Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
Segui la storia  |       
Autore: virgily    23/01/2012    3 recensioni
"Ci vediamo dunque costretti a sguinzagliare le tre ombre della Regina: il fedele Cane; l’abile Ragno e la nobile Perla. Speriamo che la collaborazione di questi grandi enti della sicurezza inglese possano rendere sua Altezza fiera di voi, come sempre è stato.
Cordiali saluti.
Sua maestà, la Regina."
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il nitrito del cavalli annunciò alla giovane cameriera che l’angoscioso ritorno era finalmente terminato. Si teneva stretta, tremando e torturando le sue povere labbra con i denti, corrosa dall’ansia che era sopraggiunta su di lei. la sua padroncina era rimasta sola con una possibile assassina, inutile dire che la poveretta non era riuscita mantenere i nervi saldi. Scendendo di tutta fretta, la donna lanciò all’uomo barbuto che l’aveva accompagnata, un sacchetto pieno di monete, ringraziandolo appena. Sollevò l’orlo della gonna scura, lasciando intravedere le calze, per agevolare la corsa lungo il vialetto che portava all’ingresso della town house dei Phantomhive. Aveva il fiato corto, un po’ per lo sforzo, e un po’ per il cuore in gola che ostruiva le sue vie respiratorie. Provocando un forte boato che udirono perfino il padrone di casa e il suo maggiordomo, Cecily si era letteralmente scagliata contro la porticina laccata di nero, battendo ambe due le mani con frenetica insistenza. Ciel, che nel frattempo si stava leggendo un libro seduto su una delle poltrone che riempivano l’imponente salotto di casa sua, interruppe bruscamente la sua lettura facendo cenno al suo mero maggiordomo di andare a vedere chi fosse così scortese da non pazientare neanche un attimo. Dopo essersi elegantemente inchinato, Sebastian si diresse verso l’ingresso, poggiando gentilmente la mano sulla maniglia ottonata del portone che pesantemente si aprì, mostrandogli una Cecily sconvolta e quasi giunta alle lacrime: con i capelli arruffati e le goti arrossate. Il maggiordomo dedusse che la cameriera doveva aver corso parecchio, ma ciò che lo sconfortò fu il fatto che con lei non ci fosse la sua padrona
-Cecily?-
-S-Sebastian!- aprendosi un varco fra le sue braccia la donna nascose il viso nel petto dell’uomo, cercando conforto. Questo la rassicurò giusto per qualche istante con un dolce carezza sul capo. Poi, prendendola per le spalle e fissandola intensamente, le fece quella domanda che tanto gli premeva sulle labbra
-Cosa è successo Viola?- Lo aveva domandato con una forza e un ardore negli occhi che la piccola cameriera quasi tremò per il terrore che quelle iridi rosso sangue le incutevano
-Sebastian ma che sta... Cecily!?- lo sguardo bagnato ed arrossato della donna immediatamente passò dal maggiordomo al suo padrone, sciogliendosi nuovamente in un pianto sgraziato e ansioso
-I-Io non volevo lasciarla sola my lord... Ma lei mi ha ordinato di venire da voi...- singhiozzò asciugandosi stropicciandosi gli occhi con le maniche della pesante divisa, mentre il piccolo bocchan si faceva più vicino
-Cecily cerca di calmarti e spiegami cosa è successo...- affermò il conte mantenendo la calma, al contrario della ragazza che dopo due respiri profondi ricominciò a parlare senza singhiozzare o piangere
-Quando siamo arrivate alla casa della signorina Sunset, abbiamo notato che le era stato portato un enorme quantità di ghiaccio. La mia padrona ha supposto che fosse proprio la signorina Sunset ad aver organizzato gli omicidi, e tutto quel ghiaccio serviva per mantenere i brandelli scomparsi dei cadaveri. My lord temo che possa esserle successo qualcosa... Ho un brutto presentimento- affermò mentre le lacrime che avevano rigato il suo viso si asciugavano piano sulle sue goti ancora arrossate. Durò soltanto un istante, bastato per riflettere, l’inquietante silenzio che era calato sui tre
-Facci strada Cecily. Sebastian, andiamo...- ordinò con tono serio e austero il piccolo lord, il cui viso era marcato dai duri segni della preoccupazione
-Yes, my lord- rispose inchinandosi il diavolo di maggiordomo mentre sentiva il veleno ardergli le iridi cremisi. Se le fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato.
