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Autore: dilpa93    25/01/2012    15 recensioni
Kate aveva sottovalutato delle parole... parole che avrebbe fatto bene ad ascoltare con attenzione
tratto dal testo
"Risalì fino a raggiungere il braccio; gli sfiorò le dita e, quando raggiunse il dorso, sentì qualcosa..."
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Javier Esposito, Kate Beckett, Kevin Ryan, Quasi tutti | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Quarta stagione, Nel futuro
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Il freddo le pungeva la pelle passando attraverso il golfino azzurro.
I suoi occhi si erano ormai abituati al buio.
Aveva il fiato corto, come se si fosse appena svegliata da un incubo nel cuore della notte, e i suoi respiri si tramutavano velocemente in piccole nuvolette appena uscivano dalla sua bocca.
Il dolore alla caviglia era lancinante, ma doveva resistere, doveva trovare il modo di andarsene da lì, dovunque fosse questo “lì”.
 
Sentì il rumore di acqua che scorreva nelle tubature propagarsi nell’aria; aveva sete, tanta sete, e la gola e le labbra erano completamente secche, ma non doveva pensarci, non adesso almeno.
Poi rumore di passi e un tonfo “chi c’è?” urlò, udendo subito dopo la sua voce rimbalzare… l’eco era così forte che provò quasi male nel sentirlo, e solo allora si accorse di un rivolo di sangue che le usciva dall’orecchio.
Riprese a camminare zoppicando, sempre diritta, senza mai guardarsi indietro. Vide un bagliore flebile, e la speranza di trovare una via di fuga le fece riacquistare le forze.
 
Corse, corse come se la stessero inseguendo, come se da quello dipendesse la sua vita, e in fondo sarebbe potuto essere così.
 
Notò una lampadina sospesa al soffitto; la luce fioca si diffondeva con difficoltà. Percepì una presenza, poggiò la mano sul fianco, in quel gesto automatico, sperando di trovare la sua glock nella fondina, ma purtroppo non fu così. Prese un respiro profondo, mentre, con la paura in volto, si voltò, e fu lì che lo vide… legato per i polsi ad una sedia in legno massiccio.
 
Il riverbero gli tracciava il profilo illuminandogli la parte sinistra; si inginocchiò davanti a lui, allungando la mano carezzandogli la gamba. Risalì fino a raggiungere il braccio; gli sfiorò le dita e, quando raggiunse il dorso, sentì qualcosa di metallico. Le lacrime cominciarono a scenderle copiose quando si accorse che si trattava di un chiodo.
 
Aveva letteralmente la mano inchiodata alla sedia.
Quanto dolore deve aver provato; il suo fino ad ora era niente in confronto.
 
Del bianco della camicia che aveva indossato quella mattina ne era rimasto  ben poco, ormai era ricoperta da terra e polvere, e da piccole strisce vermiglie; sul petto scoperto poté sentire, sotto le sue dita, dei tagli, non troppo profondi, ma abbastanza per lasciargli una cicatrice… più di una.
Arrivò a toccargli il volto sentendo l’ispida barba incolta.
In macchina quel giorno glielo aveva fatto notare “non ho avuto il tempo di farmela… sono stato impegnato con Alexis” aveva tentato di giustificarsi “bè… non stai tanto male” no, non stava affatto male, anzi.
Sorrise a quel pensiero, a quando solo una ventina di ore prima credevano che sarebbe stata una giornata come tutte le altre.
 
Passò le mani trai suoi capelli e poggiò la testa sulla spalla attenta a non fargli male. Sentì qualcosa di caldo solleticarle la guancia, vi passò la mano portandola poi alla luce… sangue.
Il suo incubo peggiore, che lui potesse essere morto, morto per un colpo d’arma da fuoco, avrebbe potuto trasformarsi in realtà, in un’orrida realtà.
Era talmente scossa che, quando poco prima gli aveva toccato il torace, non si era accorta che questo si gonfiava ad ogni suo respiro.
Con le mani tremanti si riavvicinò alla tempia, realizzando che, fortunatamente, si trattava solo di un’escoriazione superficiale; vista la forma probabilmente era stato il calcio di una pistola a causarla.
“Castle…” sussurrò debolmente “cosa ti hanno fatto…?” domandò retorica notando che un occhio era completamente tumefatto e che, lungo la narice, c’era una striscia di sangue ormai coagulata… la ferita alla tempia doveva essere relativamente recente, pensò. Ecco cosa poteva essere stato il tonfo di prima.
“ti prego non arrenderti, non ancora!” provò a tirarsi in piedi, ma la caviglia, ormai livida e gonfia, cedette “è tutta colpa mia, solo colpa mia” lanciò un urlo liberatorio; la pressione, la paura, l’angoscia, la rabbia… era troppo da sopportare in quel momento “ce la faremo, mi hai sentito? Rick… insieme risaliremo” gli disse con lo sguardo ancora fisso sul pavimento.
Poi tornò a concentrarsi sul suo volto, gli occhi ancora chiusi… perché non si svegliava? Perché non si sbrigava a mostrarle quegli splendidi occhi blu che la facevano sussultare ogni volta che li vedeva, anche se probabilmente ora sarebbero stati spenti e rossi come non mai?
C’erano solo due possibilità: era svenuto a causa dei numerosi colpi e della perdita di sangue, oppure era stato drogato; e proprio mentre pensava questo, sentì una pressione sul collo.
 
La testa cominciò a girarle e, poco prima di perdere i sensi, le vennero in mente “quelle” parole a cui non aveva prestato mai la dovuta attenzione “avete fatto un passo falso, avete svegliato il drago”.
 
E solo in quel momento comprese quanto fossero vere…
 
Erano solo delle pedine nelle sue mani, lei torre e Castle alfiere; sperava soltanto che lui non le mangiasse, sperava solo di riuscire a dare scacco matto al re.
 
 
ANGOLO AUTRICE:
Non so cos’altro dire se non… siate clementi con me nelle recensioni, vi prego! (faccina supplicante)
baci 
  
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