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Autore: PuccaChan    24/01/2012    13 recensioni
Cosa accadrebbe se Usagi si stancasse dell'eterna indecisione di Misaki riguardo al loro rapporto e prendesse una decisione molto grave?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Akihiko Usami, Eri Aikawa, Misaki Takahashi, Nuovo Personaggio, Takahiro Takahashi
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Thomas… no.”
Akihiko si tirò indietro non appena sentì il contatto delle sue labbra sulle proprie, come se si fosse scottato. Ma stava per succedere davvero? Impossibile. Era tutto sbagliato.
Seguì un lungo momento di silenzio assoluto.
“Scusami” mormorò alla fine Thomas.
Il silenzio si prolungò.
“Beh, a quanto pare la tua risposta è questa.”
Akihiko non seppe cosa rispondere: il più dispiaciuto era  proprio lui. Si girò a guardare il suo amico. “Thomas… tutto questo non ha niente a che fare con te. Voglio dire… non è colpa tua. Sono io che ho sbagliato. Ho sbagliato a venire qui, ad approfittarmi della tua ospitalità…”
“Non è così, non dirlo…”
“Sì, invece. Sono piombato qui senza minimamente pensare a te o ai problemi che potevo darti, sono stato un egoista. Sono io che devo scusarmi con te, Thomas…”
Tacquero di nuovo entrambi. Akihiko poteva sentire i propri pensieri che gli vorticavano in testa e cozzavano da tutte le parti. “Sei innamorato di me?” gli chiese piano.
Thomas lo guardò a lungo prima di rispondere. “Io credo di non aver mai amato davvero nessuno” cominciò. “Non ho problemi a conoscere gli uomini, esco spesso e so come divertirmi, se capisci cosa intendo… però finisce sempre tutto lì. Non che la cosa mi dispiaccia, sono libero di decidere della mia vita e mi sta bene così. Però… ecco, credo che il tuo ritorno mi abbia fatto ripensare prepotentemente a quel giorno… quando io e te ci siamo baciati per la prima volta. Te lo ricordi?”
Akihiko annuì senza parlare. Come poteva dimenticarlo? Quello era uno dei suoi ricordi più preziosi. Da bambino, appena trasferito a Tokyo, se lo coglieva la nostalgia per la sua vecchia vita gli bastava riportare alla mente la sensazione di dolcezza delle labbra del suo amico per sentirsi subito meglio.
“Nessun altro bacio è mai stato come quello. Il mio primo bacio, dato a una persona a cui tenevo veramente tantissimo” riprese Thomas appoggiando una mano sulla sua, quasi con esitazione. “Ho sentito tremendamente la tua mancanza quando sei partito, per mesi e mesi. E riaverti qui adesso… mi è sembrato come se mi fosse stata offerta una seconda occasione...” La voce di Thomas si spense in un sussurro.  
“Io non posso innamorarmi di nessuno” disse Akihiko dopo un po’.
“Non puoi o non vuoi?” gli chiese Thomas guardandolo negli occhi.
Lui sostenne il suo sguardo e considerò la domanda a lungo, prima di dire: “Forse entrambe le cose. Sai, la mia storia con Misaki è ancora così recente… è sempre nei miei pensieri, non sono ancora riuscito a staccarmi da lui… ma non è solo questo. La verità è che non ho più la forza né la voglia di tornare a innamorarmi. Amare qualcuno vuol dire consegnarsi senza riserve all’altra persona, far sì che lei disponga dei tuoi sentimenti e ne abbia cura… ma se non lo fa, essi s’infrangono ed è quasi impossibile ricomporli…” Fece una pausa e guardò il suo amico, che lo osservava con attenzione. “Non so se riesci a capire quello che sto cercando di dirti…”
“Sì… forse,” rispose Thomas; sentì che Akihiko ricambiava la sua stretta di mano, e allora sorrise. “Ho capito. Non dovevo farlo. Sono stato un insensibile e non ho tenuto conto dei tuoi sentimenti, e di questo mi dispiace veramente. Puoi perdonarmi e considerarmi ancora tuo amico?”
“Come ti viene in mente di chiedermelo?” si stupì Akihiko. “Non mi sognerei mai di mettere in discussione la nostra amicizia.”
Thomas si mise a ridere apertamente e Akihiko si unì a lui. Era bello avere un amico come Thomas che lo capiva al volo e con cui poteva parlare di qualunque cosa, anche se vivevano tanto lontani.
“Ehi, posso farti una domanda?”
“Sì, certo.”
“Ti va di parlarmi di Misaki? Se però non ne hai voglia non fa niente… lo capirei.”
Akihiko sentì il cuore balzargli in gola. Parlare di Misaki… e cosa poteva dire? “Cosa vuoi sapere?”
“Beh… che tipo è? Cosa ti piaceva di lui?”
“Cosa mi piaceva di Misaki… non è facile dirlo,” cominciò Akihiko. “Lui era… tante cose diverse. Lo sai come ci siamo conosciuti? È il fratello minore del mio migliore amico dei tempi del liceo, di cui sono stato innamorato perso. Io  gli davo ripetizioni.”