***
Quando il suo corpo ricominciò a prendere la sensibilità di tutte le sue parti, Viola sentiva un gran freddo. Non capiva bene cosa fosse a recarle tutti quei brividi, e come se non bastasse, qualcosa le stringeva la caviglia sinistra con una pressione tale che quasi le fermò la circolazione sanguinea dell’intera gamba. I suoi occhi si riaprirono lentamente, prendendo mano a mano confidenza con la penombra che la circondava. Oltre che gelato, quel luogo era sudicio e umidiccio ; perfino l’odore, acre e rarefatto, non era dei migliori. Si sollevò appena, facendo leva con le mani che si erano posate a terra, macchiandosi di polvere mescolata a chissà quale altra sostanza viscosa e molliccia. Riconobbe con chiarezza dei passi distinti che si facevano sempre più vicini. La duchessa dunque, aguzzò bene la vista, e in un primo momento riconobbe quell’abito rosso che aveva ofuscato i suoi pensieri prima di addormentarsi. Con il sorriso sulle labbra, quasi come se fosse rallegrato del suo buon operato, Daisy Sunset riapparì portando tra le braccia una coperta di pesante lana calda, che con non curanza gettò sulle spalle della ragazza, sua prigioniera
-Devi riscaldarti... altrimenti ti ammalerai- affermò con un tono che quasi voleva sembrare dolce. Viola non rispose immediatamente, ma lasciò che la coperta l’avvolgesse completamente recandole un caldo sollievo, e fu proprio in quel momento che si rese conto del pesante catenaccio, probabilmente arrugginito, che costringeva la sua povera caviglia
-Ci sei tu dietro gli omicidi... Non è vero?- domandò improvvisamente prendendo la rossa alla sprovvista, che dopo aver sorriso divertita annuì
-Siete molto intelligente my lady...- ridacchiò inchinandosi appena alla duchessa, che stringendo i pugni digrignò i denti
-Erano le tue amiche...-
-Loro non erano mie amiche. E poi... Meritavano di morire- affermò secca lasciando che un barlume di luce infiammasse le sue iridi chiare. Quanta asprezza e quanto odio trasudavano dalle sue parole. Con un gesto schivo e frettoloso della mano, la donna si sistemò una ciocca ribelle dietro un orecchio
-Porre fine ad una vita non è un diritto...-
-No, infatti gli ho fatto un favore. Quelle oche senza neanche un briciolo di cervello avrebbero fatto di tutto per essere come mia sorella. Almeno adesso faranno parte di lei...- ridacchiò spensierata la rossa lasciando nella testa della giovane duchessa un enigmatico dubbio: “almeno adesso faranno parte di lei”. Cosa significava? Nuovamente il suo cervello era entrato in moto, alla ricerca di una qualche risposta... Cominciava già a sentire i brividi sotto pelle mentre, con passo lento e grazioso, la donna si avvicinava al grande blocco di ghiaccio ricoperto da quello che doveva essere un vecchio telo. Quel panno sporco di polvere e cenere nascondeva qualcosa, e Viola cominciava a sperare che quello che aveva davanti fosse soltanto un incubo. La sua mente aveva preceduto il gesto rapido della rossa, e soltanto quando i suo sospetti vennero finalmente confermati, gli occhi della piccola lady si spalancarono di colpo, e il suo viso assunse un espressione truce:
Proprio sotto i suoi piccoli occhi, giaceva un corpo, o meglio, un corpo fatto di altri corpi. Punti di sutura percorrevano tutte, o quasi, le giunture di quel cadavere quasi irriconoscibile. Macchie e piaghe marce spiccavano persino nell’ombra della ghiacciaia, e l’odore di morto adesso si propagava più in fretta rispetto a qualche istante prima. Viola si era portata una mano alle labbra, mentre una lacrima scendeva lenta e silenziosa sulla sua guancia. Non poteva crederci, non voleva...
