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Autore: Il_Genio_del_Male    22/01/2012    8 recensioni
Cosa può nascere dall'incontro di due solitudini?
Genere: Angst, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Uther | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
- Questa storia fa parte della serie 'Once upon a time...'
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RATING: Arancione.

GENERE: Romantico, Malinconico.

AVVERTIMENTI: Slash, AU, Angst, Song-fic, sprazzi di OOC.

DEDICA: I’ve got a lot of resentment for old friends -for letting me go without a fight. I just want someone to call and say, "I miss you, how are you?". I just want to call someone and say, "I miss you, I’m sorry".

NOTE: In realtà dovrei dedicarmi all’ultimo (probabilmente) capitolo della mia long, ma quando la Musa chiama chi sono io per resistere al suo volere fascino? La verità è che sono una persona debole e senza volontà, per cui non mi resta altro che sottomettermi alla sua autorità e sfornare l’ennesima  song-fiction su ‘sti due poveri ragazzi. Poveri, avete capito bene, perché accettano di farsi maltrattare dalla sottoscritta senza lamentarsi (troppo).
Il link della canzone non riesco a darvelo (ho qualche problema con YouTube, yay!). Comunque sia, è Echo di Jason Walker.


Buona lettura!

 

 

 

 

 

 

 

Quando è morta sua madre, Arthur aveva otto anni.

Anche adesso -ad un passo dal compierne ventisei- ricorda perfettamente l’odore di disinfettante che permeava la suite 18 della costosissima ed esclusiva clinica privata dove era stata ricoverata.

La sua stanza. Arthur era abbastanza grande da capire che la mamma era gravemente malata -cancro, gli aveva spiegato dolorosamente sbrigativo Uther, suo padre- e che i medici che le si affaccendavano intorno stavano cercando una cura per salvarle la vita. 
Era abbastanza grande da capire che gli occhi del papà erano perennemente arrossati e gonfi perché non dormiva mai abbastanza, preferendo restare al capezzale della moglie ore ed ore ed ore ogni giorno, e perché piangeva quando pensava di non essere visto. Piangeva di rabbia, di impotenza; sommessamente, trattenendo il più a lungo possibile i singhiozzi e asciugando velocemente le lacrime che rotolavano sulle sue guance.

Arthur lo sapeva, perché faceva esattamente lo stesso. Di notte, sotto le coperte e al riparo dagli occhi impietosi del mondo, stringeva forte i pugni e soffocava i lamenti contro il cuscino, che al risveglio trovava umido e spiacevolmente freddo.



 



Hello, hello
Anybody out there?
'Cause I don't hear a sound.
Alone, alone
I don't really know where the world is, but I miss it now.

 

Ygraine è morta alle 2:27 di un diciotto gennaio che né lui né suo padre riescono a dimenticare.

 

Arthur era stanco. Era stata una giornata stressante, tra scuola, lezione di scherma e di pianoforte; Uther, forse nel tentativo di trasmettere una parvenza di normalità al figlio, gli aveva imposto di continuare con la vita e gli impegni di tutti i giorni. Per quanto si fosse ripromesso di comportarsi da bravo ometto coraggioso, semplicemente ad un certo punto non era più riuscito a tenere le palpebre alzate e si era addormentato, poggiando la guancia sinistra accanto alla mano della mamma, che gli accarezzava piano l’arruffata chioma bionda.

Quando si era svegliato, neanche un’ora dopo, un urlo disumano gli aveva ferito i timpani. La voce era quella del papà, l’aveva riconosciuta subito. Spaesato, aveva cercato conforto nella mano nivea della mamma. Ma era fredda, freddissima, e prima che potesse realizzarne il motivo un paio di braccia accoglienti e ferme l’avevano circondato e lui si era sentito tirare via. Poi il cielo si era oscurato di nuovo.

L’ironia del destino ha voluto che il decesso della donna che l’aveva messo al mondo e amato più di se stessa per sette anni avvenisse il giorno del suo compleanno. Diciotto gennaio, stanza numero diciotto. Sono quasi diciotto anni che Arthur non dorme più.

