella speranza che riprendesse conoscenza. Nel frattempo notò una collana scintillante con la scritta -Davis-. Era quello il suo nome? Mentre ci pensava, s'assopì.
“Che fai qui?” Liz conosceva bene il marito. Albert stava fumando un sigaro, voleva dire che era agitato e teso, e Liz aveva capito che qualcosa non andava.
“Ho promesso a Jack la mano di Isabella.”
“Tu cosa?”
Albert sospirò. “Ha vent'anni ed è in età da marito. Jack infondo è colto, nobile e di bell'aspetto. Lui e Bella vanno d'accordo.”
“Sta crescendo, vero?” domandò stupidamente.
“è già cresciuta.” mormorò lui, attirando la moglie a sé. “Isabella, proprio come la nave che abbiamo affondato per ultima. L'avevamo chiamata così proprio per quella storia.”
“Sì. La storia preferita di Edward. Sarà un peccato non vedere più Anna e i suoi marmocchi.” ammise Liz. Dalla cabina maggiore s'udivano le risa dei pirati ubriachi e delle poche damigelle che si divertivano con loro, sorseggiando Grog o birra. “Vuoi davvero fare una cosa così per tua figlia? Non apprezzerebbe Jack, lo sai.”
Alzò gli occhi grigi sulla moglie, le stava chiedendo scusa. “cosa dovrei fare?”
“SI È SVEGLIATO!” un urlo interruppe la musica del signor Luke detto Tangaroa. Isabella correva verso i suoi genitori e trascinò suo padre per la mano. “Si chiama Davis, Davis Burium; la sua nave era la -Stella del mare- era un ufficiale.” spiegò emozionata. Quando portò il padre nella cabina del medico, trovò il giovane intento ad abbottonarsi la camicia. Fissò il giovane per un attimo e poi guardò la figlia e i suoi capelli spettinati e l'aria troppo euforica e il respiro affannato.
SBAM!
“Che hai fatto alla mia bambina, brutto Lunghitentacoli?” il suo tono di voce era severo e arrabbiato. La schiena del ragazzo sbatté forte contro la parete di legno. Sul volto del ragazzo si dipinse una smorfia di dolore.
“Papà! Pensi che sia così debole?! Davis poi è malato!” posò le mani sui fianchi e fissò truce il padre. L'uomo, ancora poco convinto, fissò il nuovo arrivato e lo lasciò, poco convinto.
“Ehm... prego. Saresti?” domandò ricomponendosi.
“Mi chiamo Davis Burium, signore. Ero ufficiale della nave -Stella del mare- prima che tutto l'equipaggio passò dalla parte nemica, inutile dire che sono stati uccisi subito dopo. Ho ventitré anni e due sorelle e un fratello che vivono sulla terraferma in diverse città. Vorrei prendere parte del vostro equipaggio, anche solo come mozzo.” e s'alzò dal letto inchinandosi. Bulett lo squadrò da capo a piedi.
“Mmm... ti metto alla prova per due giorni e poi vedremo. Ma nel frattempo ti do un consiglio: stai alla larga dalla mia bambina. Sono stato chiaro?” lanciò un occhiataccia eloquente sia a Davis che a Isabella, girò i tacchi e fece per uscire. “ Ben venuto a bordo.” disse prima di sbattere la porta.
“...Woa” esclamò. I due si fissarono e risero. “ti sembrerò molliccio per essere un ex-ufficiale, no?” Isabella rise e annuì. Davis si sedette sul letto della stanza. “si. Per uno come me è stata davvero dura. Com'è essere la figlia del comandante?”
“Schifoso. Non posso fare nulla!” e risero ancora.
Bullett era nuovamente fuori a fumare con la moglie.
“Ride. Da quanto tempo non rideva così.” accennò Liz.
“Riderà anche con Jack. Oramai ho deciso così e non si discute” baciò la moglie dolcemente.
“Vado a dormire”.
“Io resto un po' qui...”
“A calmare i bollenti spiriti?” chiese ironica. Non seppe mai quanto fu vera quella frase.