-M-Ma che cosa hai fatto?...- domandò con un filo di voce, sconvolta per la prima volta dalla brutalità di una singola persona
-Ho ridato un corpo alla mia sorellina...- rispose con un dolce, per quanto fosse grottesco ammetterlo, sorriso. Le mani di Daisy carezzavano quei pochi capelli che sbucavano, lerci e umidi, da un angolo del blocco congelato
-La mia bellissima sorellina...- sospirò malinconicamente rivolgendo lo sguardo glaciale alla duchessa incatenata al pavimento. Bella, giovane... Utile
-Tu mi aiuterai a farla tornare da me- affermò sicura di se raggiungendola, guardandola beffarda e compiaciuta di come fosse riuscita a far cadere una mezzo sangue nella sua rete
-Non vedo come io possa aiutarti...-
-Oh non è nulla di così complicato! My lady. Ho studiato molto la vostra razza e tutto ciò che poteva aiutarmi nell’impresa. Ci voleva un corpo, e l’essenza demoniaca di un demone. Sarei stata disposta a dare la mia anima pur di far tornare la mia amata Mary Angie... Ma perché rischiare quando posso offrirgli qualcosa di molto più succulento come una mezzo sangue?- gli occhi di Viola di sbarrarono di colpo mentre il suo cuore mancava di qualche battito. A cosa poteva arrivare la mente umana pur di raggiungere il proprio scopo?
Tuttavia, pur trovandosi in una situazione precariamente pericolosa, la giovane lady espose un sorrisetto divertito. Spudorato a tal punto da far storpiare quell’espressione serenamente impostata che si era stampata sulla bocca della sua sequestratrice
-Vi diverte il fatto che vi venderò ad un demone?-
-Affatto, mi diletta il fatto che voi non abbiate capito niente...- rispose con strafottenza, spingendo l’altra a ghignare irata
-l’essenza demoniaca riempirà quella sottospecie di corpo che avete creato. Ma non gli darà mai la vita. L’anima di vostra sorella oramai non fa più parte di questo mondo... - ferita e beffeggiata dalla sua stessa prigionera. Gli occhi chiari della giovane Sunset parvero ardere mentre caricava un poderoso schiaffo contro la guancia vellutata e morbida della giovane duchessa
-Signore! Signore suvvia! non c’è bisogno di ricorrere alle mani- quella voce, divertita e altezzosa, era riuscita a fermare la padrona di casa proprio quando era a un passo da sferrarle il colpo. E per quanto Viola non volesse ammetterlo... Lei quella voce la conosceva fin troppo bene
-Non sembrate molto entusiasta di vedermi, Lady Killarney- ridacchiò il giovane lord che fece il suo improvviso ingresso all’interno del gelido covo. Con il sorriso sulla bocca rovente dal desiderio, e lo sguardo fisso sulla catena che costringeva la povera fanciulla a terra, conferendole uno spietato fascino animale
-Sarà che mi viene la nausea ogni volta che vi vedo, caro Alois...- rispose sollevando appena l’angolo delle labbra. La situazione si stava facendo sempre più critica, e doveva inventarsi qualcosa alla svelta se non voleva finire nelle mani del presuntuoso conte. E mentre cercava di elaborare una qualche strategia per temporeggiare, il biondino faceva risuonare i tacchi dei suoi alti stivali, avvicinandosi quasi ancheggiando suadentemente alla sua splendida preda. Incurante dello stato del pavimento, s’inginocchiò innanzi alla duchessa, fissandola intensamente
