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Autore: Hi Fis    26/01/2012    1 recensioni
Seguito della mia precedente one- shot "Il Re Drago e la Regina Grigia", in cui racconto il viaggio nelle Oscure Profondità del Dovahkiin e di sua moglie, subito dopo la conclusione della campagna principale di Skyrim.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Bentornati lettori.
Questa one- shot è il seguito della mia precedente "Skyrim- Il Re Drago e la Regina Grigia, (ma credo che l'abbiate già capito ;) che consiglio di leggere se si vuole comprendere appieno quello che descrivo in questa "seconda puntata".  Come sempre, apprezzerò qualunque commento vi venga voglia di scrivere, soprattutto considerando quanto questo pezzo sia differente dal precedente. Buona lettura!


buio."
Il sorriso di suo marito fu perfettamente silenzioso, ma Brelyna comunque lo sentì nella sua voce:
"Non è per caso che questo luogo venne chiamato la Nera Profondità dai Dwemer, più di quattromila anni or sono."
"Non sarebbe meglio fare luce?
Haraan scosse la testa:
"Queste oscurità nascondono molti e quasi nessuno di essi è amichevole."
Brelyna strinse forte la mano di suo marito: per quanto fosse stata ansiosa di arrivare in quel luogo, ora che erano effettivamente lì il suo cuore si stringeva di fronte a quel buio così ostile.
"Allora come faremo a procedere?"
"Lascia che i tuoi occhi si abituino all'oscurità amore, e la via ti apparirà chiara."
Brelyna fece come le era stato detto: a mano a mano che i suoi occhi si assuefacevano a quelle nere oscurità, piccoli particolari le diventavano lentamente visibili, svelando un luogo tanto bello quanto immenso: Blackreach, l'antica capitale sotterranea della cultura Dwemer, il luogo che un tempo era stato il centro stesso della civiltà e ora solo una rovina desolata.
All'elfa si mozzò il fiato: per quanto suo marito gliene avesse raccontato a lungo, le sue parole non rendevano giustizia alla realtà: davanti agli occhi attoniti di Brelyna Maryon si apriva uno spazio così... immenso e vasto, che era impossibile definirne esattamente le dimensioni. Dall'alto di steli che torreggiavano più maestosi di qualsiasi palazzo e larghi quanto il tronco di un vecchio albero, funghi biancastri diffondevano un fioco e tenue lucore, mentre dal soffitto della caverna muschi luminescenti contribuivano a rendere quelle oscure tenebre un po' meno fitte: in lontananza, a Brelyna sembrò quasi di scorgere la gialla luce di una candela, ma lo sfuggente miraggio era troppo tenue per sapere cosa esso fosse davvero.
"Quanto è grande questa caverna?" chiese Brelyna a suo marito.
"La prima volta che venni in questo luogo, nemmeno io mi resi conto delle sua vastità: allora trasformarmi in lupo ha abbreviato il tempo della mia permanenza, ma poi non di molto." disse Haaran in un sussurro: dentro Blackreach veniva naturale parlare a bassa voce, poiché il silenzio lì era una cosa quasi viva. Brelyna distolse lo sguardo dalle tenebre per fissare suo marito, notando come il fioco lucore facesse rifulgere ogni sua scaglia di una luce pallida, dando ad Haraan un aspetto tra il divino e lo spettrale. Anche suo marito la guardò: in quella luce, le sue pupille sembravano bianche.
"Posso dirti che questo luogo è vasto, amore mio: così vasto, che questa caverna ha il suo clima particolare. Scoprirai che in essa soffia addirittura il vento, a causa dalle differenze fra le varie zone della caverna."
Vento? In una caverna? Che razza di luogo era dunque Blackreach?
"Occorrono due giorni di cammino solo per percorrerne la larghezza, amore; ma noi dobbiamo attraversarne la vastità e ci vorranno quasi cinque giorni." concluse Haaran.
La mente di Brelyna quasi vacillò a quella rivelazione: nessuno avrebbe mai potuto immaginare che sotto le varie rovine Dwemer sparse per Skyrim, si nascondesse un luogo vasto quanto il Pale. L'elfa scrutò le tenebre davanti a sé, notando una strada lastricata di vecchi ciottoli e le rovine di ciò che un tempo doveva essere stata una costruzione imponente: anche tendendo le orecchie, nessun suono giungeva fino a loro. Brelyna strinse un po' più forte la mano di suo marito, emozionata di trovarsi in quel luogo da sola con il suo Haaran:
"O magari potremmo metterci un po' meno." disse timidamente nella pallida luce spettrale.
"Un giorno capirò perché la mia altra forma provoca in te tanta fascinazione, mia grigia Regina." rispose Haaran, comprendendo subito cosa sua moglie intendesse.
Brelyna arrossì, anche se in quella tenebra Haraan non se ne accorse. Nella sua forma Argoniana, Haaran era... normale: certo, il suo aspetto e i suoi modi imponevano rispetto in coloro che lo seguivano; mentre le sue capacità in battaglia erano fonte di morte e terrore fra coloro che avevano la sfortuna di averlo come nemico. Tuttavia, molti uomini avrebbero potuto vantarsi delle medesime cose, offuscando così con le loro vuote parole le imprese altrui. Haaran, il suo Haaran, non era come tutti gli altri; lui era il Dovahkiin: il mortale nelle cui vene scorre il sangue dei draghi, il prescelto dal cielo. Per Brelyna, la sua forma di licantropo meglio si addiceva alla sua vera natura: nella ferocia insensata di un migliaio di libbre di muscoli, pelliccia, zanne e artigli c'era la più sincera e cruda rappresentazione di ciò che il suo amato era realmente: un essere la cui potenza sfidava quella di un dio minore. Alcuni, molti, avrebbero potuto chiamarlo mostro per questo, ma per Brelyna era semplicemente Haaran e marito: un uomo, seppure Argoniano, che con lei era sempre stato dolce, premuroso e sincero e che ora la conduceva per mano in un luogo di meraviglie, ripercorrendo un viaggio che aveva compiuto per la prima volta da solo, quando ancora era alla ricerca di un arma da usare contro Al- du- in, il Divoratore del Mondo.
Quali incredibile ricerca era stata quella: l'urlo Squarcio del Drago si era rivelata l'arma risolutiva da usare contro il malvagio Verme, un'Antica Pergamena lo strumento per apprenderlo e Blackreach il luogo da setacciare, poiché in esso i Dwemer dei tempi antichi avevano studiato le fondamenta stesse del Mundus.
Brelyna sorrise, di quel sorriso misterioso che sanno fare le donne:
"Che aspetti, mio Cavaliere?"
E Haaran sorrise a sua volta scuotendo la testa, cominciando a sfilarsi i vestiti che indossava.

