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Autore: d r e e m    25/01/2012    5 recensioni
“Non dirgli niente, se ti chiede qualcosa tu non sai niente” sussurrò Damon e gli occhi azzurri si fecero vivi tra il fogliame.
“E se mi chiede qualcos’altro?” domandò il bimbo.
Damon alzò gli occhi al cielo limpido.
“Inventati qualcosa, sei intelligente no?” concluse.

SalvaBros!child
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Stefan Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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brother. (find me)

 

“Perché ti nascondi?”.
Stefan inclinò leggermente il viso rotondo e paffuto e, con la mano sporca di terriccio, distolse alcune foglie di quell’arbusto così che due furbi occhi color zaffiro potessero far capolino in mezzo a tutto quel verde.
Damon era acquattato come un gatto randagio, con i calzoni strappati che lasciavano intravedere le ginocchia sbucciate e la camicia arricciata sprovvista di bretelle.
“Vattene Stefan!
Sto giocando da solo!” esordì il grande di casa Salvatore facendo trapassare la mano tra le foglie così da dare un leggero spintone al bimbo di appena sette anni.
Stefan ricadde all’indietro, ma il viso e gli occhi verdi si erano già illuminati al solo pensiero che forse anche lui avrebbe potuto giocare a quel gioco.
In effetti Stefan per essere un bambino di soli sette anni era particolarmente sveglio per la sua età; aveva una sensibilità maggiore degli altri bambini che gli permetteva di comprendere quando in casa era successo qualcosa di brutto, quando gli affari del padre andavano male, quando il fratello mentiva.
“Ti stai nascondendo da papà, non è vero?” snocciolò con un sorrisetto quasi divertito e quasi complice e imitò anche lui il fratello, acquattandosi e facendosi largo con le mani per far entrare la testa in quel cespuglio di rovi così da poter parlare faccia a faccia con Damon.
Damon si accigliò e fece una smorfia, una di quelle che aveva visto fare ai ragazzi che venivano a volte a rubare frutti nel giardino della casa.
Il minore dei Salvatore notò un oggetto rosso ben stretto tra le mani del fratello e Damon, notando l’espressione curiosa dipinta sul suo volto, decise di svelare l’oggetto che teneva così stretto a sé.
Il ragazzo dai ciuffi corvini lanciò la mela in aria e con un sorriso beffardo la prese al volo e dopodiché la portò alle labbra trangugiandone un’ampia fetta succosa.
Gli occhi di Stefan erano grandi e adulatori alle azioni del fratello.
“L’ho visto tanto arrabbiato. Hai fatto bene a nasconderti qui, dopo quello che hai combinato” asserì il bimbo osservando una formica che distratta stava risalendo lungo il suo scarponcino.
“Non mi sto nascondendo da papà. Sto giocando, te l’ho detto” sputò Damon e si accoccolò sul letto di foglie che si era procurato per avere un appoggio più morbido.
Il viso di Stefan si accese.
“Allora posso giocare con te?” chiese con maggiore entusiasmo sporgendosi sempre più verso la stretta apertura tanto da sgualcirsi un lembo della giacca nuova.
“No! Questo è un gioco per grandi” spiegò brevemente il fratello liquidando alcuna possibilità di ulteriori richieste.
Stefan sembrò imbronciarsi, ma la vista di una chiocciola lo affascinò così tanto che pochi minuti dopo provò con un'altra domanda, dimentico del rifiuto del fratello.
“Almeno mi dici come stai giocando?” domandò e Damon buttò il torsolo della mela già ossidata.
“Faccio finta che – che sono scappato di casa” tentennò il ragazzo e si liberò dalla stretta del cappello facendo prendere respiro ai boccoli color della notte.
La meraviglia e il desiderio sembrarono colmare gli occhi smeraldini di Stefan.