 

Tutto divenne più semplice dall'arrivo di Davis. La sua semplicità e destrezza conquistò tutti, tranne Jack e Bullett. Specialmente Jack, che continuava a mandargli occhiatacce ogni qualvolta che s'avvicinasse a Isabella. I due si scambiavano spesso sguardi complici e la sera stavano spesso seduti in cima all'albero maestro a parlare, certo Davis ci impiegava un po' a salire perchè era totalmente scoordinato, ma Isabella stava bene con lui.
Era la quindicesima sera che Davis entrò a far parte dell'equipaggio. La cena si stava svolgendo nel migliore dei modi, quando accadde il peggio.
“... Voglio annunciare a tutto l'equipaggio una lieta notizia.” e bevve un goccio di buon vino. “ Ho deciso di dare la mano della mia unica e amata figlia Isabella al nostro Capocannoniere, Jack.” Isabella s'alzò subito, facendo cadere la sedia sul pavimento. “ Io non voglio.”
“Tu vorrai. La mia volontà è l'unica che conta”.
“E io? Non ho scelt...”
“Tu sei una donna!” gridò. “ho deciso così, tu sposerai Jack.”
“Preferirei morire” sussurrò.
"Cosa?”
“me ne vado e non provare a seguirmi!” mentre si girava vide il capo chiamo di Davis e una piccola lacrima scorse lungo la sua guancia.
Era nascosta nel ripostiglio segreto del padre. L'odore di tutti quei sigari che nascondeva le infondeva uno strano senso di calma. Iniziò a piangere. Ecco perchè l'aveva obbligata ad indossare il suo vestito azzurro, il più bello. Si sarebbe uccisa pur di non sposare Jack. Non lo sopportava, era troppo egocentrico e pieno di sé. Continuò a piangere con la testa fra le braccia e gli occhi chiusi, sino a quando non sentì una mano fredda accarezzarle il volto. Aprì gli occhi e notò un paio di piedi nudi. Si morse un labbro e spinse via l'uomo.
“Vattene Davis. Lasciami da sola.”
“Non posso”
Isabella alzò lo sguardo e il capo e le parole le morirono in bocca. A Davis erano caduti gli occhiali per terra e il suo viso era bellissimo, anche se sporco di fuliggine dei cannoni che gli avevano fatto pulire.
“Perchè?” riuscì solamente a dire, afferrando la sua mano grande. Intrecciò le sue dita con quelle di Davis e fissò i suoi occhi verdi con i suoi occhi neri.
“ Perchè io ti amo e ti adoro.” le baciò una mano. “ti amo e ti adoro” le baciò una spalla. “ti amo e ti adoro” le baciò il collo. “ti amo e ti adoro” le baciò una guancia. “ti amo e i adoro” e la baciò sulle labbra.
“Come facevi a sapere che ero qui?” domandò lei sorridendo e cingendogli il collo. Lui rise sul lobo del suo orecchio sinistro.
“Segreto”. Sussurrò. Risero.
“Ti amo anche io. Voglio solo te e tutto di te.” sussurrò arrossendo come non mai. Si baciarono ancora.
“lo so che mi ami.” la baciò di nuovo e ancora ancora e ancora. “Sei sicura di quello che vuoi? Potrei farti male...”
Isabella lo guardò negli occhi, spostandogli una ciocca ribelle di capelli ramati dal volto. “io so sempre ciò che voglio e tu non mi farai male. Mai”. Quella sera si amarono tanto.
Era mattina presto, il cielo era ancora scuro e le stelle brillavano ancora. Albert Bullett non aveva chiuso occhio per via di strane grida e strani rumori insistenti. Era in piedi davanti al timone con le mani in tasca. Alzò lo sguardo e notò Davis davanti a lui.
“Eravate voi due. Vero?” Davis annuì e il comandante sospirò. “Sai Davis, quello che ho apprezzato di te è stata la sincerità, cosa che a volte è meglio nascondere...”
“Io amo vostra figlia signore...”
“...perchè sennò si corrono guai molto grossi.” concluse.