Haaran e Brelyna avevano compiuto il rapido viaggio dal collegio di Winterhold fino ad Alftand, una delle tre rovine Dwemer attraverso cui era possibile accedere a Bleackreach, vestiti come dei semplici maghi viaggiatori: nessuno dei due desiderava attirare attenzione indesiderate, specie ora che la guerra per la riunificazione di Skyrim era appena terminata. Il viaggio di Haaran e Brelyna era stato tanto rapido quanto indisturbato: poiché per i Nord la magia è la risorsa dei deboli e dei codardi, a nessuno sarebbe venuto in mente che il prode Dovahkiin, famoso in battaglia per il suo incrollabile coraggio e la sua spietata ferocia, potesse anche essere l'Arcimago maestro nelle arti dell'illusione, degli incantamenti e della taumaturgia.

In pochi attimi, Haaran si era liberato del suo completo da Arcimago, ripiegandolo nello zaino che Brelyna prontamente gli passò: vestito solo delle sue scaglie, il Dovahkiin liberò il dono che gli era stato concesso da Hircine stesso, il principe daedrico della caccia. Preda di una strana emozione,  Brelyna non poté fare a meno di fissare suo marito mentre assumeva una forma più vicina alla sua vera essenza: quella di un gigantesco lupo, così grande e possente che qualunque creatura sarebbe stata alla sua mercé, draghi compresi.

"In carrozza." ringhiò suo marito, e Brelyna non poté fare a meno di notare che vi era una nota divertita nella sua voce.

Essere un lupo mannaro comporta alcuni svantaggi: a coloro che scelgono di venire contaminati dal sangue di bestia è per sempre negato il riposo. Il lupo di Hircine che rimane in agguato sul fondo dell'anima di un licantropo, infatti, sempre sogna la caccia e l'agguato alla preda, e queste visioni della bestia sempre tormentano l'uomo: a causa di questo, alcuni impazziscono e divengono schiavi dell'ebbrezza del sangue e della carne, cacciando gli esseri umani come dei lupi farebbero con le pecore. Non è facile essere un lupo di Hircine, poiché si cammina su di una lama sottile, tra la follia e la propria identità.
In cambio di questo dono o maledizione, a seconda di come lo si domini, Hircine però concede ai suoi lupi, i suoi cacciatori favoriti, la salute eterna, l'immunità al veleno e alle malattie e, in parte, la longevità; oltre ovviamente alla capacità di trasformarsi una volta al giorno in una belva così terribile da riempire il cuore di ogni uomo con il terrore, e grande abbastanza da poter essere cavalcata.
Brelyna non aveva mai amato molto i cavalli, con l'eccezione di Shadowmere: bestie infide ai lati, e pericolose nel mezzo, diceva di loro l'elfa scura. Un lupo mannaro è più alto di un cavallo, anche quando corre sulle quattro zampe, e probabilmente più scomodo, ma non si ha tempo di capirlo, perché un lupo di Hircine è due volte più rapido di qualsiasi stallone: Brelyna non poté lamentarsi della scomodità della sua cavalcatura poiché troppo  impegnata ad osservare il paesaggio che scorreva loro attorno ad una velocità che non aveva mai sperimentato prima, mentre stringeva le gambe attorno alla vita di suo marito e si teneva aggrappata al fitto manto che ora aveva sulla schiena.
Solo un'altra persona in tutta Tamriel conosceva l'ebbrezza che una simile corsa provocava, ed era una vecchia matrona vampira di trecento anni, dall'ingannevole aspetto di bambina.
 
***
 
Brelyna non seppe quanto durò la loro folle corsa: ore? Minuti? Settimane? L'elfa scura poté solo prendere nota del paesaggio mentre cambiava loro attorno, passando gradualmente dalle rovine Dwemer collassate su se stesse a causa del peso di troppi anni, ad una parte della caverna più selvaggia, in cui i titanici funghi facevano da padroni in una sorta di foresta sotterranea, aliena alla mente di chi conosceva come lei solo gli alberi che danno fiori e frutti. A mano a mano che avanzavano, un rombo, che Brelyna avrebbe giurato essere quello di una tempesta se non fossero stati chissà quante leghe sotto terra, si faceva sempre più vicino: più il lupo sotto di lei divorava le distanze di Blackreach, seguendo chissà quale sentiero, più Brelyna sentiva l'aria farsi sempre più umida; tanto che alla fine la dunmer capì che il boato altro non era che il ruggito lontano di una cascata di titaniche proporzioni.
"Amore..."
Il lupo sotto di lei non diede segno di averla sentita.
"Amore!"
Il fiume, largo almeno cinquanta braccia, scorreva ora alla loro destra: Brelyna fece in tempo a notare che l'acqua brillava quasi lattea, a causa probabilmente delle alghe luminescenti che la corrente trasportava.
"Amore!"
Brelyna ora vide dove la roccia terminava, permettendo di spaziare lo sguardo su di un panorama mozzafiato. Ma soprattutto, l'elfa notò l'orlo dove il fiume schiumeggiante diventava cascata.
"AMORE!"
Il lupo non la sentì.
L'urlo che Brelyna gridò invece, venne quasi del tutto coperto dalla cascata, mentre in groppa a suo marito saltavano da un'altezza tale che l'elfa fece in tempo a finire il suo grido prima di dover riprendere fiato.
Poi entrambi infransero l'acqua lattiginosa troppi metri più in basso.
 
L'impatto la stordì e le rubò gli ultimi aliti di aria che aveva nei polmoni, ma Brelyna non lasciò che la corrente la trascinasse più a lungo: nelle sue mani rifulse brevemente la luce verdastra di un incantesimo e l'acqua divenne per lei respirabile quanto l'aria, mimando ciò che suo marito era in grado di fare naturalmente essendo Argoniano.
Suo marito... quello sconsiderato e stupido Argoniano: era meglio per lui che fosse morto per la caduta, perché altrimenti ci avrebbe pensato lei stessa a finirlo. Con un rapido colpo di piedi, l'elfa infranse la superficie dell'acqua, individuando suo marito mentre guadagnava la riva, di nuovo in forma umana: Brelyna Maryon non era una Nord, ma la sua ira in quel momento sarebbe stata senza dubbio ammirata da ogni vera figlia di Skyrim. L'acqua lattiginosa attorno a lei cominciò a ribollire, mentre la figura minuta dell'elfa prendeva letteralmente fuoco e Brelyna canalizzava la sua ira in una fiamma magica che nessun liquido, e nessuna preghiera, avrebbero potuto mai estinguere. Con rapide bracciate, anche l'elfa guadagnò la riva, ignorando i ciottoli che scricchiolavano sotto i suoi piedi, mentre l'acqua fuggiva fumando dai suoi vestiti e dai suoi capelli:
"Coda- Spezzata, preparati ad incontrare Akatosh in persona!" O almeno questo era quello che avrebbe voluto dire Brelyna, se non fosse stato per la freccia dalle piume nere che spuntava dalla carne di suo marito. Haaran esitò un attimo per guardarla, rasserenato dal fatto che, a differenza di lui, sua moglie fosse incolume.
Poi prese la freccia che si era piantata nel suo ginocchio destro con entrambe le mani, e se la strappò con un grugnito stizzito. A Brelyna tremarono un poco le gambe, vedendo l'osso e la carne viva di suo marito così in mostra, mentre il sangue fiottava dalla ferita sul terreno: l'elfa conosceva, per averlo sperimentato in prima persona, il dolore che una freccia provoca quando si fa strada nella  carne, ma l'indossare una corazza daedrica durante la guerra l'aveva quasi sempre protetta.