-Claude, sbrigati a fare quello che devi... Non voglio far aspettare la mia signora...- ridacchiò senza minimamente distogliere lo sguardo dalle iridi verdognole e confuse della giovane, mentre la rossa faceva strada al maggiordomo del casato Trancy, portandolo dritto da quell’abominio che aveva creato, macchiandosi le mani col sangue delle donne con cui era cresciuta. Prendendosi sfacciatamente gioco di lei, Alois cominciò a gattonare contro la piccola lady, che dal canto suo, indietreggiò finché un muro non le impedì di allontanarsi dalla depravazione che trasudava dallo sguardo ,sporco e voluttuoso, del piccolo lord
-È una vera fortuna che la signorina Sunset abbia conservato quel gioiello maledetto. Adesso nulla mi vieta di...- tralasciò la frase a metà lasciando intendere quello che con i gesti gli veniva più naturale. A forza di strisciare con le ginocchia era riuscito a sollevare appena la gonna dell’abito violaceo della duchessa, appostandosi a cavalcioni sul suo grembo. Immediatamente la fanciulla sferrò un poderoso schiaffo che sfortunatamente non andò mai a segno. Era debole, e per Alois non era stato difficile bloccarle la mano tenendola per il polso. Rapido e molesto afferrò la sua lunga chioma bruna, tirandogliela a tal punto da riuscire a sollevarle il viso, portandolo al suo
 -Dovreste sfoderare questa foga in camera da letto. Ma non temete, sono sicuro che io e Claude riusciremo a far emergere questa vostra passione anche sotto le lenzuola...- E mentre il volto del conte spudorato accorciava pericolosamente le distanze dalla sua bocca tremante e morbida, qualcosa di oscuro cominciava ad emergere dall’altro lato della ghiacciaia. Claude, che aveva cortesemente invitato la signorina Sunset a farsi da parte, cominciava ad emanare una forte aura scura dal suo corpo. Viscosa e quasi palpabile quell’ombra s’arrampicò lungo i margini del poderoso blocco di ghiaccio, penetrando quell’ammasso di carne morta e ricucita. In pochi istanti, questo aveva cominciato a muoversi convulso e scosso dall’interno, come se quell’essenza stesse intaccando ogni parete del suo nuovo contenitore. E brillavano gli occhi languidi di Daisy, che portandosi le mani alle labbra, osservava commossa come il frutto del suo faticoso operato stesse cominciando a maturare
-Non azzardarti a toccarmi...- sussurrò nel frattempo Viola Killarney digrignando i denti, chinando appena il capo nel tentativo di scivare quella bocca bramosa e ardente di possederla
-Altrimenti?- domandò beffardo strattonandola per i capelli, gioendo al gridolino che fuoriuscì timido dalle piccole labbra. Con la punta della lingua si inumidì il perimetro della bocca, preparandosi con impazienza a quel bacio che già da tempo avrebbe voluto rubarle solo per il gusto di poter finalmente lasciare il segno sulla sua nuova proprietà. Si chinò velocemente, azzerando quel breve distacco che lo separava dal suo succulento bottino. Ma quel bacio non arrivò mai sulle labbra fine e pallide della duchessa. Veloce come un lampo, luminoso come un fulmine un coltello da burro aveva fatto irruzione nella sala, dividendo miracolosamente lord Trancy dalla sua povera preda. Con il cuore in gola e il fiato mozzato per lo spavento, Alois si era fatto notevolmente indietro rispetto alla sua posizione precedente, e osservava con occhi sbarrati quella lama che, se solo fosse stata lanciata meglio, avrebbe potuto ucciderlo