“Ma papà si arrabbierà se stai fuori fino a quest’ora” mugolò Stefan stropicciandosi gli occhi offuscati dalla sottile luce rossastra che sfumava già oltre le alte montagne.
Damon si accigliò e con un gesto avventato mise le mani tra i capelli color miele del fratello, arruffandoglieli, tentando di farlo uscire da quel buco che conduceva al suo nascondiglio.
“E tu non gli dirai dove sono!” borbottò Damon puntando lo sguardo cupo e minaccioso negli occhi del fratello.
Stefan si accigliò e incrociò le sottili braccia al petto mettendo in bella mostra le macchie verdi dell’erba in corrispondenza dei gomiti.
Damon lo guardò con la coda dell’occhio: era la sua giacca nuova, al padre non avrebbe fatto piacere. Un sorriso increspò le labbra del ragazzo.
“Ti ho trovato!” esordì tutto d’un tratto il bimbo indicando il fratello con il ditino.
Damon roteò gli occhi.
“E con ciò?” chiese.
“Io stavo giocando a nascondino perciò ho vinto io!” balbettò Stefan dondolando sui talloni, non riuscendo più a distinguere perfettamente la sagoma dietro il cespuglio.
“Stefan ti devi togliere questo vizio di giocare con me quando io non ci sono!” sbuffò Damon nonostante la lieve ingenuità e stupidità del fratello lo facesse un po’ divertire.
Stefan dischiuse appena la bocca, pronto a protestare e a convincere nuovamente il fratello a venire con lui a casa, ma la voce austera del padre gli fece drizzare le orecchie.
Giuseppe Salvatore avanzava lento e deciso verso il figlio più piccolo, con le mani dietro la schiena e il gilet leggermente aperto. La sua falsa noncuranza e calma preoccupò i fratelli più di un tuono in una serata di pioggia.
Stefan si girò allarmato verso un punto indefinito tra le foglie.
“Non dirgli niente, se ti chiede qualcosa tu non sai niente” sussurrò Damon e gli occhi azzurri si fecero vivi tra il fogliame.
“E se mi chiede qualcos’altro?” domandò il bimbo.
Damon alzò gli occhi al cielo limpido.
“Inventati qualcosa, sei intelligente no?” concluse.
Stefan sentì una presenza dietro le sue spalle.
“Che stai facendo lì per terra?” chiese il padre, in viso la medesima espressione stanca e austera.
Stefan balbettò non riuscendo a trovare una scusa decente.
“Rientra in casa, Stefan. Si sta facendo buio” disse, questa volta bonario ma il bambino tentennò a seguire il suo consiglio.
Non voleva tornare a casa, non senza suo fratello.
Alla fine si alzò da terra, si spolverò i calzoni e la giacca, e con gli scarponcini si avviò trotterellando verso la sua abitazione.
“Stefan”
Un altro richiamo severo di Giuseppe e Stefan arrestò i suoi passi.
“Hai visto Damon?” chiese, gli occhi sottili e quasi neri.
Il bimbo scrollò il capo nervosamente. Il cuore gli batteva forte forte.
Il padre gli regalò un sorriso bonario e osservò il proprio figlio continuare il cammino verso la villa.
Disse qualcosa, ma già le gambette di Stefan si muovevano veloci attraverso l’immenso prato verde.
All’ingresso MaryBeth lo avrebbe accolto con il solito sorriso amorevole e non avrebbe sentito le urla e le lamentele di Lady Jo, la governante, che con i suoi occhiali in bilico sul naso aquilino lo avrebbe condotto a fare il bagno; a cena avrebbe mangiato lo stufato verso cui tante volte aveva arricciato il naso, bevuto la sua zuppa calda e atteso la benedizione del padre alle nove, per poi rifugiarsi tra le lenzuola della sua stanza.
Una sera come tutte le altre con la sola eccezione che non avrebbe saputo a chi rivolgere lo sguardo disgustato mentre la carne densa traballava nel suo cucchiaio, insieme a chi spintonarsi per salire le scale che portavano alla propria camera, a chi dare la buonanotte prima di addormentarsi.
Una sera come tutte le altre con la sola eccezione che non c’era Damon.