"È poco più che un graffio." sibilò suo marito tentando di tranquillizzarla, mentre preparava un incantesimo di taumaturgia: un attimo dopo, la luce dorata che aveva raccolto nei suoi palmi inondò il suo corpo, richiudendo la ferita e ricucendo le vene e i muscoli lacerati.
"Come nuovo." disse Haaran battendosi la mano sul ginocchio e balzando in piedi.
Brelyna gli circondò la vita con le braccia, lanciandosi in un abbraccio quasi disperato:
"Scusami." disse. Con sorpresa, suo marito si accorse che stava piangendo:
"E per cosa, mia grigia regina?" chiese Haaran stringendola fra le braccia, ancora grondante d'acqua.
"Non avevo capito il motivo del tuo salto: credevo solo che volessi solo farmi paura."
"In parte potresti avere ragione." disse l'Argoniano ridendo.
"Sciocco, non scherzare." rispose l'elfa, mentre suo marito la cullava in un abbraccio che sperava potesse scacciarne l'angoscia: Brelyna, ma soprattutto Haaran, hanno la pelle spessa, e sono entrambi abituati alla violenza e alla morte, ma questo non vuol dire che rimanessero indifferenti quando il loro amato era ferito.
L'elfa scura fece un passo indietro, osservando suo marito in quella luce lattea, passando le dita su quel corpo che conosceva quanto il suo, fermandosi nei punti in cui la pelle diventava frastagliata a causa delle cicatrici che portava addosso. La sua mano, scura e sottile, accarezzò le scaglie del petto, passando vicino al cuore, dove una freccia aveva lasciato un segno che per un uomo normale sarebbe stato fatale; poi su, fino al collo, dove una spada gli aveva tagliato la gola, e infine sulla guancia destra, dove le zanne del malvagio Alduin quasi gli avevano strappato tutta la carne dalla faccia, quando avevano infranto scudo ed elmo.
"Ci vuole più di una freccia nel ginocchio per fermarmi..." avrebbe voluto dire suo marito, ma le labbra che si posarono sulle sue lo costrinsero al silenzio.
Mentre i vestiti di Brelyna si ammucchiavano ai loro piedi, entrambi ringraziarono molte volte Mara e Dibella per averli uniti.
 
***
 
Fu l'odore di pesce grigliato a svegliare Brelyna dal suo sonno tranquillo: con gli occhi ancora pesanti, lentamente l'elfa si mise a sedere sul loro giaciglio improvvisato, osservando il campo che Haaran aveva preparato. Alimentato dalla magia, un fuoco ardeva i ciottoli della grotta, scaldando un salmone intero e già pulito, a cui una freccia faceva da spiedo. Al di là del fuoco, suo marito sedeva a torso nudo e a gambe incrociate, intento a sfogliare un libro.
Quando si erano conosciuti al collegio dei maghi, Brelyna era stata piacevolmente stupita dall'avido lettore, e perfino dal filosofo, che Haaran nascondeva sotto il guerriero senza pari che era il suo lato più conosciuto: suo marito poteva, in una sola giornata, manipolare il metallo come se fosse stato istruito direttamente da un Orsimer maestro della forgia, usare la spada per disarmare un brigante che lo aveva assalito, e poi convincerlo a cambiare vita, trasformandolo da tagliagole in agricoltore. E tutto questo nonostante fosse evidente quanto Haaran si fosse educato da solo.
"I tuoi vestiti sono già asciutti." disse suo marito, indicando la pila ordinata degli indumenti di Brelyna, ma senza staccare gli occhi dal libro.
"E se non volessi rimettermeli?" chiese maliziosa l'elfa.
"Allora credo che rimarremo a Blackreach molto a lungo."  disse Haaran, levando gli occhi con un sorriso eloquente sul suo volto scaglioso.
"Troppo tardi." lo motteggiò Brelyna, mentre le sue forme minute tornavano a essere nascoste dal suo vestito da maga del collegio di Winterhold.
"Quanto ho dormito?" chiese l'elfa, mentre abbassava il suo cappuccio di pelliccia e si ordinava i capelli fissandoli con due lacci che portava sempre in con sé.
"Mezza giornata? Forse qualcosa di più: è difficile calcolare il tempo qui."
"E tu quanto hai dormito?" chiese l'elfa, mentre frugava nel loro zaino da campo, assicurandosi che il loro carico prezioso fosse ancora intatto.
"Un po'."
"Poco abbastanza da poter preparare il campo e riparare i buchi nello zaino." commentò l'elfa, indicando i rammendi fatti di fresco sul tessuto di sacco.
"Un paio di frecce si erano piantate anche lì: è una fortuna che tu non sia rimasta ferita."
"Chissà perché, ma credo che sia più merito tuo. A proposito, chi ci ha preso di mira?"
Haaran chiuse il libro prima di rispondere, prendendo in mano una delle frecce che li avevano colpiti:
"Falmer." disse, passandole il dardo.
Brelyna osservò la freccia, che invece di essere fatta di legno era di un materiale simile alla chitina: inequivocabilmente il carapace di un Chaurus, l'unico animale che i Falmer potessero allevare nelle profondità del suolo in cui abitavano.
 
Più di quattromila anni prima, i Falmer erano stati cacciati dalle loro dimore dagli uomini, che allora si avventuravano per la prima volta a Skyrim. I Falmer, gli elfi della neve, erano allora un popolo civilizzato e prospero, che a seguito della loro sconfitta avevano chiesto asilo ai Dwemer, già allora in possesso di magie e tecnologie ancora oggi ineguagliate. I loro fratelli delle profondità avevano accolto quei loro lontani cugini, ma l'offerta iniziale di ospitalità si era rivelata ben presto un orribile inganno: i Dwemer fecero schiavi i Falmer, costringendo tutta la loro razza a nutrirsi di funghi mortiferi che crescevano proprio a Blackreach, mutando una razza di elfi leggiadri in disgustose creature, repellenti nel corpo e nella mente. Secoli dopo, i Falmer erano fuggiti al giogo dei loro padroni, giurando vendetta, e trovando rifugio in cupe oscurità in cui nessuno aveva mai osato avventurarsi; e quando erano diventati abbastanza numerosi da osare sfidare i loro antichi schiavisti, i Falmer erano ritornati, riversandosi sulle antiche città Dwemer come uno sciame di pallide larve pronte al castigo. Solo per scoprire però, che i loro padroni di un tempo erano scomparsi tutti, dal primo all'ultimo, lasciando dietro di sé solo città inspiegabilmente vuote.
Dopo quattromila anni, la scomparsa dei Dwemer ancora rimaneva un mistero irrisolto, mentre i Falmer, in tutto quel tempo, avevano lentamente preparato la loro vendetta verso il popolo della superficie, che nella loro mente malata e storpiata da millenni di solitudine, furore e tenebra, occupava ingiustamente i territori che spettavano loro di diritto. Non coscienti che dopo tutto quel tempo trascorso nelle tenebre, era impossibile per loro tornare alla superficie, poiché erano diventati creature cieche e rabbiose, che si muovevano per i tunnel oscuri che abitavano solo grazie al loro innaturale udito.
I Falmer non sarebbero mai più stati capaci di adattarsi alla luce del sole, ma era impossibile dire quanti avrebbero ucciso prima di convincersene: per porre rimedio alla loro ignoranza, e approfittando del viaggio con sua moglie, Coda-Spezzata aveva deciso di creare un nemico che li cacciasse nelle loro stesse tenebre.