-Tsk... Se avessi mirato più a destra gli avresti centrato la testa...- scocciata e austera la voce del giovane Phantomhive fece immediatamente voltare tutti i presenti verso l’ingresso al rifugio, lasciando la giovane padrona di casa totalmente di stucco
-Perdonatemi bocchan. Non sbaglierò una seconda volta- velate nel buio, le iridi purpuree del diavolo brillarono lasciando ardere quel fuoco che stava disintegrando ogni sorta di buon senso in lui; se non fosse arrivato in tempo quel bambino sporco e indegno avrebbe macchiato quelle labbra prelibate e dolci di cui ormai se ne era assuefatto. Un ghigno malevolo si dipinse sulle labbra del diavolo, che portandosi un secondo coltello alle labbra sfiorò ironico il bordo del filo con la punta arguta e sadica della lingua
-Claude! Toglili di mezzo. Subito!- ringhiò il giovane Trancy  sollevandosi immediatamente dal pavimento lurido e sporco su cui giaceva seduto, non poteva rischiare di rimetterci le penne una seconda volta
-Yes, your highness- affermò il demone lasciando i suoi occhi brillare di una luce tutt’altro che dorata e umana. Ardevano della stessa luce oscura e demoniaca che invadeva lo sguardo infervorato del mero maggiordomo dei Phatomhive. Così, lasciando la sua faccenda in sospeso, Claude si scagliò contro il fastidioso diavolo. E non appena il demone si fece lontano, il cadavere smise di tremare, tornando ad un angoscioso rigor mortis che fece spazientire la signorina Sunset. Era ad un passo dal coronare il suo scopo, e per colpa di un bambino e del suo stupido maggiordomo impiccione, sua sorella era ancora un pezzo di carne putrida e morta.
Come una furia Claude si era avventato su Sebastian, che prontamente schivò la potente ginocchiata che avrebbe potuto storpiargli il viso. E mentre atterrava aggraziato ed agile, il ragno fece scivolare un coltello dorato dalla manica del suo frac, pronto a colpire nuovamente. Ma Michaelis parò anche questo ennesimo attacco, lasciando che l’impatto delle loro posate  risuonasse quasi come una melodica colonna sonora per l’intera ghiacciaia. Dal canto suo, Ciel si era chinato sulla fanciulla, armeggiando con il pesante catenaccio che serrava la sua caviglia gonfia e lacerata
-Ciel...- sussurrò Viola sollevata. Cecily aveva fatto un buon lavoro, e senza di loro non osava pensare cosa le sarebbe successo
-Non potete fare sempre di testa vostra, my lady...- l’ammonì il ragazzo fissandola dritta negli occhi, lasciandole intendere un sottile e continuo velo di preoccupazione, forzando con maestria le catene servendosi della lama che Sebastian aveva lanciato pochi istanti prima
-Bene, ora possiamo...- ma Ciel non riuscì a finire la frase che la giovane, prendendogli la mano, catturò la sua attenzione con una frase che fece basire il nobile conte
-Dobbiamo fermarla Ciel...-affermò seria indicando con lo sguardo la creatura che giaceva sopra il grande blocco di ghiaccio. L’essenza demoniaca che Claude aveva cominciato a iniettargli sembrava  fare effetto solo ora. Come uno scoppio ritardato, il cadavere cominciava a fare dei piccoli scatti. Si muovevano lentamente le dita degli arti superiori, facendo risuonare lo scricchiolio delle sue ossa che vagamente ricordava quello delle foglie secche in autunno