“Voglio sposarla.”
Bullett lo squadrò. “Cosa puoi fare per lei?”
“Posso renderla felice.”
Bullett rise e Davis lo fissò serio.
“Sai, ho risposto proprio anche io così al padre di Elizabeth. Sai cosa fece lui?”
Davis scosse il capo.
“Mi mandò al diavolo perchè ero un marinaio -una volta ero un semplice marinaio-. E sai cosa farò anche io con te?”
Davis deglutì faticosamente. “Mi manderà al diavolo?” Bullett rise.
“Potrebbe... ma non lo farò. Mia moglie vuole solo la felicità di mia figlia e... anche io.” si sedette sugli scalini che portavano al ripostiglio segreto.“Sai ragazzo...” iniziò con lo sguardo fisso e serio sul mare e quell'aria tanto saccente e calma ma, allo stesso tempo impaziente di notizie, e con la coscienza sottosopra. Il giovane Davis lo fissava a sua volta, prima di girarsi ad ammirare il mare calmo. “...ogni nave ha un'anima e all'interno vi è racchiusa l'anima di una donna importante.”
“Come l'Isabella II? Si chiama così perchè al suo interno c'è l'anima di una, Signora, donna di nome Isabella, se non vado errato...”
Bullett annuì. “Vedo che hai sentito parlare di quella nave...”
“La conoscono tutti, signore.” disse con tono di ovvietà. Bullett lo fissò intensamente.
“Sbagli!” tuonò serio, voltandosi nuovamente verso il mare. “Non tutti. Devi sapere che la donna di cui porta il nome mi ricorda particolarmente mia figlia. È nata strillando come una vera piratessa. Nei giusti momenti ha più palle di un uomo e non sto scherzando. Le devi la vita, Davis, è lei che ha voluto salvarti contro tutti. Falla soffrire e la tua testa diverrà pasto per i pesci.”
Davis sorrise. Non l'avrebbe mai fatta star male per nulla al mondo. “Sarà fatto, Signore.” e strinse solennemente e saldamente la mano del suo futuro suocero.

 

Il matrimonio fu celebrato in un giorno di vento, come voleva la sposa e con Jack che fissava truce e con aria vendicativa sia Bullett che Davis Burium. Dal giorno della promessa al giorno del matrimonio erano passati 3 mesi, nonostante la frenesia di Isabella che avrebbe voluto sposarsi subito quel sempliciotto di Davis. In cui tre semplici mesi il suo grembo si era gonfiato un pochino e racchiudeva all'interno lo scrigno di una piccola scintilla di vita.
Dopo altri due mesi di navigazione fu trovata terra. Non una terra qualsiasi ma la terra dove il buon vecchio capitan William Edward Tempy approdò a riva dopo una violenta battaglia e tempesta. Alcune delle donne dell'equipaggio si stabilirono lì in compagnia di un paio di uomini, che iniziarono i lavori della cittadina di Aberdurville, battezzata così da Bullett in onore del luogo dove trovarono a riva il suo amico Capitano. Nonostante le nausee frequenti, Isabella non ne volle sapere di stare sulla terraferma.
Era l'11 Aprile. Una giornata di vento e pioggia.. Ne era passato di tempo e il ventre della giovane Isabella era enorme. Il piccolo, un maschietto come desiderava la madre, continuava a scalciare.
“Un vero pirata!” diceva sempre il futuro nonno, sotto le continue proteste del padre. Da lontano qualcuno bramava vendetta e malediceva quel bellissimo quadretto famigliare. Bullett aveva deciso che non avrebbe più navigato e che il comando sarebbe passato a Bob. Isabella stava male e non erano le nausee.
“Bella, coricati. Vai nella cabina potresti stare male...” Davis l'avvolse nel suo caldo e goffo abbraccio. Isabella si accoccolò al suo petto, protestando inutilmente.
“Non ci penso prop...” improvvisamente poggiò la mano sul grembo e una smorfia più evidente delle altre si dipinse sul suo viso. Alzò gli occhi su Davis, che la fissava intontito, e lo supplicò. “Uhhh... il bambino...”