 

“Al diavolo mio padre, al diavolo anche Stefan, oh al diavolo tutti quanti”
Imprecare era la cosa che a Damon Salvatore riusciva fare meglio, molto meglio di resistere al freddo.
Il corpo del ragazzo appena dodicenne era raggomitolato su se stesso e scosso da sussulti a causa della temperatura rigida di quella notte, più fredda e Damon poteva giurare che non si trattava solo di freddo corporeo.
Il Salvatore cercò di impedire ai denti bianchissimi di battere e alle labbra di bruciarsi con il freddo, ma il suo corpo sembrava non più rispondere ai suoi comandi.
Tremava come una foglia in quel groviglio di radici presso cui aveva trovato riparo, allontanandosi dall’arbusto da cui aveva assistito a tutta la conversazione di Stefan e suo padre.

Figlio ingrato lo aveva chiamato, ma non per questo il suo animo si era rattristato. Lui non era Stefan, per il quale non era giusto tradire la fiducia delle persone e da cui si aspettavano tutti molto.
Da Damon nessuno si aspettava qualcosa, né tantomeno suo padre. Detto francamente, neanche Damon sapeva che farsene della sua vita.
Vivere secondo gli schemi non faceva per lui, per lui che quella società, in cui stavano vivendo, gli stava piccola come le brache di suo fratello quando sbagliava a vestirsi.
Non avrebbe più rimesso piede in quella casa e tanto più lo ripeteva nella sua mente tanto più i denti dibattevano e le gambe gelavano.
Eppure nonostante il ripudio, il rancore che iniziava a nascere nel suo cuoricino, Damon sperava, sperava che qualcuno lo venisse a cercare per portarlo davanti ad un bel fuoco e riscaldarsi.
Damon era solo, era sempre stato solo, non per questo significava che gli piacesse esserlo.
Strizzò gli occhi e i riccioli neri li sentì quasi come spilli di ghiaccio sulla sua fronte larga.
“Dam” un sussurro appena accennato, forse era solo il vento.
“Damon” un altro sussurro, questa volta più forte e uno scossone leggero sulla spalla.

Che cos’era tutto quel calore?
“S-St-Stefan che di-avolo ci fai q-qui! Tornatene a c-casa” balbettò Damon e si morse la lingua un po’ per il freddo, un po’ per la sorpresa.
Stefan stava ritto in camicia da notte di fronte a lui, i piedini scalzi infangati e infreddoliti.
“Volevo vedere se stavi bene” disse timidamente imbronciandosi un po’ per il tono brusco con cui il fratello si era rivolto a lui.
Damon tentò di raddrizzarsi, ma fallì miseramente rimanendo incollato al tronco, ancora tremante.
Ci provò di nuovo e questa volta riuscì a mantenere una posizione eretta guardando il fratello immusonito.
“P-Pa-Pa si a-arrabbierà se non t-ti trova” mugugnò cercando di mantenere il tono spavaldo e altezzoso che tanto lo caratterizzava.
Non poteva permettersi di essere debole, non davanti a suo fratello.
“Tu non vieni?” chiese il bimbo, illuminato dal chiarore della luna, strofinandosi l’occhio destro con la manina gelata.
Damon scosse il capo: almeno quel gesto gli permetteva di non balbettare.
“Allora rimango con te”
Stefan incrociò le gambe e si sedette sul terriccio freddo e umido incollando le proprie spalle a quelle del fratello.
“Fa c-come vuoi” borbottò Damon incrociando le braccia al petto e socchiudendo gli occhi, sentendo la stanchezza prendere il sopravvento.
Pensò che Stefan fosse disgustosamente altruista e che fosse una seccatura averlo sempre intorno, con i suoi gesti e i suoi modi di fare – così buoni e gentili.
“Per rimanere qui al freddo, non sei poi così intelligente come dicono” mugolò Damon ma Stefan aveva reclinato il capo, accoccolato sulla spalla di Damon, e Morfeo aveva indirizzato la sua mente verso monti e scogliere lontane. Nessun posto così lontano da non poter essere raggiunto anche da Damon.