 
"Attenta, la punta è avvelenata." disse Haaran, quando le dita di Brelyna furono troppo vicine alla cima della freccia: immediatamente il dardo prese fuoco, mentre la magia di Brelyna lo consumava e l'elfa augurava i peggiori orrori a coloro che avevano osato ferire suo marito. Quando della freccia non rimase altro che cenere, Brelyna si spostò vicino ad Haaran, appoggiandosi alla sua spalla e contemplando il fuoco, godendo della reciproca vicinanza.
"Dove siamo?" chiese l'elfa, più per dire qualcosa, che per vero interesse.
Haaran si guardò attorno per un attimo, calcolando le distanze percorse e quelle ancora da percorre:
"Siamo circa a metà strada: questo luogo mi è familiare, anche se durante il mio viaggio precedente non mi sono accampato. Tuttavia siamo al sicuro." aggiunse subito, quasi leggendo i pensieri di Berlyna: "Questa zona è come il fondo di un grosso sacco, scavato nel tempo dall'acqua. A parte scalarne le pareti, è possibile salire solo con un vecchio congegno Dwemer. E dato che i Falmer non sanno nuotare, possiamo restare qui quanto vogliamo."
"Come fai a sapere che i Falmer non sanno nuotare?"
"Sono ciechi." ripose Haaran, come se fosse una cosa evidente.
Senza sapere perché, a Brelyna venne da ridere.
"Che c'è?"
"Niente. È solo che....niente." disse Brelyna scuotendo la testa e pescando un tozzo di pane dallo zaino, che comincio a masticare lentamente.
"Sono comunque abili con l'arco."  affermò suo marito, pizzicandole la gamba.
"E perché c'ero anch'io che non li hai affrontati?"
L'Argoniano scosse la testa, occhieggiando il loro zaino: "Non ce n'è più bisogno: presto, altri li combatteranno."
Brelyna lasciò passare qualche minuto di beato silenzio, felice semplicemente di essere con l'uomo che ama.
Quando il pesce fu pronto, Haaran lo tolse dallo spiedo e lo divise a metà, mettendosi subito a mangiare la sua porzione: essere un lupo mannaro rende piuttosto famelici. Brelyna lo guardò divertita per un attimo, prima di cominciare a mangiare a sua volta, anche se con molta più grazia e maniere: dopo tutto, lei apparteneva alla casa Telvanni, una delle più potenti famiglie di Morrowind. Mentre Brelyna rifletteva su questo, suo marito aveva finito di mangiare e si era alzato per pulirsi le mani nell'acqua e berne un sorso:
"Com'è buona." disse, tornando verso il campo e pescando l'otre dallo zaino  per riempirlo; mentre trafficava, Brelyna lo vide estrarre dallo zaino lo strano oggetto che era l'altro scopo per cui si erano avventurati nelle profondità di Bleackreach. Cogliendo l'occasione, l'elfa si pulì la bocca con la mano, buttando il resto del suo pasto nel fuoco prima di prendere in mano l'artefatto.
"Attenta." le disse suo marito: "Non toccarlo con la pelle nuda, o metterà radici nella tua carne."
Brelyna annuì veementemente, ma la prudenza non fermò la sua curiosità: come scolara del collegio di Winterhold, ogni forma di magia diversa dalla sua la incuriosiva e l'oggetto che aveva in mano apparteneva senza dubbio al tipo più particolare. L'artefatto era grande quanto una zucca, e avvolto completamente in foglie di rovo che servivano ad impedire a chiunque di toccarlo direttamente: questo perché la magia che era servita a crearlo era assai pericolosa, dato che prendeva il suo potere da quella più primitiva e antica di tutte, ovvero quella naturale.
 
Nei suoi viaggi per Skyrim, il Dovahkiin aveva incontrato gente di ogni razza e forma, non solo mer, o uomini e uomini-bestia, ma anche ovviamente mostri. Inaspettatamente, pochi di essi non si erano dimostrati troppo ostili, e così il Dovahkiin poteva includere fra le sue conoscenze anche Melka, una delle laide donne- arpia meglio note come Hagraven, che a Skyrim popolano la cima delle montagne più inaccessibili e le profondità dei boschi. Melka era stata prigioniera di una sua consorella quando Coda-Spezzata l'aveva trovata e, in cambio della libertà e dell'aiuto necessario per riprendersi la sua torre, l'Hagraven aveva concesso la sua simpatia al Dovahkiin. Un favore che Coda- Spezzata aveva fatto fruttare: in cambio di due dozzine di occhi umani, macabri resti verso cui la creatura nutriva una vera mania, Melka aveva prestato la sua esperienza e la sua magia per realizzare i desideri del suo unico amico. Con il suo potere sulla natura tipico delle Hagraven,  Melka aveva stregato il cuore ancora pulsante di una matrona Spriggan, una di quelle strane persone- albero che abitavano i recessi dei boschi di Skyrim e li difendevano con ferocia. Con qualche parola di potere e la linfa che Coda- Spezzata aveva chiesto al Verdorato, il più antico albero presente a Skyrim, Melka era riuscita a trasformare un fittone nel seme di una nuova razza: bastava solo una goccia di sangue del Dovahkiin, e l'incantesimo sarebbe stato completo.
Che cosa sarebbe sbocciato da esso però, Brelyna non lo sapeva ancora con esattezza.
 