“Isabella?” Davis non riusciva a capire. Uno strano liquido si sparse sul legno della nave e Isabella iniziava ad accasciarsi al suolo.
“Il bambino... sta...!!!” e un urlo straziante si espanse su tutta la nave. Bullett soccorse la sua bambina e restò con lei in coperta. Bob e Davis coordinavano i passaggi per evitare di cappottare la nave. I fulmini e lampi facevano da sfondo ad uno scenario tetro e di paura. Isabella soffriva e lottava.
“Isabella! Forza!” la incitava il padre.
“Fa male...! Ahhh!”
La porta s'aprì e apparve Davis. Quel ragazzo era un calmante per la giovane Isabella, che s'aggrappò letteralmente alla camicia del giovane. Il comandante andò dai suoi uomini sapendo di lasciare la figlia in buone mani. Il pericolo era scampato, ma il nemico era sempre in agguato. Dopo ore e ore, il bimbo di Isabella nacque. L'equipaggio festante lo accolse a bordo fra rise a lacrimuccie da coccodrillo.
“Ti somiglia tantissimo.” sussurrò Davis. Isabella gli regalò lo sguardo più dolce che sapeva fare, ma il suo corpo era debole e la febbre era sempre più alta. Il viso era rosso e il panno che portava sulla fronte era ghiacciato.
“Jim...” sussurrò. “Jim Burium. Suona bene.” Isabella sorrise.
“Voglio che si chiami Jim. Se io non vivrò a lungo da vederlo crescere promettimi che gli racconterai delle navi, della loro storia e come di costruiscono. Gli racconterai della loro anima e di non lasciarla mai da sola. Me lo prometi?”
“Bella, tu vivrai a lungo da poterlo veder crescere!” esclamò incredulo il giovane neo-padre.
Bella tossì. “la febbre è troppo alta. Non sono così forte. Promettilo, Davis. Promettilo!”
Fissato da occhi così intensi Davis annuì, stringendo la sua famiglia “te lo prometto.”
“Sei un assassino.” gridò qualcuno dietro di lui. Jack aveva un pugnale in mano e lo alzò minacciosamente verso Davis e il bambino. “Tu e il tuo sguardo da santo e la tua goffaggine. La stai uccidendo e quel mostro...” disse alludendo a Jim “quello ha annunziato la sua fine! Tu non hai mai meritato di averla.” continuò avvicinandosi.
“Jack, stai straparlando.” Davis s'alzò e si posizionò davanti ad una spaventatissima Isabella. “hai bevuto troppo non sai quello che dici e...”
“TACI!” gridò, rosso in viso. “io Isabella l'ho sempre amata. Tu non sai neanche cosa vuol dire soffrire in questo modo...”
“Hai ragione.” disse con sguardo fermo. “hai ragione ma so cosa vuol dire soffrire per perdere la persona che amo di più al mondo. Perciò se proprio vuoi uccidimi” e aprì le braccia. Isabella iniziò a piangere. Le lacrime che le rigavano il volto erano silenziose e il respiro sempre più affannoso. Il piccolo Jim aveva iniziato a piangere e Jack s'avventò senza pensarci due volte su Davis, corpo sul quale placò la sua ira, che incasso la pugnalata senza muoversi. Solo allora l'intero equipaggio s'accorse di cosa stava accadendo in coperta. Quando arrivarono trovarono Isabella che baciava le labbra morbide e fredde del corpo ormai privo di vita del suo Davis, stringendolo a sé. Jack era in piedi e fissava il vuoto, con le braccia sporche di sangue e il piccolo Jim strillava al mondo. Isabella piangeva e tossiva. La malattia l'aveva indebolita parecchio.