“Dici davvero?”
“Sì. Un bel giorno Takahiro, è questo il nome di suo fratello, ci ha annunciato che stava per sposarsi. Ovviamente il mio cuore è andato in frantumi: in quel momento ho capito che non c’erano più speranze per me. Allora Misaki mi ha preso in disparte e si è messo a piangere.”
“Come, a piangere?”
“Singhiozzava come un bambino, avresti dovuto vederlo. E ce l’aveva a morte con suo fratello, diceva che era insensibile ed egoista. Piangeva per me, per il mio cuore infranto. Vedi, Misaki è quel tipo di persona; ti dà tutto sé stesso e anche di più, e la cosa più bella è che non se ne rende nemmeno conto. E così, nel vedere le sue lacrime, ho iniziato a pensare: Possibile che questo ragazzo che conosco appena sia davvero quello giusto per me? Potrei riuscire ad amarlo? E… beh, l’ho fatto. L’ho amato davvero moltissimo, la mia vita è ricominciata da quando l’ho incontrato, e forse… non ho ancora smesso di amarlo. Almeno credo…” Akihiko chinò la testa, perso nelle sue riflessioni.
“Secondo me non hai bisogno di crederlo; lo sai che è vero,” disse Thomas.
“Cosa…?” mormorò Akihiko, tornando a guardarlo.
“Ma sì, è proprio così. Guardati, ti sei animato tutto mentre parlavi di lui. Dici che non eri più felice, che non riuscivi a lavorare… e cos’hai fatto in questi giorni? Sei stato felice? Sei forse riuscito a scrivere qualcosa? Non mi pare.”
“Ma io…”
“Akihiko.” Thomas si sporse verso di lui per guardarlo bene in faccia. “Tu ami ancora quel ragazzo. E dentro di te stai pensando di aver fatto un’enorme, imperdonabile stronzata a lasciarlo, e vorresti tanto ripensarci. Ma sei troppo orgoglioso per ammetterlo, vero?”
Akihiko sostenne il suo sguardo e rispose: “Io… onestamente non lo so. Se solo avessi un segno… una prova che valga davvero la pena tentare di rimediare a ciò che è stato…”
A quelle parole Thomas spalancò gli occhi e la bocca, mentre un lieve rossore gli saliva alle guance; quindi chinò la testa e si mise a ridere sommessamente.
“Ehi, che ti succede?” fece Akihiko.
“Vuoi una prova, eh?” rispose Thomas tornando serio e sollevando gli occhi azzurri su di lui. “Bene, posso dartela io. Anche se sono quasi sicuro che dopo mi massacrerai di botte, ma tant’è… me lo sarò meritato. Hai presente il campanello di prima?”
“Sì?”
“Non era un venditore porta a porta. Era Misaki.”
Akihiko impallidì all’istante e strabuzzò gli occhi; le sue iridi viola si allargarono a dismisura. “Che… cosa…?”
“Era qui. È venuto per te. E io l’ho mandato via.” Thomas si stropicciò nervosamente le mani, non aveva il coraggio di guardarlo in faccia.
“Che cosa gli hai detto?” sussurrò Akihiko.
“Che non eri in casa. E che comunque ormai.. c’ero io con te.”
“Gli hai davvero detto questo?”
“Sì.”
“E… lui cos’ha risposto?”
“Mi ha chiesto di renderti felice.”
Akihiko si accasciò all’indietro appoggiando la schiena sul divano, con un lungo sospiro.
“Mi dispiace, Akihiko. Io credevo… volevo essere io a prendermi cura di te, come ti ho già detto. Ma quando l’ho visto sulla porta, devo ammettere che le mie convinzioni hanno iniziato a vacillare… e poi, adesso so per certo che non sono io quello che riuscirà a renderti felice. Potrai esserlo soltanto con lui.”
Akihiko girò lentamente la testa verso di lui, ma non disse nulla.
“Avanti, dimmi che non vuoi vedermi mai più. Dimmi che sono una merda, prendimi a pugni, se vuoi. Ma ti prego, Akihiko… dì qualcosa.”
Akihiko tacque ancora per un pò, poi cominciò a bassa voce: “Thomas… ti rendi conto che quello che mi hai appena detto è molto grave?”
“Sì.”
“Dovrei proprio prenderti a pugni, come hai detto tu.”
“Assolutamente.”
“Ma non lo farò.”
“Non… lo farai?” fece Thomas sbalordito.
“No. Non alla luce di quanto è successo prima. Io capisco perché l’hai fatto, Thomas, e non ce l’ho con te, davvero. Tu sei mio amico e ci eravamo promessi di restare sempre amici, no? E io tengo in grande considerazione le promesse. In questo momento, a dire il vero… riesco solo a pensare a quanto sono felice.”
Akihiko gli fece un sorriso bellissimo, e Thomas si sentì scaldare il cuore come sempre; i sorrisi di Akihiko erano così splendenti. Si alzò dal divano e cominciò a camminare avanti e indietro, parlando a ruota libera.