"Che cosa ti inquieta?" chiese Haaran, vedendola rimanere in un silenzio pensieroso.
"È solo che...  niente."
Haaran le prese il fittone e lo rimise nello zaino, prendendo poi le sue mani e guardandola negli occhi:
"Amore, sai che a me puoi dire tutto."
Brelyna tentò di resistere a quello sguardo profondo, ma durò circa mezzo secondo: non poteva negare il diritto di suo marito a sapere. Tuttavia, come poteva confessare qualcosa di cui non era certa nemmeno lei stessa?
"Niente." ripeté, cercando di sviarlo.
"Brelyna, amore mio, sai che non puoi ingannarmi: grazie al mio sangue di bestia, posso sentire il tuo cuore che batte. So che qualcosa ti turba."
L'elfa abbassò lo sguardo imbarazzata, ricordando ad Haaran la timida strega che aveva conosciuto al collegio dei maghi. Poiché però Brelyna rimaneva in silenzio, Haaran continuò:
"Brelyna, se non vuoi parlarmene mi sta bene, però non fingere con me. Dimmi solo una cosa, posso fare qualcosa per ciò che ti preoccupa?"
L'elfa sorrise, socchiudendo i suoi occhi rossi:
"No; ma ti sbagli, amore mio, non sono turbata."
"Eppure..."
"Shush!" fece Brelyna, imponendogli il silenzio con un dito che sigillò le sue labbra: "Fidati di me, mio Drago, e non preoccuparti: presto ti sarà chiaro."
Vedendo la decisione negli occhi di sua moglie, Haaran decise di far cadere la discussione.
"Tu mi ami, non è vero Haaran?" A quella domanda, l'Argoniano poteva rispondere solo in un modo:
"Brelyna, dicono che sconfiggendo Alduin, io abbia salvato il mondo. Forse è così: ma tu hai salvato me per prima. Come posso non amarti? Tu mi completi: senza di te, io non sarei che la pallida ombra dell'uomo che sono diventato. Tu, con la tua saggia decisione e la tua incrollabile dolcezza, mi hai reso un uomo migliore e una persona più felice."
Nelle parole di Haaran c'era non solo l'amore, ma anche il ricordo della solitudine sopportata prima di incontrare Brelyna: l'elfa ne fu colpita, e per questo, il suo amore per il re Drago vibrò ancora più forte.
Un bacio appassionato suggellò quel momento, e Brelyna e Haaran furono felici di lasciar semplicemente trascorrere il tempo, occupati solamente ad essere, l'uno vicino all'altra.
 
Più tardi, Brelyna e Haaran smontarono il campo di comune accordo, e si diressero a guado verso l'antica stazione di pompaggio Dwemer che avrebbe permesso loro di tornare sulla strada.
 
***
 
"È bellissima, non trovi?"
L'oggetto della discussione era una radice cremisi di Nirn, che allungava le sue foglie fra alcuni sassi in riva ad un torrente.
L'osservazione di Brelyna era più che pertinente: la comune radice di Nirn è già di per sé una pianta particolare, perché è l'unico vegetale ad avere un suono.
Fino a quando è immersa nel terreno, la pianta emette infatti una melodia simile a quella che una campanella di metallo causerebbe se trascinata su di un pavimento di pietra: una melodia arcana, che molti testimoniano in grado di ammaliare le menti.

Secondo Haaran invece, era un suono fastidioso come pochi, tanto che spesso raccoglieva le piante di Nirn che incontrava sulla sua strada solo per farle tacere.
Un'altra particolarità di quella strana pianta era quella di poter brillare al buio, rendendo la sua raccolta durante la notte una facile passeggiata lungo i fiumi: tanto semplice, che nelle tenebre di Blackreach la sottile luce cremisi che la pianta emanava poteva essere usata tranquillamente come guida.
C'era però anche un altro motivo per il quale la radice di Nirn, ed in particolare quella cremisi, era nota ed apprezzata dai maestri dell'arte alchemica, come Haaran:

"Forse," rispose l'Argoniano, "ma soprattutto è mortalmente velenosa. Niente, in tutta Skyrim, è tossico come questa strana, piccola pianta senza fiori." mentre lo diceva, Coda- Spezzata si chinò sulla piccola pianticella, estraendola con cura amorevole dal terreno con le radici ancora intatte e ponendola poi nello sua bisaccia.
"Com'è la ricetta?" chiese innocentemente Brelyna.
Haaran avrebbe potuto fingere di non sapere di cosa sua moglie stesse parlando, ma sarebbe stato inutile: una delle poche cose che il Dovahkiin non aveva condiviso con sua moglie era il modo con cui preparare il veleno col quale, nelle vesti di Uditore della Confraternita Oscura, "firmava" alcuni suoi delitti.
"Le corna di una cerva, un pesciolino di fiume e una campanula mortale." ripeté forse per la decima volta, "Ma il modo in cui si preparano questi ingredienti è un segreto che condivido solo con Babette e lo sai, quindi è inutile continuare a chiedermelo."
"Altre donne potrebbero ingelosirsi di questa tua preferenza."
"È solo per prudenza, mio amore: non vorrei mai che qualcuno al collegio dei maghi, per esempio Nirya, giusto per fare un nome, venisse trovato morto nel suo letto con la carne dura come la pietra per gli spasmi che questo veleno causa mentre agisce."
"Parli così perché non sei mai stato costretto a passarci tre giorni assieme, oh Arcimago."
Haaran scosse la testa: "Spero sempre che Nirya si ravveda, e un giorno comprenda quanto non piaccia a nessuno al collegio: so bene quanto sia... difficile da sopportare. Ma credo che il tuo risentimento sia un po' eccessivo."
"E io spero che un giorno tu le dia fuoco con uno dei tuoi urli, ma fino ad allora, prometto di sopportarla."
"Grazie. Continuiamo?"
"Continuiamo." rispose Brelyna, aggiustandosi il cappuccio sulla testa: il vento di cui suo marito aveva parlato aveva cominciato a soffiare loro violentemente in faccia.
 