 

 




I'm out on the edge and I'm
screaming my name
Like a fool at the top of my lungs
Sometimes when I close my eyes I pretend I'm alright
But it's never enough...
‘Cause my echo, echo
Is the only voice coming back
My shadow, shadow
Is the only friend that I have.

 

“Arthur, non puoi ignorare il problema sperando che prima o poi passi” esordisce, seccamente.

Uther Pendragon, fondatore e CEO delle Pendragon Industries, ha sempre voluto un gran bene al suo unico figlio, ma è alquanto maldestro nel dimostrarglielo. I suoi modi sono bruschi, impacciati. Era Ygraine quella brava a rapportarsi con le persone.

 

“Papà, mi hai davvero convocato nel tuo ufficio mentre ero nel bel mezzo di una videoconferenza con i soci giapponesi per parlare della mia insonnia?” è la replica, pacata ma venata di esasperazione, di Arthur. “Sono l’amministratore delegato, ho degli obblighi a cui assolvere”.

“Questo lo so meglio di te, figliolo. E’ appunto per via del ruolo che ricopri che  ti chiedo di prendere il toro per le corna, una volta per tutte” insiste il padre. “La dottoressa Emrys-”

“Ti prego, ancora con questa storia?” Arthur alza gli occhi al cielo, sbuffando. “Te l’ho già detto, dalla dottoressa Emrys non ci torno più. Sono adulto, vaccinato e perfettamente autosufficiente, non ho bisogno dell’aiuto di nessuno. Specialmente di una strizzacervelli”.

“Sarà anche come dici tu, ma levati dalla testa la convinzione di essere infallibile. Sei mio figlio, Arthur, e ti conosco. Sei testardo, ma io lo sono di più: ho deciso per il tuo bene che seguirai il mio consiglio e lo farai” il tono di voce è perentorio, impossibile contraddirlo.

“Posso almeno sapere di che si tratta?” indaga Arthur, cedendo giusto un po’.

“E’ un gruppo di sostegno per persone che hanno problemi di emotività. Quando ancora andavi in cura da lei, la dottoressa aveva appurato che la tua insonnia è di natura traumatica. In questi ultimi cinque anni lei ed un’equipe di psicologi hanno condotto degli studi al riguardo, e sono giunti alla conclusione che una gamma molto vasta di disturbi comportamentali sono riconducibili ad un’origine comune: una spiccata emotività. Hanno avuto degli ottimi riscontri e, sebbene tutti i posti per i prossimi sei mesi fossero prenotati, la dottoressa è stata così gentile da riservarne uno per te. Cominci domani sera”.

“Hai organizzato tutto fin nel minimo dettaglio, vedo. Quando pensavi di dirmelo?” prova a ribellarsi.

“Non fare il ragazzino viziato, Arthur. Se sei indipendente e autonomo come sostieni, dimostramelo. Partecipa alle sedute del gruppo, impegnati e cerca di guarire”.

“Ti vergogni di me, non è vero? Ti vergogni perché sono strambo, è così papa?” lo accusa Arthur, ferito.

“Non pensarlo nemmeno per un attimo. Sei la sola cosa bella che mi sia rimasta e non voglio perderti. Sono diciassette anni che prego perché tu riesca a lasciarti la morte della mamma alle spalle, ma il tuo dolore è andato in cancrena. E’ diventato una malattia, un parassita che ti sta rodendo piano, dall’interno. Non posso perdere anche te per colpa di un cancro, figliolo, lo capisci? Ti prego, fatti aiutare. Datti pace; uccidi la bestia, Arthur” lo supplica Uther, bisbigliando.

 

 

 

 

 

Listen, listen
I would take a whisper if
That's all you have to give.
But it isn't, isn't
You could come and save me
Try to chase it crazy right out of my head.

 

“Uhm, salve a tutti. Il mio nome è Arthur”.

“Ciao, Arthur” gli rispondono in coro gli altri Emotivi Anonimi, una decina in tutto.