“Tra poco ci incontreremo di nuovo” sussurrò infine, chiudendo gli occhi “dite alla mamma che le vorrò sempre bene e a mio padre di occuparsi del mio bambino come se fosse suo. E a Jim dite di crescere con forza... perchè l'amo da morire...” e si lasciò cadere sul corpo esanime di Davis, abbracciandolo. Bullett rimase fermo sulla soglia, le lacrime pronte a scorrergli lungo le guance. Nessuno lo aveva mai visto con gli occhi lucidi nei suoi quasi cinquant'anni. Si mosse e Jack si rannicchiò contro il muro, ma non lo degnò d'uno sguardo. Prese in braccio il fagottino che era il piccolo Jim e gli scostò un ciuffetto di capelli scuri.
“Sei proprio tua madre...” e una lacrima sfuggì al controllo del grande Capitano. Si girò verso Jack con lo sguardo carico d'odio. “Ricorda che nelle vene di questo piccolo scorre il mio sangue e nei suoi occhi rivive mia figlia e suo marito. Non ho predono per chi gli ha rubato la famiglia e la vita. Buttatelo in mare.” ordinò senza pietà.
“No volevo! Vi giuro...”
“L'HAI FATTO! L'HAI UCCISO!” gridò con forza. Jack fu sollevato di peso e fu buttato in mare. Dopo quel giorno Charles Albert Bullett non solcò e non rivide più la sua Nave, la rondine Grigia, ma ne conservò in eterno il ricordo sino a quando la sua scintilla non si spense.

 

- Jim! - urlò una dolce voce giovanile.
Un ragazzo dai capelli corvini al vento si voltò. Cercò con lo sguardo la figura femminile che si avvicinava a lui lungo al molo e sorrise.
S'alzò in piedi e le andò incontro. La giovane donna dai lunghi capelli color del pane lo strinse a sè e aspirò il profumo di salsedine di cui si erano impregnati i vestiti. Il pancione della ragazza aderì con il fisico asciutto e atletico del giovane inventore.
Jim ora aveva quasi venticinque anni. Erano passati anni da quando fece ritorno dalla sua amata, e ora stava per diventare padre. - Vaniglia, non devi affaticarti nelle tue condizioni - le sussurrò premuroso. La giovane storse il naso e sorrise con una buffa espressione.
- Jim Burium, sono incinta e non malata! - e incrociò le braccia al petto.
Si sedette, offesa e con molta fatica, sul grosso telo giallo che il marito aveva adagiato sulla sabbia fine della spiaggia di Arran. Il giovane si sistemò accanto e le passò un braccio dietro la schiena, appoggiando una mano sul suo ventre gonfio.
- Sarà una femmina? -
- No, da come scalcia è un maschietto -
- Mh, io dico di no -
- Un maschietto bello come il padre e magari furbo come la madre - sorrise lesta. Chiuse gli occhi, inspirando a pieni polmoni e dando voce ai propri pensieri: - Adoro la mareggiata, senti che profumo di sale! - Vaniglia annusò l'aria e sollevò il capo osservando poi il cielo nuvoloso. Si voltò verso il giovane uomo e si corrucciò. - Jim, cosa stavi facendo qui da solo? Tu non vieni mai in questo posto, mi stavo preoccupando -
Sulle labbra del marito comparve un sorriso leggero. Fremettero quando i loro occhi si incrociarono.
- Mi immergo nei ricordi. Ogni tanto ne ho bisogno, Babù - sorrise spensierato - Ho solo iniziato a camminare, e mi sono trovato qua. Ne parli sempre di questo luogo e avevo bisogno di sentire il mare -
Jim sorrise e il sole si fece spazio da dietro le nubi scure di settembre. La ragazza sorrise e appoggiò il capo sulla spalle del marito. Non parlavano quasi mai dell'infanzia di Jim. Vaniglia non lo sforzava, le avrebbe parlato lui non appena si fosse sentito pronto. Che fosse giunto il momento?
Lo sguardo di Jim tornò sul mare e in lontananza gli parve di vedere una Nave dalle vele issate. Vaniglia continuava a guardarlo.
- Lo sapevi che in ogni nave è racchiusa l'anima di una Signora? - la stupì.
Babù rise e negò. - Te lo ha detto tuo nonno? -
Jim sorrise e scosse la testa - Anche, ma lui lo ha insegnato mia madre. -

  
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