Proseguendo a camminare nei due giorni successivi, Brelyna ammirò le molteplici meraviglie che si annidavano nelle profondità della terra, mentre Haaran le commentava o gliele spiegava. Così, l'elfa scura vide animunculi Dwemer, simili a statue d'oro massiccio, mentre riparavano le strade dei loro antichi creatori; Chaurus, con il loro aspetto ributtante di un millepiedi gigante incrociato con un ragno, cibarsi dei funghi che crescevano ovunque in quel luogo; troll albini, che si aggiravano cechi in quelle oscurità, cercando a tentoni di che sfamarsi; e ovviamente Falmer, intenti nelle loro piccole attività quotidiane, come la pesca o la caccia. Addirittura, Brelyna vide un gruppo di ragni enormi intenti ad attaccare un gigante che aveva sconfinato nel loro territorio; l'elfa ammirò come, dopo aver schiacciato gli aracnidi a colpi di clava, la stolida creatura ne mangiasse i resti crudi, mettendosi le zampe ancora vive dei ragni in bocca con la stessa espressione beata di un bambino intento a succhiare dei bastoncini dolci. Brelyna insomma constatò appieno quanto Blackreach fosse un luogo pieno di vita, nonostante fosse situato così lontano dalla luce del sole. E infine, dopo tre giorni interi dall'inizio del loro viaggio, Brelyna e Haaran arrivarono dall'altra parte della caverna, dove la meraviglia più grande di quel luogo si rivelò agli occhi stupiti dell'elfa scura.
"Che cos'è?" chiese Brelyna sbigottita.
Haaran non rispose subito, limitandosi a lasciare che le sue scaglie si riscaldassero nella luce che pioveva su di loro.
"Non so che cosa sia esattamente, o come la chiamassero i Dwemer quando abitavano questo luogo. Credo che fosse il modo in cui gli antichi nani portassero la luce del sole nelle profondità di questa caverna."
Davanti a loro, dal soffitto di Blackreach pendeva un'enorme sfera rilucente della stessa calda luce del giorno, che illuminava ciò che sembrava essere un antico tempio Dwemer: i muri dell'edificio ancora resistevano dopo tutto quel tempo, mentre la struttura si innalzava verso l'alto per vari livelli, avvolgendosi timidamente attorno al titanico sole che pendeva dal soffitto. L'artefatto era... enorme: nonostante fosse appeso al soffitto della caverna, la sua grandezza eguagliava quella del tempio  che si ergeva sotto di lui. Osservando meglio, Brelyna notò come quel sole alimentato forse dalla magia o da chissà quale tecnologia perduta, era avvolto da un gabbia di metallo finemente cesellata, apparentemente impossibile da replicare anche con un'armata di artigiani e l'eternità per completarla.
"Attenzione ora: l'ultima volta i Falmer letteralmente brulicavano in questo luogo." a queste parole, Brelyna si scosse a malincuore dalla sua contemplazione, tornando a ben più immediate preoccupazioni.
Se i Falmer fossero stati ancora elfi, la tenebra di Blackreach avrebbe protetto Brelyna e Haaran mentre scalavano la collina sulla quale poggiava il tempio, ma gli antichi mer della neve avevano già da tempo perso la loro vista, in cambio di un innaturale udito che compensava la loro perdita.
Nascosti dietro una roccia coperta di muschio, Brelyna e Haaran osservarono le sagome dei Falmer stagliarsi in cima alle mura, cieche sentinelle illuminate dall'antico sole Dwemer. In un sussurro appena percettibile, Haaran pronunciò due delle parole dell'Urlo cercatore di vita.
"Laas... Yah." sibilò il Dovahkiin: immediatamente, una tenue nebbia rosa velò i suoi occhi, rivelando alla sua vista ogni forma di vita nel raggio di qualche migliaio di piedi. Brelyna notò la sua bocca muoversi, mentre mandava a memoria il numero e la posizione degli avversari: dopo qualche secondo, la magia si dissolse, rivelando nuovamente i suoi occhi azzurri da rettile.
"Cattive notizie?" chiese Brelyna, anticipando suo marito: le sue smorfie impercettibile erano per lei rivelatrici.
"Diciamo solo che hanno pesantemente rinforzato l'ingresso: devono aver preso molto male la mia visita precedente."
"Puoi biasimarli? Dopo tutto, quanti ne hai uccisi allora, amore mio?"
Haaran sorrise, di un sorriso crudele:
"Tutti, ovviamente. Ma questa volta, non ci sarà bisogno di combattere: è il momento di schiudersi per l'uovo di Melka." detto questo, Coda- Spezzata prese il fittone incantato dallo zaino, posandolo a terra e aprendo l'involto di foglie di rovo e di spine che lo ricopriva. In quella tenebra, l'oggetto brillava latteo e spettrale, vibrando di un energia a malapena contenuta.
"Forse è meglio se ti metti dietro di me, per ogni evenienza, amore: Melka mi ha detto che potrebbe essere un po'... umorale."
Qualcosa nella voce di suo marito, convinse Brelyna che quello era un ottimo consiglio: da dietro la sua spalla, l'elfa quindi osservò come il Dovahkiin si incise il palmo con un coltello, lasciando cadere sul fittone qualche goccia del suo sangue di drago. L'effetto fu esplosivo: l'oggetto cominciò a ondeggiare da solo, ruotando su se stesso preda di una grave contrazione, come se al suo interno qualcosa lottasse per liberarsi dal confine di una prigione troppo stretta. Prima che riuscisse nel suo intento, Haaran usò la sua magia per spostarlo lontano, a metà strada fra il loro nascondiglio e il tempio popolato dei Falmer, gettando poi un incantesimo di invisibilità su di lui e Brelyna, per maggiore sicurezza.
Con la magia che permetteva loro di rimanere nascosti alla vista, Brelyna e Haaran spiarono da sopra il masso il fittone, perfettamente visibile in quella oscurità, mentre si contorceva sul terreno. Con un secco "Crack", mille piccole radici vennero espulse dall'artefatto, mentre questo si nutriva del terreno di Blackreach, il luogo per il quale era stato creato: la vecchia terra, grassa e nera come la notte, fu il primo pasto che gli permise di creare una forma più adatta alla sua natura.  In pochi istanti, dal fittone venne plasmato un corpo intero, accompagnando la sua trasformazione con mille piccoli scrocchi di legno in rapida crescita.  
Davanti agli occhi di Brelyna e Haaran, si ergeva ora uno Spriggan, ma molto diverso rispetto ai suoi fratelli di superficie: il legno di cui era fatto il suo corpo era bianco come le ossa disseccate dal sole e lievemente luminoso in quella tenebra, mentre dalle crepe nella sua corteccia filtrava del fumo, forse di colore bluastro, era difficile capirlo in quella luce. Dove quell'esalazione venefica si mischiava col suolo, funghi lividi o pallidi sbocciavano istantaneamente, ergendosi alti quanto un cespuglio e circondando il luogo in cui la creatura era nata.
Alto, snello e pallido, questo essere naturale portava in cima alla testa quello che a Brelyna sembrò inizialmente un ombrello, ma l'elfa non ci mise troppo a capire che esso era in realtà il cappello di un fungo proporzionato all'altezza dello Spriggan. La creatura rimase un istante immobile, quasi a prendere coscienza di ciò che era, osservando le dita affilate come rasoi che aveva in fondo alle lunghe braccia sottili: finalmente era nato, pronto a proliferare e libero dal suo confinamento. Lo Spriggan esalò un verso, a metà tra il grido ed il sospiro, facendo ondeggiare la sua testa come fa un ramo quando viene sospinto dal vento, gettando attorno a sé uno sguardo curioso. Quando si voltò dalla loro parte, Brelyna notò che aveva occhi uguali a quelli di un insetto, metallici e privi di pupilla, che scrutarono per un attimo nella loro direzione prima di rivolgersi verso il sole artificiale Dwemer: il suo primo passo fu proprio verso di esso, attirando l'attenzione dei Falmer in agguato sulle mura.
Quello che successe dopo, sarebbe rimasto impresso nella mente di Brelyna per tutto il resto della sua vita: il primo Falmer che la creatura afferrò fu ridotto a brandelli con un solo fendente delle sue braccia affilate, una fine infinitamente più pietosa di quella che toccò agli altri. A nulla valsero gli sforzi dei Falmer: nonostante le frecce che conficcarono nel corpo della creatura, nulla sembrava rallentarla. Con misurata, famelica, lentezza, lo Spriggan mieté i Falmer all'esterno, soffiando loro addosso lo strano fumo che sembrava pervaderlo: le povere creature caddero a terra stringendosi la gola, mentre mille piccoli funghi gemmavano sulla loro pelle, nutrendosi dei loro corpi esanimi. Poi, i Falmer caduti ricominciarono a muoversi, mentre nuovi Spriggan sbocciavano letteralmente da quei corpi, uno per ogni morto, raccogliendosi istintivamente attorno alla loro matrona. Le sentinelle caddero una dopo l'altra e quando non ce ne furono più, la nuova torma di Spriggan cominciò a scalare le mura del tempio, attratta dalla luce del sole artificiale e dalle vite che si nascondevano là dietro.
"Dobbiamo andare, ora." disse suo marito, conducendola per mano verso l'uscita dalla caverna, lontano da quel luogo.
I Falmer vivono nella tenebra, nell'oscurità e nel silenzio: essi stessi hanno quasi perso la capacità di gridare. Tuttavia, Brelyna li sentì distintamente, mentre venivano consumati ancora vivi dai nuovi Spriggan delle profondità.
 
