Le
giornate alla Capsule Corporation passavano monotone.
E
se c’era una cosa che Bulma Briefs non sopportava, era la prevedibilità. Cosa
vi aspettavate da una ragazza che a 16 anni è voluta andare in giro per il
mondo a cercare le sfere del Drago? Magari il fatto di volere un fidanzato era
una scusa bella e buona. La sua vita da adolescente… dozzinale le andava
stretta.
Le
ragazzine della sua età mormoravano: “ma guarda
questa! È carina, intelligente, straricca, i ragazzi sono tutti per lei, e non
fa che lamentarsi!”
Come
succede in casi come questi, le cose bisogna conoscerle prima di darne per
scontato i vantaggi.
Ma
come spiegare il magone che stringeva la gola di Bulma ogni volta che si alzava
dal letto, si truccava al meglio, si vestiva con gusto; pensando che solo perché
tutti la sapevano così, sarebbe quasi voluta uscire in camicia da notte? Voi la
conoscete come ragazza grintosa, con un bel caratterino, però, udite udite, anche lei avrebbe voluto evadere dalla sua
gabbia dalle sbarre d’oro. Preziosa, ma pur sempre gabbia.
Ora
non aveva più 16 anni. Ne aveva quasi 30, era una donna. Ma ancora non si era
adeguata ad una vita normale.
E
l’avere Vegeta che girava per casa non l’aiutava certo. Pensava spesso a lui,
alla sua vita, paragonandola alla propria.
Lui,
crudele, selvaggio, distruttore di pianeti, solo ma libero.
Lei,
ricca, un genio, una casa, tanti amici ma vincolata.
Nessuno
si aspettava nulla da lui. Nessuno avrebbe osato. Lui faceva quello che voleva,
se ne fregava anche della gratitudine, della buona educazione. Irritante. Sembra
un paradosso, ma avrebbe voluto essere come lui. Dopotutto, anche lei spesso
era antipatica. Cosa cambiava?
Ma
cosa avrebbe potuto fare? Pettinarsi i capelli all’insù, andare in palestra,
attaccasi una coda finta e urlare “DONNA!” alla madre? Prendere una navicella?
Sfidare Goku?
Era
impossibile. Aveva tentato di prendere il cipiglio arrogante del Principe dei
Saiya-jin, ma appena il padre la vide con le braccia conserte e lo sguardo arcigno
le portò subito una camomilla. E le dette un po’ di soldi. Ecco cosa odiava.
Odiava il fatto che tutti pensassero che bastava un pugno di banconote per
vederla felice. Un vestito nuovo. Un rossetto. Materialista! Ecco come la
pensavano! Superficiale! Frivola! Poteva pensarci prima, invece di portarsi
dietro la maschera. Ma questo prima risaliva a quando
era piccolissima, e per contentarla le regalavano bambole costose e pupazzi di
seta e velluto.
Insomma,
era senza via d’uscita.
Ed
eccola lì, nella sua cameretta enorme e luminosa, nel suo letto dalle lenzuola
rosse e morbide. Il suo computer. Il suo armadio fornito all’ultima moda. I
suoi gioielli. I suoi stramaledetti soldi. Tutto le sembrava così estraneo che
avrebbe preferito una caverna nel bel mezzo del nulla.
Ma
non era possibile.
E,
come ogni giorno, andò in bagno, si fece la doccia, si truccò aggiungendo una
maschera ulteriore alla sua persona, si spazzolò i capelli ora di nuovo lisci,
si annaffiò col suo profumo migliore, indossò i vestiti scelti con cura
intonati al fard e scese a fare colazione.