-Dio mio...- sussurrò impietrito portandosi una mano nella tasca interiore della sontuosa giacca azzurra, afferrando prontamente la pistola che avrebbe potuto porre fine a quell’abominio. Con un scatto improvviso, Alois Trancy aveva finalmente preso iniziativa, lasciando basiti gli occhi del giovane Phantomhive e della nobile Killarney. Dopo aver afferrato sgraziatamente una sporca e vecchia pala, il biondo aveva colpito con la parte metallica la mano armata di Ciel, disarmandolo come mai aveva fatto prima
-Eh no mio caro, non rovinerai i miei piani ancora una volta!- fece per caricare il conte quando, agilmente, Viola aveva afferrato saldamente il manico di quella grossa arma impropria, temporeggiando quel tanto che bastava per impedirgli di colpire il suo collega
-Togliti di mezzo stupida!- ringhiò Trancy cercando di scuotersela di dosso violentemente. Il suo corpo debole non avrebbe resistito molto, quel bracciale stringeva il suo polso risucchiandole tutte le sue energie, ma la donna mostrava apertamente il suo desiderio di non cedere così facilmente. Dal canto suo, Ciel osservava minuziosamente il pavimento nel tentativo di trovare l’arma che gli era stata catapultata via dal fastidioso ragno. La pesante penombra e la viscosità inquietante del suolo non contribuirono affatto con le ricerche. Nel frattempo, Sebastian veniva scaraventato contro una parete, con il collo serrato tra le possenti mani di Claude. Un ghigno divertito si scolpì sulle labbra del demone munito di occhiali, ma non aveva previsto la sua prossima mossa. Liberatosi astutamente dalla presa, fu il mero maggiordomo, stavolta, ad avere la meglio. Petto contro petto i due diavoli quasi non si rendevano più conto di ciò che gli stava succedendo attorno. Sembravano essersi distaccati dal regno mortale, rinchiusi all’interno di un luogo dove solo il caos e la forza regnavano sovrane. Questa volta uno dei due sarebbe stato annientato, questa convinzione trasudava negli sguardi violacei dei demoni, che ringhiando s’avventarono nuovamente l’uno sull’altro. Un suono metallico fece ribollire il sangue di tutti i presenti, che quasi meccanicamente voltarono lo sguardo sul fondo del seminterrato: nelle mani pallide e tremanti, Daisy Sunset, che passivamente era rimasta a guardare, adesso brandiva una pistola, e quest’ultima era puntata verso il petto esile del giovane conte Phantomhive. Ciel rimase paralizzato da quella visione, perdendosi nello sguardo freddo e bagnato della donna che minacciava di ucciderlo con un colpo: aveva le goti arrossate per il pianto, le fremevano le labbra mentre caricava l’arma contro di lui. Deglutì lentamente.
Si sbarrarono di colpo le iridi del diavolo corvino, che preso dalla visione pericolosa non si rese conto del demone alle sue spalle. Preso alla sprovvista Sebastian venne immobilizzato da migliaia di fili sottili e taglienti che gli avvolsero in un battito di ciglia gambe, braccia, busto e collo. Bloccato dalla testa ai piedi Sebastian Michaelis cominciò a dimenarsi, mentre con passo incerto la rossa si avvicinava al suo prezioso bocchan
-A quest’ora mia sorella poteva essere viva... Tu, stupido bambino ficcanaso...-
Ciel trattenne il respiro
-Bocchan!- si strapparono le vesti del mero maggiordomo, e del sangue cominciò a colare sulla sua carne diafana
-No... no...- con il cuore in gola le mani di Viola lasciarono la presa, discostando violentemente lord Trancy dal suo corpo, approfittandone quasi per darsi uno slancio potente
-Ciel!!!- Gridò il suo nome quando la rossa fece fuoco. Ciel serrò gli occhi.