 

“Damon mi fa male il petto” piagnucolò raucamente Stefan accovacciato all’interno dei numerosi strati di coperte che lo seppellivano sul suo letto caldo e febbricitante.
Il Salvatore roteò gli occhi e non seppe trattenere un eccesso di tosse che gli graffiò tutta la parete dell’esofago.
“Voglio uscire a giocare in giardino. E’ una bella giornata” disse il bimbo con le guance arrossate per l’elevata temperatura corporea sporgendosi per scostare le tende della finestrella.
“Stefan, sta giù rischi di cadere!” lo rimproverò Damon girandosi su un fianco, dando le spalle al fratello.
“E poi se tu non fossi rimasto, adesso saresti fuori a giocare in giardino” gli ricordò il ragazzo tentando di rinfacciargli la sua azione e di ricordargli chi fosse il responsabile del loro malanno.
Damon socchiuse leggermente le palpebre pesanti per trovare conforto al dolore acuto proveniente dalla sua testa dovuto alla febbre e non seppe se fossero passati pochi minuti o delle ore dal suo cedimento.
“Stef?” chiese non riuscendo più a captare alcun suono presente nella stanza. Forse si era addormentato.
Damon raddrizzò le spalle rotolando all’interno dell’ammasso di coperte e allungò lo sguardo oltre il letto del fratello.
Il letto disfatto era vuoto e le coperte riverse parte sul pavimento, parte aggrovigliate sopra il materasso ingiallito e stropicciato.
Gli occhi di Damon si spostarono subito un po’ oltre il letto, verso la finestrella semiaperta il cui vetro sbatté insistentemente contro il davanzale.
Il volto del Salvatore divenne più bianco del suo lenzuolo.
Si cacciò indietro due o forse tre imprecazioni e calciò istintivamente le spesse coperte così da liberarsi da quel calore soffocante.
Il capo roteò per qualche secondo ma Damon non se ne curò.
Si sporse oltre la finestra, gli occhi azzurri cercavano come impazziti.
“Eccomi” esultò Stefan allargando le manine e manifestando un sorriso bucherellato per la mancanza di alcuni denti.
Il brio e l’allegria sembrarono scemare alla vista dello sguardo severo di Damon.
Il bimbo si imbronciò chinando il capo.
Damon roteò gli occhi.
“Ti ho trovato. Stavo giocando a nascondino e ti ho trovato.
Ho vinto io stavolta” annunciò abbozzando un sorriso obliquo in direzione del fratello.
Gli occhi di Stefan si illuminarono e un sorriso fece capolino sul suo viso.
“Ti do la rivincita solo perché oggi sono buono. Vatti a nascondere” mugugnò il fratello maggiore pronto a serrare gli occhi e a contare.
“Tanto mi troverai. Sempre” bisbigliò Stefan con convinzione prima di darsi una spinta per arrampicarsi nuovamente sul suo letto, stranamente stanco di giocare.
Damon lo osservò rimboccarsi le coperte e chiudere dolcemente le palpebre pesanti.
Tanto lo avrebbe trovato, sempre.
Tanto si sarebbero trovati, per sempre.

 
 

Ma buonasera popolo di efp :D
Sono lieta oggi di aggiornare dopo un periodo di immobilità causa scuola e pigrizia. E non è un caso che abbia deciso di aggiornare proprio in questo giorno: oggi 25/01/2012 faccio esattamente quattro anni che sono iscritta su questo sito! Ma bene passiamo oltre i miei vaneggiamenti: sono tornata con una one-shot sui Salvabros!child che da tempo avevo intenzione di scrivere ma che non riuscivo mai ad iniziare. Ebbene finalmente ci sono riuscita! Non mi dilungo oltre il commento, spero solo che possa piacervi perché io semplicemente c’ho messo il cuore ♥
Grazie comunque per aver letto.
Un bacio,
Sil

   
 
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