“Lui è venuto fin qui per me! Lo capisci? Non me lo sarei mai aspettato… ah! Devo vederlo subito!”
“Certo che devi,” rispose Thomas, alzandosi dal divano e sorridendogli. “Non ho idea di dove possa essere andato, ma… farò tutto quel che potrò per aiutarti.”
Akihiko raggiunse il suo amico e lo abbracciò, cercando di mettere in quell’abbraccio tutto l’ affetto che sentiva per lui.
“Thomas… grazie di tutto.”

 

~~~

Il cielo di Tokyo era grigio e deprimente come solo un freddo pomeriggio di Dicembre poteva essere. Misaki appoggiò la fronte sul vetro della finestra e sospirò, guardando il traffico che scorreva nella via sottostante.
Erano passati 3 giorni da quando era rientrato dall’Inghilterra: il viaggio peggiore di tutta la sua vita. Dopo l’incontro con Thomas, era salito sul primo taxi e si era fatto accompagnare direttamente all’aeroporto; non aveva prenotato alcun albergo, speranzoso com’era che quando avrebbe visto Usagi-san tutto sarebbe tornato magicamente a posto come se non fosse mai successo… che ingenuo. E una volta lì aveva anche dovuto aspettare 9 ore prima di riuscire a imbarcarsi sul primo volo per Tokyo.
Adesso ci sono io con lui.
Quella frase pronunciata freddamente da quell’uomo biondo e affascinante gli riecheggiò nel cervello per l’ennesima volta. Non riusciva a pensare ad altro e perfino sull’aereo aveva pianto per ore come un ragazzino, facendo preoccupare seriamente le hostess e inducendole a condurre da lui quella giovane specializzanda in psichiatria… la quale, poveretta, non aveva trovato niente di meglio che offrirgli alcune pillole di Valium che lei stessa prendeva per combattere la paura di volare. Almeno lo avevano aiutato a smettere di singhiozzare e ad addormentarsi.
“Misaki, sicuro di aver preso tutto?” chiese in quel momento Takahiro.
“Sì, è tutto qui” disse il ragazzo voltandosi verso il fratello, il quale stava chiudendo con il nastro adesivo l’ultimo scatolone. Era infatti tornato nell’appartamento di Usagi-san per liberarlo finalmente di tutte le sue cose, proprio come lui gli aveva chiesto. Anche se forse non ci sarebbe più tornato…
Adesso ci sono io con lui.
Misaki tirò su col naso e Takahiro lo guardò preoccupato. “Ehi, fratellino,” sussurrò affettuosamente, posandogli una mano sulla testa, “stai tranquillo, abbiamo quasi finito. Adesso ce ne andiamo.”
“Sì… grazie, niichan” mormorò Misaki con voce rotta.
Prese un borsone e una delle scatole, mentre Takahiro si caricava delle altre due, e scesero al piano inferiore.
Misaki diede un’ultima occhiata in giro e di nuovo le lacrime si affacciarono agli angoli dei suoi occhi. Quanto gli sarebbe mancato quel posto! Era stato così felice lì dentro e anche così disperato; lo avrebbe sempre associato al ricordo di Usagi-san, com’era naturale che fosse... ma adesso doveva andare avanti. Ci sarebbe mai riuscito…?
“Ehm, allora… sei certo di non aver dimenticato nulla?” chiese Takahiro.
“Niichan, forse è la centesima volta che me lo chiedi,” rispose Misaki sbuffando. “Te l’ho già detto, ho preso tutto.”
“Oh, bene, bene. No, perché in caso contrario possiamo aspettare ancora un po’ e controllare meglio…”
Misaki sollevò un sopracciglio. A dire il vero, era da quando erano arrivati che suo fratello si comportava in modo strano: continuava a dirgli di fare attenzione e di non avere fretta… che cos’era tutta quella scena? “Si può sapere che ti prende?” gli chiese.
In quel momento suonarono al campanello; Takahiro sussultò visibilmente, ma Misaki parve non farci caso. Chi poteva essere?
“Vado io!” esclamò Takahiro correndo a premere il pulsante del citofono. “Apro anche il portone esterno, così chiunque sia entrerà più facilmente… tu aspetta lì, mi raccomando!”
“Ma certo che aspetto qui, dove vuoi che vada?” rispose Misaki stringendosi nelle spalle.
Probabilmente era Aikawa-san che veniva a dargli una mano: gli aveva telefonato a casa di Takahiro il giorno dopo il suo ritorno per sapere com’era andata, e quando aveva saputo la cattiva notizia si era praticamente sciolta in lacrime. Poi gli aveva detto di contare sul suo aiuto per il trasloco, salvo poi mandargli un sms per avvisarlo che aveva degli impegni di lavoro… forse era riuscita a liberarsi in tempo.
Misaki udì la porta d’ingresso che si apriva e si chiudeva, e allora posò i bagagli sul pavimento e andò ad affacciarsi. “Niichan, chi

Si bloccò, a bocca aperta e occhi spalancati, come se avesse visto un fantasma.
“Ciao, Misaki” disse Akihiko.

  
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