***
 Il rampollo dei Phantomhive teneva gli occhi chiusi, respirando profondamente. Sentiva il sudore freddo, la cassa toracica compressa tra il muro e qualcos’altro. Cos’era successo? Erano passati pochi frammenti di secondi e già non lo ricordava più. L’olezzo acre di morto e umido si mescolava alla puzza della polvere da sparo, e questo fece gelare l’animo del giovane conte. Non aveva provato dolore, per quanto assurdo fosse pensarlo... E sentiva ancora il suo cuore battergli nel petto. Ingoiò la saliva che gli si era formata in bocca, e lentamente aprì gli occhi. Le iridi del conte si annebbiarono alla vista della folta chioma castana che gli accarezzava il viso. Era stata una schiena sinuosa e rigida ad averlo immobilizzato contro il muro, impedendo alla pallottola di colpirlo. C’era un angoscioso silenzio che era piombato senza pietà. Ciel ebbe un tremore quando assaporò la fragranza dolciastra che quei boccoli emanavano
-V-Viola...?- il piccolo lord non poteva vederla, la ma fanciulla sostava contro di lui con una mano sul torace, lo sguardo sperso nel vuoto che tentava di fissare il pavimento. Scostò lentamente quella mano dal suo diaframma e osservò compiaciuta la vasta macchia purpurea che cominciava a tigere le sue dita e la sua veste. La duchessa sorrise, e socchiudendo appena le palpebre si accasciò a terra. Ma il suo corpo non sfiorò neanche quel lurido pavimento, poiché le mani del diavolo erano giunte proprio per impedirlo. Sebastian perdeva sangue dai polsi, dalle caviglie e dal collo, ma non sembravano fargli male; nessuna ferita sarebbe riuscita a provocargli dolore quanto la consapevolezza che la sua duchessa, la sua Viola, aveva fatto ciò che invece lui avrebbe dovuto fare. Stesa fra le sue braccia, lo sguardo dolce della lady carezzò il viso di Ciel, che lentamente s’inginocchiò al suo fianco. Aveva la faccia smorta, lo sguardo lucido e tetro, sembrava tremare come una foglia
-Non fare quella faccia Ciel...- sussurrò la donna sorridendo
-Non dovevi metterti in mezzo! Perché l’hai fatto stupida? Perché?- ringhiò il più piccolo, lasciandosi coinvolgere dalla marea di sentimenti confusi, che si nutrivano di quel curioso senso di disperazione che si propagava nella sua anima. Un singhiozzo mozzò il fiato del piccolo lord. Per la prima volta Sebastian ammirò una gemma rigargli le guance
-Te lo dovevo Ciel...- rispose portandogli una mano al viso, cogliendo quella lacrima preziosa che sdegnava la fama del cane della regina: freddo, distaccato... Senza cuore
-Dimmi che come mezzosangue sei in grado di autorigenerarti. Dimmi che non morirai...-
-Ciel...- sussultò cercando di spiegargli la situazione gravosa, ma il ragazzo non gli permise neanche di terminare la frase che immediatamente gridò
-Dimmelo!- la voce, rotta dal pianto, di Ciel immediatamente fece sussultare il suo mero maggiordomo, che quasi automaticamente abbassò lo sguardo, fissando quello incerto e timido della sua amata duchessa. Non nascondeva che anche lui voleva sentirselo dire, la quelle lacrime attorno alle sue dolci iridi verdi immediatamente gli fecero capire che non ci sarebbe stato alcun lieto fine stavolta
-I rubini che porto al polso mi hanno privata di tutte le mie capacità demoniache...- roca e profonda la tosse colpì la gola della donna, cominciando a farla penare tra le braccia del maggiordomo, che dal canto suo la strinse al petto
-Eppure deve esserci un modo...- sussurrò chinando il viso sulla sua testa, baciandole i capelli con dolcezza. Il suo tono tuttavia era appesantito da un amaro senso di impotenza. Era bravo a togliere la vita delle persone, piuttosto che salvarla. Tuttavia i suoi occhi cremisi non smisero mai di ardere, spersi nel vuoto di quel verde intenso incastonato nelle iridi della sua donna; alla continua ricerca di una soluzione