 

Le sedie sono disposte a cerchio. Su una di queste è seduto un medico anzianotto che risponde al nome obsoleto e piuttosto buffo di Gaius. Lo fissa, inarcando un sopracciglio candido come i suoi capelli, e scribacchia qualcosa su un blocco di appunti.

 

“Vuoi parlarci del perché sei qui, Arthur? Sempre se te la senti, beninteso” ci tiene a precisare.

“Certo, nessun problema” scrolla le spalle con noncuranza.

Non nutre più alcuna fiducia in questo genere di cose -non dopo dieci anni dall’analista senza alcun risultato- ma ha promesso di fare un ultimo tentativo. In fondo, che gli costa? Magari l’ostinazione paterna, di fronte all’ennesimo buco nell’acqua, si placherà definitivamente.

“Dovete sapere che esiste nel mondo una specie di setta della quale fanno parte uomini e donne di tutte le estrazioni sociali, di tutte le età, razze e religioni: è la setta degli insonni, e io ne sono un fedele adepto da diciassette anni, da quando è morta mia madre. Gli uomini non aderenti alla setta a volte dicono a quelli che ne fanno parte: 'Se non riesci a dormire puoi sempre leggere, guardare la tv, studiare o fare qualsiasi altra cosa'. Questo genere di frasi irrita profondamente i componenti della setta degli insonni. Il motivo è molto semplice. Chi soffre d'insonnia ha un'unica ossessione: addormentarsi” conclude con enfasi, e si accomoda al suo posto.

“Uhm” commenta Gaius, prendendo appunti. “Molto bene, Arthur. Davvero molto bene. A chi tocca, adesso?”

“A me” risponde una voce cristallina proveniente dalla sinistra di Arthur.

 

Si volta e cazzo-

E’ un uomo, è giovane, al posto degli occhi ha due zaffiri e delle orecchie gigantesche, sgraziate. Un profilo dolce, labbra soffici, il collo lunghissimo e ciuffi di capelli corvini che gli ombreggiano delicatamente la fronte. Sembra un elfo: lungo e flessuoso, con un che di etereo e inafferrabile.

E’ bello come un’eclissi, come un tramonto infuocato di rosa e d’arancio, come le cascate. La sua è una bellezza notturna e malinconica, fragile che lo si potrebbe spezzare solo stringendogli i polsi sottili.

Arthur è incantato -colpo di fulmine, epifania- e si perde la presentazione dell’altro. Il quale, una volta sedutosi, si volta verso di lui. Si guardano. Non fanno altro per il resto della seduta.

 

 

 

 

 

I'm out on the edge and I'm screaming my name
Like a fool at the top of my lungs
Sometimes when I close my eyes I pretend I'm alright
But it's never enough…
‘Cause my echo, echo
Is the only voice coming back
My shadow, shadow
Is the only friend that I have.

 

Il ragazzo, viene a sapere Arthur durante il secondo incontro, si chiama Merlin Emrys ed è figlio della sua ex psicanalista. Soffre di onicofagia (ovvero sfoga il nervosismo rosicchiandosi le unghie) e ha qualche problema a gestire la sua castrante e paralizzante timidezza.  

Mano a mano che gli incontri si susseguono, scopre anche che è vegetariano ed intollerante alle fragole e ai latticini; che è figlio unico ma ha una cugina, Freya, che adora e che considera la sorella di cui sente la mancanza; che ha perso il padre in un incidente d’auto cinque anni prima e che è un mezzo genio. Frequenta il secondo anno di ingegneria aereospaziale e conta di laurearsi in sei mesi. E’ un appassionato lettore di manga, e venera le CLAMP pur odiandone il sadismo. E’ sensibile, spiritoso, totalmente ignaro del fascino che esercita sugli altri.




 

I don't wanna be down and
I just wanna feel alive and
Get to see your face again once again.
Just my echo, my shadow
You’re my only friend…

 

Mancano diciotto giorni al diciottesimo anniversario della sua morte. Quel numero lo perseguita.