***
 
La luce del giorno li accolse in tutto il suo abbagliante e glorioso calore: dopo tre giorni passati nelle tenebre, per Brelyna e Haaran fu un vero sollievo trovarsi sotto i raggi del sole morente, anche se ci misero un po' per riabituarsi e questo nonostante il lento viaggio che avevano fatto dalle profondità della terra fino alla superficie grazie ad un congegno Dwemer simile a un montacarichi. Blackreach era un luogo affascinante, questo non si poteva negare, ma non era fatto perché ci si potesse rimanere a lungo. Sotto il tramonto, Brelyna baciò Haaran, felice di essere con lui: il calore della sua effusione si sarebbe rapidamente trasformato in qualcosa di più intimo, se suo marito non le avesse afferrato le spalle, sorridendo misterioso.
"Quanto a lungo pensate di rimanere ancora nascoste?" gridò rivolto verso il sole.
Dai resti del campo abbandonato che circondava il montacarichi Dwemer, fecero capolino due figure, che Brelyna conosceva bene.
"I saggi non dicono forse che non bisogna frapporsi fra moglie e marito?" disse Aela la Cacciatrice, con un sorriso raggiante sul volto, i capelli rossicci che ondeggiavano al vento.
 
Brelyna e Aela si erano conosciute quando l'elfa aveva sposato il Dovahkiin: la Nord era stata la testimone di suo marito alle nozze, un onore che le spettava di diritto, aveva affermato Haaran, dato che secondo lui: "Gli aveva mostrato un mondo più vasto di quanto si potesse immaginare".
Solo tempo dopo Brelyna aveva scoperto che era stata Aela stessa a donare il sangue di bestia ad Haaran, rendendolo uno dei figli di Hircine. Dentro di sé, Brelyna era gelosa di Aela per questo: per il fatto che la Nord condividesse con suo marito qualcosa di speciale, un legame dal quale lei era esclusa. E poco importava che suo marito vedesse Aela come una sua cara sorella e nulla più: l'elfa scura sapeva, come lo sanno le donne, che alla lupa non sarebbe dispiaciuto affatto prendere il suo posto al fianco di Haaran.
Bastava il modo in cui si era vestita per dimostrarlo: Aela indossava infatti la pelliccia che Hircine in persona aveva donato a Coda- Spezzata, dopo che il Dovahkiin aveva cacciato un licantropo reo di aver deluso il dio della caccia. Dalla pelle scuoiata di quel lupo traditore, Hircine in persona aveva creato una veste magica e Haaran, a cui non serviva quell'artefatto, l'aveva volentieri donata a sua volta ad Aela. Ed era quella stessa pelliccia che ora la lupa indossava di fronte a loro, lasciando le braccia e le gambe nude ad affrontare il freddo vento di Skyrim senza alcun pudore: tre linee parallele di pitture di guerra sul viso erano l'unico altro ornamento che la Cacciatrice portava addosso.
Brelyna dovette ammettere a malincuore che quell'aspetto rendeva giustizia al suo soprannome.

 
"Forse, ma spiare tuo fratello mentre amoreggia con la sua strega può essere altrettanto pericoloso, non trovi?"
Aela non ebbe nemmeno la decenza di sentirsi in imbarazzo:
"Può essere." convenne. "Salute strega, moglie di colui che è come mio fratello." disse poi la lupa.
"Salute a te, Cacciatrice." rispose Brelyna con lo stesso tono.
Il gioco di sguardi fra Brelyna e Aela fu più che evidente a chiunque fosse di sesso femminile, ed un'altra voce subito lo interruppe:
"Sì, sì, va bene, salute a tutti voi: per il sangue di Malacath, mi fate venire mal di testa con tutte le vostre stucchevoli moine."
"Un saluto anche a te, Durag, come è stato il viaggio?" chiese Brelyna quasi ridendo, lieta di quell'interruzione.
"Freddo, solitario e brutale mia signora: non avrei potuto chiedere di meglio." rispose l'orchessa, battendosi il pugno sul petto.
 
Durag- gra Uzul era una Orsimer, un'orchessa, che Coda- Spezzata aveva preso al suo servizio per un solo ed unico scopo: come Dovahkiin, e capo delle quattro gilde di Skyrim, Haaran aveva innumerevoli seguaci pronti a servirlo nelle sue imprese; tuttavia, nessuno di essi era abbastanza capace per affidargli la protezione del suo tesoro più prezioso, ovvero sua moglie. Questo, almeno fino a quando Haaran non si era imbattuto in Durag mentre dava la caccia ad un drago nelle foreste a ovest di Riften: l'orchessa era in fin di vita quando si erano incontrati, preda della febbre e della fame. Non appena il drago era stato sconfitto, il Dovahkiin non aveva perso tempo per curarla e sfamarla, nonostante gli fosse stato subito chiaro di cosa Durag soffrisse: l'Orsimer infatti, era appena da poco trasformata in un vampiro. Coda- Spezzata aveva riso al tempo, poiché non pensava ci fossero creature della notte idiote abbastanza da tentare di cibarsi di un orco: Durag stessa gli aveva raccontato di come la prima cosa che avesse fatto quando si era resa conto di essere divenuta una vampira, fosse stata quella di schiacciare il cranio del suo aguzzino a mani nude. E quando era stato il momento di separarsi, Haaran aveva offerto un accordo all'orchessa: se lo avesse servito per venti anni, lui le avrebbe dato la cura per la sua condizione. L'orchessa non aveva dovuto rifletterci molto, ed aveva accettato l'offerta, definendolo un'interessante cambiamento per qualcuno che, come lei, aveva sempre e solo fatto parte di bande di briganti: quando però, Coda- Spezzata aveva forgiato per Durag una corazza Orsimer direttamente dalla Forgia Celeste, dandole poi in mano Volendrung, il leggendario martello da guerra Dwemer con cui Malacath in persona ricompensava gli eroi che lo aveva impressionato con il loro furore, l'orchessa aveva deciso di cambiare i termini del loro accordo. Ora Durag era decisa a servire il Dovahkiin fino alla fine dell'eternità, e anche oltre, se fosse stato necessario: per tutti questi motivi, Haaran l'aveva nominata huscarlo personale di sua moglie.
Brelyna fissò l'orchessa, chiusa nella corazza che non si toglieva nemmeno per dormire, e represse un sorriso: Durag era divenuta ben presto una sua vera amica, oltre che la sua guardia del corpo, nonostante non potessero essere più diverse. Loro due erano complici fidate e Brelyna si divertiva molto a trascorrere del tempo con quella strana Orsimer, che preferiva schiacciare gli uomini con il suo martello, piuttosto che farci l'amore.
C'era anche un altro motivo per cui Brelyna era felice di averla vicino: essendo una vampira, Durag detestava Aela, e spesso le aveva confidato dei molti sogni in cui la schiacciava sotto il suo martello.
 