-S-Sebastian...- soffocata dal suo stesso respiro, la donna era riuscita a pronunciare quel nome con un lieve cenno di un sorriso. Tremante e gelida, la sua mano accarezzò la guancia di quell’uomo, sospirando languida. Le sue dita gli avevano macchiato la pelle col suo stesso sangue. Afferrandola nella sua, Sebastian Michaelis baciò quella mano piccola e affusolata nella sua più rude e grottesca perfezione, assaporando il gusto acidognolo e saporito di quel liquido porpora. Sentiva parte di quell’anima pura dissetargli le labbra, sciogliendosi sulle sue papille gustative. Preso da un nervoso attacco di mutismo, Ciel osservò i due amanti innanzi a lui, e un groppone si sistemò sulla sua gola
-Idiota! Se lei muore tutti i miei piani andranno in fumo!- si sentì di sottofondo lo sfogo del giovane Trancy, che con un ghigno maligno stringeva i pungi serrando i denti, digrignandoli quasi come se stesse ringhiando come una bestia priva di autocontrollo. La cassa toracica di Viola si sollevava lentamente, e il suo sguardo cominciava a velarsi dell’inquietante pallore della morte. Sbiancavano le sue guance vellutate, le labbra di rosa parevano perdere il loro soffice candore
-Viola...- pareva migliore il suo nome pronunciato da quelle labbra diaboliche. Sentiva il cuore batterle forte, ma non era il termine della vita a farlo accelerare, ma ben sì il pensiero che finalmente era di nuovo con lui, con quel diavolo di maggiordomo che oramai l’aveva rapita, soggiogando una volta per tutte il suo gigantesco ego.
L’Inghilterra non era mai stata famosa per un alto tasso di terremoti o frane. Ma quel giorno, a quell’ora precisa, quando una vita minacciava di spegnersi, la terra tremò sotto i loro piedi. Cumuli pesanti di polvere cominciarono a colare a picco dalle fessure del soffitto, gli attrezzi arrugginiti appesi alle pareti scivolarono al suolo, lasciando che delle profonde crepe squarciassero l’intera parete. Una fiamma, paragonabile alla lingua ardente del sole, scoppiò al centro dello scantinato, brillando di una luce scura. Sembrava pece che aveva raggiunto l’ebollizione, lasciando intravedere spoglie demoniache all’interno di quelle sinuose fiamme ballerine. Occhi che s’infiammavano del violaceo crepuscolo, mostrarono la loro brutale cattiveria. E mentre quei poveri superstiti cercavano di mettersi al riparo, le labbra di lady Killarney si spalancarono intimidite, sussultando tremanti
-Sebastian ma cosa sta...?- cercò di domandare l’ingenuo conte, non rendendosi conto che quello che avevano davanti era una presenza oscura di cui perfino l’inferno stesso poteva provarne timore. Ciel era stretto al corpo del suo maggiordomo, con i capo compresso nel suo petto, come se il volere del suo diavolo corvino fosse proprio quello di non permettergli di guardare la molesta figura che, con passi solenni e ben pronunciati, si faceva avanti. Il giovane Phantomhive ebbe un brivido quando riconobbe il grido sgraziato e stridulo della signorina Sunset sovrastare quel silenzio scoppiettante. Quasi per confortarlo dalla melodia di sangue che cominciava a suonare per l’intera villa, la mano di lady Viola era giunta nella sua, stringendogliela con quella poca forza che oramai le era rimasta
-Non avere p-paura Ciel- sentì la sua voce come un sibilo che trapassò la stoffa pesante delle vesti del suo maggiordomo
-Ma cosa diavolo è?!- chiese posandosi una mano sulle labbra, evitando che i conati di vomito, causati dall’odore deciso e aspro del sangue, che cominciavano a inacidirgli l’esofago, potessero fuoriuscire. Gli girava la testa, ostentando ogni tentativo di perdere i sensi
-Quello, è mio padre- furono le ultime parole che il piccolo Phantomhive sentì dalle labbra della duchessa. Poi il buio e il vuoto lo avvolsero in un forte abbraccio. 
       
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler / Vai alla pagina dell'autore: virgily