 

“Terra-chiama-Arthur. Terra-chiama-Arthur” lo pungola, con le mani a coppa davanti alla bocca a mo’ di megafono, pericolosamente vicino al suo orecchio.

“Scemo” sorride, colpendolo affettuosamente sulla spalla. “Non me ne vado. Ero solo un po’ soprappensiero”.

“Stavi pensando a tua mamma, vero?” indovina, con un intuito ed una delicatezza che sono così merliniani.  

“Un giorno di questi dovrai spiegarmi come diamine fai a leggermi nella mente, stregone”.

“Non ci vuole chissà quale potere magico, asino. Quando pensi a lei ti si scava una ruga tra le sopracciglia, proprio qui” e gli tocca il volto per indicare il punto preciso, lisciando la pelle corrugata con i polpastrelli.

“Sei un grande osservatore” replica lui, turbato e ammirato al tempo stesso.

“I timidi notano tutto, ma sono molto bravi a non farsene accorgere”.





 

 

I'm out on the edge and I'm screaming my name
Like a fool at the top of my lungs
Sometimes when I close my eyes I pretend I'm alright
But it's never enough…
‘Cause my echo, echo
Oh my shadow, shadow.

 

E’ tutto talmente paradossale ed assurdo. Una qualsiasi altra persona, una persona normale, trascorrerebbe quel giorno di lutto e di festa insieme, di morte e celebrazione della vita, rintanato in camera da letto -avvolto in un plaid di lana, magari- e rifiutando qualsiasi contatto con il mondo esterno.

E invece è lì, davanti alla tomba di sua madre. E’ il diciotto gennaio, lui compie ventisei anni ed è al cimitero. Con Merlin. E si sta dichiarando.

“Ascolta” balbetta, rosso in faccia e afferrando la manica del giubotto dell’altro. “So che è il luogo sbagliato, il momento sbagliato, il giorno sbagliato. E so di essere sbagliato io. Sono fatto male, ho un sacco di turbe e sono complessato da morire”.

“Perché io invece ti sembro una persona perfettamente equilibrata?” lo interrompe Merlin, ridacchiando di gusto.

“Non- fammi finire, ok? Dicevo: sono abbastanza patetico e testardo come un mulo. Sono perseguitato dai miei fantasmi e forse non me ne libererò mai. Ma tu mi hai aiutato. Ieri notte ho dormito, sai?, per cinque ore di fila. Senza usare sonniferi o gocce o calmanti. Niente di niente. E ti ho sognato. Ti ho sognato, Merlin. Eri lì, nella mia testa, ed ero così dannatamente felice perché tu sei ovunque, in realtà. Nel mio cuore, nel mio cervello bacato, nella bocca dello stomaco. Ok, detta così fa schifo, ma quello che intendo dire è-” una mano privata del suo guanto gli sigilla la bocca.

“Guardami le unghie, Arthur”.

 

Arthur obbedisce e sorpresa: le dita di Merlin sono meno martoriate del solito. Le unghie stanno ricrescendo, millimetro per millimetro, e la carne viva non sanguina più. Si guardano.

 

“Non me le mangio più da una settimana” spiega con dolcezza. “Siamo entrambi sbagliati, Arthur. Abbiamo le nostre fisime e i nostri handicap, e siamo ancora ben lontani dal poterci considerare normali. Ma sai che ti dico? Me ne frego. Tu ed io, insieme, siamo giusti. Siamo perfetti. Nient’altro conta, per quanto mi riguarda” e lo bacia.

 

 




 

Hello, hello
Anybody out there?

 

 

 

 

 

 

 

Well, eccoci arrivati alla fine (non ci speravate più, eh?). E’ la più strana delle mie song-fiction scritte finora, e forse anche la più noiosa, pesante e deprimente. Consideratela un esperimento, ecco. E criticatemi quanto volete, se vi va; sono molto curiosa di sentire il vostro parere. (Citazioni sparse dal film “Le conseguenze dell’amore”, anyway.)

I vari errori di battitura verranno autobetati il prima possibile. E questo è tutto: passo e chiudo! <3

   
 
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