"Credevo però che avrei dovuto aspettarvi qui per altri due giorni: è successo qualcosa laggiù?" chiese l'orchessa.
"Nulla di particolare, Durag. Abbiamo solo bruciato le prime tappe del viaggio: è stato comunque un viaggio molto intenso ed istruttivo."
"Non ne dubito, Re Drago." rispose Durag: "Non che cambi qualcosa, comunque: Shadowmere è pronta più che mai a riprendere la strada, così come la sottoscritta. Allora? Cosa mi aspetta: una cava da esplorare? Una torre da distruggere? Ordina e sarà fatto."
Coda- Spezzata rise al cielo di fronte a quella richiesta:
"Dipende da quello che Aela fa qui: Sorella, per quanto sia bello vederti, dubito che il nostro incontro sia accidentale. Va tutto bene a Jorrvaskr?""
"Splendidamente: anche senza la tua guida, i gemelli se la cavano discretamente e dubito che possano fare danni in mia assenza."
"Meglio che sia così, o ne risponderete a me."
Come Haaran riuscisse a gestire quattro gilde contemporaneamente era un mistero che Brelyna non era affatto ansiosa di risolvere: di sicuro aiutava che suo marito non dormisse quasi mai, ma comunque aveva del miracoloso o del demoniaco, a seconda dei casi.
"Pace, Araldo." disse Aela chiamandolo con il grado che gli spettava fra i compagni di Jorrvaskr.
"Dunque, che cosa ti turba?"
"Ho ricevuto voci e notizie paurose: la Mano d'Argento e i Vigilanti di Stendarr stanno per firmare un'alleanza. Ho pensato che dovessi saperlo subito."
Questo diede da pensare ad Coda- Spezzata:
"È davvero una ben grave notizia Aela: hai fatto bene a cercarmi. Ma dovevamo aspettarcelo dopotutto: quante volte la Mano d'Argento ci ha attaccato ed è stata sconfitta in questi mesi?"
"Non abbastanza da rinunciare: per saziare il loro odio verso i licantropi sono pronti a tutto, perfino ad allearsi con quegli zeloti dei Vigilanti di Stendarr."
"Aye. Molto bene Aela, mi hai convinto: partiremo subito. Sempre che questo non ti dispiaccia, amore mio?"
Brelyna scosse al testa: "Và e compi il tuo dovere marito mio: proteggi coloro che ti sono cari."
"E uccidi chi ci minaccia." finì per lei Haaran, baciandole l'incavo del polso. "Durag!" chiamò poi, senza staccare lo sguardo da quello di Brelyna:
"Sì, Re Drago?"
"Le nostre strade si separano qui: accompagnerai mia moglie nella nostra casa a Solitude. Ci incontreremo là tra venti giorni al massimo, in tempo per accogliere i delegati imperiali venuti da Cyrodill con tutti gli onori."
"Niente assalti?" L'orchessa sembrava quasi dispiaciuta.
"Vedila così: sappiamo entrambi quanto i banditi siano disperati di questi tempi e due donne che viaggiano con un solo cavallo sono un'esca sicura per attirarli. Insegna loro quanto le apparenze possano ingannare."
"AH! Re Drago, tu sì che sai come si parla ad una fanciulla."
"Non ne hai minimamente idea", pensarono allo stesso tempo sia Aela che Brelyna.
Poi fu il momento del commiato fra di loro:
"Arrivederci mia Grigia Regina."
"Arrivederci mio Re Drago."
Dopo che si furono così salutati, Haaran e Aela cominciarono la loro caccia, correndo verso nord ovest: non era passato nemmeno un minuto, che Brelyna e Durag sentirono chiaro l'ululato di un lupo provenire dalla stessa direzione, l'ultimo saluto di un licantropo a sua moglie.
"Andiamo, mia signora?" chiese Durag, quando l'ululato svanì nel vento.
"Guidami, amica mia." rispose Brelyna.
Solo quando l'elfa fu in groppa a Shadowmere, che era rimasta a brucare pacificamente fino a quel momento, Durag osò chiedere:
"Allora com'è stato?" disse, camminando a fianco del cavallo: essendo un vampiro, l'orchessa non si stancava facilmente, inoltre preferiva combattere a terra.
Brelyna sorrise maliziosa:
"Sai come si dice Durag: dormire in un letto ti fa alzare riposato, dormire in un letto di tua proprietà ti fa alzare ben riposato, mentre dormire assieme ti fa alzare stanco."
"Sì, capisco. Ma non è quello che intendevo: allora, come l'ha presa?" chiese l'Orsimer, con un sorriso che metteva in risalto le sue zanne.
"Per la verità... non sono riuscita a dirglielo." ammise Brelyna.
"Ma... mia signora, perché? Lui ha il diritto di sapere che porti in grembo suo figlio!" L'orchessa era così scandalizzata che l'impennaggio di crine sul suo elmo frustò violentemente l'aria.
"O figlia. Durag... Haaran è un uomo dolce e protettivo: se lo sapesse, mi metterebbe sotto una campana di vetro per paura che possa farmi del male, rinunciando alle sue responsabilità quando Skyrim ha più bisogno di lui. Non voglio mentirgli, ma non voglio nemmeno che rinunci alle poche libertà di cui gode: ha già così tanto a cui pensare. Inoltre Durag, lui e io siamo di razze così diverse: è molto difficile portare alla vita il frutto dell'amore fra un mer ed un Argoniano. Io sono preparata al rischio di una delusione, ma non voglio farlo preoccupare prima del tempo. E preferisco dargli questa notizia quando l'esito sarà meno incerto."
L'orchessa scosse la testa, guidando Shadowmere per la cavezza:
"Bah! Se fosse per me mia signora, mi preoccuperei solo di due cose: che nome dargli e a chi assomiglierà. Il resto, lascia che siano gli dei a pensarci."
"Sei tanto sincera quanto saggia, Durag." disse Brelyna, nella speranza di riconciliarsi con la sua amica.
"Certo che lo sono: sono una Orsimer, per Malacath!"
"Comunque... di solito in questo tipo di unioni, è la madre a donare i tratti maggiori al figlio." disse pensierosa la Dunmer.
"Quindi sarà una specie di elfo serpente?" chiese speranzosa Durag.
"Fammi un favore, amica mia: cerca di tacere fino a quando saremo a Whiterun." disse Brelyna, fingendosi scandalizzata per l'idea della sua guardia del corpo: se anche avesse partorito un cucciolo di drago, l'elfa sapeva che lo avrebbero amato.
"Oh, e va bene: ma è un viaggio così lungo!" rispose Durag.
A questa uscita, anche Brelyna rise.
  
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